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Nel documento Tra Serra d'Ivrea, Orco e Po (pagine 90-147)

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Musicalità gregoriana quale sottofondo poetico solidificato nell'ornamento e nel disegno paesaggistico. II, 6

È nota la funzione di cerniera dell'anno Mille, tra un passato d'attesa penitenziale ed un avvenire di fiduciosa ripresa vitale, anche troppo sfruttata nella storiografia. Certo è che leg-gendo le cronache del tempo si capisce che gli uomini partecipavano con entusiasmo, dopo ansie e recessioni, ad una specie di miracolo economico (o di boom, come dicesi ora). Nella storia di Rodolfo Glabro (che va sino al 1046) è detto suggestivamente che circa tre anni dopo il Mille, in quasi tutto l'universo, ma specialmente in Italia e nelle Gallie, le basiliche delle chiese furono rinnovate senza necessità, quantunque per la m a g g i o r parte fossero ancor decenti. I popoli cristiani sembravano rivaleggiare tra loro nell'innalzare i templi con mag-giore magnificenza. « Erat enim instar ac si mundus esecutiendo semet., rejecta ve tastate, passim

candidam ecclesiarum vestem induret ».

Cioè si sarebbe detto che il mondo scuotesse la sua polvere e si spogliasse della sua vec-chiezza per ringiovanire e per rivestire le bianche vesti delle chiese. E dappertutto; e ad ogni

livello organizzativo della cristianità: « Tunc denique episcopalium sedium ecclesias pene universales,

ac caetera quaeque diversorum sanctorum monasterio, sen minore villarum oratoria, in meliore quique permutavere fide les ».

Sedi di generale rinnovamento, con intento migliorativo, furono cattedrali, abbazie, pievi e cappelle campestri.

L'immacolato abito, quasi d'un nuovo battesimo dell'uomo, cercò di rendere il proprio candore attraverso un segno artistico di valore universale, capace di esprimere il nonnulla del singolo e l'afflato totale della compagine sociale. Il crisma dell'arte doveva toccare tutti, come in un insieme corale nel quale ogni strumento è tuttavia una individualità esprimente qualcosa di valido e di insostituibile. L'arte dovette caratterizzarsi quale un continuum nel quale si sinte-tizzino inscindibilmente i dettagli, le singula partes.

In termini architettonici ciò si realizza con i metodi di coordinazione modulare; ma una orchestrazione di parti (sottomoduli, moduli e insiemi modulari) non aventi giammai l'aspetto di sommatorie d'atomi indiscriminabili all'esterno del segno linguistico. Così nell'architet-tura, come nella musica.

La musicalità, per certo, dovette ispirare tutti i cultori dell'arte; e principalmente gli architetti.

M a quando si parla d'architetti romanici, occorrono ancora chiarimenti. Non si sa bene chi fossero e cosa facessero di preciso gli architetti.

Nelle pagine che precedono (II, 4 e II, 5) si sfiorò il problema della personalità di Gu-glielmo da Volpiano, tra il carattere di mecenate e quelli di programmatore e progettatore utilizzante uno o più collaboratori di specifica competenza architettonica. Ora si raccoglie dalla

Chronica Fiscam., di Fécamp, la notizia ch'egli era « enim liberalibus artibus eruditus » e, dalla Vita Sancti Guillelmi, di Rodolfo Glabro, che egli si occupò anche dell'elevazione musicale

dei monaci di Cluny ed a San Saturnino, istituendo delle « Scholae » per coristi. D'altra parte la cultura degli uomini di comando tanto civile quanto religioso era una cultura d'importanza umanistica e nella quale la musica occupava un importante ruolo, come voleva l'estetica di Isidoro di Siviglia. Qui nell'Archivio d'Ivrea è presente, tra i libri appartenuti a Warmondo, il codice membranaceo contenente l'epistolario tra Isidoro di Siviglia ed il vescovo Braulione; e tre libri dei venti parlano De retorica, De disciplina et arte e De civitatibus, de edificiis urbanis et

rusticis, de agris, de finibus et mensuris agrorum.

Sono anche presenti nell'Archivio Capitolare alcuni codici con annotazioni musicali, come il Troparium Eporediense, il quale in più punti si rivolge a Warmondo. M a non è il caso d'esaminarli dettagliatamente. Valga solo la citazione per confermare l'intrecciarsi costante della cultura armonica di tipo gregoriano alle altre componenti di civiltà, specialmente alle sfere altolocate nella quale il sangue blu, franco e svevo, alimentava il reclutamento di epi-scopi ed abati in continuo contatto con monarchi e dignitari politici e militari (II, 5 ; fig. 41).

Gli studi estetici attuali non hanno saputo ancora chiarire il rapporto architettura-musica, pure tanto soventemente chiamato in causa specialmente dopo le infatuazioni rina-scimentali, barocche e romaniche in proposito. Le volumetrie e le geometrie piane che cor-risponderebbero ai suoni come si valutano e come si commisurano? L'arte è una sola oppure le arti sono distinte? I contenuti figurativi ed i contenuti della musica sono reciprocamente convertibili? La bellezza è forma del sentimento che consolida armonia solamente oppure è consolidazione anche della disarmonia sfuggente dalle « scale » monodiche e polifoniche tra-dizionali? Quesiti senza soddisfacenti soluzioni.

In verità riportando il pensiero alle epoche del canto gregoriano è più facile istituire paral-lelismi ed analogie tra i segni dei due linguaggi, del tempo e dello spazio. Ciò serve almeno

per l'estetica applicata che si fa critica d'arte. Certe fiancate di torri campanarie e di duomi romanici sembrano annotazioni musicali: fogli di spartiti d'antifonari. La marcatura ritmata del tempo, la spaziatura modulata, gli aggruppamenti delle note, la scalarità dei valori tonali (II, 6; figg. 15-427).

Specialmente i modi ornamentali nell'area geografica europea sotto l'influenza commacina incrostano i nudi volumi dell'architettura precedente costituendo una tessitura fatta di lesene verticali e di sequenze d'archetti a pieno centro. Sono i ricami monocromi che arricchiscono le bianche vesti cui alludeva il testo storico di Rodolfo Glabro. Basta l'ombreggiatura a susci-tare la brillantezza d'una immagine che ha le qualità purovisibiliste del « colore ». Colore ch'è calore, anche nell'effetto del genere artistico del bianco e nero; m a ch'è più colore e calore se s'aggiunge la tecnica della policromia dei materiali da costruzione (per esempio i rosati carnosi dei materiali lapidei vicentini), per cui venendo via da San Zeno di Verona si porta impressa nella retina quell'immagine che certamente ha scosso ogni più distratto animo di qualsiasi visitatore.

Nel Canavese, due son le tenui policromie che vivacizzano i paramenti romanici, una a base della tinta grigiastra della pietra e l'altra a base dell'acceso rossastro della materia laterizia dei mattoni.

Sono sufficienti al suono lieve d'una policromia squisita le piccole variazioni costituzionali dei due predetti materiali da costruzione. Un po' di ferrettizzazione od u n po' di scaglie di mica fanno splendere la povera pietra da spacco dei montanari ed un p o ' di sovracottura oppure un po' di argilla gialla impreziosiscono gli effetti del paramento laterizio. I monumenti lapidei ed in mattoni, per quanto disegnati eguali, non sono mai identici.

I materiali da costruzione usati dagli architetti romanici, quasi si trattasse di tinte spre-mute dai tubetti e sventagliate sulle tavolozze per intingervi i pennelli, mai conducono alla monotonia delle tinte unite degli stuccatori e degli imbianchini, perché sulle opere si proietta e si riflette chiarificata l'anima artista degli autori e delle società fruitrici. Quei segni di lin-guaggio, che sono le lesene e gli archetti pensili romanici, recepiscono proiezioni e riflessioni impastandosi nella massa cromatica come raramente accade nell'avvicendarsi dei tempi.

II, 6; fig. 1.

Archetti pensili binati intervallati da lesene nell'abside della antica chiesa di Santa Croce presso il castello ardui-nico di Sparone (fig. 3). II, 6; fig. 2.

Arcatelle cieche nell'ab-side della chiesa di San-to Stefano di Sessano, presso Chiaverano (II, 4; fig. 10 e II, 6; fig. 19).

II, 6; fig. 3. Archetti pensili di rit-mo binario sulle fiancate piane di Santa Croce di Sparone (fig. 3 e 10). II, 6; fig. 4.

Archetti pensili binati alla pieve della Purifi-cazione di Lugnacco (II, 6; fig. 18). £0 v*4"-' " 'ì ' • c . ' • tv. • ' w 9

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II, 6; fig.

5-Arcatelle pensili, in par-te coperpar-te da edera, in San Pietro di Pessano, presso Bollengo (II, 5). II, 6; fig. 6.

Arcatelle pensili su ab-sidi non coeve, in ritmi quaternario e ternario, nella chiesa di San Se-condo, presso Magnano, sulla Serra d'Ivrea.

II, 6; fig. 7. Arcatelle pensili qua-ternarie su fiancata della chiesa di Santo Stefano di Sessano (fig. 2). II, 6; fig. 8. Arcatelle pensili ag-gruppate a cinque a cin-que nella fiancata della Cella Grande, tra Pive-rone e Anzasco.

Per la regione canavesana i duecent'anni romanici dovettero essere i due secoli di più alta civiltà: i più rappresentativi dell'uomo di qui.

Considerato che qualsiasi discorso illustrativo e critico ha bisogno di schematizzazioni semplifìcatorie, classificatorie e sistematizzanti, avendo già adottato per la parte occidentale del Canavese, quella l u n g o la Stura di Lanzo, un pratico ordinamento critico ( L . S. d. L . ; I, 4), qui, nella zona orientale, si annoteranno le connotazioni più facili delle partizioni ritmanti p i ù vistose e delle teorie d'archetti disegnate sui fastigi dei muri.

D u e archetti, facenti coppia; tre archetti; quattro, cinque, sei, sette e financo undici moduli arcuati. Siffatta è la banda dello spettro di tanta luce stilistica.

Certi a g g r u p p a m e n t i fanno cifra cronologica, oltre che musica: ad esempio le coppie di archi con diametro quaranta sessanta centimetri ci significano nascita poco prima del Mille. R i t m a n o (a + a ) + (a + a) -f- ... come nelle pareti piane e nelle pareti cilindriche delle absi-diole sporgenti dal nucleo ottagonale del battistero di San Ponso (II, 1; fig. 10).

M a altri modi d'aggrupparsi oltre che segno linguistico costituiscono i d e o g r a m m a , segno di gerarchie edilizie e di gerarchie utilizzatrici, quasi fossero i fiocchi pendenti dai cappelli nei blasoni clericali (due fiocchi per i canonici, tre fiocchi per il vescovo, quattro per arcive-scovo e cardinale). Quindi il disegno ch'è sulle fiancate dei campanili è come la tratteggiatura d'una stadia, e misura il r a n g o : campanile di abbazia, di priorato e di cella. V e d i a m o n e insieme alcuni di tali campanili della zona orientale del Canavese gettando uno sguardo sulle foto-grafie appositamente e pazientemente scattate dal fotografo Serra, la cui diligenza ovviamente contrasta con l'irresponsabile maltrattamento delle gloriose testimonianze di quell'aurea età. V a n n o , ovviamente, considerati quali oggetti generati da capostipiti, che, in sito, sono almeno quattro della prima metà del secolo x i : i due campanili dei vescovo e dei canonici eporediesi (II, 6 ; figg. 34fi- 3 8), il campanile dell'abbazia di Fruttuaria (II, 6 ; fig. 31 e L. S. d. L. ; I, 4 ; fig. 17)

ed il campanile dell'abbazia di Santo Stefano d'Ivrea (II, 6; figg. 32 e 33). Altri capostipiti sono fuori zona, nelle zone vercellese, torinese e valsusina. Per conferma sta il fatto che la bella mole laterizia dell'abbazia torinese di Sant'Andrea, costruita dal monaco Brunildo nel sesto anno d o p o il Mille, era la chioccia d'altre minori disseminate nelle valli lanzesi ov'erano le dipendenze ecclesiastiche ed economiche del cenobio che ospitò nella tempesta saracena gli

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ir^ìkfk wd <0 a y g ^ ò m i i m v k - • f h b n x h r * gp«m in * II, 6; fig. 9. A . d'Andrade: Schizzo e annotazioni telativi alla chiesa monasteriale di San Tommaso in Busano.

espulsi monaci della Novalesa, innanzi al loro trasferimento a Breme e Bobbio determinato dalle persecuzioni saracene (L. S. d. L.; I, 5; fig. 18).

Chi volesse farsi commentare complementarmente le gerarchie esistenti nell'interno dei vari insiemi predetti di torri campanarie, provvisoriamente ed introduttivamente potrebbe annotarsi l'elenco delle contribuzioni a titolo di tassa papale risultanti dal Liber decimarum del 1368-70 in regime avignonese, studiato da G. Bavera e I. V i g n o n o . Pagavano le più alte tassazioni, superiori a 20 soldi, i seguenti enti giuridico-morali : monastero di Fruttuaria, vescovo, monastero di Santo Stefano d'Ivrea, capitolo della cattedrale d'Ivrea, canonico Guglielmo di Rivarolo (gli altri canonici eporediesi pagavano singolarmente un po' meno dei 20 soldi), chiesa del Salvatore d'Ivrea, Bollengo, Albiano, Piverone, Settimo Vittone e Carema, S. Eusebio di Montalto, Settimo Rottaro, Masino, Brosso, Doblazio, Vische, San Genesio di Castagneto (si ricordi che la diocesi eporediese scavalcava il Po in questo punto), Umiliati di Chivasso, Navigliano, Santo Stefano di Candia, S. A m b r o g i o d'Ivrea, S. Giacomo di Carpineto, Cella di Vestignè, Cella di Borgomasino, SS. Salvatore di Borgomasino, Riva-rotta, Cortereggio, San Giorgio, Montanaro, Macugnano e Prepositura di Chivasso.

Nel Liber decimarum seguono poi le sedi di minore gettito che qui elencansi per comodo di chi vorrà approfondire lo studio delle correlazioni tra dignità geografica e vistosità monu-mentale trascritte in cifra urbanistica, sia pure marezzante il territorio mediante campanili, torri e mura fortificatorie, come anticipato nell'apposito capitolo (II, 4)- Subito dopo la lettura di questo ancor freddo elenco (che chi ha fretta può saltare considerandolo come spet-tacolo di massa), sarà possibile esaminare con animo commosso le varie famiglie d'insiemi formali della monumentalità medioevale e le loro ornamentazioni commacine ad archetti pensili.

Nella città di Ivrea erano le chiese S.ti Petri de Cita, S.ti Donati, S.ti Mauricii, S.ti

Odori-cii, S.ti Salvatoris e le cappelle di S.ti Bartholomei, S.te Marie, S.ti MauriOdori-cii, S.ti OdoriOdori-cii, S.ti Salvatoris ed altre cappelle nelle chiese soprannominate.

Nei territorio foraneo altre chiese, Alie Ecclesie, Bolengi, Palacii, Claverani, Burolii, Albiani,

Pi-veroni, Uricaschi, Torracii, Paerni, Pexani, S.ti Egidìi de Monte Alto, Le^uli, Florani, Padoni, de Ban-chettis. Seguivano poi le pievanie di Settimo, Areglio, Uliacco, Brosso, Lugnacco, Baldissero,

Doblazio, Rivarolo, Ozegna, San Martino, Candia, Vische, Rondissone, San Sebastiano P o e la Prepositura di Chivasso coi suoi canonici.

Serve per istruzione toponomastica leggere le denominazioni delle « ecclesie » elencate dopo le pievanie anzidette.

Dopo la Plebs Septimi le chiese Montis Astructi (Montestrutto), S.ti Eusebii de Monte Alto (Montalto), Nomalii (Nomaglio), de Andrate (Andrate), de Burgi Franci (Borgofranco), de Quinto (Quinto di Borgofranco), Montis Boemii (Montebuono), Quincenati (Quincinetto), Baìi (Baio

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Dora) Con la Plebs Arelii o de Arelio, le chiese de Arbario (Arbaro), Castri Alicis (Alice Castello Inferiore) de Cessano (Cessano), de Amelio (Azeglio), Septimi Roncarii (Settimo Rottaro),

Cara-vini (Caravino) Magioni (Maglione), Maxini (Masino), Vestigniaci (Vestignè), S.ti Martini de Burgaro (Borgomasino), S.ti Desiderii (Gallenca) e la Capello M. Magdalene Castri Maglioni.

Con la Plebs Uliaci, le chiese di S.ti Michaelis de Calengio (Calengio) e con la Plebs Brocn, la stessa Ecclesia Brodi. , . , . , . . , • • • n * 11 n

S e g u o n o nella pievania di Lugnacco le chiese di Vicisubterions, Alias (Alice Castello),

Viderati (Vidracco), de Peco (Pecco), Pare Ile (Patella), Cagluxii (Quagliuzzo), Strambinoli

(Stram-b i n o l o ) Lauren^adii (Loranzè). Poi, con la Ple(Stram-bs de Vespiola alias Baldissem, le chiese di L ti Pe'tri de Castrimonte (Castellamonte), Onglani (Oglianico), Campi et Manali ( M u n a g l i o ) ,

Sinteni (Cintano), Luuignengi (Luvinengo), Salti (Salto), Piriaci (Priacco). Nelle: valli della Plebs Doblacii le chiese di S.ti Costancii (Pont Canavese), S.ti Justi (Ronco), S.ti Ursi (Canapiglia), Sparroni (Sparone), de Lucana (Locana), Ribordoni (Ribordone), Balme Rubee sive Nouascha

(Noasca), de Cirisolis (Ceresole Reale).

Alla Plebs Riparolii fanno corteo le chiese di S.ti Desiderii (Rivarolo), de Galenga (Gallenca), j ti petrj de Fabrica (Favria), S.ti Juliani de Barbania et de Rucha Veteri de Barbania alias S.te Marie (Barbania), de Onglanico (Oglianico), de Bairo (Bairo), Castri Turris (Torre), S.te Marie de Riparolio e S.ti Michaelis et hospitale de Riparolio Jerosolomitani (Rivarolo), S.te Marie de Pronte

(Front), S.ti Nicholai de Vauda de Fronte (Vauda di Front), Candii (Cazzadio), Marcomam (Mar-comanno), de Quin^olano (Quinzolano). • ,-n

Seguono- la Plebs Eugenie, d'Ozegna, con le chiese di Cicunii (Ciconio), Luxiladu (Lusiglie),

Agladiì (Agliè), Macugnani (Macugnano); la Plebs S.ti Martini con le chiese di Vialfredii (Vialfrè), Scarmagnii (Scarmagno), S.ti Solutori et S.ti Petri de Romano (Romano), Romanelli (Romanello), de Saxen (Sessano), S.te Marie de Campis (S. Maria dei Campi); la Plebs Candie con le chiese de Castiglione (Castiglione), Mosoboli (Misobolo), Montalengi (Montalenghe), Marcenasci

(Mer-cenasco) Burroni (Barone), Veruni (Verano), Nouenclarii (Novenchiaro), Orti (Orio); la Plebs

de Vischis con una cappella e con le chiese de Manlio (Macello), S.te Marie et S.ti Laurent» et Geruaxi et Pontis de Ma^adio (Mazzè), S.torum Andree Callocerii et Petri de Caluxio (Caluso);

e la Plebs Randegpni, ch'è Rondissone. Con questa pieve di Rondissone confinava, tramite il P o la pieve di San Sebastiano Po, Plebs S.ti Sebastiani, che s'inerpicava sulla collina con le chiese di S.ti Genexi de Castagneto (Castagneto Po), de Treblea (Trebea), Montis Rotundi ( M o -riondo) Romaneti (Romaneto), Placibelli (Placibello), Bretoni (Berzano), Pjnarani (Pinerano). Con Rondissone, ovviamente, veniva a contatto l'importante Prepositura di Chivasso, ove oltre il Prepositus Clavaxii erano presenti canonici e ospedali.

Faceva corpo a sé il Monasterium S.ti Benigni Fructuariensis con la sua chiesa di S. Michele e con le Ecclesie S.ti Nicolai de Jononta (loc. incognita), de Lombardorio (Lombardore), Ripe Rupie

et de Ebiano et Magdalene de Ripa Rubea (Rivarossa), S.ti Desiderii de Castromonte (Castellamonte), Curteregii (Cortereggio), S.ti Columbani de Lugxiladio (Lusigliè), S.ti Georgii (San Giorgio

Cana-vese), S.ti Antonii de Riparia (Rivara), S.ti Thome de Bucano (Busano), S.te Marie et S.ti Petri

de Feleto (Feletto), S.te Marie de Macugnano (Macugnano), S.ti Michaelis de Caraumo (Caravino), S.ti Germani de Arborati de Alice et S.ti Petri de Gerboris de Alice con l'Hospitale S.ti Antonii de Monte Peroso de Alice (Alice Castello).

Alice Castello costituisce tuttora un'isoletta eporediese nel territorio vercellese.

Forse è sfuggito qualche contribuente trecentesco di decime papali; comunque il famoso

Liber decimarum ne registra ben duecentocinquantacinque. E duecentocinquantacinque è

un n u m e r o considerevole. L'insieme ecclesiale è veramente cospicuo, significando una densità d'edificazione chiesastica la quale suggerisce il confronto con l'insieme dei nodi d'incrocio tra le « stratelle », le quali articolazioni perpetuavano grosso m o d o nell'Alto M e d i o e v o 1 g a n g l i vitali della « colonia civium romanorum » di fondazione repubblicana e imperiale.

Per confrontare con esattezza scientifica il numero dei gangli r o m a n i con i g a n g l i medio-evali occorrerebbe mettere in bilancio altri numerosi siti che si potrebbero rintracciare nelle vecchie pergamene notarili e schedare sistematicamente, anche annotando le oscillazioni dei baricentri ecosociali intorno ai nodi della geometria topografica, così come s'è suggerito nel precedente libro Lungo la Stura di Lansp.

Se si insiste su questa necessità di fare precedere lo studio dei singoli m o n u m e n t i isolati dallo studio dei tracciamenti gromatici romani ed altomedioevali nel territorio, ciò si fa con-vintamente, lamentando che la storiografia architettonica abbia sinora abbondantemente dimen-ticato che senza esaminare le radici ambientali dei m o n u m e n t i ogni valutazione diventa arbi-traria e manieratamente scolastica.

L a « concordanza » tomistica assume altre denominazioni nelle attuali filosofie estetiche ; ma per il periodo in cui T o m m a s o d ' A q u i n o e Isidoro di Siviglia ispiravano l'amministrazione della pro-gettazione architettonica è d ' o b b l i g o riconsiderarla negli assunti critici MYanimus degli operatori.

II, 6; fig. io.

A. d'Andrade: Schizzi ed annotazioni circa la chiesa di Santa Croce presso il castello di Ar-duino, a Sparone.

La concordanza è la l e g g e che lega in sé due concetti: se è vero che il significato esatto d'una frase non si conquista che chiarendo esattamente il significato di tutti i vocaboli contenuti in quella frase, non è men v e r o che il significato esatto delle parole presenti in una frase n o n si conquista se non conoscendo già a priori tutta la frase stessa. Pertanto, come in una frase parlata o in una frase musicale, nella frase architettonica oc-corre sempre continuamente questo riferimento alla parte ed al tutto. La festonatura dei prismi geometrici ad archetti pensili dev'essere vista quale struttura del festone stesso e quale strumento strutturante la volumetria del campanile stesso e dell'insieme urbanistico del vicinato.

Ecco perché i campanili delle zone canavesane tra le due Dorè, ed anche oltre, vanno

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II, 6; figg. 1 2 4 - 1 4 . Vedute esterne, laterali ed absidali del priorato di Santo Stefano, presso Candia (II, 5 ; figg. 3 7 V

39)-Alle pagine seguenti:

n> 6; figg. 154-27. Tavola di raffronto di parecchi campanili ro-manici canavesani ordi-nati in funzione della grossezza e delle cifrate gerarchie ecclesiali e monastiche attraverso i motivi compositivi del-le arcateldel-le pensili. Si intende continuare la tabulazione iniziata nei territori lungo la Stura di Lanzo ( L . S. d. L . \ I, 41 figg. 94-;6).

San Lorenzo, Settimo Vittone San Pietro, Pi verone (Gesiòn) Cella Grande, Piverone-Anzasco Purificazione Maria V., Lugnacco

San Ulderico, Ivrea Santo Stefano, Sessano

Bartolomeo, Vistrorio San Michele, Favria San Giorgio, Valperga San Martino di Perno, Bollengo

rancamente esaminati nella ornamentazione minuta parie-tale, nella organizzazione del singolo m o n u m e n t o e nella distribuzione territoriale. D u e ordini insiemistici di m o t i v i fanno disegno piccolo e g r a n d e ; fanno disegno g l o b a l e ; nell'accezione completa di totale, perché hanno superato la fase d'amalgamazione sommatoria elementare e si sono fusi al fuoco terribile della sintesi autenticamente artistica.

Pure, tra il caotico m o d o di farsi presente agli occhi dei viaggiatori consumistici d ' o g g i , il p a e s a g g i o canavesano del secondo Millennio si configura quale spettacolare resurre-zione urbanistica a carattere entusiasmante. Capisaldi ne sono i prismetti dell'edilizia sacra: centinaia e centinaia di navate, di absidi e di campanili escono dalla terra tra le due Dorè e svettano i loro v o l u m i legati insieme dalle linee orizzontali e verticali delle ornamentazioni ad archetti pen-sili. E uno svettare festoso, ritmato e pur concitato per l'emozione della presunta rianimazione dalla morte, ispirati ad analogiche i m m a g i n i evangeliche, quasi quei prismetti architettonici fossero d a v v e r o la bianca veste annotata dagli agiografi di G u g l i e l m o da Volpiano.

I nuovi rinnovati discepoli cristiani vanno senza posa ai crocicchi di tutte le strade della zona e chiamano buoni e cat-tivi, ricordando loro che per essere scelti occorre u n abito d e g n o delle nozze di quel re della celebre parabola. « Accìpe

vestam candidarli », ai sacerdoti nell'atto di battezzare

prescri-v e prescri-v a n o di dire i « S a c r a m e n t a r i » del tipo osserprescri-vato anche ad Eporedia (II, 2). La veste candida veniva offerta a tutti, in m o d o organizzativo che ora d i r e m m o capillare; e sembra che fosse anche fervorosamente accettata dai più. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; e chi n o n crederà sarà condan-nato, s'andava ripetendo, togliendone le parole dall'Evan-gelo di Marco.

L'abito da nozze significava, dunque, per uomini ed edifici, la fede viva.

Più avanti (II, 7) affiancheremo alla connessione a g g r e -gativa dell'edilizia consacrata il tessuto connettivo urbani-stico dell'architettura pratica; la v e d r e m o quale cosa uti-litaria, per gli i m p e g n i civili della vita associata e produttiva. Coesistevano.

Quantunque l'esplorazione della locale architettura sacra romanica non abbia ancora il g r a d o di maturità che si ri-chiede ad una indagine conoscitiva e critica di tanto im-pegno, tuttavia necessita u n a v v i a m e n t o progressivo alla let-tura integrata, sotto chiave contenutistica e sotto chiave astratta, dei segni di cui si sostanzia tanta materia artistica preziosa. Si deve fondare u n capitolo della semeiotica.

Nel documento Tra Serra d'Ivrea, Orco e Po (pagine 90-147)