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Analisi formale

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 31-37)

Delle epigrafi presentate nel capitolo precedente due sono scritte in prosa e dieci in versi di cui sei sono in distici elegiaci, una in esametri, e tre in metri poco frequenti nell’epigrafia (endecasillabi faleici, dimetri giambici, e un’alternanza di dimetri giambici catalettici e dimetri coriambici catalettici). La maggioranza delle iscrizioni per animali è quindi composta da esametri o distici elegiaci, due metri che sono molto frequenti nella produzione poetico-epigrafica. Tre metri però sono abbastanza eccezionali, ovvero deviano dalla norma epigrafica dei CLE. In primo luogo, l’endecasillabo falecio si può spiegare con un’influenza letteraria: il metro, usato nell’iscrizione per Myia, è molto raro nell’epigrafia65, ma è un metro preferito nell’opera di Catullo adoperato tra l’altro nel suo primo carme. Vista la presenza di altri rimandi a Catullo nell’iscrizione sui quali ritorno nell’analisi contenutistica, è chiaro che la scelta del metro è dovuta a questa influenza letteraria. In secondo luogo, metri giambici di per sé non sono eccezionali, ma componimenti costituiti soltanto di dimetri giambici, com’è il caso nell’iscrizione per Speudusa, sono abbastanza pochi nell’epigrafia66 (e quasi assenti nella letteratura latina pagana): quasi sempre un dimetro veniva alternato con un altro metro, soprattutto un trimetro giambico (Carey 267-8). Può essere un’influenza cristiana, ma non è molto credibile dato la presenza della parola Lethe (v.6). Mi sembra piuttosto una scelta estetica per poter esprimere la velocità del cavallo attraverso la forte cadenza del metro, il che non toglie che resta una scelta relativamente eccezionale. Ancora più ricercato però e senza pari nella produzione epigrafica è il metro adoperato nella poesia per Boristene: la cosa è generalmente vista come un’influenza alessandrina attribuita all’interesse di Adriano per la cultura greca (Vinchesi 193), ma è notevole il fatto che Adriano deviasse in modo abbastanza lampante dalla norma epigrafica.

Da un punto di vista generale è importante notare che la presenza di un metro sembra essere un aspetto tipico delle iscrizioni per animali: le due epigrafi in prosa sono chiaramente una minoranza rispetto a quelle in versi. In sé è già molto interessante visto che normalmente, considerando l’intera produzione epigrafica, è vero il contrario, ma diventa ancora più intrigante quando si osserva che anche nella produzione greca la maggioranza delle epigrafi per animali è metrica. Si può dire che la creazione di un’epigrafe per un animale era dunque vista come il compimento di un’azione poetica. Inoltre, non è solo possibile dedurre l’esplicita volontà poetica dalla presenza di un metro e dalla correttezza dei metri, ma anche dalla moltitudine di indizi visivi tipici dei CLE (vedi 1.2.). Garulli ha proposto che questa “natura intrinsecamente poetica del fenomeno [di erigere epigrafi per animali]” fosse già presente “fin dal suo nascere” probabilmente nel periodo ellenistico (Garulli 46 e 58). Lei suppone che si sia verificato un passaggio ‘letteratura-epigrafia’, ciò significa

65 I CLE di Bücheler contengono in tutto soltanto quindici componimenti in endecasillabi.

66 Hodgman conta soltanto quattordici iscrizioni che consistono esclusivamente di dimetri giambici acatalettici (Hodgman 157).

che “l’epitaffio per animali nasce come fenomeno librario e assume una consistenza epigrafica gradualmente in misura significativa solo in età imperiale” (58-9).

1.2. Aspetti visivi

Molte iscrizioni mostrano visivamente una consapevolezza e volontà metrica. Per quanto riguarda i distici, i pentametri sono nella maggior parte dei casi rientrati (Margarita, Patrikê e Fuscus) e nei casi in cui non è possibile a causa dello spazio limitato ricorrono a spazi vuoti (cane da guardia) o cominciano una riga nuovo all’inizio dell’esametro o del pentametro (Aeolis e ‘Coporus’). Nonostante l’iscrizione per Samis sia scritta in distici, ha un’impaginazione ‘a bandiera’: può essere una scelta grecizzante, ma visto la qualità epigrafica mediocre dell’iscrizione sembra più credibile che il lapicida l’ha semplicemente trascritta da un foglio senza rientranze. Anche le iscrizioni con metri diversi da distici adoperano una composizione ‘a bandiera’, tutte con allineamento a sinistra (Myia e possibilmente Boristene), dal momento che rientranze non hanno senso in questi altri metri.

Mentre le rientranze del pentametro, la composizione a bandiera e altri elementi metrici (come gli apici presenti nell’iscrizione per Patrikê) manifestano bene il carattere poetico delle epigrafi, l’impaginazione non riesce sempre a sottolinearlo in modo visivo. L’iscrizione per Speudusa ricava il massimo beneficio dallo spazio a disposizione giustificando il testo, cosa che le dà un aspetto curato, ma disinnesca l’elemento poetico visivo. Nelle iscrizioni per Aeolis, il cane da guardia e ‘Coporus’ i lapicidi hanno adoperato un allineamento centrato (tipico per iscrizioni in prosa) o hanno avuto problemi con lo spazio limitato cosicché i distici non sono valorizzati visivamente. In ogni caso però, nonostante l’aspetto visivo dia meno questa impressione, concettualmente e sintatticamente i distici restano unità distinte.

Anche l’iscrizione in prosa per Helena testimonia di una sorta di impaginazione: malgrado la sua brevità ogni riga consiste chiaramente di un’unità concettuale. Inoltre, grazie al fatto che la prima e terza riga consistono di due parole (Helenae alumnae, incomparabili et), mentre la seconda e quarta sono composte di una parola sola (animae, benemerenti) sembra quasi un’impaginazione a distici elegiaci con rientranze. Quella per Cyras (cagnetta o schiavetta) è molto meno evidente: le parole vengono interrotte e seguono l’andamento della pietra senza una vera consapevolezza dell’impaginazione, insomma è una disposizione tipica di un’iscrizione prosastica.

Relativamente poche iscrizioni in versi usano i luoghi che saltano all’occhio, cioè la posizione iniziale o finale, per il nome dell’animale: in sette casi su dieci il nome dell’animale si trova in un luogo più o meno67 marcato, solo in tre casi (Margarita, Aeolis, e Boristene) esso si trova in una posizione che colpisce l’attenzione. Da questi dati però è difficile trarre conclusioni perché in un caso non disponiamo più della parte iniziale (‘Coporus’) e probabilmente in un altro di quella finale (il cane da guardia). Che i nomi si trovino in queste parti perdute è molto probabile, ma non possiamo esserne sicuri. La posizione iniziale per il resto è occupata dall’origine dell’animale (Margarita e Speudusa), dalla sua funzione (cane da guardia), o non è significativa (Patrikê, Fuscus, Myia e Samis), mentre nella posizione finale si trovano spesso (4/10) formulae o immagini epigrafiche (Aeolis, cane da guardia, ‘Coporus’, e anche Boristene). Infine, il fatto che il nome dell’animale

67 Con ‘meno marcato’ intendo posizioni come quella alla fine della prima riga (Samis) o all’inizio dell’ultima (Speudusa).

sia sempre in posizione iniziale nelle iscrizioni per Cyras e Helena è in linea con la norma delle iscrizioni funerarie in prosa.

Infine, in generale non sono presenti praescripta e postscripta, tranne due eccezioni. In primo luogo, il nome Margarita si trova alla fine del carmen, su una linea separata e al fuori della parte metrica. Colpisce la posizione così staccata della parola, perché non c’era ragione per non includerla nella parte metrica; la parola poteva infatti essere inserita nel metro senza problemi. Il committente o il lapicida può averlo fatto per attirare più l’attenzione sul nome o può averlo aggiunto al testo come spiegazione della perifrasi iniziale abbastanza difficile riguardante il nome della cagnetta («Epitaph Plaque»). In secondo luogo, l’iscrizione di Speudusa ha la formula tipica D(is) M(anibus) incisa all’inizio, fuori dal metro, cosa che può essere vista come un praescriptum. Molto probabilmente è il risultato di un’abitudine epigrafica-funeraria. I manes possono essere quelli del cavallo, ma probabilmente sono quelli del proprietario visto questo passo dell’iscrizione per Patrikê: et iunxi semper manibus ipse meis (v.6). Anche l’iscrizione per Cyras sembra avere una sorta di praescriptum: uno spazio bianco viene inserito tra il nome e il resto dell’iscrizione. È mal posizionato però perché l’inizio della parola dulcis-sima è ancora posto vicino al nome. Contiene anche la formula D.M., ma visto che non c’è sicurezza se l’iscrizione fosse per una cagnetta o per una schiavetta, è necessario agire con prudenza.

1.3. Situazione comunicativa

Le situazioni comunicative delle iscrizioni in prosa sono entrambe particolari: siccome l’epigrafe per Helena consiste solo di un sintagma senza verbo esplicito, non conosciamo il punto di vista del testo; l’iscrizione per Cyras invece inizia e finisce con una prima persona plurale (risp. viximus e fecimus), mentre tra le due sta una parte in terza persona (Gorgonius et Fullonia quos desubito decepit) che sembra staccata dal resto del testo. Ogni parte dell’iscrizione (la prima e la terza parte in prima persona; la seconda in terza persona) ha un carattere epigrafico stereotipato (vedi pag. 38) e sono probabilmente formule scelte dal lapicida, o di concerto con lui, e poi semplicemente concatenate. Questo non è il caso delle iscrizioni in versi: sembra molto credibile che il lapicida non abbia avuto un’influenza sulla composizione dato il carattere poetico delle iscrizioni metriche, il fatto che i metri siano senza errori, e la quantità di dettagli presente nelle epigrafi più lunghe.

Tre epigrafi metriche sono scritte in prima persona: due volte è il proprietario che parla (quello di Patrikê e quello di Aeolis) e una volta è l’animale stesso (Margarita). Che l’animale parli è eccezionale, nessun altro autore ha voluto od osato scrivere dal punto di vista dell’animale, il che non è strano perché è una forma abbastanza esagerata di umanizzazione. Nella letteratura hanno fatto la stessa cosa Marziale per la cagnetta Lydia (Mart. epigr. 11, 69) e Ovidio per il pappagallo di Corinna (Ovid. am. 2, 6), il primo con uno scopo probabilmente encomiastico, il secondo con uno scopo ironico: “In funerary epigram the deceased frequently speaks in propria persona, although in elegy this trope is rare. There is, however, a special twist to Ovid’s choice of first-person narrative here: even death does not stop the loquacious bird from talking”

(Coleman 27-8).

Negli altri sette casi il narratore non è esplicitato: può essere il proprietario dell’animale, la persona che erige l’epitaffio, o persino la lapide stessa. Di questi, quattro componimenti sono scritti in seconda persona e tre in terza persona. Per quanto riguarda le iscrizioni in seconda persona, due volte viene dato del tu all’animale (Speudusa e ‘Coporus’), una volta a una divinità (Lympha: nel caso dell’ex voto per Samis).

L’iscrizione per Myia è un’eccezione visto che comincia in terza persona (v.1-3) e cambia poi nella seconda persona per il resto del componimento. L’uso della seconda persona rende più prossimi gli animali e la divinità, mentre l’intento dell’uso della terza persona all’inizio dell’iscrizione per Myia è di rendere generali le affermazioni iniziali. Quanto ai componimenti in terza persona (il cane da guardia, Fuscus, e Boristene) né il narratore né l’uditore sono esplicitati, il che crea una distanza: da un lato permette di fornire dati generali come nel caso di Myia, dall’altro rende la poesia meno personale.

La tesi di Tolman viene dunque confermata in merito alla prima e alla seconda persona: le iscrizioni in prima persona sono a volte originali (Margarita e Patrikê), ma a volte anche più convenzionali (Aeolis), mentre quelle in seconda persona sono tutte originali (Myia, Speudusa, Samis, Coporus). I componimenti in terza persona invece sono molto diversi: mentre Fuscus è convenzionale, il cane da guardia è breve ma originale.

L’iscrizione per Boristene è veramente singolare e molto originale, ma scritta con una distanza maggiore delle iscrizioni per animali e soprattutto per cavalli.

1.4. Concisione e supporto

La lunghezza dei componimenti varia ma non va oltre i confini del quadro epigrafico. Persino il componimento per Boristene con i suoi sedici versi non è veramente eccezionale: in confronto l’epigrafe per Patrikê ha solo un distico di meno e quella per Margarita solo due. Queste iscrizioni più lunghe, tra cui anche quelle per Samis e Myia con entrambe dieci versi, usano bene lo spazio a loro disposizione e si esprimono più estesamente e con un carattere più poetico. Le altre iscrizioni invece sono più brevi – quelle per Aeolis e per il cane da guardia hanno entrambe due versi, quella per ‘Coporus’ quattro, e quelle per Speudusa e Fuscus entrambe sei versi – e conseguentemente sono anche più concise, il che le rende più epigrafiche. La stessa tendenza si produce anche nella letteratura latina: Ovidio e ps.-Virgilio volevano dare un carattere epigrafico agli epitaffi fittizi alla fine dei loro poemi risp. per il pappagallo di Corinna (Ov. am.

2, 6, 61-2) e per una zanzara (Culex 413-4) attraverso la brevità e la concisione di un solo distico, mentre Ausonio sembra aver voluto dare un carattere poetico nel suo epitaffio per Phosphorus, il cavallo preferito dell’imperatore Valentiniano, che consiste di dieci versi (cinque distici).

Nei casi delle epigrafi brevi per cani (Fuscus, Aeolis e il cane da guardia) la lunghezza del componimento sembra aver avuto un’influenza sulla scelta del supporto68, dal momento che sono tutte e tre incise su are.

Il supporto preferito per iscrizioni più lunghe per cani invece è la lastra a cui si ricorse per le epigrafi di Margarita, Patrikê e Myia. Generalmente, senza distinzione tra testi lunghi e brevi, le iscrizioni per cavalli sono incise su stele69: è il caso dei componimenti per Samis, ‘Coporus’70, e per Boristene secondo Dione

68 Parto dal presupposto che i componimenti metrici siano stati composti prima di rivolgersi al lapicida e dunque prima della scelta del supporto (per le ragioni di tale presupposto vedi 1.3.). Naturalmente l’autore poteva tenere in mente un certo tipo di supporto durante la composizione del testo, ma è un aspetto impossibile da verificare.

69 Il supporto dell’iscrizione per ‘Coporus’ è ufficialmente non una lastra, ma un cippo. La distinzione tra lastre e cippi però è limitata, dunque considero i due tipi come uno appartenenti a un unico gruppo: lo spessore è “limitato nelle stele, pari o di poco inferiore alla larghezza nel cippo” (Buonopane 79).

70 Il committente dell’iscrizione di ‘Coporus’ voleva veramente un cippo anche se il componimento da incidere era abbastanza breve. Per risolvere questo problema il lapicida ha adoperato lettere maggiori del normale con un’altezza tra 3,4 e 2,6 centimetri. Si confrontino i casi di: Aeolis (2,5-2 cm), cane da guardia (2,5-2,2 cm), Fuscus (1,6-1,4 cm) e Speudusa (2,6-1,8 cm).

Cassio. L’epigrafe per Speudusa è un’eccezione, dal momento che è stata incisa su di una lastra. La scelta di una lastra non mi sembra dovuta alla lunghezza del componimento, ma a un contesto funerario diverso: “la lastra può essere posta in opera all’esterno o all’interno degli edifici, inserita sulla parete […] o collocata sul pavimento” (Buonopane 83), mentre una stele è “destinata a essere infissa nel terreno” (90). Mi pare che per di sé l’assenza di are per cavalli e di stele per cani non abbia a che fare con il testo, ma con le concezioni diverse nei riguardi delle due specie animali: un cane era considerato come una parte della famiglia, mentre un cavallo era un animale più individuale (e anche più difficile da seppellire perché più grande).

1.5. Stile71

Stilisticamente sembra possibile dividere le iscrizioni metriche in quattro gruppi alcuni dei quali sono più raffinati di altri. Ci sono iscrizioni più semplici, ma nessun gruppo può essere definito semplicista. Le iscrizioni in prosa invece formano un gruppo separato, ma tra di loro ci sono pure molte differenze: quella per Helena consiste solo di un sintagma, mentre quella per Cyras è veramente un piccolo testo narrante. Gli omoteleuti nell’epigrafe di Helena inoltre (-ae e -i) danno un tono quasi poetico, mentre una tale impressione è assente in quella per Cyras.

Il primo gruppo comprende le epigrafi per Margarita, Patrikê e Myia. Per gli autori di questi componimenti l’uso di figure stilistiche era un elemento rilevante: l’iscrizione per Margarita contiene una perifrasi del nome dell’animale (v.1-2), un chiasmo (v.6), alcuni iperbati (v.3, 4, 8, 11), traductio della parola nomen (v.1-2:

nomen…nominis), e un netto contrasto (v.11: sed); quella per Patrikê presenta figure retoriche un po’

diverse: variatio (v.10-1: consueras … solebas), una perifrasi dell’età (v.2: lustris tribus), contrasto (v.1-2:

lacrimis...laeta), e un’exclamatio (v.8: hei); e quella per Myia è stilisticamente chiaramente ricercata:

exclamationes (v.1, v.4 e 7: quam...quam, o factum male), un’anafora e un tricolon (v.1, v.9-10:

quam…quam, nec…nec…nec), repetitio (v.4 e 7: o factum male), contrasto (v.3 e 8: conscia...inconsciam), una tautologia (v.9: sevire et insilire), e un paradosso (v.10: blandis…morsibus). Per quanto riguarda il lessico adoperato in questo gruppo, a volte può essere assai originale (p.e. dives come aggettivo di unda non è attestato altrove) ed è influenzato dalle elegie di amore72, ma è sempre un lessico facile da capire.

Il secondo gruppo comprende le iscrizioni per Aeolis, il cane da guardia e Fuscus. Le figure retoriche in questo gruppo sono limitate (parzialmente a causa della lunghezza dei componimenti), ma non assenti.

L’iscrizione per Aeolis ha un iperbato molto forte (v.1: Aeolidis…catellae) e un epiteto (v.2: praepete fato);

quella per il cane da guardia contiene un contrasto molto intenso tra l’esametro e il pentametro: numquam latravit…nunc silet. L’epigrafe per Fuscus ha solo una perifrasi per dire l’età (v.3: ter senos…annos), ma sembra dovuta soltanto al metro, non veramente a ragioni poetiche. In questa iscrizione vediamo dunque che le figure retoriche sono ridotte all’essenziale: nonostante l’iscrizione si legga più come un elenco che una poesia vera, l’autore ha ritenuto necessario scrivere questo componimento in versi. Mi sembra dunque un argomento in più per quanto è stato detto nel capitolo sul metro (1.1.). Infine, il lessico usato non è sempre quello tipico della produzione epigrafica, ma è l’effetto del contenuto relativo a un animale.

71 Alcune delle figure retoriche usate in questo capitolo le ho tratte dai lavori di Clara Stevanato.

72 O ha una base comune con le poesie elegiache; torno sull’argomento nel capitolo 2.2.

Il terzo gruppo poi è composto dalle iscrizioni per Speudusa e per ‘Coporus’. In tutte e due le epigrafi appaiono figure stilistiche omogenee e anche un linguaggio figurato. Entrambe hanno anafore (Speudusa v.1-2: gaetula…gaetulo; ‘Coporus’ v.2 e 3: nec…nec, qui…qui…) e figure per esprimere la velocità del cavallo:

Speudusa un paragone (v.4: cursando flabris compara), ‘Coporus’ una metafora (v.3-4: [qui] ṿolucris / ante ire vaga[s] / qui flamina chori / vincere suetus eras). L’iscrizione per Speudusa contiene oltre a ciò anche una metonimia: Lethe (v.6), un fiume dell’inferno usato qui a indicare tutto l’inferno. Lethe si trova in altre otto iscrizioni e sembra dunque essere un dato generalmente noto, piuttosto che un riferimento erudito. Il lessico in questo gruppo è originale per l’epigrafia.

L’ultimo gruppo è composto dai componimenti per Samis e Boristene. Sono due componimenti stilisticamente un po’ diversi, ma interessanti da analizzare insieme. L’uso di figure retoriche non è eccesivo, ma quelle presenti sono assai raffinate. L’autore dell’iscrizione per Samis ha usato iperbati (v.1, 2 e 3:

Debilis…Samis, medicis…aquis, dente…Aetrusco), una ‘linea d’argento’73 (v.1: Debilis Albuleo steterat qui gurgite Samis), e una perifrasi molto difficile alla fine (v.8-10: probabilmente era più chiaro quando si leggeva l’iscrizione nel suo luogo originale). La presenza del sintagma currere coepit dà alla poesia un carattere più narrativo poiché tale costruzione (coepi+inf.) è frequente in testi narrativi e meno in poesia (Adams 827). Nel componimento per Boristene invece le figure retoriche si concentrano più sul piano uditivo: all’autore piaceva l’uso di assonanze e omoteleuti in -us e in -os con “effetto di rima interna” nei versi 1-2, 4, 6 e 14; inoltre, contiene un’antitesi (v.13: sed), e un chiasmo (v.1-2) (Vinchesi 187-92). Ciò che è specifico per questo gruppo però è il lessico particolare. L’iscrizione per Samis contiene molte parole inconsuete per l’epigrafia, che si trovano anche nel De Medicina di Aulus Cornelius Celsus (tenuis cicatrix, articulus74, graciles, nervis), il che non vuol dire che l’iscrizione fosse difficile da leggere: tipica dei testi tecnici era la volontà di essere trasparenti. Il componimento per Boristene però ha un lessico ancora molto più speciale e variato: secondo Vinchesi caesareus è un aggettivo infrequente (appare in Mart. epigr. 1, 6, 3), veredus è un “tecnicismo raro”, dente albicanti è grecizzante, la forma perifrastica ausus fuit per ausus est era inconsueta, extimam è più poetica del sinonimo extrema, e infine la parola ‘rustica’ saliva invece del frequente spuma, era evitata in opere liriche (Vinchesi 187-92). Ritorno sulle rassomiglianze lessicale tra i due componimenti nel capitolo 2.3.1.

73 Verso costruito secondo la struttura chiastica ‘abVBA’ dove i caratteri minuscoli sono gli aggettivi e quelli maiuscoli i sostantivi.

74 Articulus appare solo un’altra volta nella banca dati di Manfred Clauss e con significato giuridico: CIL XIV, 4124,1.

2. Analisi contenutistica

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 31-37)

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