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Gli anni Venti: “decorazioni d’ambiente” e progetti di design

Gli esponenti del movimento d’avanguardia marinettiano che aspirano con forza alla “ricostruzione futurista” dell’universo – come riporta il titolo di un manifesto firmato da Balla e Depero del 1915 – esperiscono questa volontà alle diverse scale, dagli allestimenti ambientali ai progetti di più ampio respiro.

Uno dei primi e rilevanti esempi di “decorazione d’ambiente” in Italia è il Bal tic-tac realizzato da Giacomo Balla nel 1921 a Roma, preceduto dalla Casa Lowenstein a Düsseldorf nel 1912 e dalla Casa Balla realizzata a partire dal 1914, e quasi contemporaneo al Cabaret del Diavolo di Fortunato Depero, inaugurato nel 1922 all’Hotel Elite et des Etrangers a Roma90.

Come i suoi colleghi futuristi, anche Enrico Prampolini sin dal 1917 si cimenta in progetti di allestimenti di aerei e automobili dalla forte valenza pittorica e, sul modello di quanto fatto da Balla nella sua abitazione, allestisce il suo studio progettando tre vetrate e tutto l’arredo91.

Al 1918 risalgono i primi progetti e realizzazioni di lampade, tavoli, sedie, scaffali in legno con cuscini e tappeti, di cui oggi rimangono solo alcune testimonianze fotografiche, grazie alle quali possiamo notare una certa ascendenza costruttivista dal punto di vista formale, mitigata dall’eccentricità futurista prampoliniana. Con tutta probabilità questi arredi sono realizzati per la Casa d’Arte Italiana fondata con Mario Recchi nel 1919, come possiamo ipotizzare leggendo la descrizione dell’allestimento fatta dal fratello di Prampolini, Vittorio Orazi: «Il locale era stato arredato completamente da Prampolini con mobilio, tappeti, lampade, scansie, paraventi, cuscini e

90 M. Fochessati, P. Millefiore, La città nuova in E. Crispolti, F. Sborgi, Futurismo. I grandi temi 1909-1944, cit., p. 46.

91 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 128, S VII, B8, c5, Elenco delle realizzazioni di Prampolini redatto da Alessandro Prampolini.

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ceramiche di suo disegno, intonati - ma liberamente - alla precettistica futurista. La decorazione dell'ambiente si presentava abbastanza omogenea; alle pareti spiccavano quadri e bozzetti teatrali dello stesso artista»92.

Anche l’allestimento della nuova sede della Casa d’Arte è curato sempre da Prampolini, come ci racconta nella sua concisa descrizione Cipriano Efisio Oppo: «sapevamo di dover attraversare la sala da tè, rumorosa, scintillante, risonante allegrissima, per arrivare sino in fondo, ove cominciava una scaletta la quale scendeva per muri decorati a scacchi neri del gran gusto avanguardista di Prampolini […] In una parete di fondo e largo quanto tutta la sala s'apriva un boccascena per conferenze, concerti, rappresentazioni d'avanguardia ecc»93.

I primi esempi di allestimenti di ambienti pubblici realizzati da Prampolini, dei quali non abbiamo documentazione iconografica, ma solo poche tracce scritte, sono quelli per il Restaurant Macacek di Praga nel 1921 e le sale del Moderne Theater-Ausstellung di Vienna nel 192494.

Se negli anni Venti l’artista modenese è più vicino al tipo di ambientazione futurista alla Balla e Depero, più congeniale a una committenza privata, nelle grandi esposizioni degli anni Trenta vira il suo futurismo verso una certa chiarezza espositiva più razionalista, forse ritenuta più adatta alla committenza pubblica e alla sua maggiore necessità di capacità comunicativa.

Dopo il 1925, quando si trasferisce a Parigi, la sua attività pittorica si dirada a causa dell’impegno in decorazioni di abitazioni alto-borghesi, tra le quali si ricordano l’appartamento dei Manheimer e la sistemazione della villa di Madame Boas, seguite dalla committenza per la decorazione del soffitto della Casa del Fascio di Parigi nel 1929.

Benché molto impegnato all’estero, Prampolini trova anche il tempo per dedicarsi al dibattito architettonico italiano. Nel 1925 rilascia al settimanale “Il Regno” un’intervista nella quale elogia i meriti dell’architettura futurista di Sant’Elia e Virgilio Marchi, confrontandola con quello che accade in Europa, dichiarando:

«Il merito dell'architettura futurista, iniziata da Sant'Elia, è quello di aver compreso per la prima volta quello che è lo spirito dell’architettura in rapporto alla vita. Egli ha cercato di compenetrare, in sostanza, l'anima delle grandi metropoli con le necessità architettoniche. […] Guidata dalla concezione del dinamismo plastico futurista enunziato dal grande Umberto Boccioni […] la nostra architettura si distanzia da quelle espressioniste e costruttiviste straniere, che si preoccupano essenzialmente delle necessità materiali della vita contemporanea. Quindi povertà di creazione. Mentre in Italia poco si è potuto in questo campo realizzare, all'estero è avvenuto il contrario. L'architettura lì è l'unica espressione dell'arte d'avanguardia contemporanea che ha avuto le maggiori possibilità di realizzazione. Vicino a Bruxelles, costruita dall'architetto Victor Bourgeios esiste già una via intitolata «Rue du cubisme», costruita interamente con case cubiche. Nel Belgio e nell'Olanda inoltre esistono anche dei villaggi e delle piccole città in stile quasi completamente costruttivista. Ad esempio la città di Leider [sic]. Il carattere di questa architettura è delle case in serie. L'architettura così non è

92 V.Orazi, Nella scia dell’avanguardia…, cit.

93 C.E. Oppo, Un'esposizione nell'Accademia Testa Mis Mima, in “L'Idea Nazionale”, 22 gennaio 1922.

94 A. Celesia, Prampolini e l’architettura, cit.; cfr. anche MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 128, S VII, B8, c 5, Elenco delle realizzazioni di Prampolini redatto da Alessandro Prampolini.

34 più l'espressione di un'individualità, ma è la concezione d'una collettività, una

concezione sociale politica: ogni individuo deve avere la sua casa, ma non differente dall'altra... Tra gli architetti più noti ricorderò il Blilage [Berlage], il Land [sic] e Theo van Doesburg. […] Ho potuto notare alla Biennale che il nuovo orientamento è quello che perseguo da tempo e di cui ho gettato le basi: la valorizzazione dell'influenza dell'architettura o dello spazio nella pittura»95.

Da quanto sopra riportato, se in parte Prampolini sembra contraddirsi, rinnegando l’architettura d’avanguardia europea, ma ad ogni modo citata come modello – forse un indizio del suo atteggiamento ondivago nel rapporto con il Futurismo italiano e con i movimenti europei –, nell’ultima frase emerge un approccio più artistico in relazione all’architettura, dove quest’ultima influenza la pittura e non viceversa. Il punto di vista di Prampolini è quello di un artista, inevitabilmente sbilanciato verso l’arte che l’architettura.

Architettura futurista e architettura fascista

Nel 1926 Prampolini, per far riemergere dall’oblio il movimento futurista nell’ambito del dibattito sull’arte e sull’architettura chiamata a rispecchiare i nuovi valori dell’Italia fascista, si fa promotore della prima Mostra nazionale di architettura moderna a Roma, della quale viene evidenziato l’importante patrocinio di «S.E. Mussolini» in persona.

Il proposito della mostra è nelle intenzioni del suo promotore – come spiega egli stesso in un articolo pubblicato su “L’Impero” – quello «di RIVELARE con saggi ed opere, lo STILE ARCHITETTONICO DELLA NUOVA ITALIA»96. Dopo un prologo nel quale si celebrano insieme il Futurismo e il Fascismo, accomunati dall’essere entrambi movimenti di rinnovamento, Prampolini si lancia in una feroce critica degli stili architettonici del passato (dal Barocco in poi), accusati di plagio e scarsa inventiva. L’articolo si chiude con un appello: «Artisti italiani; quest'esposizione è un invito alla RIVOLUZIONE e alla CREAZIONE ad un tempo. Si tratta di abbattere i falsi-idoli dell'affarismo architettonico, i cosiddetti architetti ufficiali, con i loro «paraventi quattrinai» CREANDO le audaci e originalissime architetture degne di innalzarsi arditamente nello spazio dinamico della nuova vita italiana. Di far vivere e sopravvivere con il linguaggio architettonico dei nuovi materiali da costruzione, la passione la grandezza spirituale e sociale della nuova Italia imperiale fascista»97.

Se da un lato il “collateralismo” del Futurismo al regime fascista sin dalla fine degli anni Dieci era stato rinsaldato dalla comune visione d’intenti, soprattutto grazie al rapporto personale fra Marinetti e Mussolini – dal quale ciascuno dei due traeva vantaggio –, successivamente questo legame viene ridimensionato e mutato in una posizione meno esposta per entrambi e, nonostante i suoi proclami, la mostra organizzata da Prampolini sembra risentire di questo allontanamento.

Alla fine infatti l’esposizione non ha luogo a Roma come programmato nel 1926, bensì a Torino nel 1928 in occasione dell’Esposizione Internazionale per la celebrazione del decennale dalla vittoria

95 For., Enrico Prampolini parla..., cit.

96 E. Prampolini, Per la prima esposizione d’architettura Moderna Italiana sotto l’Alto Patronato di S.E.

Mussolini, in “L’Impero”, 4, n. 72, 25 marzo 1926.

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presso il Parco del Valentino, ed è organizzata da Fillìa (alias Luigi Colombo) e Marinetti e coordinata da Sartoris e Saladin, dato che Prampolini trasferitosi a Parigi non era probabilmente più in grado di occuparsi dell’intera organizzazione. Il direttore tecnico dell’esposizione è un giovanissimo Giuseppe Pagano, che ha l’arduo compito di mediare i nuovi indirizzi stilistici con quelli più conservatori del presidente Chevalley98.

Oltre all’edificio delle Feste e della Moda, progettato proprio da Pagano e da Levi-Montalcini compaiono altri padiglioni tra cui quello delle Industrie Minerarie e Ceramiche, quello della Chimica, l’edificio delle comunità artigiane e quello futurista. Il progetto di quest’ultimo si deve a Prampolini, coadiuvato nella realizzazione da Fillìa e Pino Curtoni. L’interno del padiglione ospita la mostra di Architettura Moderna, ovvero la prima mostra di architettura futurista, alla quale partecipano Alberto Sartoris, Virgilio Marchi, Ivo Pannaggi, Mario Chiattone, Guido Fiorini, Ottorino Aloisio, Nicolaj Diulgheroff – con alcuni progetti del defunto Sant’Elia.

In un articolo di Fillìa relativo a questa manifestazione – dal quale tra l’altro si apprende che l’artista modenese era «impegnato da una grande realizzazione architettonica a Parigi» per cui sarebbe stato presente alla mostra solo con lavori teatrali «oltre al progetto e alle documentazioni di «Architettura Pubblicitaria» costruita a Torino» - Enrico Prampolini è definito «uno dei più geniali architetti futuristi»99: una dichiarazione che sembra non rispecchiare la realtà, dato che la sua produzione architettonica risulta in quegli anni piuttosto modesta.

Nel progetto di Prampolini per il padiglione futurista nell’esposizione del 1928 è evidente un debito verso le avanguardie europee contemporanee, a cominciare dall’espressionismo tedesco di Eric Mendelsohn, passando per lo stile post-cubista di Robert Mallet-Stevens, per arrivare a caratteri neoplastici nei volumi e nei dettagli delle vetrate.

Così l’edificio è descritto sulle pagine de ”La Città Futurista”: il padiglione «si compone di una costruzione a due piani, scala esterna, doppia torretta, altezza massima di metri 24. Pareti esterne colorate, combinazioni luminose, spazi riservate esclusivamente alla pubblicità […]. Attorno al Padiglione, dehors capace di 200 tavolini, con mobili ed oggetti decorativi futuristi». La cinta del dehors accoglie «cartelli lanciatori dipinti», per le ditte presenti all’interno del padiglione. Il piano terreno doveva ospitare un bar rivestito da tappezzerie futuriste, vetri lavorati e mobili costruiti appositamente per l’occasione. Al primo piano si svolgevano invece le mostre di architettura, scenografia, cinematografia e «cartello lanciatore». Nella sezione riservata alla mostra d’architettura sono presentati «progetti definitivi» di case, ville, fabbriche, abitazioni popolari e stabilimenti vari100.

Elemento caratterizzante del padiglione è la torre rossa a sezione circolare che accoglie verticalmente le lettere formanti la parola “FUTURISMO” illuminate al neon: non una mera decorazione, ma un elemento architettonico vero e proprio, costituente una piccola torretta pubblicitaria .

98 A. Saggio, L’opera di Giuseppe Pagano tra politica e architettura, Dedalo, Bari, 1984, p. 30.

99 Fillìa, Architettura futurista. Prima mostra, in “Il Nazionale”, 20 ottobre 1928, anche in E. Crispolti, Secondo

Futurismo, cit., p. 280.

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Nonostante – o forse proprio per – il suo respiro internazionale, l’opera di Prampolini non sembra avere grande successo in Italia. A mostra terminata, Plinio Marconi la liquida così: «Il padiglione futurista pecca di incompetente ed artificiosa eccessività»101.