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Legame con la letteratura

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 39-46)

2. Analisi contenutistica

2.3. Legame con la letteratura

2.3.1. Imitazione e ispirazione

Dal momento che letteratura ed epigrafia esistono nello stesso universo testuale, non c’è da stupirsi che l’una abbia avuto un’influenza sull’altra o che esse traggono ispirazione dalla stessa base comune (autori, opere, vita quotidiana…). Così anche le iscrizioni per animali contengono sintagmi e passaggi che hanno paralleli nella letteratura. A volte questi paralleli sono stati interpretati come rimandi letterari, ma una tale interpretazione non è sempre del tutto credibile. È il caso del sintagma annos dulces dell’iscrizione per Cyras interpretato da Stevanato come fosse un richiamo alle opere di Ovidio e Stazio (Stevanato, “Iunxi semper Manibus ipse meis” 27). Visto che l’iscrizione è scritta in prosa e che il sintagma è già concettualmente logico di per sé, e soprattutto che il resto dell’epigrafe ha un carattere molto stereotipato, non pare ragionevole supporre un legame diretto qui tra testi letterari e quello epigrafico.

Alcune iscrizioni non hanno paralleli nella letteratura o almeno non ne ho incontrato durante la ricerca:

sono quelle per Helena, Aeolis, Fuscus, e Speudusa. Gli altri invece hanno in qualche modo sintagmi o temi analoghi a passaggi della letteratura. Persino l’iscrizione breve per il cane da guardia contiene un rinvio a un epigramma di ps.-Seneca: tumulos vindicat umbra suos (Ps. Sen. 410, 6). Il rinvio è sicuro, dal momento che la frase ha lo stesso contesto, lo stesso significato, e la stessa posizione nel componimento. Questo non sembra un caso di intertestualità però: fu probabilmente una frase che l’autore lesse e copiò perché la trovò carina, ma non possiamo essere sicuri e il legame tra l’epigrafe breve e l’epigramma letterario (a noi) relativamente ignoto è comunque notevole.

Per quanto riguarda i cani, tre iscrizioni (quelle per Margarita, Patrikê e Myia) sono lessicalmente e concettualmente affini alle opere degli elegiaci (Catullo, Tibullo, Properzio, Ovidio, e forse anche Gallo, ma le sue opere sono perdute), ciò che poi li rende somiglianti tra di loro. In primo luogo, l’iscrizione per Margarita contiene molti sintagmi che assomigliano a passaggi di Ovidio e Properzio: hirsutas…feras (Prop.

1, 1, 12), fata subire (Prop. 1, 6, 28), terra tegat (Prop. 1, 6, 30), in toro cubare (Ov. ars 2, 370), nigra sub imposito marmore terra latet (Ov. medic. 8), niveo corpore (Ov. am. 3, 2, 42 e Tib. 3, 4, 29). Tuttavia, che l’autore abbia voluto istituire un legame tra il suo componimento e quello degli elegiaci mi sorprenderebbe.

È più plausibile che attingano da una medesima base quotidiana e/o che l’autore dell’iscrizione abbia letto i due elegiaci. Inoltre, la locuzione Gallia me genuit nel secondo secolo era già diventata una ‘espressione d’autore’.

In secondo luogo, un’analoga influenza elegiaca ritorna nell’epigrafe per Patrikê: i concetti all’inizio sono molto simili al passaggio tristibus et lacrimis oscula mixta dabis di Tibullo (Tib. 1, 1, 62), l’idea dei mille baci è originalmente di Catullo (Catull. 5, 7), ma poi ripresa numerose volte nella letteratura latina, e il lessico (in sinu, colla, blanditia, osculum, delicia78) è frequente nella poesia elegiaca.79 Di nuovo però non è sempre necessario interpretare il linguaggio come rimandi diretti, è possibile che tutte quelle parole venissero anche utilizzate nella vita quotidiana: ci sono per esempio molte attestazioni nelle opere di Plauto. La tesi che parole come blandus, in sinu tenere e delicia abbiano una connotazione erotica (Fleck 81) può essere vera in casi particolari, ma non sussiste nelle iscrizioni: gli autori molto probabilmente ricorrono a ciò che conoscono senza che questa connotazione debba essere data per scontata. Insomma, non ci sono veri rimandi diretti nell’iscrizione per Patrikê, anche collo…cubare (v.4) non mi sembra un effettivo rinvio conscio al sintagma collo nixa cubat di Marziale (Mart. 1, 109, 8), ma piuttosto una riflessione di un’abitudine esistita e probabilmente parodiata da Marziale.

In terzo luogo, l’iscrizione per Myia è un po’ diversa dalle altre due, perché chiaramente ispirata a Catullo:

non solo il metro adoperato è tipico di questo autore, ma anche la frase o factum male ripetuta due volte (v.4 e 7) è una ripresa letterale (Catull. 3, 16) e i concetti in sinu tenere (Catull. 2, 4) e morsibus blandis (Catull. 2, 1-2) sono presenti nei carmi di Catullo. Nonostante ci si possa chiedere quanto fossero ancora note le opere di Catullo nell’Aquitania del secondo secolo, il fatto che l’autore rinvii non a poemi qualsiasi di Catullo, ma concretamente ai carmi che trattano del passero80, sembra indicare una vera intertestualità81. Conseguentemente, mi pare accettabile escludere l’uso di manuali di espressioni formulari nel caso di Myia

78 Indicando un animale, il passero: deliciae meae puellae (Catull. 2, 1).

79 Molte parole ritornano per esempio in un passaggio degli Amores di Ovidio: saepe meae 'tandem' dixi 'discede' puellae / in gremio sedit protinus illa meo. / saepe 'pudet!' dixi – lacrimis vix illa retentis / 'me miseram! iam te' dixit 'amare pudet?' / inplicuitque suos circum mea colla lacertos / et, quae me perdunt, oscula mille dedit. (Ov. am. 2, 18, 5-10).

80 I carmi che trattano del passero, carme 2 e 3, hanno conosciuto una ricezione epigrafica molto limitata.

Sulla ricezione epigrafica dei carmi catulliani vedi i lavori di Paolo Cugusi (quattro titoli nella bibliografia).

81 E più nello specifico la forma di intertestualità che Kaufmann definisce ‘allusioni come parte opzionale del contenuto’: “Their recognition is not necessary for the understanding of a new passage […], even though they still contribute to the content by adding another layer of meaning through their intertextuality” (Kaufmann 155).

(e per quanto riguarda le altre due iscrizioni). Inoltre, anche la gelosia di Myia per il rivalis (v.6) fa pensare alle opere di Catullo e degli elegiaci.

Insomma, in realtà ci sono pochi rinvii diretti, nella maggior parte dei casi il lessico attinge da un medesimo campo lessicale e le immagini adoperate hanno una base comune nella vita quotidiana. Questa realtà, cioè il vivere insieme con il cane e la sua funzione in vita, gioca dunque un ruolo importante, e per questo non è da stupirsi che ci sia una chiara attenzione per l’aspetto affettivo quanto ai cani da salotto, il che spiegherebbe i paralleli lessicali con gli elegiaci. Anche le immagini simili (il cane nel grembo, il cane dormiente) fanno parte della quotidianità e non devono essere interpretate come costruzioni letterarie. In merito al cane da guardia, esso invece viene lodato perché numquam latravit inepte (v.1). Da questo punto di vista però, le iscrizioni per Aeolis e Fuscus sono delle eccezioni perché non prestano attenzione alla funzione del cane: in queste due iscrizioni la morte del cane è centrale, mentre in quelle per Margarita, Patrikê e Myia è la memoria nostalgica per i cani in vita (il cane da guardia sta nel mezzo a questi due gruppi).

Le iscrizioni per i cavalli invece quasi non contengono paralleli con passaggi della letteratura, e tra le poche analogie presenti è molto difficile stabilire un rapporto diretto. Il sintagma flamina chori (v.3) dell’iscrizione per ‘Coporus’ ritorna nelle opere di Lucrezio (Lucr. 6, 135: flamina cauri; I secolo a.C.), Silio Italico (I secolo d.C.) Boezio (Boeth. cons. 4, 13: flamina Cori; VI secolo d.C.), Cresconio Corippo (Coripp. Ioh. 1, 167: flamina coris; VI secolo d.C.), e Aldhelmus Scireburnensis (Aenigmata: enigma 69, verso 3; VII secolo d.C.). Nella poesia epica di Silio Italico però le parole stanno in iperbato (Sil. 2, 284-5: Cauri…flamina) o stanno a pochi versi di distanza senza formare un insieme (9, 489-91: flamina…Cori). Considerando queste opere diverse e l’assenza del sintagma in iscrizioni oltre a questa è chiaro che flamina cauri è una costruzione poetica, e conseguentemente è difficile attribuirla a una base colloquiale. Tenendo conto del lungo lasso di tempo in cui il sintagma non emerge e della forma choris nell’iscrizione che non corrisponde alle grafie letterarie, è necessario supporre che l’autore dell’iscrizione per ‘Coporus’ l’avesse letta da qualche parte possibilmente in un componimento perso, o supporre che l’autore stesso abbia riunito le due parole di per sé non assenti nella letteratura.

È già stato detto sopra che i componimenti per Samis e Boristene contengono somiglianze lessicali tra di loro. Tuttavia, le parole che hanno in comune non dimostrano di per sé un’interdipendenza tra i due (come se l’autore del componimento per Boristene conoscesse l’iscrizione per Samis, o viceversa)82: la zanna mortale del cinghiale (Samis v.3, Boristene v.8) è un’immagine frequentissima nella letteratura83, soprattutto quando si parla di caccia84, e l’accenno all’Etruria (Samis v.3, Boristene v.3) non è raro dal momento che i cinghiali etruschi erano rinomati nel mondo romano (McDonough 655)85. Le somiglianze quindi non fanno supporre necessariamente un legame tra i due componimenti e non possono essere visti come indizi che le poesie siano state composte da uno stesso autore, come hanno suggerito Gascou e Janon, e prima di loro Filippo Coarelli.

82 Sembra poco credibile visto la distanza tra Tivoli e Apt. Tuttavia, è notevole che l’iscrizione per Samis è stata ritrovata a Tivoli, località della Villa Adriana.

83 Per esempio Lucr. 5, 1326; Ov. met. 10, 550; Cic. nat. deor. 2, 127, 101, 9; Manil. 5, 229; Sen. dial. 3, 1, 6, 1.

84 Molto rivelatori sono questi due passaggi: haec apris qui in silvis saepe dentibus canes occiderunt (Varro rust. 2, 9, 1) e fulmineo spumantis apri sum dente perempta (Mart. epigr. 11, 69, 9).

85 McDonough cita Mart. 7, 27, 2; Juv. 1, 23-4; e Stat. silv. 6,6,10.

In generale è possibile concludere che nelle poesie epigrafiche per cavalli influenze letterarie dirette sono quasi assenti. Tranne il sintagma flamina choris dell’iscrizione per ‘Coporus’, le immagini presenti sono in gran parte riducibili a una base comune nella realtà o le immagini erano già divenute dei topoi letterari.

2.3.2. Confronto con componimenti letterari per animali

Nel capitolo precedente l’attenzione era rivolta alle influenze letterarie concrete sui componimenti epigrafici. In questo capitolo invece le poesie epigrafiche e quelle letterarie per animali sono messe a confronto con l’intenzione di cogliere gli elementi tipici della produzione epigrafica.

Una prima differenza notevole tra la corrente epigrafica e quella letteraria è l’uso di elementi mitologici.

Nella produzione epigrafica c’è solo un rimando alla mitologia, che però dev’essere interpretato come un luogo comune piuttosto che un riferimento mitologico erudito (vedi pagg. 36: Lethe), mentre nella produzione letteraria ogni poesia, tranne il componimento di Stazio per il leone mansueto (Stat. silv. 2, 5), usa parecchie immagini mitologiche. È inoltre importante notare che quegli elementi non sono di per sé connessi con il contesto funebre (p.e. Venere è menzionata da Catullo e Marziale86), ma molti hanno a che fare con animali: Lydia e Phosphorus sono paragonati con cani e cavalli mitologici diversi87, e Ovidio e Stazio ricorrono a riferimenti molto ricercati88.

Un’altra differenza tra le due correnti è il ruolo del proprietario e come viene rappresentato l’animale. Le iscrizioni mettono l’animale o i sentimenti che la morte dell’animale suscita in posizione centrale, il proprietario non è quasi mai menzionato o solamente accennato indirettamente (vedi pagg. 34). Le poesie di Catullo e quella per Issa di Marziale nonostante approfondiscano alcune peculiarità degli animali, dicono più sul proprietario che sull’animale (Fögen 130). Il componimento di Marziale per Lydia e quello di Ausonio contengono di per sé pochi tratti caratteristici. Nonostante siano scritti per animali veri hanno un carattere molto letterario: formalmente curato, ma la emozione pura non tocca il lettore. C’è una distanza di questi scrittori nei riguardi di animali che non sono i loro. Nelle iscrizioni questa distanza è più piccola, l’affezione e la malinconia sembrano più verosimili. Il pappagallo di Stazio è rappresentato all’inizio mentre mangia con i commensali e riproduce le loro voci. È un momento di individualità, mentre il resto della poesia è chiaramente una riuscita opera letteraria sulla linea della poesia di Ovidio. Il pappagallo di Corinna è molto probabilmente un animale immaginario e conseguentemente Ovidio non entra veramente nel merito dell’animale, in altre parole rimane sulla superficie per quanto riguarda la figura del pappagallo. Infine, il leone di Stazio ha un’individualità netta, ma attraverso la poesia diventa così fortemente umanizzato (rappresentato come soldato e gladiatore) che non sembra più un animale.

L’umanizzazione è molto frequente sia nella produzione epigrafica89, che nella produzione letteraria:

Marziale, Ovidio, e Stazio (sia per il pappagallo che il leone) vi ricorrono. Nell’epigrafia soprattutto i cani

86 Lugete, o Veneres Cupidinesque (Catull. 3, 1); castae tantus inest pudor catellae / ignorat Venerem (Mart. epigr. 1, 109, 14-5).

87 Mart. epigr. 11, 69, 4-8: qui non Erigones mallet habere canem (Maera) / nec qui Dictaea Cephalum de gente secutus / luciferae pariter venit ad astra deae (Laelaps) / non me longa dies nec inutilis abstulit aetas / qualia Dulichio fata fuere cani (Argos). Auson. 5, 33, 9-10: Pegasus hinc dexter currat tibi, laevus Arion / funis eat, quartum det tibi Castor equum.

88 Ov. am. 2, 6: v.7-10 (Philomela), 15-6 (Oreste), 35 (Minerva), 41-2 (Protesilao e Ettore), e 54-5 (Iunone); Stat. silv. 2, 4: v.8-10 (Fettone), 14-21 (Phoebeius ales, Philomela…), 36-7 (fenice).

89 Per un’analisi degli aspetti umanizzanti presenti in ogni singola iscrizione vedi Stevanato: Margarita (Stevanato,

“Iunxi semper Manibus ipse meis” 65-6), Patrikê (84-5), Aeolis (14), Fuscus (31), e Myia (70-1). Solo il cane da guardia non è chiaramente umanizzato (104-5).

sono umanizzati, mentre questa tendenza non continua per quanto riguarda i cavalli. Questo è dovuto al fatto che le persone davvero convivevano con i loro cani, mentre cavalli erano piuttosto compagni per attività specifiche.90 Anche Ausonio non umanizza il cavallo Phosphorus (Auson. 5, 33, 5).

Nelle due tradizioni il ricorso all’umanizzazione ha scopi diversi: in quella epigrafica sembra un vero segno di affezione, mentre in quella letteraria è perlopiù fatta con intenzioni satiriche. Non è sempre così: Mario Citroni afferma che esistono due correnti diverse nella tradizione poetica per animali (sia greca che latina):

una celebrativa (encomiastica) e una, spesso satirica, che condanna l’eccessivo affetto per animali domestici (Citroni 332-3). Mentre le poesie di Catullo, Marziale (solo Issa91), Ovidio e Stazio (solo il pappagallo) hanno un intento parodistico, la poesia di Marziale per Lydia e quella di Stazio per il leone92 sono celebrative (van Dam 336-89). Tutti sono umanizzati e da ciò ne consegue che il rendere umano gli animali non ha sempre chiari fini ironici. Le poesie satiriche però non erano sempre reazioni di disapprovazione sullo smisurato amore (p.e. Catull. 3; Mart. epigr. 1, 109), ma spesso anche risposte letterarie: la poesia di Ovidio è una chiara parodia dell’epigramma del passero di Catullo, e quella di Stazio per il pappagallo è a sua volta una parodia di Ovidio.93 Una finalità satirica invece è assente dalla produzione epigrafica per animali.

Tuttavia, sia nella letteratura, che nell’epigrafia ci sono limiti all’umanizzazione. Innanzitutto, l’assenza di alcuni temi frequenti (tipo il filo della vita, il sonno, la casa eterna, l’estinzione di un debito…) da tutti i componimenti per animali è dovuta al fatto che sono temi ‘umani’ che non sussistono quando sono rivolti ad animali. Inoltre, in generale gli animali non parlano, ma gli autori letterari rompono più spesso la norma rispetto ai casi epigrafici (vedi pag. 33). Infine, alcuni componimenti per animali sono influenzati dalla laudatio funebris, soprattutto l’iscrizione per Margarita (Stevanato, “Iunxi semper Manibus ipse meis” 63-4) e i due componimenti letterari per pappagalli. La grande differenza tra queste poesie e una vera laudatio funebris è il fatto che lo stesso obiettivo non può essere perseguito. Una laudatio funebris cerca di collocare il defunto "in a long train of descendants" (Crawford 24) e spesso si compone di due parti: un’esaltazione individuale e una seconda metà in cui gli antenati stanno al centro (23).

Infine, in base a ciò che si vede nella realtà quotidiana, sia nell’epigrafia, che nella letteratura la velocità è la caratteristica principale di un cavallo (Sauvage 81-90). Nei componimenti epigrafici per cavalli troviamo espressioni quali cursando flabris compara (Speudusa v.3), et celer accepto currere coepit ecus (Samis v.6), qui volucris ante ire vaga[s] / qui flamina chori vincere suetus eras (‘Coporus’ v.3-4), volare qui solebat (Boristene v.5), e anche la poesia di Ausonius fa riferimento alla velocità di Phosphorus: promptum et veloces erat anticipare quadrigas (Auson. 5, 33, 5). Nella letteratura accenni alla forza e alla velocità dei cavalli sono molto frequenti: l’immagine del cavallo che corre più veloce dei venti presente nelle iscrizioni per Speudusa e ‘Coporus’ è persino un topos letterario frequente (Sauvage 84-5); nell’Eneide ritorna fino a tre volte1 e persino i venti stessi sono a volte rappresentati come cavalli (Hunink 236).

90 Tuttavia, è necessario tenere conto del fatto che l’erezione di una tomba per un animale è in sé già un atto umanizzante.

91 Seguo l’interpretazione celebrativa-satirica della poesia argomentata bene da Frédérique Fleck (vedi bibliografia).

92 “The poem is meant for Domitian himself […] This situation does not call for making fun” (van Dam 368).

93 Facendo attenzione a ciò che veniva parodiato nella produzione letteraria latina, non si avvista una controreazione all’atto di erigere epitaffi per animali come ha proposto Garulli (Garulli 58).

In conclusione, elementi mitologici sono assenti dai componimenti epigrafici, mentre costituiscono una parte consistente delle poesie letterarie. Inoltre, la produzione epigrafica mette l’animale al centro: i proprietari scompaiono sullo sfondo e il fatto che i componimenti non siano scritti da illustri poeti rende il loro carattere diverso. L’umanizzazione non è un elemento caratteristico delle poesie epigrafiche, ma è caratteristica di ogni tipo di poesia per animali. Lo stesso vale per la velocità del cavallo: è una componente essenziale della produzione sia letteraria che epigrafica.

3. Sintesi

Prima di formulare le conclusioni finali, ricapitolo brevemente quali sono gli elementi formali e contenutistici di ogni iscrizione. Per offrire un’esposizione abbastanza ordinata di queste componenti, ricorro a una figura schematica (vedi fig. 3). Lo schema però non è totalmente rappresentativo perché alcuni elementi pesano più di altri e perché le iscrizioni non hanno la stessa lunghezza, ma deve essere visto come un semplice supporto visivo. Gli elementi formali che stanno nella parte inferiore si spiegano da soli, mentre le bande colorate meritano una spiegazione. In giallo sono le componenti tipicamente epigrafiche e in grigio quelle insolite nella produzione epigrafica, in verde sono le somiglianze lessicali e tematiche tra iscrizioni e letteratura, e in blu sono i temi e le immagini tipici per cavalli sia in letteratura che in epigrafia.

Come si vede le due iscrizioni in prosa consistono soltanto di espressioni epigrafiche e hanno dunque un carattere molto stereotipato. Non hanno rimandi letterari o elementi che si possono definire veramente

‘originali’. Forse la parola catella nell’iscrizione di Cyras può essere visto come originale. Però, dal momento che l’uso della parola non è univoco e una parola non cambia il carattere generale dell’iscrizione non l’ho considerato nello schema.

Fig. 3: caratteristiche degli elementi presenti nelle iscrizioni per animali

Le iscrizioni di Margarita, Patrikê e Myia presentano alcuni elementi epigrafici, ma contengono anche parecchie immagini originali in relazione al tema degli animali. Inoltre, anche formalmente queste tre iscrizioni sono simili: hanno quasi la stessa lunghezza, e sono tutte incise su lastre. Tuttavia, ciò che caratterizza veramente questo gruppo di iscrizioni sono le somiglianze lessicali e tematiche con la letteratura e nello specifico con le opere degli elegiaci. Questo legame (principalmente indiretto) è probabilmente dovuto all’importanza del terzo carme di Catullo per la tradizione latina successiva relativa agli animali. L’iscrizione per Myia è quella in cui più accentuata è l’influenza letteraria dato il metro tipicamente catulliano e il rimando diretto al carme del passero. È soprattutto questa base comune con gli elegiaci che attribuisce un carattere molto poetico a queste tre iscrizioni.

Anche le iscrizioni per Aeolis, il cane da guardia, e Fuscus possono essere viste come un gruppo a parte.

Sono tutte are con epigrafi abbastanza brevi. I loro componimenti sono soprattutto epigrafici, ma grazie alla presenza di alcuni elementi poetici, costituiscono sempre un insieme assai originale. L’iscrizione per il cane da guardia contiene persino un rimando letterario, anche se un po’ oscuro.

Infine, nonostante alcune differenze interne, è possibile riunire le epigrafi per i cavalli in un gruppo a sé. Gli elementi epigrafici sono qui limitati a uno o due componenti dell’iscrizione, ma sono chiaramente presenti dal momento che si trovano in posizioni rilevanti: le epigrafi per ‘Coporus’ e Boristene finiscono con hoc…tumulo (‘Coporus’ v.4) e hoc situs est in agro (Boristene v.16), e quella per Speudusa comincia con D.M.

Come le iscrizioni per Margarita, Patrikê, e Myia, anche le epigrafi per cavalli sono molto originali e poetiche.

Tuttavia il loro carattere poetico non nasce da somiglianze lessicali o rimandi letterari diretti (tranne possibilmente il sintagma flamina chori (v.3)), ma dalla quantità di immagini poetiche caratteristiche per cavalli in generale. In particolare, l’iscrizione per Samis, per la sua struttura, sembra quella più originale.

Questo è dovuto al fatto che non è un’iscrizione funeraria, ma un ex voto che descrive una situazione molto particolare e conseguentemente usa un lessico inconsueto per la produzione epigrafica. Tuttavia, l’iscrizione poeticamente più ricercata è quella per Boristene: non solo è il componimento più lungo, ma ha anche un metro e uno stile molto raffinati, con alcune parole insolite.

Conclusioni e applicazioni

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 39-46)

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