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Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 11-14)

2.1. Sia pagano che cristiano

Delle iscrizioni in versi 2.500 sono pagane (60%) e 1.700 sono cristiane (40%) (Sanders «Le dossier quantitatif» 716-8). La differenza di religione comporta una mentalità diversa che si rispecchia nei testi. Dal momento che essi riflettono concezioni del mondo e dell’aldilà diverse e anche modelli differenti, essi presentano propri motivi, temi e formulazioni, o elaborano i medesimi temi in altro modo. Tuttavia, non ci sono due gruppi chiaramente distinti a causa dell’influenza della cultura pagana sul primo cristianesimo e viceversa: spesso sono nate forme ibride. Autori pagani, soprattutto Virgilio, non sono per esempio assenti nei CLE cristiani.

2.2. Prevalentemente funerario (e stereotipato)

È logico che la maggioranza dei temi presenti nei CLE sia di natura funeraria visto che il 77% dei CLE sono funerari (l’80% dei CLE pagani, il 74% di quelli cristiani) (Bruun e Edmondson 772; Sanders «Le dossier quantitatif» 716-8). Nonostante sia chiaro che ogni epoca e ogni area potesse avere delle mode epigrafiche e che pochi temi (e poche espressioni) siano stati ritrovati in tutto l’impero, molti studiosi (come Lier, Tolman, Lattimore, Galletier, Pikhaus e altri) dimostrano chiaramente che i CLE sono molto stereotipati, anzi, che proprio questa natura stereotipata è “una delle caratteristiche di fondo della poesia epigrafica”

(Cugusi 199).

Judson A. Tolman, nella sua tesi A Study of the Sepulchral Inscriptions in Buecheler's "Carmina Epigraphica Latina", dà un resoconto generale di alcuni di questi ‘luoghi comuni’ dell’epigrafia metrica latina16: l’indicazione che le ossa o le ceneri si trovano nella tomba17, che il defunto si trova in quel luogo18 o riposa in pace19; il famoso augurio ‘sit tibi terra levis’; anche il rivolgere la parola al passante e chiedergli di fermarsi20 sono tutte formulazioni tipiche dei CLE funerali (Tolman 18-51). Temi e argomenti ricorrenti sono inoltre l’aver abbandonato la luce21, una panoramica della vita del defunto (a volte lunga, ma anche molto breve)22, il carattere del defunto23, l’accenno all’erezione o alla manutenzione del monumento, e la morte prematura (ibid.). Le formulazioni relative all’ultimo tema sono meno stereotipate, ma il tono resta sempre lo stesso: in tali contesti si parla a volte della ‘soglia’ o della ‘fioritura’ della vita, del genitore che sarebbe dovuto morire prima del figlio, del defunto che è stato ‘strappato’ dalla vita (dalle Parcae, dalla Fortuna, da Fors, dalla Morte, a volte per gelosia di una di queste). Paolo Cugusi aggiunge a questi ancora ‘il tema della morte in luogo straniero’ e ‘il tema del viaggio’ (Cugusi 199-212). Questi temi mostrano una tendenza verso la dimensione temporale (la vita vissuta, le qualità delle persone, la morte prematura, i molti riferimenti al

16 Per un’ampia panoramica dei temi funerari negli epitaffi greci e latini (sia in prosa che metrici) vedi Themes in Greek and Latin Epitaphs di Richmond A. Lattimore (Urbana, 1962).

17 Ossa quiescere, ossa iacere, ossa (re)cubare, ossa contineri, ossa hic sita sunt, tumulus ossa tegit…

18 Hic iacet, hic situs, hic est, hic sepultus, hic conditus est…

19 Hic quiescit, bene quiescat, hic quiescit in pace… (tipicamente cristiano).

20 Hospes, viator… spesso in combinazione con resiste o consiste.

21 Amittere lucem, carere lucem, relinquere lucem…

22 Sine crimine, ut potui, pro meritis, merenti…

23 Questo appare spesso come tema, ma non ha forme veramente fisse, solo aggettivi ricorrenti.

contesto materiale …), ma molte iscrizioni in versi (soprattutto quelle cristiane e orfiche) trattano anche di elementi atemporali (la vita dopo la morte, corpo e anima).

Tolman conclude che pochissimi sono i CLE che non contengano nessuno dei temi o nessuna delle espressioni sopraindicate. Secondo lui, la gran parte ripete questi ‘luoghi comuni’, altri variano e alcuni creano persino un gioco letterario, capovolgendoli completamente. Lui indica tuttavia che la presenza di tali espressioni e temi non toglie nulla alla qualità poetica di alcune iscrizioni (Tolman 48). Queste espressioni fisse e questi temi ricorrenti sono un ambito molto studiato nella ricerca sulle iscrizioni in versi. La natura stereotipata dei CLE ha poi indotto alcuni studiosi (p.e. René Cagnat e Giancarlo Susini) a supporre l’esistenza di antologie o manuali di espressioni formulari e temi (Bruun e Edmondson 772). Altri si sono opposti in modo deciso (p.e. Bruno Lier, Paolo Cugusi e Fernández Martínez) sostenendo che l’ambiente epigrafico era in grado di creare delle mode di per sé e che questi ‘luoghi comuni’ erano convenzioni di genere (Martínez 120-1). Probabilmente la verità sta nel mezzo, come afferma Lattimore: la gente poteva trarre ispirazione da altre iscrizioni e imitarle, ma anche comporre iscrizioni originali, o chiedere suggerimenti al lapicida (Lattimore 17-20).24

L’80% circa delle iscrizioni funerarie è completato da un significativo gruppo (20%) di iscrizioni onorarie in versi, di iscrizioni di edifici o monumenti (templi, altari, terme, chiese …), e di graffiti provenienti da Pompeii, Ercolano e Stabia (Bruun e Edmondson 775-8). Naturalmente, questi hanno temi ed espressioni diverse dal gruppo funerario: sono spesso originali e personali. Il gruppo dei graffiti è quello più interessante: non solo è molto vario, ma contiene anche, spesso, precise citazioni poetiche, soprattutto di Virgilio (777).

2.3. Una paradossale anonimità

La centralità del nome è un elemento importante per qualsiasi tipo di iscrizione, quindi non unicamente per i CLE.25 Non c’è da stupirsi che il nome abbia una tale importanza: le due idee centrali della comunicazione epigrafica, strettamente legate tra di loro, sono l’idea di memoria e quella di eternità. Molte iscrizioni contengono un solo nome, ma la maggior parte ne contiene due, tre o ancora più. Nelle iscrizioni funerarie si tratta normalmente del nome del defunto e del dedicante (in molti casi la stessa persona è sia dedicatario che dedicante), nelle iscrizioni sacre e di edifici appaiono i nomi del fondatore e spesso della persona o del dio cui è dedicato l’edificio o l’altare. Nel caso che non ci sia un nome di persona, è frequente che l’iscrizione rinvii all’oggetto nel quale essa è incisa. Spesso, soprattutto nelle iscrizioni funerarie, il nome del dedicante è più importante di quello del dedicatario a causa di un altro elemento fondamentale: l’acquisizione di prestigio e notorietà.

24 Sanders dice : “Leur manque d’originalité tant de forme que de fond, n’est vrai que dans une mesure à préciser. […]

Ils nous surprennent d’ailleurs par une variatio qui ne se manifeste pas seulement dans la vocabulaire, les images et le style, mais aussi dans un large éventail d’idées sur la vie, la morte et l’au-delà“ (Sanders, «Sur l’authenticité des Carmina Latina Epigraphica funéraires» 410-1).

25 “Le culte du nom, la perpétuation du souvenir” occupa anche una posizione centrale nella letteratura (Sanders, «Sur l’authenticité» 411), ma in un modo diverso, meno diretto mi pare.

I CLE però sono un’eccezione. Le iscrizioni funerarie in versi contengono quasi sempre il nome della persona defunta, mentre il nome del dedicante è quasi sempre assente. Questa anonimità dell’autore, l’assenza del suo nome dal proprio componimento, è un elemento paradossale, ma tipico dei CLE e di tutta la tradizione poetica-epigrafica. Un’eccezione alla regola sono i CLE ‘firmati’: spesso vere poesie (“l’art pour l’art”) che contengono il nome dell’autore. Cugusi dedica un intero capitolo a tali poeti epigrafici nel suo libro Aspetti letterari dei carmina Latina epigraphica (Cugusi 21-90).

2.4. Relazione epigrafia-letteratura

Un altro aspetto centrale di questo tipo di iscrizioni è l’uso di modelli letterari: gran parte delle iscrizioni in versi (ma non tutte) è ispirata a, o contiene citazioni di poeti ‘alti’ da noi ben conosciuti. Il legame tra epigrafia e poesia non deve prendere per forza la forma di una citazione diretta, molto spesso le locuzioni, i temi, e le immagini letterarie venivano riformulate ed elaborate. Come detto sopra, Virgilio era il modello per eccellenza26, ma si riscontrano anche echi di altri autori sia lirici (come Accio, Catullo, Ovidio, Orazio, Lucano, Lucrezio, Properzio, Tibullo, Marziale, e parzialmente Seneca), che prosastici (come Petronio). Il citare ed elaborare passi di tali autori è stato talvolta fatto per dar sfoggio del proprio sapere letterario, ma non era necessariamente questo lo scopo primario; dopotutto l’imitatio era un fenomeno intrinseco della cultura romana (Martínez 121-3). Tranne qualche eccezione però, non possiamo parlare di una vera

‘intertestualità’. In generale gli autori di epigrafi in versi non rinviavano a determinati poeti allo scopo di stabilire un vero legame tra la propria iscrizione metrica e il prodotto letterario, ma piuttosto perché determinate immagini e certi sintagmi semplicemente piacevano a tali compositori. Inoltre, nonostante non sia confermato, l’esistenza di antologie o manuali potrebbe anche spiegare la presenza di alcuni autori letterari nella produzione poetico-epigrafica.

Tuttavia, il legame tra epigrafia e letteratura non è una ‘strada a senso unico’. Utilizzando i termini di Matteo Massaro, ci sono invece altre due ‘vie’ di influenza accanto a questa ‘prima via’ indicata sopra, vale a dire il movimento dalla letteratura alta all’epigrafia (la via più evidente e più studiata). La seconda via è il procedimento inverso, cioè la ripresa di certi motivi e temi epigrafici nelle opere di autori letterari. Non solo gli storiografi riprendono epigrafi, ma anche autori letterari (lirici e prosimetrici) si ispirano a iscrizioni o giocano con temi e locuzioni epigrafiche (p.e. Petronio, Gellio, Ovidio, Orazio e gli elegiaci) (Coleman 20-8).

La terza via è una base comune, popolare, orale, ‘un patrimonio generale’ (Massaro, «Una terza via» 249;

Massaro, «Radici orali» 253). Questa è la via meno studiata dal momento che non è facile rintracciare se certi temi o sintagmi risalgano a una determinata base comune. Quando questi temi o sintagmi appaiono nella produzione sia letteraria che epigrafica, è sempre necessario prestare attenzione al tipo di testo in cui si trovano. Massaro ritiene che diventi più probabile l’esistenza di una base comune se sono testi tecnici o testi che elaborano elementi volgari (p.e. il Satyricon di Petronio). C’è anche maggior probabilità se un medesimo tema o sintagma ritorna in testi sia prosastici sia lirici (Massaro, «Radici orali» 258-60). Oltre a

26 Tra i CLE ci sono alcuni centoni, cioè poesie originali composte combinando insieme versi esistenti. I versi di Virgilio erano molto popolari per questo tipo di poesie (Cugusi 46-53).

ciò è importante prestare attenzione al fatto se i sintagmi appaiono in un contesto reale e letterario simile e se hanno un significato analogo: in caso contrario, aumenta la possibilità di una base comune (261).

Non ci sono solo legami tra produzione epigrafica e singoli autori, ma anche tra iscrizioni in versi e generi letterari. I CLE raccolgono infatti elementi della laudatio funebris (= l’encomium funebre)27, della biografia che a sua volta è nata dalla laudatio, delle diverse forme di consolatio, dell’elegia, dell’epigramma, delle neniae28, dell’epicedion29, della satira, dell’inno e a volte persino un po’ dell’epica. La questione se i CLE costituiscano un genere a sé stante ha suscitato dibattito tra gli studiosi: alcuni considerano i CLE come un’applicazione di uno o più generi letterari citati sopra (Sanders, «Le dossier quantitatif» 719-20), mentre altri, nonostante li ritengano una ‘accozzaglia’ di generi, danno più peso all’azione unificante del materiale (Martínez 124-6). Entrambi hanno argomenti validi, ma io seguirei la seconda tendenza in primo luogo perché il materiale ha infatti delle conseguenze veramente profonde (prossimo capitolo), in secondo luogo perché la letteratura epigrafica ha i suoi propri contesti e le sue proprie mode, e infine perché i CLE spesso lasciano la parola ad altre voci rispetto a quelle che troviamo nella tradizione letteraria. Opterei dunque per una divisione in sottogeneri in base al contenuto e per non sopravvalutare troppo le differenze tra versi epigrafici e versi letterari, visto che esse si riscontrano pure in un medesimo universo testuale differendo principalmente, ma non solo, nel tipo di supporto (123-4).

3. Forma e stile

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 11-14)

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