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CAPITOLO IV L’incisivo ruolo esercitato dall’ANAC

1.3. Ancora sulla legge n 190 del 2012: quali strumenti introduce

La nuova disciplina in materia di anticorruzione, nella parte in cui introduce nuove misure dirette a prevenire il fenomeno della corruzione e di illeciti nell’amministrazione, prevede l’elaborazione del PNA e dei PTPC da parte delle singole amministrazioni142.

141 R.Cantone e F.Merloni, (a cura di), La nuova Autorità nazionale anticorruzione,

cit., pagg. 53-56.

142 In I.A.Nicotra, (a cura di), L’Autorità nazionale anticorruzione.Tra prevenzione e

attività regolatoria, Giappichelli, Torino, 2016, pag. 116 quanto a PNA e PTPC, si

rinvia a quanto sostiene P. Canaparo nella Sua opera L’anticorruzione e la

trasparenza: le questioni aperte e la delega sulla riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni, in www.federalismi.it, n. 1/2016, pag.46. L’ Autore sottolinea come

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Pur individuando gli specifici compiti della CIVIT /ANAC e del DFP, la legge n. 190, ancora una volta, non ha previsto una netta distinzione dei ruoli, limitandosi ad enunciare, solo come principio, l’azione coordinata tra i due organismi, che è rimasta indeterminata nelle forme e modalità di svolgimento.

Ciò ha significato, in primo luogo, rimettere all’autonoma responsabilità di CIVIT/ANAC e DFP la definizione del raccordo in sede di elaborazione del PNA, al fine di elaborare le seguenti previsioni che delimitano in maniera sufficientemente chiara i rispettivi ruoli.

Ad un primo livello nazionale, infatti, la legge n. 190 ha previsto che il DFP predisponga, sulla base di linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale, il PNA.

La funzione principale del Piano è quello di assicurare l’attuazione coordinata delle strategie di prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazion, elaborate a livello nazionale e internazionale. Il PNA è, poi, approvato, dalla CIVIT/ANAC, individuata dalla legge quale Autorità nazionale anticorruzione.

Ad un secondo livello decentrato, invece, ogni amministrazione definisce un PTPC che, sulla base delle indicazioni previste nel PNA, deve effettuare l’analisi e la valutazione dei rischi specifici di corruzione

quella di distinguere tra la nozione di <<prevenzione del rischio>>, da un lato e la nozione di <<repressione della corruzione >>, dall’altro.

Partendo da tale distinzione, il PTPC deve contemplare un insieme di accorgimenti organizzativi finalizzati ad evitare il verificarsi di un dato evento dannoso, eventuale e futuro, ovvero a ridurre l’impatto che tale evento potrebbe avere sull’organizzazione.

In tal senso il PTPC deve essere tale da creare un deterrente, che, nel tempo, riduca la possibilità stessa di accadimento di eventi ascrivibili alla nozione, ampia, di corruzione fatta propria dal PNA.

In proposito, il PNA chiarisce che le amministrazioni pubbliche e gli altri enti destinatari debbono introdurre ed implementare le misure che si configurano come obbligatorie (di cui all’allegato 2 al PNA), in quanto disciplinate direttamente dalla legge n. 190 del 2012 (art.1, comma 16), nonché sviluppare misure ulteriori legate al particolare contesto di riferimento interno ed esterno.

Nello spirito della citata legge, l’analisi del rischio dovrebbe quindi costituire lo strumento attraverso cui le amministrazioni pianificano l’adozione di altre misure in modo da renderla coerente rispetto a specifici contesti, risorse e missioni istituzionali”.

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e, conseguentemente, indicare gli interventi organizzativi volti a prevenirli.

Il PTPC rappresenta, invece, uno strumento di natura programmatica attraverso il quale ogni amministrazione definisce le strategie di prevenzione al proprio interno, tenendo conto, soprattutto, delle attività più esposte al fenomeno corruttivo e individuate, dall’art.1, comma 16, della legge n. 190.

Entro il 31 gennaio di ogni anno l’organo di indirizzo politico dovrà adottare il piano triennale (art.1, comma 8, legge n. 190) e trasmetterlo, poi, esclusivamente per via telematica, al DFP.

Come già detto, quindi, la suddivisione dei compiti tra CIVIT/ANAC e DFP è stata disciplinata nel PNA, anche al fine di sopperire ad un vuoto normativo della legge n. 190143.

Poi, la legge n. 190 ha introdotto importanti novità in materia di codici di comportamento dei funzionari pubblici, ed in ottemperanza alla previsione di cui all’ art.1 comma 44, della legge anticorruzione, il Governo ha adottato il d.P.R. n. 62 del 2013 “Regolamento recante

codice di comportamento dei dipendenti pubblici, a norma dell’art. 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”.

La CIVIT/ANAC ha poi definito, con delibera n. 75 del 2013, criteri e linee guida e le novità introdotte dalla legge hanno comportato nuovi adempimenti anche a carico delle amministrazioni, tra cui la definizione di un proprio codice di comportamento.

La legge ha previsto, altresì, l a tutela del dipendente che segnala illeciti (il c.d. whistleblower), attraverso l’attribuzione di funzioni diverse tra CIVIT/ANAC e DFP144.

Inoltre, sempre la legge n.190, fra i diversi obblighi e adempimenti sanciti nei confronti delle pubbliche amministrazioni ha previsto che

143 R. Cantone e F. Merloni, (a cura di), La nuova Autorità nazionale anticorruzione,

cit., pag. 57 ss.

144 Sul punto si veda, per possibili approfondimenti, I.A. Nicotra, (a cura di), L’Autorità

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l’organo di indirizzo politico debba individuare, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il Responsabile della Corruzione145.

Il RPC rappresenta uno dei principali interlocutori dell’Autorità nazionale anticorruzione e, pertanto, lo svolgimento dei suoi compiti non ha comportato alcuna sovrapposizione di ruoli e funzioni nei confronti della CIVIT/ANAC e del DFP.

Il RPC, negli enti locali, è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione (art.1, comma 7) che, con riferimento agli enti pubblici economici e agli enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale o regionale/locale, secondo quanto previsto può essere individuato anche nell’Organismo di Vigilanza (ODV) di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 231 del 2001.

La legge n.190 non ha dunque, riconosciuto al DFP alcun potere specifico di intervento nel procedimento di nomina del RPC, se non quello di ricevere la comunicazione dell’avvenuta nomina.

Il RPC è tenuto a verificare il livello di attuazione delle misure di prevenzione della corruzione adottate dall’ente e del piano in particolare, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni, ovvero allorquando intervengano mutamenti nell’organizzazione o nell’attività dell’amministrazione (art.1, comma 10, lettera a) del d.lgs. n.231 del 2001146).

Infine, la legge n. 190 ha introdotto anche i doveri di comunicazione da parte delle amministrazioni al DFP di atti e di informazioni relative alle posizioni dirigenziali affidate a persone individuate dall’organo di indirizzo politico in assenza di procedure di selezione, agli incarichi

145 D’ora in poi RPC.

146 D.lgs. 8 giugno 2001, n. 231“Disciplina della responsabilità amministrativa delle

persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300”.

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conferiti o autorizzati ai propri dipendenti nonché alle consulenze e agli incarichi esterni attribuiti (art.1, comma 39, e art.1, comma 42).

“In tal modo valorizzando la trasparenza come antidoto preventivo ai

fenomeni corruttivi”147.

La raccolta e la trasmissione di tali dati sono effettuate al DFP al fine di consentire alla CIVIT/ANAC l’esercizio delle proprie funzioni in materia della prevenzione della corruzione, di cui ai commi da 1 dell’art.1 della legge n. 190.

In relazione agli obblighi di comunicazione, dunque la competenza del DFP è stata chiaramente delineata e non è apparsa in conflitto con le funzioni svolte dall’Autorità.

I doveri di comunicazione attengono al delicato settore del conferimento degli incarichi, di cui si occupa la legge n.190.

In ordine allo svolgimento degli incarichi nelle pubbliche amministrazioni, infatti la legge anticorruzione è intervenuta in una doppia direzione.

In primis, essa ha modificato l’art.53 del d.lgs. n.165 del 2001, avente ad oggetto le incompatibilità,il cumulo di impiego e di incarichi nelle pubbliche amministrazioni; in secundis,ha conferito una delega al Governo, attuata con l’adozione del d.lgs. n.39 del 2013148,per

l’elaborazione d una disciplina avente ad oggetto l’inconferibilità e l’incompatibilità degli incarichi amministrativi149; in terzo luogo ha

introdotto l’art.6-bis della legge n.241 del 1990 in ordine alla previsione

147 F. Paterniti in I.A. Nicotra, (a cura di),L’Autorità nazionale anticorruzione, cit.,

pag. 110.

148 D.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, recante “Disposizioni in materia di inconferibilità e

incompatibilità di incarichi presso le Pubbliche Amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell’articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190”.

149 Sul regime di inconferibilità ed in incompatibilità degli incarichi amministrativi si

veda, per ulteriori approfondimentiP.Canaparo, I nuovi protagonisti della lotta alla

corruzione nelle pubbliche amministrazioni, cit., pag.21 ss. e I.A. Nicotra, (a cura di),

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del dovere di astensione del dipendente pubblico in caso di conflitto di interesse, anche potenziale.

Tra le novità introdotte con la riscrittura dell’art. 53 del d.lgs. n. 165 del 2001 si possono rammentare il nuovo regime degli incarichi esterni per i dirigenti e il divieto di svolgere un’attività successiva alla cessazione del rapporto di lavoro (c.d. pantouflage)150.

Tra le novità introdotte dal d.lgs. n. 39 del 2013 vi sono diverse fattispecie di inconferibilità e incompatibilità di incarichi dirigenziali o assimilati a coloro che hanno rivestito, in un preciso arco temporale di volta in volta indicato nella norma,incarichi politici e che siano stati destinatari di sentenze di condanna per delitti contro la pubblica amministrazione.

Specifiche norme disciplinano le fattispecie di inconferibilità e di incompatibilità nei confronti del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario delle aziende sanitarie locali. La ratio delle disposizioni è quella, da una parte, di evitare che lo svolgimento di certe attività o funzioni possano agevolare la precostituzione di incarichi dirigenziali e assimilati, e dall’altra, di evitare l’affidamento di questi ultimi, che comportano responsabilità su aree di rischio di corruzione, a soggetti sottoposti a condanna penale. Le funzioni attribuite all’Autorità in ordine alla disciplina dell’incompatibilità o inconferibilità degli incarichi sono rafforzate dalla previsione di poteri sanzionatori: nel caso di inconferibilità, infatti, è prevista la nullità degli incarichi mentre la causa di incompatibilità può essere rimossa mediante opzione dell’interessato tra gli incarichi che la legge ha considerato incompatibili tra di loro (artt. 15 e ss., d.lgs. n. 39 del 2013)

150 Cfr. R.Cantone e F. Merloni, (a cura di), La nuova Autorità nazionale

pag. 162 1.4. I protagonisti posti a presidio delle nuove misure in materia di anticorruzione alla luce delle nuove Linee Guida dell’ANAC in materia

Il tema dell’inconferibilità e incompatibilità è stato, da ultimo, inciso dall’attività deliberativa dell’ANAC.

Vediamo brevemente come si è arrivati a ciò.

Anzitutto, riguardo alla disciplina sull’inconferibilità e incompatibilità degli incarichi dirigenziali è stato predisposto un articolato sistema di vigilanza sull’osservanza delle disposizioni di cui legge n. 190 e del d.lgs.n.39 del 2013, che fa capo sia al RPC di ciascuna PA (vigilanza interna), sia all’ANAC (vigilanza esterna).

Proprio al RPC è attribuito il compito di vigilare sull’effettivo rispetto di quanto previsto dalla normativa, cui consegue il potere/dovere dell’interessato di contestare l’esistenza o l’insorgere delle situazioni di inconferibilità e incompatibilità.

In altri termini, l’interessato, onde prevenire il concretizzarsi di situazioni di inconferibilità e incompatibilità dovrà presentare una dichiarazione sulla sussistenza di cause di inconferibilità, così come, durante lo svolgimento dell’incarico, lo stesso soggetto ha l’obbligo di produrre annualmente una dichiarazione attestante l’assenza di cause di incompatibilità.

Con particolare riferimento alla menzionata dichiarazione, prodromica al conferimento dell’incarico e funzionale a scongiurare ipotesi di inconferibilità, ferme restando le conseguenze di carattere penali, di cui art. 20 del d.lgs. n. 39 del 2013, cui va incontro il soggetto che rende dichiarazioni mendaci151, è necessario che l’amministrazione che voglia procedere a conferire il detto incarico accerti comunque la veridicità di quanto in essa contenuto.

Tale attività di accertamento da parte della PA, trova conferma nella lettera dell’art. 20, laddove è prescritto che la dichiarazione deve essere

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presentata all’atto del conferimento dell’incarico (comma 1) e (se veritiera) è condizione per l’acquisizione di efficacia dell’incarico stesso (comma 4).

In tal senso, tra l’altro, sono orientate anche le recenti Linee Guida approvate dall’ANAC in materia con Delibera n. 833 del 3 agosto 2016152.

Alla luce di ciò, in linea con la ratio della normativa, dalla citata disposizione dovrebbe ricavarsi che nell’atto di conferimento dell’incarico il momento della sua validità formale deve essere scisso da quello della sua efficacia.

L’introduzione di un lasso temporale antecedente alla acquisizione di efficacia, infatti, consentirebbe l’indagine dell’amministrazione che, ove accerti la sussistenza di una delle ipotesi di inconferibilità, potrebbe intervenire prima che l’atto di incarico cominci a produrre i suoi effetti,evitandosi,così,di procedere poi alla successiva dichiarazione di nullità del provvedimento.

Infatti, con riferimento ai casi di inconferibilità, è previsto che il RPC debba dichiarare nullità degli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del d.lgs. n. 39 del 2013.

Differentemente, ove accerti che l’insorgenza di una causa di incompatibilità, il RPC ha l’obbligo di contestarla all’interessato, al quale è assegnato un termine di quindici giorni di tempo per scegliere quale incarico intende mantenere, decorso il quale si avrà la decadenza dall’incarico amministrativo di vertice e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, ex art.19, d.lgs. n. 39 del 2013.

152 “Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle

incompatibilità degli incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi inconferibili e incompatibili”, approvate dall’Autorità Nazionale

Anticorruzione giusta Delibera n. 833 del 03 agosto 2016, reperibile sul sito istituzionale dell’ANAC.

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Unitamente all’attività di vigilanza di stretta competenza del RPC interno ad ogni PA, la normativa assegna importanti compiti anche all’ANAC.

A questa, in primo luogo,è attribuita la competenza ad esprimere pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti,tanto l’interpretazione delle disposizioni del d.lgs. n. 39 del 2013,quanto la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità, ex art.16, comma 3, d.lgs.n.39 del 2013.

Unitamente a ciò, rilevanti sono anche le funzioni di vigilanza e-se del caso-di intervento.

L’Autorità, infatti, ha il compito di vigilare sul rispetto da parte delle pubbliche amministrazioni delle disposizioni di cui al d.lgs. n.39 del 2013.

La stessa ANAC, di sua libera iniziativa o a seguito di una segnalazione del DFP, può sospendere la procedura di conferimento dell’incarico con proprio provvedimento contenente osservazioni o rilievi153.

La normativa prevede, dunque, un sistema di vigilanza strutturato,che coinvolge tanto il RPC interno a ciascuna PA,quanto l’ANAC,quale soggetto istituzionale deputato al controllo complessivo e finale dell’intera filiera di prevenzione del buon andamento e dell’imparzialità amministrativa ,principi questi sacrosanti,che godono di fondamento costituzionale nell’art. 97154.

La legge, pare non aver prestato adeguata attenzione all’ipotesi in cui,al verificarsi di ipotesi di inconferibilità, il RPC rimanga inerte circa i suoi

153 Cfr. I.A. Nicotra, (a cura di), L’Autorità nazionale anticorruzione, cit., pag. 116 ss. 154 Articolo 97 Costituzione:

“i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano

assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.

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poteri/doveri di intervento,ovvero non dichiari la nullità dell’incarico che l’ANAC ha accertato essere inconferibile.

Ed ecco, allora di nuovo l’importanza delle Linee Guida dell’ANAC del 2016, così tese a risolvere evidenti problemi di inerzia del soggetto che è chiamato, in prima istanza ad intervenire: infatti, in questo caso, come evidenziato nelle Linee Guida dell’ANAC del 03.08.2016, l’Autorità potrà comunque intervenire con un potere d’ordine,finalizzato ad imporre al RPC di attenersi a quanto accertato dall’ANAC.

Tale potere d’ordine, infatti, trova le sue basi nell’art. 1, comma 3, l.n. 190 del 2012, laddove si attribuisce all’Autorità la possibilità di ordinare l’adozione di atti o provvedimenti richiesti, tanto dal PNA, quanto e soprattutto dal PTPC, che deve contenere misure atte a evitare casi di inconferibilità e incompatibilità.

Pertanto, ne discende come sia stato magistrale e provvidenziale il recente intervento dell’ANAC attraverso l’approvazione delle Linee Guida in materia.

1.5. Trasferimento delle funzioni in materia di anticorruzione all’ANAC: d.l. n. 90 del 2014

L’opera che abbiamo compiuto quanto alla materia dell’ anticorruzione nei paragrafi precedenti, con il caso a parte delle novità introdotte con le Linee Guida dell’ANAC del 2016, che sono a completamento del regime dell’inconferibilità ed incompatibilità, è stata quella di ricostruire i vari interventi susseguitisi nel tempo e che hanno, di volta in volta, delineato diverse configurazioni dell’assetto organizzativo in materia di anticorruzione.

Questo tipo di opera ci permette, così, una rapida opera di delimitazione del campo delle funzioni trasferite dal comma 15 dell’art.19 del d.l. n. 90 del 2014.

La disposizione fa riferimento a materie definite in modo molto ampio: da un lato la “trasparenza” (l’indicazione di questa materia si deve ad un

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emendamento in sede di conversione) e dall’altro la “prevenzione della corruzione”, così come disciplinate dall’art.1, commi 4, 5, e 8 della legge n. 190 (il puntuale riferimento ai commi citati si deve, sempre, ad un emendamento in sede di conversione).

Pertanto alla luce delle definizione ampia della materia e del più puntuale riferimento normativo le funzioni trasferite dal DFP all’ANAC si possono ricondurre a due aree funzionali: la prima consistente nelle funzioni attinenti alle misure (organizzative) di contrasto della corruzione e la seconda consistente nelle funzioni attinenti alla garanzia dell’imparzialità dei funzionari pubblici.

Quanto alla prima area, appare palese che tutta la materia dei PTPC, ivi compreso il PNA (come strumento di orientamento e guida all’adozione dei PTPC), sia da ritenersi trasferita all’ANAC, alla luce dell’esplicito trasferimento delle funzioni, di cui al comma 4, che prevedeva che i compiti del DFP di predisporre il PNA.

Ora, non vi sono più due soggetti che intervengono in un unico procedimento, ma un solo procedimento, totalmente affidato ad un soggetto, appunto, all’ANAC.

Anche la vigilanza sull’adozione dei PTPC è chiaramente trasferita: non solo l’obbligo delle amministrazioni centrali di trasmettere il proprio PTPC vede oggi come destinataria l’ANAC, ma essa si è vista riconoscere anche il distinto potere sanzionatorio in caso di mancata adozione del Piano155.

Le funzioni riguardano, poi, anche i piani adottati dalle pubbliche amministrazioni (e dai soggetti privati in controllo pubblico che vi siano tenuti) di livello regionale e locale, in virtù dell’estensione realizzata ai sensi dei commi 59 e 60 della legge n. 190.

Come i PTPC erano soggetti all’obbligo di comunicazione al DFP e alla vigilanza di quest’ultimo, il trasferimento dei compiti del DFP in

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materia di Piani delle amministrazioni centrali si estende anche ai PTPC delle amministrazioni regionali e locali.

Strettamente connessi con le funzioni appena esaminate vi sono i compiti attinenti i Responsabili della prevenzione della corruzione nelle singole amministrazioni.

Il compito di nominare il responsabile è rimesso agli organi di indirizzo politico delle diverse amministrazioni, senza alcun diretto intervento del DFP, il quale riceveva comunicazione della nomina, ma non era titolare di un potere specifico (ad esempio di parere sulla nomina).

Quanto alla seconda area, si tratta di funzioni che si ricollegano ad uno degli aspetti più significativi delle politiche di prevenzione della corruzione, ovverosia l’intento di contemplare una più attenta disciplina della condizione giuridica del funzionario pubblico, che attiene, a sua volta a più versanti: a) il versante dei limiti all’accesso a incarichi e cariche pubbliche, quanto a b), quello dei doveri di comportamento una volta in servizio(o nell’esercizio dell’incarico), quanto a c), sui conflitti di interesse che potrebbero sorgere con lo svolgimento di incarichi esterni (in servizio o alla fine del servizio).

Brevemente, quanto ad a) l’ANAC finora ha svolto tutte le funzioni di interpretazione della legislazione sulla conferibilità degli incarichi amministrativi e sulla conferibilità tra tali incarichi e altri, di cui al d.lgs. n. 39 del 2013, nonché le funzioni di vigilanza sulla corretta applicazione della nuova disciplina.

Quanto a b) la materia è disciplinata ex art. 54 del d.lgs.n. 165 del 2001, che prevede sia un Codice nazionale di comportamento sia un Codice di comportamento per ogni amministrazione pubblica156.

Quanto a c) la soluzione più equilibrata, probabilmente, sta nel riconoscimento al DFP del potere di emanare norme e direttive nella materia degli incarichi, unito al potere di vigilanza dell’ANAC sul

156 Sul punto si veda R. Cantone e F. Merloni, (a cura di ), La nuova Autorità nazionale

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rispetto della disciplina degli incarichi esterni, quando siano in gioco profili di imparzialità e della prevenzione dei conflitti di interesse.