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Andrea da Firenze, «le miniaturiste préféré de Pie II»

2. I LIBRI DI PIO II PICCOLOMIN

2.5 I «miniatori di Sua Santità» Per lo scriptorium papale

2.5.1 Andrea da Firenze, «le miniaturiste préféré de Pie II»

Il pontefice iniziò a rivolgersi ad Andrea da Firenze già dal compenso del 10 febbraio 1462, quando il tesoriere pontificio annota «Ducato uno dato di commando di Sua Santità a maestro Andrea da Fiorenza miniatore per uno principio de libro de pontifici e per uno altro principio di Dion de Regno, li quali a miniati per la Santità Sua». Il Liber pontificalis è stato riconosciuto da Ruysschaert nel Chigi.I.VII.254, che insieme all’identificazione del Vat. lat. 1796, corrispondente al pagamento del 13 gennaio 1463 di “2 ducati et 5 grossi ... per dieci mini fatti grandi di Erodoto», ha permesso all’autore di ricostruire un catalogo di ben quattordici codici tutti miniati dall’artista per Pio II.647Al consistente nucleo di manoscritti, farebbe riscontro, per il biennio 1463-1463, una fitta successione di dodici compensi per «mini fatti per libri di Sua Santità» in favore di «Andrea da Fiorenza miniatore», fatto che spinse Ruysschaert a definirlo «le miniaturiste préféré de Pie II», «qui consacrait presque exclusivement, en ces années-là, son art aux manuscrits du pape».648

Il pontefice sembra infatti apprezzare particolarmente il linguaggio del miniatore affidandogli la decorazione di molti dei testimoni delle sue opere (si veda ad esempio il volume delle Epistolae di Enea Silvio, il Chig. J.VI.210; fig. 160) e dei classici a lui più cari, ma soprattutto, come riconosce lo studioso, della copia d’esibizione dei suoi Commentarii, oggi conservata a Roma presso la Biblioteca dell’Accademia nazionale dei Lincei e Corsiniana, MS. 35.G.6 (Cors. 147; fig. 161).649 Il codice fu copiato nel 1463 da

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647 Si noti anche che il 7 dicembre 1463 sono corrisposti «ducati quatro a M° Andrea miniatore per parte di

pagamento duno salterio che minia a sua Santità» non ancora individuato, TS, 1462-1464, c. 64; A.ROSSI, Spogli vaticani, cit., p. 139.

648 J. RUYSSCHAERT, Miniaturistes cit., p. 252 e 255 nt. 54.

649 Ivi, p, 256 nt. 60; Il trionfo sul tempo. Manoscritti illustrati dell’Accademia Nazionale dei Lincei, catalogo

della mostra (Roma, Palazzo Fontana di Trevi, 27 novembre – 26 gennaio 2003), Modena 2002, cat. 13, pp. 96-97, scheda di S.MADDALO.

Iohannes Gobelini da Linz650 e venne esemplato sull’archetipo del Reg. lat. 1995, scritto da Agostino Patrizi con interventi autografi dello stesso pontefice. Come dichiara un’epistola acclusa in conclusione all’opera (cc. 427r-4331v), alla cura dell’edizione sovrintese Giovanni Antonio Campano, che è quindi forse da identificarsi in una delle due figure che si affaccia entro i clipei del frontespizio a bianchi girari, mentre la seconda, tonsurata, può forse essere il cardinale Jacopo Ammannati stesso, destinatario della lettera dell’umanista. Per l’occasione Andrea arricchisce il prezioso modulo della cornice su tre lati, racchiusa da listelli in oro e percorsa da una barra centrale sdoppiata dall’intreccio dei tralci, con il ritratto del pontefice che appare con piviale e triregno nell’iniziale a presentare il suo libro. Tuttavia l’attività di Andrea non fu certo un rapporto d’esclusiva con il pontefice, come dimostrano i numerosi codici realizzati per gli esponenti della curia romana, da lui o da stretti epigoni, e che oggi si fatica a rintracciare, dispersi come sono nelle biblioteche non solo europee o ancora messi in vendita all’asta. Lo si è visto per il caso dei manoscritti decorati per Gaspare da Sant’Angelo e Filippo Calandrini, ma lo attestano altre copie delle opere di Pio II eseguite per stretti membri della sua cerchia di familiari, come il volume delle Epistolae di Enea Silvio commissionato dall’archiatra papale, Sozino Benzi (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut. 54.19; fig. 162).651

Che il centro scrittorio organizzato attorno alle allogazioni librarie di Pio II costituisse o meno un preciso ambiente fisico presso la corte papale non è dimostrabile, rimane però il fatto che tra queste figure di miniatori intercorse una strettissima forma di collaborazione, per la quale, si diceva, è difficile parlare di “bottega” secondo la comune connotazione del termine, trattandosi di un’associazione di maestri indipendenti, riunita insieme per la sola scelta di un committente. Ciascuno capace, sulla base del proprio bagaglio di esperienza, di una particolare declinazione del linguaggio decorativo umanistico, essi giunsero a dar forma a preziosissimi volumi, collaborando non solo su distinti fascicoli, in una canonica divisione del lavoro, bensì all’interno dello stesso frontespizio. Che non si trattasse di un unico atelier retto da Jacopo in qualità di capobottega, come ancora taluni ribadiscono, lo si apprende ad esempio dai casi di collaborazione notata da Ruysschaert in almeno tre codici realizzati per papa Piccolomini: il Varrone, Chigi L.VI.205 e l’esemplare con l’Australis Historia di Pio II, Chig. J.VIII.283, decorati nel frontespizio dal solo Andrea, e !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

650 Il colophon è a c. 431v: «Divo Pio secundo pont(ifice) maximovolete, Iohannes Gobellini de Lins, vicarius

Bonnen(sis) Colenensis dioc(esis), hoc opus anno domini MCCCCLXIIII die XII mensis iunii excripsi foeliciter». E.CALDELLI, Copisti a Roma cit. pp. 116-117, 217.

nelle iniziali miniate interne cooperando con Jacopo.652 A quest’ultimo spettano, invece, tutti i capolettera dei capitoli della Repubblica di Platone nel Vat lat. 2060,653 trascritto

con la sua posata littera antiqua dal copista «di Sua Santità», Johannes Gobelini de Lyns, chierico di Treviri, e miniato ancora una volta in concorrenza con l’artista fiorentino, artefice della fastosa incorniciatura a bianchi girari su barre dorate e cordoni d’alloro di c. 1r (fig. 163). È un codice che bene esemplifica i caratteri programmatici sottesi ai prodotti esemplati nello scriptorium voluto da Pio II. Come osserva Stefania Tarquini, l’aura antiquaria della decorazione del frontespizio rivela «una matrice eminentemente ideologica e politica»: «il pontefice, infatti, connotato con gli attributi della regalità, il triregno e la porpora, viene raffigurato all’interno di un clipeo, sorretto appunto da genietti alati che ricordano le effigi degli imperatori presenti sulle monete romane e nei clipei di colonne e archi trionfali. Il riferimento alla Roma antica è inoltre presente inequivocabilmente nella rappresentazione della lupa lattante i gemelli, che ripropone il ricordo della mitica fondazione della città e delle sue origini. È esplicito l’intento di rendere visibile la identificazione fra imperator e pontifex maximus e la fusione fra le due Rome: la Roma cristiana si pone come continuatrice della Roma pagana e tuttavia la supera nel nome di Pietro e del papa suo vicario».654

Si dovranno aggiungere però anche altri casi di collaborazione, come per il Vat. lat. 410 (figg. 164-165), un San Giovanni Crisostomo decorato da Andrea nella pagina d’apertura, come riconosciuto da Ruysschaert; tuttavia, a parte per alcuni capolettera dei primi fascicoli che spettano al miniatore fiorentino (cc. 1r, 17r, 28v, 39r, 57r), il restante repertorio di iniziali in oro a bianchi girari è riferibile piuttosto a Gioacchino de’ Gigantibus. (cc. 48r, 68r, 76v, 83r, 90r, 96v, 104r, 109v, 117v, 124v, 132r, 139r, 125v bis, 153r, 161v; fig.).

Una collaborazione strettissima è poi quella riscontrabile tra Andrea da Firenze e Nicolò Polani, che almeno in due occasioni ci è sembrato di vederli partecipare fianco a fianco nel medesimo frontespizio, in maniera davvero inusuale.

È il caso del Chig. I.VIII.285 (fig. 166), una seconda copia delle Epistolae di Enea Silvio, dopo quella curata da Andrea nel Chig. I.VI.210, dove si può notare uno scarto tra il ductus attorto dei bianchi girali dell’iniziale P (Pius), tipico di Niccolò, rispetto ai girali più planari di Andrea che proseguono in continuità espandendosi sui quattro lati della cornice !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

652 J.RUYSSCHAERT, Miniaturistes cit., p. 267. 653 Ivi, p. 255.

marginale. Se al miniatore fiorentino spetta il medaglione con ritratto di Pio II accluso sulla destra tra i suoi girari, nell’inserto delle monumentali vittorie alate, genuflesse a reggere lo stemma con grande triregno nel bas-de-page, si palesano invece nuovamente, nei colori accesi e nelle attitudini statuarie, i modi del presbitero. Che non si tratti dell’integrazione di una decorazione incompiuta o di un avvicendamento casuale, bensì sia un intervento ravvicinato, condotto a due mani entro un’ideazione comune, lo conferma la diversa paternità degli elementi costitutivi del capolettera. Se i tralci intrecciati del Polani fuoriescono da un vaso miniato da Andrea, parimenti nell’ansa della lettera in oro arabescato a biacca, secondo il vezzo del maestro fiorentino, si apre una di quelle città turrite che costituisce la sigla di riconoscimento del veneziano. Anche la decorazione interna del codice è poi ripartita, con le prime sei iniziali da ascrivere a Polani, le rimanenti quarantacinque ad Andrea.

Un ulteriore caso di atipica cooperazione dei due miniatori su di un medesimo frontespizio, si può riscontrare per il Tito Livio, Ab Urbe condita, della Biblioteca Capitolare di Verona (CXXXV; fig. 167),655 contrassegnato dall’arma originale della famiglia Orsini. Se l’impianto decorativo dei bianchi girari rivela i grafismi tipici di Andrea, a cui spettano anche tutte le iniziali interne dei capitoli, alcuni degli inserti che arricchiscono la pagina denunciano, invece, per preziosità materica della stesura coprente e la resa volumetrica degli spessori, la perizia del Polani. Lo si nota ad esempio nelle figure degli armati, nel profilo coronato di lauro che spicca entro la profonda nicchia, nei cammei neri con le cicogne, nelle vittorie alate, nei putti seduti in vani tridimensionali blu ed infine nell’iniziale con l’autore nello studiolo.

È indicativo considerare come i due principali miniatori attivi al servizio di Pio II, potessero in comune accordo collaborare anche per commissioni ricevute da esponenti della nobiltà romana locale, ed è suggestivo pensare che la realizzazione materiale di tali opere potesse avvenire nella medesima sede, vale a dire nello scriptorium papale.

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655 L’individuazione della paternità di Niccolò Polani spetta a Federica Toniolo, cui gentilmente dobbiamo la