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Ancora statuaria tra svariate componenti nordiche e padane. IV, 2 Della scultura s'è detto quale arredo del paesaggio e quale partecipe all'impegno

Nel documento Tra Serra d'Ivrea, Orco e Po (pagine 196-200)

architet-tonico (III, 3).

Ora si dirà del rapporto tra scultura e pittura, così come cercasi d'avviare il discorso sulle arti figurative in Piemonte dacché è diventato di prassi cercare d'ogni pittore anche la sua corrispondente personalità quale statuario. La problematica interessa J a q u e r i o (A. Griseri), Spanzotti (M. Gregori), Macrino e Gaudenzio (N. Gabrielli), singolarmente; ma anche si compromettono tra loro pittori e scultori differenti, come Spanzotti influenzante il padre di Defendente, di Tanzio agente sul fratello Giovanni d'Errico (G. Testori).

La ricerca degli studiosi è però assai ostacolata dal minore n u m e r o di sculture note rispetto alle pitture; ed anche dal curioso fatto che a proposito di scultura si parla sovente d'artigianato locale, come se in quei secoli esistesse una distinzione tra gli artisti di r a n g o olimpico e gli operatori pratici e mercantili. Piace molto parlare di artigiani scultori valdostani; ciò compli-cando le cose quando si sguscia dalla Vallèe sul piano canavesano, ove non si vedrebbero circuitare che prodotti d'artisti di magisterii di varie nazionalità, soprattutto francesi, svizzeri, tedeschi, fiamminghi, tirolesi, ticinesi, milanesi e pavesi, toscani e così via.

IV, 2; fig. 1.

M a d o n n a romanica, grossa scultura lignea, alterata nel secolo scor-so, venerata nel santua-rietto di Anzasco.

IV, 2 J fig. 2.

Madonna due-trecente-sca in trono e incorona-ta, scultura originaria-mente policroma e da restaurare, a Barbania. IV, 2; fig. 3.

Madonna quattrocente-sca, scultura dorata in epoca barocca, in San Michele, Rivarolo.

In verità la presenza in Piemonte durante il periodo rinascimentale dello scultore Matteo di Sammicheli sembrerebbe scarsamente legata alla coeva pittura da cavalletto {A. M. d. Ch. ; IV, 5). Altrettanto slacciato dalla pittura sembra lo stile dei modellatori per le zecche, che per essere pertinente al bassorilievo avrebbe potuto essere più efficace veicolo all'iconografìa dipinta (III, 1 e III, 2). C o m u n q u e si acquisiscono i nomi di R o l a n d o Gastaldo e Bonifacio M i r o g l i o . Il discorso sul rapporto tra scultura e pittura invece impegna più prolungati periodi d'osmosi. È un'osmosi di sempre.

Sventuratamente nel Canavese le statue più antiche sono state devastate impietosamente da una pietà non sorretta da cultura. Già nella zona occidentale si videro manomissioni e ripit-turazioni inimmaginabili a Ciriè, a Rocca Canavese ed a Monasterolo (A. S. d. A . ; figg. 1 e 2). A proposito della zona orientale se ne dovrebbero a g g i u n g e r e altre ad Anzasco, a Barbania ed a Rivarolo (IV, 2; figg. 1 4- 3).

La Madonna delle Grazie d'Anzasco è un pezzo di notevole dimensione, perché la M a d r e è in piedi e l'Infante benedicente sta eretto avanti al braccio sinistro come per miracolo.

La due-trecentesca Madonna seduta e incoronata di Barbania, col B i m b o appena puntel-lato coi piedini sul ginocchio materno sinistro, meriterebbe come quella d'Anzasco di venire liberata dalle ridipinture.

La Madonna delle Grazie rivarolese è stata dorata nel Settecento quando Bernardo Vittone le fece posto su un bell'altare rococò nella chiesa di San Michele (VII, 2; fig. 254-29). La pieghet-tatura aulica delle gonne e del manto è tipica degli ultimi lampeggiamenti neogotici nel Quat-trocento. N o n trovansi riferimenti bibliografici in proposito. La si ricorda qui per il patologico deperimento successivo. In verità, dopo le prime due Madonne citate per la curiosità degli in-terventi apocrifi, si dovrebbe parlare d'un pezzo d'eccezionale importanza proveniente da Chi-vasso, chiesa degli Angeli, ora alla Sovraintendenza alle Gallerie piemontese per il restauro. Si tratta d'un Crocefisso trecentesco d'energico modellato, scolpito in legno e tutto dipinto, della seconda metà del Trecento (G. Romano). Forse proveniva dall'antico S. Pietro (III, 1). Cristo sembra già spirato, condiscendendo alla volontà del Padre e soffrendo material-mente una pena spaventosa. La testa cade in avanti, esaltando la tensione dei muscoli delle braccia e del torace nel quale s'evidenziano ad una ad una le costole e lo sterno secondo una disposizione anatomica caratteristica dal tempo giottesco a quello guarientesco. L ' a m p i o sudario che copre dall'inguine ai polpacci s'annoda folto e ripiega ed increspa accentuando lo spor-gere dei ginocchi che non si vedono. M a i grossi piedi inchiodati sovrapposti con le punte in basso, ed aderendo fortemente al legno, giustificano la posizione spasmodica di tutte le m e m b r a ancora palpitanti, e quindi il proiettarsi molto in avanti indovinabile dei ginocchi stessi ed anche il penzolare quasi della testa; cosicché la sagoma generale d e l l ' L o m o m o r t o crocefisso, vista di profilo oppure di tre quarti, risulta

di-namicamente scattante, drammatica, elegante pure nell'ef-fetto macabro alla maniera gotica. Emozionante come un g r i d o di strazio che dev'essere inteso da tutti e che ag-ghiaccia chi l'ode per il dilungarsi delle ripetizioni del-l'eco entro le navate della chiesa (IV, 2; fig. 8).

Per certo quel pezzo di scultura appena fatto aveva risalito su un natante, insieme ad altri approvvigionamenti orientali, il corso del Po, per scelta preferenziale della clientela monferrina più qualificata (III, 1). L o schema iconografico continuò ad emozionare i fedeli e l'emozione

dovette durare nel tempo entro la prima capitale degli Aleramici di Monferrato, se Defendente Ferrari — che si ricorda fu della famiglia dei guelfi chivassesi de Ferraris perseguitati e protetti nella città ghibellina — ne utiliz-zerà ancora verso il termine del primo ventennio del Quattrocento lo spunto anatomico inconfondibile del co-stato geometrico scavato in un ovoidale tornito torace (nella Crocefissione Pensa di San Damiano che va collo-cata nel gruppo delle scene del Calvario insieme alla De-posizione del D u o m o , IV, 5 ; fig. 7).

Martino Spanzotti non insegnò mai all'allievo chivas-sese delle anatomie artistiche siffatte, sogni terribili ed al-tamente poetici per la loro primitività talmente essenziale da essere persino intellettualisticamente appetibile presso civiltà artistiche evolute. Per apprendere l'arte da Spanzotti

Pagina a fronte: I V , 2; fig. 8.

Crocefisso trecentesco della Chiesa degli An-geli; forse proveniente dall 'antico S. Pietro di Chivasso; attualmente in restauro presso la Sovraintendenza alle Gallerie, Torino. I V , 2; fig. 4. Annunziata quattrocen-tesca, scultura in terra-cotta proveniente da ca-sa antistante al duomo di Chivasso (collezione T. Rossi di Montelera). IV, 2; figg. 5 -f- 7. Confronto tra l'origina-ria disposizione dei per-sonaggi del presepe epo-rediese con re Magi nella cappella dei Tre Re e l'attuale in provvi-sorio deposito (Museo Garda, Ivrea). I capi-telli cubici del fondale dipinto a raffronto con quelli dell'eremo di Al-biano, architettura quat-trocentesca.

occorreva oltre che il s o g n o espressionistico anche la vegliante tecnica della spazialità rina-scimentale, inflessibilmente legata alla razionalità delle costruzioni ottiche.

Pertanto qui n o n saranno fuori l u o g o due parole sulla proposta De Gregori di dare al pittore M a r t i n o Spanzotti la paternità di scultore dei personaggi del presepe della Cappella dei tre re M a g i i n Ivrea. Nelle pareti della chiesetta affiorano o g g i di sotto strati di scialbi e di tinteggiature rosa degli affreschi di scuola spanzottiana da collegarsi con le « Adorazioni » di R i v a r a e di R i v a r o l o (IV, 3); ma il presepe è andato al M u s e o di I v r e a ; figure in terracotta dipinta e fondale in legno, in attesa di venire ricomposte, dopo essere g i à state ricomposte alla Mostra del Gotico e del Rinascimento del 1939. Esiste ancora la documentazione fotografica del m o d o d'impaginare usato a T o r i n o (IV, 2; figg. 5 4 7) e differisce da quello p r o v -visorio visibile nel deposito eporediese in attesa di restauri e di esposizione per il pubblico.

D u n q u e si p u ò constatare che esiste, c o m e se il presepio fosse una pala lignea, la predella originale con i busti dei dodici Apostoli, sei su ogni lato della figura cen-trale del Redentore, isolata su f o n d o oro.

Ebbene è da tale predella che bisogna cominciare ad esaminare l'insieme-accosta-m e n t o scultura con p i t t u r a ; poi s'esige u n confronto tra predella e fondale della scena sacra; ed i n u l t i m o si considereranno tec-nica ed iconografia della statuaria raffron-tandole con le corrispondenti tecniche ed iconografie dei vari m o m e n t i evolutivi spanzottiani, quali stilistici riferimenti con-creti.

L e testine della predella, Apostoli e Redentore, sono decisamente dipinte alla maniera emiliana e fors'anche ferrarese (IV, 2; figg. 13 4-

Nel documento Tra Serra d'Ivrea, Orco e Po (pagine 196-200)