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Autorità amministrative indipendenti come modello di amministrazione sui generis.Excursus sulle principali figure di AAI,con particolare riferimento all' ANAC.

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(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

Corso di Laurea in Giurisprudenza

Tesi di Laurea Magistrale

AUTORITÀ AMMINISTRATIVE INDIPENDENTI

COME MODELLO DI AMMINISTRAZIONE

SUI GENERIS.

EXCURSUS SULLE PRINCIPALI FIGURE DI AAI,

CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALL’ ANAC.

Il Candidato:

Gaetano Riccio

Il Relatore:

Chiar.ma Prof.ssa L. Azzena

(2)

INDICE SOMMARIO

INTRODUZIONE

………1

CAPITOLO I - Autorità amministrative indipendenti,

caratteristiche e natura

1. Nozione di autorità amministrative indipendenti………3 2. Indipendenza come prima caratteristica e termine polisenso.

Questione problematica delle nomine……….6 2.1. Indipendenza e mutamenti ideologici………..13 2.2. Indipendenza e ruolo ausiliario………...15 2.3. Duplice profilo di indipendenza, strumenti di garanzia e le

ragioni dell’ indipendenza, ovvero “il problema del perché”………...17 2.4. Neutralità, terzietà ed autonomia, quali altre

caratteristiche...31 2.5. Problema della collocazione istituzionale e della natura delle

autorità amministrative indipendenti………..39

CAPITOLO II - Contesto storico delle autorità

amministrative indipendenti, con cenni all’influsso del

diritto

europeo.

Principali

figure

di

autorità

(3)

breve riferimento ai problemi di coordinamento delle

Authorities di settore

1. Passaggio dallo Stato imprenditore a quello

regolatore……….………...47

2. Privatizzazione e liberalizzazione………....………...50

3. (Segue) Ruolo del diritto europeo nell’affermazione delle autorità indipendenti, con riferimento alla disciplina della concorrenza………....56

4. (Segue) Rapporti tra la disciplina della concorrenza del diritto europeo e quella del diritto italiano………...……...60

5. (Segue) Autorità di controllo e procedimenti di controllo…...63

6. Possibile classificazione delle autorità indipendenti: figure principali, relative funzioni………..………...68

6.1. Autorità di tipo generalista………...69

6.2. Autorità di tipo settoriale………...77

6.3. Banca d’Italia………...78

6.4. Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB)………...82

6.5. Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni………..88

6.6. Problemi di coordinamento tra le Authorities di settore: cenni………...93

6.7. Autorità di regolazione………..96

CAPITOLO

III

-

L’attuale Autorità nazionale

anticorruzione: carattere “nuovo”, genesi ed evoluzione

storica, caratteri, piano di riordino, sanzioni

(4)

1. Perché parlare di “nuova” Autorità nazionale

anticorruzione………...100

2. Come si arriva a realizzare l’attuale Autorità nazionale anticorruzione………...101

3. Principali caratteri………...110

4. La soppressione dell’AVCP e il trasferimento delle relative funzioni all’ANAC: premessa………112

4.1. Il settore degli appalti pubblici: un settore vulnerabile……113

4.2. Intervento a livello nazionale nell’ambito del settore degli appalti pubblici………..116

4.3. Intervento a livello internazionale nell’ambito del settore degli appalti pubblici………..124

4.4. La scelta del legislatore di sopprimere l’AVCP: motivazioni ed implicazioni………..126

5. Il Piano di riordino: premessa………..129

6. (Segue) Breve descrizione del Piano di riordino………..131

7. Il potere sanzionatorio dell’ ANAC………..140

CAPITOLO IV - L’incisivo ruolo esercitato dall’ANAC

in più ambiti: anticorruzione e trasparenza, relazioni

internazionali ed, infine, disciplina dei contratti pubblici

1. Trasferimento delle funzioni in materia di anticorruzione e trasparenza all’ANAC: premessa………...150

1.1. Assetto organizzativo in materia di prevenzione della corruzione ante 2012………...151

1.2. La legge n. 190 del 2012………....152

1.3. Ancora sulla legge n. 190 del 2012: quali strumenti introduce in materia di anticorruzione………...156

(5)

1.4. I protagonisti posti a presidio delle nuove misure in materia di anticorruzione alla luce delle nuove Linee Guida dell’ANAC in materia……….162 1.5. Trasferimento delle funzioni in materia di anticorruzione all’

ANAC: d.l. n. 90 del 2014………...165 1.6. Funzioni dell’ ANAC ricomprese in un ambito a metà tra

cultura della trasparenza e prevenzione della corruzione……….168 1.7. Nuova configurazione della trasparenza ad opera del d.lgs. n.

67 del 2016 e ruolo dell’ ANAC alla luce della recente disciplina………...……172 2. Influsso dell’ ANAC nell’ambito della nuova disciplina dei contratti

pubblici……….178 2.1. Le funzioni dell’ANAC in ambito dei contratti pubblici alla luce del d.lgs. n. 50 del 2016……….186 3. L’influsso dell’ANAC nel contesto delle relazioni internazionali………....194

CONCLUSIONI

………..199

(6)

pag. 1

INTRODUZIONE

Quello delle autorità amministrative indipendenti (AAI) o autorità indipendenti o Authorities costituisce un tema, peculiare del diritto amministrativo, che ha visto sempre su di sé puntati i riflettori, il che ne testimonia una mastodontica importanza.

Infatti fin dalla loro affermazione storica, avvenuta, segnatamente, negli anni Novanta del secolo scorso, la dottrina si è arrovellata sul loro inquadramento all’interno dell’ordinamento giuridico.

Il presente elaborato, appunto, pur consapevole di tutto questo, si prefigge di trattare il tema delle autorità amministrative indipendenti sotto un’angolatura del tutto particolare, non necessariamente condivisibile: possibile configurazione delle stesse autorità come un potenziale modello di amministrazione sui generis.

A tal proposito sono proposti diversi profili per la proposizione di un modello di tal fatta, che attengono talora alle caratteristiche delle

Authorities, talora ad elementi diversi.

Si è prediletta la suddivisione del lavoro in quattro capitoli.

Il primo capitolo si occupa, anzitutto, del carattere peculiare della nozione, poi, delle caratteristiche proprie delle Autorità, con tutte le possibili problematiche ad esse connesse, e da, ultimo, sulla questione relativa al collocamento istituzionale e alla natura delle Autorità stesse. Il secondo capitolo, invece, intende, in primis delineare il contesto storico in cui si è assistito, progressivamente, alla nascita delle Autorità, senza trascurare l’influsso esercitato in tale contesto dal diritto dell’Unione Europea, in secundis offrire una possibile classificazione delle Autorità, imperniata sull’individuazione delle principali tipologie di Authorities, con, seppur breve, riferimento alla problematica relativa al coordinamento tra le Autorità di settore.

(7)

pag. 2

Il terzo capitolo e quarto capitolo, invece sono dedicati alla “giovane” Autorità nazionale anticorruzione (ANAC): la scelta è stata quella di effettuare una disamina a parte (scissa in due capitoli, data la complessità del tema) di questa Autorità rispetto alle altre, che viene, invece, compiuta nel secondo capitolo,in quanto il settore cui presiede l’ANAC, cioè la prevenzione del fenomeno corruttivo, rilevante, soprattutto nell’ambito degli appalti pubblici (terzo capitolo), ed alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici (quarto capitolo), è diverso ed ancor più peculiare degli altri, cui sono chiamate a vigilare altre Autorità.

Più specificamente, il terzo capitolo è teso a fornire una descrizione di più ampio respiro, cioè delineare aspetti di carattere più generale, ovverosia in che termini parlare di “nuova” Autorità nazionale anticorruzione, le caratteristiche di quest’ultima, la descrizione del

Piano di riordino ed, i poteri sanzionatori trasferiti all’ANAC.

Invece, il quarto capitolo mira ad una descrizione più analitica e maggiormente tecnica: si tratta della disamina delle funzioni trasferite all’ANAC in materia di prevenzione della corruzione e in materia di trasparenza e dell’incisivo peso dell’Autorità in settori molto importanti: la nuova disciplina dei contratti pubblici, introdotta con d.lgs. n. 50 del 2016, il primo, e relazioni internazionali, il secondo.

(8)

pag. 3

CAPITOLO I

Autorità amministrative indipendenti, caratteristiche e

natura

Sommario: 1. Nozione di autorità amministrative indipendenti. - 2.

indipendenza come prima caratteristica e termine polisenso. Questione problematica delle nomine. - 2.1. Indipendenza e mutamenti ideologici. - 2.2. Indipendenza e ruolo ausiliario. - 2.3. Duplice profilo di indipendenza, strumenti di garanzia e le ragioni dell’indipendenza, ovvero “il problema del perché”. - 2.4. Neutralità, terzietà ed autonomia, quali altre caratteristiche. - 2.5. Problema della collocazione istituzionale e della natura delle autorità amministrative indipendenti

1. Nozione di autorità ammnistrative indipendenti

Le autorità amministrative indipendenti costituiscono una tipologia di enti pubblici di natura affatto peculiare, tanto da poter, probabilmente, costituire un potenziale modello di amministrazione sui generis, il che si può cogliere sotto più profili, a partire da quello terminologico. Esse hanno, cioè, una strana natura giuridica, perché sono indipendenti dal governo,ma nel contempo sono definite amministrative.

Quindi o sono legate al governo o sono indipendenti.

Per questa ambiguità di fondo, c’è chi piuttosto parla, a proposito di alcune di esse, di autorità di regolazione, id est autorità che presiedono a certi settori, perché nei settori liberalizzati c’è bisogno di vigilare. Da alcuni anni, cioè, la dottrina prevalente riconosce che con l’istituzione di autorità amministrative indipendenti si è inteso dar vita ad organismi preposti a particolari settori economici, finanziari, o relativi a servizi pubblici, per poter assicurare il regolare svolgimento

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pag. 4

del “libero gioco economico” e, pertanto, di impedire l’ instaurazione di situazioni di monopolio o di oligopolio o di rimuovere una di tali situazioni.

Per assicurare il raggiungimento di queste finalità, alle Autorità è assegnato il potere di fissare norme standards di comportamento, prezzi, tariffe, allo scopo di erigere una barriera tra la politica e le

lobbies private, da un lato, e la pubblica amministrazione, dall’altro, per

evitare l’ influenza delle prime sulla seconda1.

Quindi l’indipendenza della autorità è garantita nei confronti degli interessi privati, oltre che nei confronti del potere politico,contro il rischio della “cattura” del regolatore da parte dei regolati (capture

theory), spesso, appunto, organizzati in lobby, dotate di risorse e

capacità di influenze notevoli,il che soprattutto è stato teorizzato da quell’indirizzo della c.d. public choice, tipico delle scienze economiche, atteso che per spiegare l’effettivo funzionamento degli apparati pubblici è errato considerare che essi agiscano sempre e necessariamente per il perseguimento di obiettivi di interesse pubblico, bensì tali apparati pongonopure in essere un

comportamento animato, al pari degli attori privati, pure da un self interest (potere,livello retributivo,reputazione, massimizzazione delle risorse,ecc.), una patologia in sostanza; pertanto anche gli apparati amministrativi, tendono dunque al pari degli agenti politici (parlamento e governo) ad essere influenzati nelle loro decisioni da interessi soprattutto economici (le varie lobby) deviando così alla loro missione di cura dell’interesse pubblico generale.

Pertanto in base a questo tipo di approccio si tende a porre in evidenza quel possibile rischio di “cattura”, peculiare delle inefficienze strutturali e gli effetti negativi dell’azione pubblica, (government failures o

1 Cfr. R. Titomanlio, Potestà normativa e funzione di regolazione. La potestà

regolamentare delle autorità amministrative indipendenti, Giappichelli, Torino, 2012,

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pag. 5

regulatory failures), che verrebbero ad affiancarsi alle situazioni di market failures2.

Pertanto parte della dottrina ha sostenuto l’idea di una concezione diversa della funzione dello Stato, non più chiamato a farsi carico della gestione diretta dell’economia e dei servizi pubblici, ma competente soltanto a regolare e controllare l’attività delle imprese e gestori privati3.

Questo determina una modifica del tradizionale atteggiamento dei poteri pubblici non più basato sull’affermazione di una mera pretesa autoritativa, ma volto a porre in collocazione tendenzialmente paritaria il potere pubblico rispetto ai cittadini.

Così le Autorità vengono a presentarsi come soggetti pubblici dotati di poteri connotati da un alto grado di elasticità in virtù della funzione loro assegnata di instaurazione di spazio di incontro fra molteplici soggetti dell’ordinamento,allo scopo di far scaturire le relative decisioni da una reciproca interazione tra i molteplici interessi (pubblici e privati) coinvolti.

E sulla base di questo la dottrina affermerebbe che il ricorso al “modello” di autorità indipendenti si basa sulla individuazione della netta separazione fra i compiti di indirizzo politico, assegnati alle autorità politiche e quelli di regolazione e vigilanza, spettanti alle autorità indipendenti (indipendenza in senso politico)4.

Ed in effetti questo lo si può riscontrare dalla locuzione “autorità indipendenti”: non vi è assoluta certezza normativa sul significato del primo termine prevalentemente discusso in dottrina, in quanto in primis la denominazione di autorità connota un organismo che talvolta viene

2 Sul punto si veda M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, Il Mulino, Bologna,

2013, pag. 33.

3 Cfr. R. Titomanlio, Potestà normativa e funzione di regolazione, cit., pag. 8.

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pag. 6

qualificato dalla legge come ente pubblico,talaltra ha una natura giuridica non definita a priori; in secundis la qualificazione di “indipendente” è da intendersi, appunto, invece rispetto ai soggetti politici istituzionali ed ai poteri ministeriali5.

E proprio questo consente alle autorità amministrative indipendenti di poter svolger efficacemente il loro ruolo super partes loro assegnato e quindi non in un rapporto gerarchico nei confronti dell’esecutivo e, più in generale, del potere politico.

Ed infatti la stessa espressione “autorità indipedenti” ha trovato rapida diffusione ed è stata usata soprattutto per indicare la “non dipendenza da direttive politiche” delle amministrazioni indipendenti, l’alto tasso di imparzialità che caratterizza tali organi e la “neutralizzazione” o “neutralità tecnica e politica” della funzione da essi svolta6.

La nozione di indipendenza figura tra l’altro in un parere, il n. 872 del 25 febbraio 2011, emanato dalla Sezione II del Consiglio di Stato, con cui quest’ ultimo ha affermato che le Autorità amministrative indipendenti, considerate nel lor complesso, sono“organizzazioni

titolari di poteri pubblici che si caratterizzano per un grado notevole di indipendenza dal potere politico,esercitando funzioni neutrali nell’ordinamento giuridico,specie delicati in settori economici, mediante l’utilizzazione di elevate competenze tecniche”.

2. Indipendenza come prima caratteristica e termine polisenso. Questione problematica delle nomine

Argomentando sempre da quanto affermato dalla giurisprudenza amministrativa può dirsi che l’ “indipendenza”, intesa come sottrazione a possibili ingerenze e o condizionamenti sotto il molteplice profilo

5 M. Giusti, Fondamenti di diritto pubblico dell’economia, Cedam Padova, 2013,

pag.41.

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pag. 7

politico,economico ed organizzativo, rappresenta la principale caratteristica delle autorità indipendenti, la prima che viene a rilevare rispetto alle altre

.

Più specificamente “indipendenza”, che implica un’azione equidistante rispetto a vari interessi (pubblici e/o privati) che vengono in rilievo,si risolve ,nello specifico ,nel carattere della “neutralità”, della “terzietà” e dell’ “autonomia”, che, come vedremo, costituiranno le altre caratteristiche delle Authorities.

E non dovremmo incappare nell’errore di confondere questi due ultimi caratteri con quello di imparzialità, insito nell’art.97della Costituzione7. L’indipendenza poi risulta essere un termine, che assume più sensi. Si deve in primis notare una vicenda di “separazione”: funzioni di “regolazione” o anche solo di concorso alla regolazione di determinati settori dell’ordinamento vengono collocate al di fuori della linea e degli apparati dell’ordinaria vita amministrativa.

Questo è mastodontico per la CONSOB e l’IVASS cioè Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni, che a partire dal 1° gennaio 2013 è subentrato all’ISVAP, cioè Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni Private e di Interesse Collettivo, ed è stato istituito ex art. 13 d.l. 6 luglio 2012 n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n.135, (di cui avremo modo di parlare in sede di analisi delle principali tipologie di autorità indipendenti,ovvero nel secondo capitolo), trattandosi di persone giuridiche pubbliche, secondo una possibile classificazione:enti di disciplina di settore.

Sembra utile per inciso osservare che nella dottrina statunitense autorità indipendente era in origine considerata ogni autorità collocata al di fuori dei ministeri costituenti il Cabinet.

In questa accezione “indipendenza” si sovrappone ad “autonomia organizzatoria” e ad autonomia, quando con essa si voglia intendere in

7 Cfr. D. Crocco, Le autorità amministrative indipendenti di regolazione e vigilanza

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pag. 8

senso traslato i normali attributi della persona giuridica: quello dell’autonomia costituisce un termine polisenso, tanto che M.S. Giannini ne ha inseguito nel corso del tempo degli anni i significati giuridici, ma il cui significato più “autentico” per la più autorevole dottrina fino agli anni ’50 (Santi-Romano-Zanobini) si ritiene essere quello di autorità normativa.

Mentre l’autonomia organizzativa viene considerata-almeno in origine-formula che sintetizza un regime derogatorio rispetto al regime ordinario dell’amministrazione, per le persone giuridiche distinte dallo Stato che “agiscono nel campo dei rapporti interprivati, hanno proprio

patrimonio, propria responsabilità propria gestione, proprie finanze,e così via” e tali attributi costituirebbero soltanto semplici forme di

indipendenza e non invece forme di autonomia.

Ecco che così emerge un primo significato di indipendenza, che potrebbe intendersi “formale” di indipendenza: indipendenza, uguale a separazione.

Però giova all’uopo chiedersi quali siano allora i connotati di questo altro significato di indipedenza, vale a dire la stessa separazione. In questo secondo senso l’indipendenza esprime la non dipendenza da manifestazioni di volontà altrui nello svolgimento dell’attività (istruttoria, informativa, propositiva, consultiva, di giudizio, di decisione, ecc.) demandata alla figura soggettiva8.

Aspetto relazionale che assume un rilevo centrale in questo caso è quello della politica e amministrazione.

L’indipendenza nel senso or ora considerato, non potrà pertanto essere assoluta, bensì solo relativa, atteso che l’attività resta subordinata alla legge.

L’indipendenza pur essendo relativa, non è di poco momento, in quanto si caratterizza come non dipendenza delle attività da direttive politiche

8 N. Longobardi, Autorità amministrative indipendenti e sistema giuridico-istituzionale, Giappichelli, Torino,2009, pagg. 23-25.

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pag. 9

e per l’atteggiarsi del “controllo” essenzialmente come valutazione dell’attività complessiva e dei risultati.

“In sostanza, vengono meno quelle misure dalle quali possono

conseguire effetti sostitutivi della volontà dell’autorità, che per ciò può essere detta indipendente”9.

Pertanto veniamo alla questione problematica delle nomine.

Il legislatore non ha previsto la soggezione a direttive politiche né per la CONSOB, né per il Garante dell’attuazione della legge per l’editoria. Il “controllo” nei confronti di queste figure da parte degli organi politici si atteggia essenzialmente come valutazione dell’attività complessiva e dei suoi risultati.

Si è legislativamente stabilito l’obbligo per le autorità in questione di presentare, a scadenze periodiche, relazioni sull’attività svolta.

La CONSOB trasmette entro il 31 marzo di ciascun anno la relazione semestrale sulla propria attività al Ministro del tesoro ,ad oggi Ministero dell’Economia e Finanze10, il quale è a sua volta tenuto, entro il 31

maggio successivo a farla pervenire al Parlamento con le proprie valutazioni; il Garante presenta, per il tramite del Governo, alle presidenze dei due rami del Parlamento la relazione semestrale sullo stato dell’editoria.

Il Parlamento, destinatario delle relazioni e delle valutazioni ministeriali e governative, è chiamato ad effettuare la valutazione finale in ordine all’operato delle figure considerate e ad adottare le opportune misure legislative.

9 Ivi, pag. 26.

10 Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, è la summa dei Ministeri del tesoro e

delle finanze, realizzata dal d.lgs. del 30 luglio 1999, n. 300, emanato su delega della della legge Bassanini, (l. 59/1997), anche se con il d.lgs. del 5 dicembre 1997, n. 430 il Ministero del tesoro era già stato unificato con quello del bilancio e della programmazione economica. Sul punto cfr. M.Giusti ed E.Bani, (a cura di) ,Complementi di diritto dell’economia, Cedam, Padova, 2008, pag. 151 e

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pag. 10

Ora, se l’indipendenza può essere intesa come concetto relazionale, vale a dire come non dipendenza da qualcuno o qualcosa, essa in senso assoluto indica la condizione di chi può liberamente decidere del proprio comportamento.

Ma, in realtà, la considerazione complessiva di una figura soggettiva sotto il profilo dell’indipendenza non può prescindere dall’esame dei condizionamenti di diritto e di fatto che pesano su di essa.

Indipendenza = libertà da condizionamenti.

Come la non dipendenza da direttive politiche e l’assenza di controlli di merito configurano per la figura soggettiva un’ indipendenza solo relativa, restando essa in ogni caso soggetta alla legge, così la “separazione”di per sé non esclude del tutto la presenza di condizionamenti organizzativi e finanziari.

Quanto ai condizionamenti organizzativi che chiamano in causa la relazione tra politica e amministrazione, vanno soprattutto esaminate le modalità di nomina dei titolari degli organi di vertice di una figura soggettiva, nonché l’intera disciplina che regola l’esercizio del loro mandato.

Segnatamente, quanto al primo aspetto, va tenuto conto dell’influenza determinante degli elementi di fatto presenti in un determinato contesto politico - istituzionale ed anche culturale.

Si pensi alla CONSOB, ovvero Commissione Nazionale per le Società e la Borsa, e l’IVASS, per rendersi conto di quel che stiamo dicendo. Per quanto concerne la nomina dei vertici di queste due ultime figure si nota anzitutto una sorta di monito del legislatore nei confronti del governo a far cadere la scelta del presidente della CONSOB e degli altri membri della Commissione su “persone di specifica e comprovata competenza ed esperienza e di indiscussa moralità ed indipendenza”, secondo quanto disposto dal d.l. n.95 del 1974, all’art.1, comma 3, d.l. come modificato dalla legge n.281 del 1985.

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pag. 11

La “indiscussa moralità e indipendenza” è richiesta dalla legge anche per il presidente dell’IVASS, che deve essere scelto tra le persone “particolarmente esperte nelle discipline tecniche e amministrative interessanti l’attività assicurativa”, formula quest’ultima, che si desume

ex art.10, comma 2, legge n. 576 del 1982 e che si ritrova pure all’art.13

della legge 7 agosto del 2012 n.135, relativo all’istituzione dell’IVASS. Analoga è la formula per i membri del consiglio di amministrazione dell’IVASS, nominati con decreto del Presidente del Consiglio, di concerto con il ministro dell’industria (allo stato attuale ministro dello sviluppo economico,in quanto è stato istituito con legge n. 233 del 2006 il Ministero dello Sviluppo Economico11) ex art.11, legge n. 576 del 1982.

Queste nomine sono effettuate con decreto del presidente della Repubblica, previa deliberazione del consiglio di ministri, su proposta del presidente del consiglio per i membri e il presidente della CONSOB, del ministro dell’industria, ora ministro dello sviluppo economico, per il presidentedell’IVASS.

L’accento posto dalla legge sull’indipendenza dei membri della CONSOB e del presidente dell’IVASS vale sotto il profilo giuridico ad escludere l’instaurarsi di un rapporto di tipo fiduciario, nel senso di un rapporto dai caratteri assimilabili alla c.d. fiducia politica tra nominante e nominato.

Importanti per giudicare il grado di libertà di azione di una figura soggettiva sono le norme regolanti la durata dell’incarico conferito agli

11 Ministero dello Sviluppo Economico (MSE), denominato in precedenza, tra il 2001

e il 2006 “ Ministero delle Attività Produttive” (MAP), nel quale sono confluite, le funzioni prima svolte, dal soppresso Ministero dell’Industria, Commercio e Artigianato, mentre, nel 2006 è stato ricostruito, per scorporo, il Ministero per il Commercio con l’Estero, poi di nuovo riassorbito. Le funzioni in materia di comunicazioni, originariamente inglobate nell’allora MAP, e scorporate già nel 2001 nel ripristinato Ministero delle Comunicazioni sono state riunite nel MSE nel 2011. Invece, le competenze statali in materia di turismo, facenti capo al vecchio MAP, sono trasmigrate alla Presidenza del Consiglio, che le esercita tramite il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo. Sul punto si veda M. Giusti in Fondamenti di

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pag. 12

organi di vertice di essa, la possibilità o no di rinnovare l’incarico, l’eventuale revoca di esso.

E pure sotto questi profili si può in effetti cogliere, per le figure che stiamo considerando, un distacco più meno accentuato nei confronti soprattutto delle normative vigenti per gli enti pubblici.

In tutti in casi è prevista una durata piuttosto lunga del rapporto (cinque anni), i membri della CONSOB e il presidente dell’IVASS possono essere solo una volta confermati nell’incarico,la revoca dell’incarico è prevista solo nei confronti del presidente dell’IVASS.

Anche se queste norme non garantiscono appieno una indipendenza nei confronti degli organi nominanti.

Eterno sarà sempre questa problematica in punto di Autorità indipendenti relativa alla indipedenza, appunto, tra l’organo nominante e quello nominato!

Un vero e proprio punctum dolens, se vogliamo.

Però, comunque, per lo meno, queste norme sono dirette a garantire “una maggiore libertà di azione alle autorità in esame,proteggendole da indebite interferenze da parte degli organi cui è attribuito il potere di nomina”.

Per esempio, in effetti, l’aspetto relativo alle retribuzioni, per il Presidente della CONSOB ed i membri di essa, nonché per il Presidente dell’IVASS vede la fissazione discrezionale delle stesse con decreti del presidente del consiglio: nel caso della CONSOB su proposta del ministro del tesoro e quanto all’IVASS di concerto con il ministro dell’industria,ora ministro dello sviluppo economico.

La disciplina delle ipotesi di incompatibilità chiama in causa anche la relazione tra amministrazione ed economia.

Insomma trattasi, in breve, di una disciplina tesa a garantire l’esercizio delle funzioni demandate alle autorità considerate,assicurando un pieno

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pag. 13

impegno dei titolari degli organi di vertice e ad evitare che questi si trovino in situazioni di conflitto di interessi12.

Ma potremmo estendere comunque il discorso anche per le altre Autorità indipendenti (si pensi per es, all’AGCM), in quanto per questi enti si contempla in generale una disciplina, che richiede per la nomina dei componenti per autorità particolari, come quelle indipendenti, criteri di forte professionalità e programmazione tecnica del settore, cui ognuna delle stesse autorità è preposta: questo vale per tutti i membri delle autorità.

Professionalità che deve essere riconosciuta: i soggetti che saranno chiamati come membri, insomma, devono avere alle spalle esperienze professionali di alto livello, per es. aver ricoperto la carica di docente universitario in materie giuridiche.

Avremo modo di vedere in seguito che uno degli strumenti, che garantiscono l’indipedenza è proprio costituita dalla modalità di scelta dei membri (par. 2.3.).

2.1. Indipendenza e mutamenti ideologici

A questo punto preme porsi un interrogativo in relazione a quel che abbia detto circa il riconoscimento legislativo di un certo grado di indipendenza alle Autorità indipendenti, in particolare le figure considerate, vale a dire la CONSOB e IVASS: quanto deve essere indipendente una figura soggettiva?

Volendo rispondere all’interrogativo or ora postoci, qui, anzitutto, non si vuol negare che vi sia un, non nuovo, problema di migliore definizione dei rapporti tra politica e amministrazione, ma piuttosto affermare

che dell’esigenza di indipendenza le radici più profonde appaiono da ricercare nell’emergere di una nuova concezione delle funzioni e nel mutamento dei modi di esercizio di esse.

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pag. 14

Del resto è circostanza nota che l’organizzazione tenda a conformarsi alle funzioni, registrando anche il cambiamento del modo di agire dei pubblici poteri.

Parlare invece di mutamento di concezione delle funzioni e dei modi di esercizio di esse sarebbe tanto audace, quanto azzardato.

Anche se i segni di mutamento, coglientesi nel diritto positivo, possano talora giudicarsi deboli e contraddittori, essi stessi costituiscono ormai espressioni impiegate nel linguaggio tecnico, impiegato dai giuristi. Infatti ormai termini e locuzioni come “regolazione”, “funzioni quasi legislative”, “funzioni quasi giudiziarie”, “funzioni di mediazione”, “magistratura d’influenza”, “moral suasion” sono divenute consuete. Alle pubbliche autorità, cui è riconosciuta l’indipendenza sono attribuiti i predicati di “ arbitro” e “garante”.

Risultano incerti i connotati giuridici degli atti compiuti da esse. Basti pensare, a tal proposito, alle istruzioni ed alle raccomandazioni. Ed allora la terminologia sopra menzionata la si dovrà espungere perché 1) atecnica o 2) perché sintomo di una suggestione, per così dire, ideologica di istituti di altri ordinamenti e di una realtà, che difficilmente si presta ad essere inquadrate con gli strumenti concettuali tradizionali? Si dovrebbe forse optare per la seconda alternativa, in quanto è probabile che i fenomeni normativi espressi con le nuove terminologie siano da integrare nel sistema attraverso quella formula felice, che impiega L. Mengoni: “una più sciolta fantasia dogmatica” nel suo scritto “Problemi e sistema nella controversia sul metodo giuridico”13, il che sta ad indicare che la dogmatica non essendo in grado di produrre nuovo sapere, nuove possibilità di soluzioni immanenti al sistema normativo, tende piuttosto a sostituire al sistema normativo il proprio sistema di concetti, modellando così la realtà giuridica sul “già conosciuto”.

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pag. 15

Pertanto, potrebbe allora incentivarsi il sapere topico, scoprendo, cioè, nuovi punti di vista socialmente rilevanti, strumentali alla realizzazione di nuovi progetti di soluzione, che dovranno poi essere assoggettati alla riflessione del pensiero sistematico, resa consapevole del problema disposta ad abbandonare moduli teorici già acquisiti per percorrere nuove linee di concettualizzazione.

Registrati il dato normativo di indipedenza e la diffusione di un’ esigenza di indipendenza, l’attenzione deve riportarsi alle funzioni ed ai loro modi di esercizio.

Questo ci indurrebbe ad abbandonare il falso problema della ricerca di un “modello” di “amministrazione indipendente”, perché alla domanda: quanto deve essere indipendente una figura soggettiva? Non si potrebbe che rispondere, probabilmente, in tale maniera: quanto richiesto dal tipo di funzioni e dai modi di esercizio di esse.

Pertanto l’indipendenza si correla strettamente alle funzioni: l’indipendenza sarebbe da ricondurre alla concezione delle funzioni e ai modi di esercizio di esse.

2.2. Indipendenza e ruolo ausiliario

L’indipendenza costituisce un dato comune alle varie leggi istitutive di ciascuna autorità di vigilanza e di regolazione dei mercati: infatti le stesse cercano in ogni modo di assicurarla sia nei confronti dei soggetti privati, che operano nel mercato, sia nei confronti dei soggetti pubblici, che potrebbero essere titolari di quegli interessi, che l’autorità stessa è deputata a regolamentare.

Allora, che ne consegue da questo? Ne consegue che la nozione di indipendenza rimanda all’assenza di vincoli di soggezione rispetto ai poteri economici ed al potere politico, in particolar modo con il Governo che non ha potere alcuno di controllo e/o direttiva sull’attività

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dell’autorità de quibus14, e parimenti neppure è configurabile, sempre

da parte del Governo, un potere indiretto sugli atti delle Authorities: se ne ricava, da un parte, il loro completo distacco dal sistema di amministrazione centrale dello Stato, nei cui confronti assumono solo un ruolo “ausiliario” e dall’altra parte la loro esclusiva soggezione alla legge.

Con ruolo ausiliario si intende quel ruolo di partecipazione, da parte delle autorità indipendenti, all’opera di adattamento, modifica, o, comunque, integrazione della legislazione esistente, per renderla più rispondente alle reali esigenze del settore economico da esse vigilato15, che si concretizza nello stimolare - tramite relazione periodiche, cui sono tenute ex lege - le funzioni legislative in materia politica ed economica del Parlamento e del Governo (in via generale quella del primo, in via eccezionale, quella del secondo), in virtù del fatto che ciascuna autorità è depositaria di un quadro conoscitivo generale del livello di operatività del settore economico, di propria competenza. Concorre,inoltre all’individuazione del “ruolo” ausiliario, la c.d. “advocacy”16, cioè un ‘attività di consulenza da parte delle Authorities,

nei confronti del Parlamento e del Governo, per il tramite del potere di regolazione e proposta, volto a sollecitare gli interventi legislativi necessari nelle materie di competenza.

L’indipendenza si accompagna altresì a forme particolari di “ausiliarietà”, nei confronti del Parlamento.

Infatti, l’Assemblea, essendo destinataria delle relazioni annuali delle

Authorities, esercita attraverso queste ultime un controllo sul settore

socio-economico di riferimento, che eventualmente integrato dall’ordine personale del Presidente e altri membri delle autorità interessata, consente di poter agire legislativamente, onde

14 D. Crocco, Le autorità amministrative indipendenti, cit., pag. 70. 15 Ivi, pag. 51.

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regolamentare, con una norma di rango primario, ove ritenuto opportuno, determinati aspetti distorsivi dell’efficienza di un determinato mercato.

Pur essendo privo di specifici poteri di direttiva, nei confronti delle autorità indipendenti, al Parlamento resta riservato comunque il potere di intervenire, in diversi modi, nei procedimenti di nomina dei presidenti e commissari di ciascuna autorità indipendenti e il potere di regolarne i meccanismi di approvvigionamento finanziari, nonché decidere, con legge ordinaria, finanche la soppressione di tali organismi e la sostituzione di essi con altri.

2.3. Duplice profilo di indipendenza, strumenti di garanzia e le ragioni dell’indipendenza, ovvero il “problema del perché”

L’indipendenza delle Authorities, quale assenza di subordinazione al binomio economico - politico, si manifesta sotto un duplice profilo: uno soggettivo ed uno oggettivo.

L’indipendenza “soggettiva” trova riscontro nei singoli componenti delle Authorities, in quanto questi possono essere scelti solo in base ad un livello elevato di expertise (potremmo tentare di tradurre tale espressione con il termine “competenza”) ed in base all’esistenza di qualità etiche e

professionali di indipendenza, possedute nelle aree di appartenenza lavorativa(possono essere nominati componenti delle autorità de quibus magistrati ,avvocati, professori universitari ecc.), aspetto questo in realtà già emerso e che ora abbiamo recuperato per cercare di essere consapevoli, a maggior ragione, dell’indipendenza nella sua accezione soggettiva.

L’indipendenza, invece, “oggettiva”, rimanda alla mancanza di subordinazione dell’ente rispetto agli altri organismi amministrativi tradizionali.

Ed infatti le leggi istitutive delle Authorities hanno posto regole e criteri per limitare la discrezionalità del Governo ,nelle nomine dei membri di

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detti organismi,attribuendo,in diversi casi tale potere di nomina ai presidenti dei due rami del Parlamento17.

E questo costituisce sicuramente il primo strumento istituzionale che tende a garantire l’indipendenza, che è sintomatico del legame istituzionale privilegiato che le autorità intrattengono con il Parlamento,piuttosto che con ilGoverno, atteso che a quest’ultimo o ai ministeri di settore è precluso ogni potere di direttiva e di indirizzo sull’attività delle a.a.i18.

Però nell’ordinamento italiano l’assenza di una disciplina unitaria del fenomeno ha fatto sì che anche i criteri di nomina siano diversi, a seconda delle singole autorità.

In alcuni casi è attribuita in alcuni casi ai Presidenti delle Camere (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ovvero AGCM, dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, servizi e forniture, i.e. AVCP, soppressa con d.l. n. 90 del 2014, convertito in legge n. 114 del 2014, e le cui competenze in materia di vigilanza di contratti pubblici sono state trasferite all’Autorità Nazionale Anticorruzione, ovvero ANAC, sempre con quello stesso decreto ,or ora menzionato),in altri alla Camera e Senato (Garante per la Privacy, Autorità per le Garanzie e le Comunicazioni, ovvero l’AGCOM) o al Governo (Autorità per l’energia elettrica e il gas e il sistema idrico, cioè AEEGSI e CONSOB, i cui membri, come abbiamo avuto modo di rilevare, sono nominati con d.P.R, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri)19. Secondo presidio deriva dalla disciplina degli organi: anzitutto il carattere collegiale (tre o cinque componenti) assicura una minor influenzabilità delle decisioni.

17 D. Crocco, Le autorità amministrative indipendenti, cit., pag. 71. 18 Ibidem.

19 R. Chieppa e G. Cirillo, (a cura di), Le Autorità amministrative indipendenti,

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In secondo luogo i componenti, e questo lo si ribadisce nuovamente, sono scelti in base a rigorosi requisiti di professionalità, competenza, ed indipendenza (anche se la prassi, in verità, ha spesso disatteso questo criteri di nomina).

In terzo luogo la durata in carica dell’organo è particolarmente lunga (in genere sette anni) e ciò garantisce uno scollamento rispetto al ciclo elettorale (cinque anni) e quindi un maggior distacco da equilibri politici del momento.

A ciò si aggiunge la regola secondo cui i componenti dell’organo non possono essere confermati per un secondo mandato e ciò li rende meno influenzabili, perché meno tentati ad esercitare poteri in modo compiacente, cioè nella speranza di essere rinnovati.

Infine per i componenti di alcune autorità scattano alcune incompatibilità successive, riferite alla possibilità di assumere incarichi da parte delle imprese regolate per un certo numero di anni dalla fine del mandato.

Quest’ultima regola tende a garantire soprattutto l’indipendenza sul versante degli interessi privati20.

Pertanto, in estrema sintesi, oltre alle modalità di nomina , rilevano come altre garanzie dell’indipendenza, la durata, la limitata revocabilità e rinnovabilità21.

Terzo presidio è dato dall’ampia autonomia funzionale, organizzativa delle autorità indipendenti.

Le leggi istitutive prevedono che esse operino “in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione” (per esempio l’art. 10, comma secondo, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, fa proprio riferimento,dopo aver previsto, al primo comma, i fini per cui è istituita l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, per l’appunto, ad

20 Cfr. M.Clarich, Manuale di diritto amministrativo, cit., 2013, pag. 341. 21 Ibidem.

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una tale formula nel suo esordio: “l’Autorità opera in piena autonomia

di giudizio e di valutazione”).

Tali autorità, inoltre, possono liberamente modellare le proprie strutture interne con regolamenti di organizzazione.

Possono, altresì, dotarsi del personale di cui necessitano, entro limiti, ben specifici, fissati ex lege, su base di concorsi gestiti autonomamente. Alcune di esse sono autosufficienti sotto il profilo finanziario, ed in questo hanno il potere di richiedere i contributi alle imprese regolate. Quarto presidio è costituito dall’inserimento in un circuito delle autorità indipendenti, che fa capo in molti casi ad un regolatore europeo, previsto nei Trattati, e nel diritto derivato.

Accanto al caso del sistema europeo delle banche centrali (articolato in BCE e banche centrali nazionali), può essere richiamata l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, di cui avremo sicuramente occasione di parlare nel secondo capitolo.

Essa, assieme alle omologhe autorità inserite nei singoli Stati membri, applica in via decentrata, con il coordinamento della Commissione europea, il diritto europeo della concorrenza.

Pertanto in viadefinitiva, quanto più l’attività di regolazione svolta dalle

Authorities è condizionata a livello sovranazionale, tanto meno è suscettibile di essere influenzata dai governi nazionali.

Ora, le ragioni di indipendenza.

In occasione del primo Convegno sulle autorità amministrative indipendenti, svoltosi a Parigi l’11 e il 12 giugno 1987, uno dei maggiori studiosi di diritto pubblico, Jean Rivero, indicava proprio le ragioni dell’indipendenza, quello che Nino Longobardi chiama il “problema del

perché”22.

In altri termini, perché questa volontà di indipendenza, resa manifesta dalla creazione di queste autorità indipendenti? Sul punto sono state

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avanzate diverse interpretazioni, che si possono concentrare sinteticamente su alcuni grandi temi,che sono i seguenti:

a) l’esigenza tecnocratica;

b) il principio liberale di separazione tra politica e amministrazione; c) il governo delle società complesse;

d) il mutamento di paradigma di economia;

e) il mutamento della concezione delle funzioni amministrative e dei loro modi di esercizio23;

Queste, che sono riportate in questo elenco, insomma, possono costituire le possibili ragioni dell’indipendenza, la possibile risposta al quesito che ci siamo posti prima.

Quanto ad a), le valutazioni inerenti alla regolazione amministrativa di molti settori o materie richiedono un elevato grado di competenza e specializzazione.

L’esperienza delle agenzie indipendenti degli Stati Uniti mostra che inizialmente furono proprio individuati “nella scienza i criteri di

legittimazione delle nuove realtà amministrative”, formula questa,

riportata in corsivo, che N. Longobardi recupera da “Le commissioni

indipendenti” di R. Baritono.

Questa spiegazione dell’indipendenza, se considerata isolatamente, di per sé è debole: infatti essa mostra il fianco ad una facile critica, ovverosia quella di atteggiamento fideistico nei confronti della scienza (e delle sue applicazioni) superato nella teoria e la cui validità non appare comprovata dai fatti.

In effetti i settori rispetto alle quali sono chiamate ad operare le

Authorities si rivelano piuttosto delicati (basti pensare, in particolare alla

protezione dei dati personali oppure alla concorrenza nel mercato), il che richiede un’elevata competenza,specializzazione, e perché no, professionalità delle autorità indipendenti.

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Si giustifica, insomma, in toto, un’ esigenza tecnocratica.

Giova all’uopo potere avere contezza del sensus dell’espressione or ora addotta, ovvero di questa prima ragione di indipendenza.

Con il termine tecnocrazia, derivante dal greco τέχνη, traducibile, primariamente come arte, ma secondariamente come abilità tecnica, capacità oppure tecnica: dipende dal contesto in cui il termine si voglia impiegare; anche se nel caso nostro la traduzione migliore, appare, forse quella di tecnica, e κράτος, traducibile comepotere, si può intendere ,nel contesto nostro, delle a.a.i., comunque di diritto amministrativo (mentre altrove, in ambito del diritto costituzionale, l’espressione tecnocrazia potrebbe intendersi, invece, come “governo dei tecnici”, quindi il riferimento è a quell’esperienza di governo tecnico che ha contraddistinto in diverse occasioni il nostro Paese: pensiamo al recente Governo Monti) come un potere esercitato da soggetti che hanno competenze tecniche nell’ambito di determinati settori .

Ora è la volta di b).

La subordinazione delle “istanze amministrative” alle “istanze politiche” e la separazione tra istanze politiche e istanze amministrative sono entrambi principi di fondo di un’amministrazione di tipo liberale, anche al di là dei testi costituzionali.

La separazione tra istanze politiche e amministrative risponde al fine di impedire la confusione tra le istanze stesse, a garanzia anzitutto delle libertà fondamentali.

Questo richiama, tra l’altro, al dibattito politico - costituzionale sui cc.dd. “poteri neutri”, concepiti come elementi temperanti e moderatori all’interno dei sistemi politici nei quali prevalgono le contrapposizioni politiche e le fazioni (B. Constant, al quale si deve la prima analisi del

pouvoir neutre modèrateur, 1991)24.

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La tesi è che non tutti gli apparati pubblici devono mantenere un collegamento stretto con il circuito politico rappresentativo che risente spesso di logiche di breve periodo, legate ai cicli elettorali.

Citando il prototipo delle autorità indipendenti, cioè le banche centrali, se si ammette che la stabilità della moneta costituisce un interesse lungo periodo della collettività, allora può essere giustificato garantirla con un apparato pubblico al di sopra di ogni parte politica e non dipendente dai governi in carica.

Questi ultimi, specie nella fase finale della legislatura, per ragioni di consenso elettorale, tendono infatti a privilegiare politiche monetarie espansive tali da innescare spinte inflazionistiche dannose.

Isolare la regolazione di settore dalle influenze più ondivaghe della politica e dalla pressione degli interessi privati assicura inoltre maggior stabilità e coerenza alle regole dei singoli mercati, il che consente agli operatori di progettare e realizzare con maggior certezza investimenti che hanno ritorni economici solo nella lunga o lunghissima durata25. La separazione tra politica e amministrazione trova il proprio fondamento costituzionale nella Costituzione, agli artt. 97 e 98, posti a presidio di un valore sostanziato da una tradizione liberale nel nostro Paese, che risale all’indomani dell’Unità d’Italia.

Come afferma autorevolissima dottrina amministrativista, nella persona di Mario Nigro, “i costituenti formarono i loro modelli prendendo a

paragone le strutture dello Stato liberale, cioè guardando dietro di loro,al passato; ciononostante,essi anticiparono in un certo senso il futuro”.

Ciò “perché i problemi dello Stato liberale sono in fondo i problemi

dello Stato democratico e di quello sociale: i problemi del rapporto tra esigenza di dipendenza politica dell’amministrazione ed esigenza di autocefalia ed autoresponsabilità di essa e quelli del rapporto tra accentramento e pluralismo”26.

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Quindi il problema relativo al principio della separazione tra la politica e amministrazione sorgeva già all’epoca dello Stato liberale, quando, specialmente,alla fine dell’Ottocento, Spaventa, Minghetti, Turiello, Presutti, ed altri denunciavano l’indebita ingerenza dei politici nell’amministrazione dello Stato e si proponevano di perseguire l’obiettivo dell’imparzialità dell’amministrazione mediante la separazione-distinzione di essa dal governo.

Le rivendicazioni erano, però quelle di una dettagliata disciplina legislativa dell’attività amministrativa, del conseguimento di garanzie giuridiche e di strumenti di sindacato giurisdizionale a favore di pubblici dipendenti.

Un principio dunque che è stato forgiato dalla tradizione liberale che annovera,in particolare,gli esponenti prima menzionati, ed è stato accolto in pieno (specialmente in virtù dell’impegno di Costantino Mortati, uno dei Padri Costituenti) ed introdotto in maniera consapevole per la prima volta (come asserito da M. S. Giannini nel Suo scritto

“Parlamento e Amministrazione”, 1961) dalla Costituzione della

Repubblica italiana ,entrata in vigore il 1° gennaio 1948, in quanto i costituenti nel redigerla hanno mostrato, appunto, la consapevolezza di dovere prendere in considerazione quelli che erano i problemi già presenti prima dell’avvento dello Stato sociale, determinato con, l’entrata in vigore della Carta fondamentale.

Un problema chiaramente che si configura al momento della trattazione delle ragioni dell’indipendenza delle a.a.i., in quanto, come si è già detto, esso costituisce una delle possibili ragioni stesse di indipendenza. Da quanto detto sinora può evincersi che nella creazione delle a.a.i. e relativa “neutralizzazione” di alcuni settori o materie si è verificato un fenomeno di reazione ad uno sconfinamento della politica nell’amministrazione, che specie in Italia ha dato luogo a prassi degenerative.

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Pertanto le a.a.i. “possono considerarsi la manifestazione più

accentuata ed attuale del principio di separazione tra istanze politiche ed istanze amministrative”27, quale realizzazione dell’istanza liberale di separazione tra politica e amministrazione.

Che dire invece inerentemente al governo delle società complesse,c)? Sotto questo profilo si registra l’ingovernabilità delle Amministrazioni contemporanee in termini di formulazione e attuazione di un indirizzo unitario e coerente.

Nella situazione reale di un sistema politico le strutture e i circuiti della sfera pubblica non ricomprendono tutti i circuiti in cui si dipanano i processi di formazione e di messa in opera delle politiche pubbliche. Se ne evince un’insufficienza dei circuiti rappresentativi tradizionali ed anche da questo dato trae forza la distinzione nell’ambito dell’attività politica tra “politics” e “policy”: con il primo termine si indica l’attività che comporta rapporti tra partiti, detta pure“partisan politics”, con il secondo termine, invece, la determinazione di fini, la scelta di mezzi e ogni altra azione politica che non richiede l’intervento dei partiti. La “partisan politics” costituisce il primo volto della politica, invece la “policy” si pone come un suo secondo volto necessario nei sistemi politici contemporanei.

Pertanto la società complessa richiede dunque circuiti,ulteriori rispetto a quelli rappresentativi tradizionali, specifici per la considerazione ed il confronto degli interessi.

E qui, ecco, entrano proprio in gioco le autorità indipendenti.

Esse infatti costituiscono lo strumento organizzativo pubblico funzionale a questa esigenza.

Esse assicurano anche la necessaria continuità ed una relativa certezza all’attività di regolazione, sottraendo le scelte relative ad una continua mediazione, che genera disfunzioni, con i molteplici obiettivi della maggioranza governativa.

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Pertanto ne consegue una sottrazione dell’attività regolatoria, appunto, all’indirizzo politico di maggioranza in ossequio ad esigenze di funzionalità. Inoltre tale sottrazione realizza pure esigenze di garanzia. Tra gli antesignani di questa interpretazione del fenomeno vi è John

Maynard Keynes. Infatti la sottrazione all’indirizzo governativo trova

motivazioni piuttosto forti nel caso delle banche centrali (e per la BCE), causa l’esigenza, sottolineata, appunto da economisti del calibro di Keynes e Shumpeter, di salvaguardare gli interessi di lungo periodo della collettività. Tale garanzia, inoltre, si dimostra funzionale alla realizzazione di fini della correttezza della competizione tra le forze politiche, limitando l’impiego della spesa pubblica ai fini meramente elettorali. Keynes, nel Suo scritto “The end of lasserfaire” del 1926, sottolineava l’importanza di una istituzione di autorità che fossero indipendenti, parlando di “enti che nel corso ordinario degli affari

siano di massima autonomia entro le prescritte limitazioni, ma siano soggetti in estrema istanza alla sovranità della democrazia quale è espressa attraverso il parlamento”28.

Non meno importante è, poi, il mutamento del paradigma dell’economia: d).

In questa interpretazione il fenomeno delle a.a.i. risulta collegato con un diverso atteggiarsi dello Stato nell’economia.

Si contrappone, dunque, su un piano generale ad un precedente “modello” di “economia diretta”(“Stato guida dell’economia”, “Stato imprenditore”) un modello “attuale di “mercato regolato” (“Stato regolatore del mercato”).

Al momento opportuno (capitolo II, soprattutto in riferimento all’affermazione storica delle a.a.i) torneremo sulla nozione di “Stato imprenditore” e “Stato regolatore”.

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In omaggio alla centralità assunta dal mercato nell’Unione europea, lo Stato si rivolge alle a.a.i. come “protagoniste del mutamento di paradigma dell’economia”.

Quest’ultima espressione è impiegata da A. Predieri, per indicare come alle a.a.i. spetti un ruolo preponderante nell’ambito del mercato, per garantire diritti individuali e autonomia degli operatori e contraenti: quello, cioè, di fissare regole precise e trasparenti di “correzione” del mercato, ovvero una sorta di “eterocorrezione” e vincoli di compatibilità con le esigenze di corretto funzionamento del mercato stesso,che valgono come una sorta di “eterocompensazione”. Pertanto A. Predieri descrive un mercato come “eterocorretto”ed “eterocompensato”: si tratta di presidiare le istanze e il corretto funzionamento del mercato attraverso regole poste da un soggetto “altro” (“etero” deriva dal greco ἕτερος, che vuol dire,appunto, “altro”, “uno dei due”), rispetto, soprattutto, a quello politico: appunto le a.a.i.; da qui il ricollegamento alla questione relativa al principio di separazione tra politica ed amministrazione, di cui b).

A conferma di quanto detto le a.a.i. costituiscono “l’espressione di una

rivolta dell’economia contro l’indirizzo governativo, del mercato contro la direzione amministrativa dell’economia” ( F. Merusi).

Quanto al mutamento della concezione delle funzioni amministrative e dei modi del loro esercizio, e), è in esso che si deve individuare la spiegazione più profonda del fenomeno delle a.a.i.

Ne è sintomatico l’impiego di termini e locuzioni quali “regolazione”, “funzioni quasi-legislative”, “ magistratura di influenza”, “funzioni di mediazione”, “moral suasion”.

Il linguaggio, spia del nuovo, non esprime solo la forza di suggestione ideologica di istituti di altri ordinamenti, ma anche una nuova realtà non inquadrabile, non pienamente, con gli strumenti concettuali tradizionali. La nuova realtà emergente, non mancando tra l’altro ostacoli e contraddizioni, è testimoniata dagli studi storici e dal diritto comparato.

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Trattasi della ricomposizione della storica “frattura giustizia - ammnistrazione”.

Questa frattura caratterizza tra ‘700 e ‘800 l’Europa continentale a differenza dei paesi anglo-americani.

L’edificazione del diritto amministrativo continentale, infatti, può datarsi dalla configurazione, emersa solo all’epoca della rivoluzione francese e suggellata all’epoca napoleonica, di una nuova forma di potere,il potere amministrativo,mentre i giuristi di ius commune conoscevano un unico modello di esercizio di potere:quello giurisdizionale.

In effetti, “la grande innovazione della rivoluzione francese fu quella di

sciogliere il potere esecutivo dai lacci e dagli ostacoli posti dalla “libertà” dalla magistratura dell’ancien regime” (G. Rebuffa).

Completamente diverso è il processo di avvicinamento alla specialità amministrativa compiuto più tardi dai sistemi giuridici anglo - americani .L’amministrazione è legata al diritto.

L’humus è largamente comune a quello della giurisdizione.

La sottoposizione della amministrazione alla legge consente di integrare la nuova forma di potere nella versione continentale dello Stato di diritto.

Il potere amministrativo non perde, tuttavia, le sue connotazioni autoritarie.

L’assoluta centralità della legge come espressione della volontà generale ,se da un lato,consente di porre limiti dell’amministrazione, dall’altro assicura ad essa nuova autorità ed il monopolio nella realizzazione dei fini dello Stato.

In contraddizione con il ruolo assegnato al giudice nell’ordinamento, è, però,il giudice amministrativo, attraverso un ‘opera creativa, a disciplinare e razionalizzare il potere amministrativo, avendo cura, tuttavia, di preservare le originali caratteristiche ed il risultato della razionalizzazione è una disciplina rigida del potere,che per tale via

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consegue anche effetti di contenimento nei confronti dello “strapotere politico”.

Il diritto amministrativo, pertanto, entrato in crisi il dogma dello Stato persona,evolve lentamente verso al costruzione di un potere amministrativo ad esercizio obbiettivato.

Di recente notevole è il processo evolutivo.

Esattamente, nel definitivo imporsi del procedimento amministrativo, attraverso la legge n. 241 del 1990, che riguarda l’insieme dell’amministrazione, e nella creazione di autorità ammnistrative indipendenti sono stati individuati punti cruciali di svolta nel percorso di ricomposizione della frattura tra giustizia e amministrazione.

Tuttavia la legge n. 241 del 1990, che afferma anche un principio di trasparenza, avrebbe bisogno per imporsi nella vita concreta delle amministrazioni, in via generale, della diffusione di una cultura favorevole all’indipendenza ed alla responsabilità.

Pertanto restano le a.a.i., quelle che vogliano e riescano ad essere effettivamente indipendenti, sulle quali grava l’arduo compito di consolidamento e sviluppare un diritto amministrativo all’altezza dei tempi.

Le autorità indipendenti possono annoverarsi tra i laboratori, strumenti di un necessario nuovo diritto dell’amministrazione, che si ispiri ad un efficiente funzionamento della macchina burocratica, che si impegni a disincentivare ogni qualsivoglia forma di corruzione (avremo modo di trattare la riforma della corruzione occorsa di recente e il ruolo che riveste l’ANAC in più ambiti, segnatamente, nel quarto capitolo). Impieghiamo qui il termine “possono”, perché il fenomeno delle a.a.i . è stato ed è fortemente contrastato, causa l’emergere della problematica relativa al loro proliferarsi, al loro costo e al possibile rischio di una potenziale accusa di schizofrenia nei confronti del legislatore,dal momento che la creazione di a.a.i.,da un lato,risulta imposta talora dalla normativa comunitaria (vedremo che ruolo ha avuto il diritto europeo

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nell’istituzione in Italia delle a.a.i, nel II capitolo) e da un altro può costituire un buon espediente di “fuga di responsabilità politica”, quale si realizza scaricando scelte difficili e costose in termini di consenso su un organo qualificato come indipendente ed ancora,può consentire di allargare la sfera ammnistrativa a scapito del giudice29.

Le a.a.i. possono essere laboratori di un nuovo diritto all’amministrazione, a patto che l’azione delle stesse si ispiri a principi aurei come quelli del procedimento, partecipazione,contradditorio, trasparenza,motivazione autorevole e approfondita delle decisioni, imparzialità e neutralità (su cui torneremo nel prossimo paragrafo), quali principi,de iure condito, che trovano il loro riferimento di diritto positivo nella legge 241 del 1990.

In questo terreno ci possono essere le condizioni per realizzarsi, effettivamente, quella convergenza con i sistemi angloamericani,che è stata enfatizzata ,in particolare nei primi anni ’90, fin troppo, anche da parte della dottrina più autorevole ed informata,come ad esempio, quella impersonata da D’Alberti30.

Una convergenza che è in gran parte necessitata, in quanto la scelta a favore del mercato non può essere staccata da quella di un assetto normativo - istituzionale con esso congruente.

L’amministrazione non può rispondere a queste sfide se non divenendo dispensatrice di giustizia, avvicinandosi pertanto, nell’organizzazione e nelle forme di esercizio del potere della funzione giurisdizionale. Questo è quanto si realizza nel modello regolativo-giustiziale delle

indipendent agencies, ma più largamente nell’amministrazione degli

U.S.A. e, tendenzialmente, negli ordinamenti continentali.

Ma, attenzione, è d’uopo sottolineare che la pienezza del sindacato giurisdizionale, anche nei confronti di una amministrazione

29 Ivi, pag. 66. 30 Ivi, pag. 95 ss.

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(parzialmente) giustiziale, è assolutamente necessaria, come indicato nell’esperienza degli Stati Uniti.

Essa garantisce dal rischio, concreto, di alterazione dell’equilibrio dei poteri, a scapito del giudice e dal rischio dell’uso , nel nostro Paese , di queste a.a.i. .

Una concezione regolativo-giustiziale delle funzioni amministrative, oltre che a rispondere ad esigenze di funzionalità indicate dalla scienza dell’organizzazione, è in grado, potenzialmente, di coniugare saldamente l’istanza liberale - di riconoscimento della separazione tra politica ed amministrazione, che abbiamo già esaminato prima e di limitazione all’invadenza della politica (partisan politics)

nell’economia, di riconoscimento dell’autonomia dei soggetti e associazioni nel perseguimento dei loro interessi - con l’istanza democratica, il cui soddisfacimento richiede regole, anche sofisticate, dirette ad assicurare la considerazione ed il confronto trasparente degli interessi nel “farsi” dell’azione amministrativa.

Che la stessa “concezione dell’amministrare” “sia stata rimessa” in causa, è stato autorevolmente sostenuto in dottrina, nella persona di F. Benvenuti, secondo il quale ha contribuito a ciò soprattutto una ragione piuttosto specifica, ovverosia l’affermazione, progressiva, di un’amministrazione imperniata, non su un modello unico, ma su un modello variegato e cangiante a seconda del tipo di Authority, che si voglia prendere a riferimento.

Questo lo si deve, appunto, all’istituzione delle a.a.i. .

Alle a.a.i non si richiede, allora, solo e semplicemente, la realizzazione di istanze di neutralità e di efficienza, bensì un quid pluris:soddisfare un’istanza (specifica) di democrazia.

2.4. neutralità, terzietà ed autonomia, quali altre caratteristiche

Costituiscono espressione dell’indipendenza la terzietà e la neutralità. Essere terzi e neutrali rivela un atteggiamento che per le a.a.i. si palesa

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pag. 32

in modo assolutamente differente, rispetto all’essere imparziale,quale requisito di azione e organizzazione,che viene richiamata,in applicazione dell’art. 97 Costituzione a tutte le p.a.31 .

L’imparzialità più, specificamente, esprime esigenze che la p.a. nell’esercizio delle propria funzione di cura concreta di interessi pubblici, agisca in modo non arbitrario, determinando la propria scelta sui destinatari della sua azione, con lealtà ed equità, ponderando i vari interessi in gioco32.

Costituendo l’imparzialità una delle fondamentali applicazioni sia del principio di eguaglianza sostanziale, sia del principio di legalità, richiama ad una situazione di equidistanza e parità di trattamento che opera nei confronti dei cittadini, destinatari dei provvedimenti amministrativi33.

L’imparzialità, nello specifico, esprime l’esigenza che la Pubblica Amministrazione nel perseguire il fine della realizzazione dell’interesse, quale dato teleologico di fondo, non inneschi discriminazioni arbitrarie alcune nei confronti dei destinatari dell’agere amministrativo.

Invece la neutralità dimostra di avere un ambito di applicazione più ampio, producendo i propri effetti non solo nella sfera giuridica dei singoli cittadini, ma pure nei confronti di soggetti pubblici che operano, nel caso delle Authorities, nei singoli settori oggetto di administrative

regulation, mostrando così indifferenza rispetto ai protagonisti degli

interessi confliggenti.

Non a caso Vesperini la definisce come “perfetta estraneità ed

indifferenza rispetto agli interessi da tutelare e sostanziale impermeabilità da alcun condizionamento esterno”34.

31 D. Crocco, Le autorità amministrative indipendenti, cit., pag. 72. 32 Ivi, pag. 3.

33 Ivi, pag. 72.

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