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Anne Blonstein e le potenzialità della lingua inglese

Università di Macerata

2. Anne Blonstein e le potenzialità della lingua inglese

Pronipote di ebrei dell’Europa dell’Est rifugiatisi in Gran Bretagna all’inizio del ventesimo secolo, a partire dal 2001 Anne Blonstein fa rivivere nella sua poesia pratiche che caratterizzano l’ermeneutica ebraica come il notarikòn e la ghematrià. Molte sue raccolte, inoltre, sono in tutto o in parte riscritture di testi della Torà. Ma la tensione

2 Rimando in particolare al mio “Impure Lines: Multilingualism, Hybridity and Cosmopolitanism in Contemporary Women’s Poetry”, in Contemporary Women’s

Writing, Vol. 1, No. 1, 2007, pp. 34-44, <http://cww.oxfordjournals.org/cgi/content/

full/1/1-2/34?ijkey=YMBIvljkJGJztNK&keytype=ref >.

3 Sul rapporto tra esperienza scientifica e creazione poetica in Blonstein si veda “A Dialogue Between Marina Camboni and Anne Blonstein. From ‘Of Experimental Poetry: A Dialogue between a Scholar and a Poet’”, in Word For/Word: A Journal of

New Writing n. 16, winter 2010. Di e su Anne Blonstein si vedano: “Anne Blonstein:

Five Poems with a Note by Charles Lock”, in Salt Magazine, 2, April 2008, <http:// www.saltpublishing.com/saltmagazine/issues/02/text/Blonstein_Anne.htm>; nonché Diana Collecott, “correspondence with nobody: The Experimental Writings of Anne Blonstein” in M. Camboni e R. Morresi (a cura di), Incontri transnazionali: moderni-

dell’io, che si misura con l’intrecciarsi del tempo storico e del tempo mitico e spirituale nell’esperienza personale e culturale, attraversa tutta la sua opera. Costante è difatti nelle poesie l’innestarsi della scrittura e dell’esperienza presente in altre Scritture: siano esse quelle dell’Antico Testamento o le opere di poeti come Paul Celan o di ar- tisti come Paul Klee, per esplorarne i sensi nascosti o per interpretare o attualizzare in modi originali storie e vicende consolidate nella cultura occidentale, oltre che nella tradizione ebraica.

Se dovessi sinteticamente indicare i tratti salienti della poesia di Blonstein, ― aldilà dell’accurata costruzione del testo, della meti- colosa composizione di dati esperienziali, immagini e discorsi nel- lo spazio della pagina bianca ― direi che questi sono di carattere linguistico-sperimentale: la creazione di parole composte di una sorprendente sincreticità linguistica, concettuale e immaginativa; il cambiamento innovativo della funzione grammaticale di pronomi, avverbi e altre categorie lessicali; l’uso del notarikòn come rivelatore di possibilità combinatorie testuali.

Appropriandosi di una delle modalità più diffuse per rinnovare ed espandere la lingua inglese, il compounding, ovvero la creazione di nuove parole tramite la fusione di lessemi distinti, in genere due nomi, Blonstein ha esplorato il territorio della contaminazione lin- guistica e della polisemia verbale. I termini da lei coniati sono spesso fusioni o ibridi di parole appartenenti a lingue diverse, sapientemen- te mascherate dal gioco linguistico. Nella sua opera la mutazione e l’innovazione del codice linguistico partecipano degli stessi mecca- nismi delle trasformazioni e dei processi genetici, sì che, come lei stessa afferma, “si possono costruire dei paralleli fra i termini usati in genetica per descrivere i processi di mutazione, inversione, elisione, trasposizione e replica del DNA e quello” che lei fa “con le parole”4.

Parole come: “skinship”, “timeturned”, “referrance”, “diffinities”, “scentible”, “strangerness”, “draughters”, “excyclical”, “enchance- ments”, “fleurtatiously”, “rawberries”, “neotional”, “nountheless”, “ecolocutionarily” , “bombdazzled”, sono solo alcuni esempi. In tut-ecolocutionarily” , “bombdazzled”, sono solo alcuni esempi. In tut-” , “bombdazzled”, sono solo alcuni esempi. In tut-In tut-

te Blonstein gioca con la nostra conoscenza del lessico per metterne in crisi i sensi codificati e mostrarci inediti risvolti del rapporto fra parole e realtà, oltre che coniugare esperienze conoscitive diverse, talora anche antitetiche.

Prendiamo “referrance”, nei versi “Dance / eyes / referrance”5. Questa parola, apparentemente improntata alla filosofia linguistica derridiana, ad un’analisi più attenta si rivela essere un ibrido di fran- cese e inglese, una fusione di termini come “reference”, graficamente identici nelle due lingue, la cui differenziazione fonica permette però la crasi e l’ulteriore gioco grafico-sonoro bilingue con “errance”, che fa rima con “dance”.

A proposito delle sue ibridazioni, Blonstein fa notare come il suo vivere a Basilea, città di lingua tedesca al confine con la Francia e la Germania, e la sua frequentazione quotidiana della lingua francese e di quella tedesca, da cui traduce per professione, le rende familiari le qualità di questi idiomi, le loro possibilità discorsive sia letterarie che quotidiane. Il modo di combinare le parole della lingua tedesca è una miniera da cui costantemente estrae prezioso materiale verbale. Anche l’omofonia di francese e inglese è per lei generatrice di straordinarie ambiguità. La lingua inglese di oggi, a suo parere, può appropriarsi di questi meccanismi, propri di altre lingue, e nel contempo sperimenta- re ulteriormente le flessibilità inscritte nel DNA del suo codice6.

Blonstein esplora le flessibilità dell’inglese anche quando trasfor- ma aggettivi, avverbi e preposizioni in verbi e ci propone “eithered”, “awayed”, “asiding”, “aftering”, “againing”, “farthering”. Cambiando categoria grammaticale, tutte queste parole perdono il tratto di sta- ticità che le caratterizza, per acquisire una dinamicità di senso e una relazionalità strutturale diversa da quella codificata, che ci costringe a immaginare per ciascuno un soggetto grammaticale e un agente di azione.

5 A. Blonstein, worked on screen, Poetry Salzburg, Salzburg, 2005, p. 22. Questa raccol- ta contiene 108 poesie che prendono il via dai titoli di altrettanti quadri di Paul Klee. Si veda a riguardo C. Lock “Foreword, or Reading Against”, che introduce le poesie. 6 Vedi A. Blonstein e M. Camboni, “A Dialogue...”, cit.

Gli stessi pronomi, nelle sue poesie, spesso forzano le norme di- scorsive codificate, sì che Émile Benveniste con fatica avrebbe po- tuto inserirli nella sua preziosa analisi della funzione e senso delle forme pronominali7. “You” e “I” si comportano come pronomi di terza persona, come nomi o ancora più precisamente, come veri e propri personaggi, nei versi qui sotto riportati:

“you samples unexpected wines” “you smells a hesitation”

“i curls onto the immediate”,

facenti parte delle prime due sequenze di poesie della raccolta tutto- ra inedita the read of two mouths8. La prima sequenza, “a syndrome of dreams”, è anche parziale riscrittura del Cantico dei Cantici. Qui Blonstein tenta di districare le diverse voci parlanti nel testo biblico e nel contempo evidenziare la relazione sia di intimità sia di alterità che può sussistere fra “io” e “tu”, come fra “io” e “io”.