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Forma e stile

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 14-18)

Il fatto che un componimento sia considerato come carmen Latinum epigraphicum o meno non ha nulla a che fare con il suo valore letterario30, ma è determinato solo dal fatto che è, in primo luogo, inciso su di un materiale duro e che ha, in secondo luogo, una parte metrica. Un CLE può essere scritto in qualsiasi piede e metro. Il gruppo principale è quello in versi dattilici (esametri e pentametri) seguito da un gruppo giambico relativamente ampio, entrambi sotto l’influenza delle opere letterarie più importanti e conosciute. Tuttavia, sono anche presenti saturni, trochei, endecasillabi, anapesti, metri ionici, coriambi, e polimetra (Bruun ed Edmondson 770). Bücheler è molto vago sui criteri che utilizza per considerare un’iscrizione metrica o meno (770): il gruppo di iscrizioni che lui chiama ‘commatica’ è problematico. ‘Commatica’ sembrano essere una categoria piuttosto soggettiva: sono epigrafi (nelle quali è possibile distinguere alcuni piedi) la cui intenzione metrica è incerta ma viene supposta dall’editore. Questo gruppo di epigrafi metriche incerte è considerevole, ma resta una minoranza: solo 127 delle 2294 iscrizioni registrate nel CLE di Bücheler sono

‘commatica’, cioè il 5,54%.

27 “A speech concerning the virtues of the departed, the notable achievements of his life-time, and his illustrious ancestors”. Poteva essere pronunciato nel Foro o presso la tomba del defunto. (Crawford 18-9)

28 “In addition to other kinds of song […], in Rome nenia is a technical term for a dirge sung to the flute in praise of a dead person in their funeral procession” (Kierdorf).

29 “Epicedion is a term applied to poems (or speeches) honouring the dead. Theoretically distinguishable from the dirge (θρῆνος), epitaphios, or consolation, as being delivered or performed over the corpse and before the funeral, it nevertheless barely differs from these in content […] It is an expression of affection rather than praise.” (Russell).

30 Infatti, alcune iscrizioni hanno un colorito poetico, ma non sono metriche, come per esempio l’iscrizione CIL 06, 32416 in cui viene presentata una Vergine Vestale che restava sveglia facendo la guardia alla fiamma giorno e notte (ad aeternos ignes / diebus noctibusque pia mente rite / deserviens), mentre qualche iscrizione in versi può essere molto stereotipata e senza una vera anima.

Molti CLE hanno un prae- o un postscriptum in prosa nei quali sono spesso menzionati il nome, l’età (vixit annos), e a volte il lavoro del defunto e/o del dedicante, perché queste informazioni pratiche erano difficili da rendere in versi (Bruun ed Edmondson 772). In quei pre- e post- scripta si trovano spesso locuzioni che appaiono anche in iscrizioni in prosa, come le formule Dis Manibus, libertis libertabusque eorum, hoc monumentum heredem non sequitur e altre che erano a volte abbreviate per risparmiare spazio o secondo l’uso epigrafico corrente. Quanto più un’epigrafe è abbreviata tanto più è normalizzata e conseguentemente meno originale. In generale possiamo affermare che le iscrizioni in versi contengono meno elementi abbreviati di quelle in prosa, grazie al loro carattere poetico e all’uso di un lessico più ricco.

A causa del background molto vario degli autori epigrafici accadeva (più spesso che nei testi letterari) che venissero commessi degli errori. Non solo giocavano un ruolo il livello di educazione e il ceto sociale, ma anche il luogo di produzione. Bisogna tener conto dei concetti di ‘periferia’ e di ‘centro’: “la periferia è sempre un po’ in ritardo rispetto al ‘centro’ di cultura” (Cugusi 36). Per sostanziare questa discrepanza, Cugusi dà l’esempio di Lupus (una delle iscrizioni ‘firmate’) che ha commesso qualche errore nella composizione dell’esametro malgrado il latino sia corretto: la zona in cui viveva questo “poeta” era ancora in fase di romanizzazione nel periodo in cui si data la sua iscrizione (Cugusi 37-46).

3.2. Le conseguenze del materiale per il testo

Il materiale in sé è in realtà meno importante di quanto si possa pensare intuitivamente, come scrive Bodel:

“many documents trabscribed on papyri were no more transitory in intent than the scribblings painted or scratched onto tombs” (Bodel 2-3). Sono invece le conseguenze che esso comporta per il testo che sono davvero molto importanti.

3.2.1. Concisione

Le ragioni principali della concisione (e di conseguenza la brevità) dei CLE, rispetto ai corrispondenti modelli letterari, sono lo spazio relativamente limitato e il costo abbastanza alto di un’epigrafe (vedi la nota 10).

Anche la pazienza del lettore può in parte giocare un ruolo nella brevità: visto che i lettori normalmente non perdevano troppo tempo a leggere le pietre lungo il ciglio della strada, ma le leggevano en passant (Martínez 125).

È abbastanza raro incontrare un CLE che consista di più di venti versi e certamente di più di trenta (Henriksén 694-5): nella maggior parte dei CLE la quantità di versi sembra rientrare tra uno (monostici) e quindici.31 Ci sono ovviamente delle eccezioni, ma non sono di grande quantità32 e hanno caratteristiche un po’ diverse dagli altri CLE: i monumenti in cui sono incisi sono più grandi del normale, i componimenti stessi sono più legati a un certo genere letterario, e sono più originali (718). Conseguentemente, possiamo supporre, con una certa prudenza, che questi CLE ‘lunghi’ si preoccupino meno del carattere epigrafico rispetto agli altri CLE o ‘giochino’ con questo carattere.

31 Un vero studio quantitativo non è ancora stato fatto, ma dopo aver consultato la raccolta di Bücheler-Lommatzsch mi sembra abbastanza chiaro.

32 Henriksén conta solamente cinque ‘carmina epigraphica longa’ pagani (Henriksén 719-724). Il CLE più lungo è quello del sepolcro dei Flavii a Cilium che contiene 110 righe (Bruun e Edmondson; Henriksén 721-2).

In confronto alle iscrizioni in prosa i CLE sono spesso un po’ più lunghi (Bruun e Edmondson 765). Ho l’impressione che ciò sia dovuto al fatto che le iscrizioni in versi spesso fornivano qualcosa di più: non solo volevano trasmettere in modo pragmatico un messaggio di commemorazione, ma usavano lo spazio a loro disposizione per aggiungere una sorta di ‘valore aggiunto’ (soprattutto) estetico.

3.2.2. Stile semplice

I CLE hanno uno stile più semplice della poesia latina letteraria. Questo però non significa che siano semplicistici. È vero che, come abbiamo visto sopra (pag. 9), la maggior parte dei dedicanti dei CLE non erano poeti o di ceto sociale alto, il che spiega perché i carmi sono spesso poco raffinati. Tuttavia, questo stile semplice è anche dovuto al pubblico cui si rivolgono i CLE: essi volevano essere accessibili a un pubblico vasto e vario (Martínez 125).33 Inoltre, a causa dello spazio limitato non potevano sempre utilizzare figure retoriche estese (ibid.), il che non vuol dire che alcuni versi non utilizzino tecniche poetiche come iperbati, equazioni, anafore e altri.

3.2.3. ‘Afterthought’

Un altro elemento caratteristico di un materiale duro (come la pietra) è il fatto che è difficile rivedere e correggere un’iscrizione dopo l’incisione. Il processo compositivo dei CLE era uguale a quello dei versi letterari, un carmen era prima scritto su papiro o su una tavoletta cerata, e solo dopo veniva dettato al lapicida. Una volta che l’iscrizione era stata incisa sulla pietra, una sua successiva rielaborazione o correzione sarebbe stata praticamente impossibile (Judge 808).

3.2.4. Aspetto visivo e impaginazione

Dal carattere pubblico di gran parte delle epigrafi, si può dedurre che in generale le iscrizioni erano incise per essere lette.34 Conseguentemente la maggior parte delle iscrizioni doveva attirare l’attenzione in un modo o nell’altro. Dal momento che le epigrafi sono un mezzo di comunicazione prevalentemente visivo, questo accadeva soprattutto attraverso gli occhi. Materialmente le epigrafi potevano colpire per le dimensioni e la forma del supporto, o a causa della presenza di un bassorilievo o di una bella cornice.

Potevano anche giocare con l’impostazione del testo: utilizzavano non solo caratteri di dimensioni diverse o un altro modello di scrittura a seconda della moda, ma ricorrevano anche alla collocazione di alcune parole in punti particolari del testo per attirare l’attenzione. Le parole che stanno all’inizio o alla fine, o che sono isolate (Massaro, «Impaginazione» 375), sono più evidenti per esempio. È per questo, mi sembra, che il nome del defunto nelle iscrizioni funebri sta quasi sempre all’inizio in modo che se si leggeva solo una parte dell’iscrizione, almeno non sfuggiva il nome. Tuttavia, non solo i CLE, ma anche le iscrizioni in prosa utilizzano questi sotterfugi per attirare l’attenzione, quindi questi elementi non possono essere considerati come caratteristici dei CLE.35

33 Non approfondirò la questione dell’alfabetizzazione nel mondo romano, vedi per questo: Bodel (pagg. 15-9).

34 Sembra un’asserzione logica, ma alcune iscrizioni sono state ritrovate in luoghi di difficile accesso, come all’interno di sarcofagi (Bruun e Edmondson 96); ancora altre iscrizioni erano deliberatamente rese difficili da leggere perché gli autori non volevano che estranei le leggessero (Sartori 416). Tutti questi casi hanno una ragione determinata, ma non costituiscono la regola.

35 Per scoprire se i CLE usano alcune tecniche particolari più frequentemente delle iscrizioni in prosa, sarebbe necessaria un’analisi quantitativa che a mia conoscenza non esiste ancora.

Ci sono però alcuni aspetti visivi che sono davvero specifici dei CLE. Esiste tutta una serie di iscrizioni che rende evidente in modo visivo il fatto che esse sono state scritte in versi; si tratta di una tradizione che sembra iniziare molto presto (già colle iscrizioni in saturni degli Scipioni36) (Massaro, «Impaginazione» 366-7). Centrale nella trasmissione visiva dei versi al lettore era la divisione del testo in unità concettuali e/o sintattiche (371-2): ciò può essere raggiunto dividendo la riga con una linea o un punto, o dividendo i versi per righe successive (se c’era lo spazio per farlo) “con attacco incolonnato” o meno, inserendo spazi vuoti, e soprattutto facendo rientrare le righe (risp. 366-7, 377, 392-3; 367; 368-9; e 370-1, 378, 380-2). La rientranza delle righe è una caratteristica visiva tipica di un distico elegiaco per il lettore moderno, ma non era un segno di ‘poeticità’ in origine. Era un segno per indicare il proseguimento della lettura anche in iscrizioni prostatiche, come dice Massaro in modo convincente:

Siamo quindi indotti a dedurre che una prassi che consideriamo abitualmente tipica della presentazione epigrafica o libraria dei distici elegiaci (la rientranza del pentametro) avesse in effetti la sua origine in una prassi epigrafica comune anche per i testi in prosa, di attaccare cioè all’interno le righe che continuano direttamente l’enunciato avviato nella riga precedente, come a segnalare una continuazione di lettura (e di pensiero). Tale prassi appare del resto speculare a quella di segnalare invece con una sporgenza l’inizio di un nuovo ‘paragrafo’. (Massaro “Impaginazione” 370-1)

Ne consegue che la rientranza del pentametro era un fenomeno comune, visto che la strofa elegiaca (l’insieme dell’esametro e il pentametro) era spesso vista come un’unità ritmica e concettuale (374, 376, 289). La rientranza però cominciò solo dopo qualche tempo a diventare qualcosa di meccanico: diventava in molti casi una generica tecnica estetica per trasmettere un’impressione di poeticità (elegiaca), dato che c’erano persone che iniziavano a troncare i versi in posti sbagliati mantenendo la tipica struttura (373, 387).

Un altro elemento visivo caratteristico di alcuni CLE è l’uso di una differenza di carattere per suddividere il testo in una parte prosastica e una metrica. La prima, in cui si trovano spesso dettagli, come il nome e l’età del defunto (se si tratta di iscrizioni funebri), è spesso scritta in caratteri più grandi della seconda (370, 383).

La suddivisone dell’inscrizione in unità concettuali e sintattiche (e talvolta ritmiche) e l’indicazione della differenza tra parti prosastiche e metriche, hanno lo stesso obiettivo, cioè di guidare il lettore a una corretta osservazione e lettura dell’iscrizione (in versi) (393).37

3.3. Lingua

Per finire, soffermiamoci su alcuni aspetti stilistici e linguistici dei CLE. Innanzitutto grazie al loro carattere poetico le iscrizioni metriche generalmente dispongono di una sintassi più estesa rispetto alle iscrizioni in prosa; il loro lessico è più ricco e originale, e figure retoriche sono ricorrenti.

Per quanto riguarda la differenza tra componimenti epigrafici e letterari, l’aspetto più notevole è l’uso di elementi deittici nella produzione epigrafica. Dal momento che i CLE erano incisi su lapidi spesso pesanti, essi erano destinati a restare esposti sempre nello stesso posto. Conseguentemente, molti CLE rimandano

36 Le epigrafi degli Scipioni (famiglia ellenizzata) costituiscono il punto di partenza delle iscrizioni in versi latine secondo The Oxford Handbook of Roman Epigraphy (Bruun e Edmondson 771).

37 In via eccezionale, alcune iscrizioni indicano persino la scansione metrica (vedi Patrikê pag. 24).

a questo contesto ambientale in cui erano affissi attraverso l’uso frequente di dimostrativi (hic situs est, hoc tumulo, hic iacet…). Legato a questo, la comunicazione sembra anche essere più diretta che nella letteratura: testo e lettore si trovano nello stesso contesto, il testo spesso chiede al passante di fermarsi e si instaura un dialogo tra il defunto e il passante (Martínez 126; Gregori, «Sulle origini della comunicazione epigrafica defunto-viandante»). Nell’ambito dell’epigrafia funeraria questa “comunicazione epigrafica defunto-viandante” compare a Roma per la prima volta probabilmente a cavallo del secondo e primo secolo a.C., soprattutto (ma non solo) nell’ambito dei CLE (Gregori, «Comunicazione epigrafica defunto-viandante»

94-6, 98-9).

Infine, nei CLE la prima e la seconda persona sono più ricorrenti che nelle iscrizioni in prosa: i CLE più convenzionali usano di solito la terza persona, mentre quelli più sinceri e originali ricorrono spesso alla seconda persona (rivolgendosi sia alla famiglia sia al passante o al defunto) (Tolman 1-13). CLE in prima persona (di solito la voce del defunto) si trovano tra i due gruppi: a volte sono piuttosto tradizionali, altre volte più originali (ibid.). Nelle iscrizioni in versi riscontriamo una maggior sintonia sintattica rispetto a quelle in prosa, che sono spesso piuttosto una sequenza di elementi relativamente isolati tra loro.

Nel documento PIETRE LATRANTI E NITRENTI (pagine 14-18)

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