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Idee per Roma: progetti per l’E42 e progetti inedit

Prampolini e l’Esposizione Universale Romana

La volontà di Mussolini di edificare una “nuova Roma” porta, oltre all’isolamento dei monumenti archeologici, ad operare una serie di pesanti sventramenti del tessuto urbano, ritenuti necessari per lo sviluppo del traffico veicolare idoneo per quella che doveva divenire una grande metropoli. Il 28 ottobre 1932 viene così inaugurata via dell’Impero, grande arteria di collegamento fra l’Altare della Patria e il Colosseo, collegamento anche simbolico della Roma antica con quella moderna. Inoltre

172 Ibid.

173 Edilizia della Roma imperiale fascista. La risposta di M. Piacentini a Prampolini, in “L’Impero”, 14-15 gennaio 1926; Edilizia della Roma imperiale fascista. La risposta di R. Papini, in “L’Impero”, 19-20 gennaio 1926; F.T. Marinetti, Edilizia della Roma imperiale fascista, in “L’Impero”, 26-27 gennaio 1926; Volt, Risposta all’inchiesta

edilizia, in “L’Impero”, 28-29 gennaio 1926; F. Depero, Una lettera di Depero, in “L’Impero”, 30-31 gennaio 1926.

174 E. Prampolini, Edilizia della Roma imperiale fascista (Inchiesta), in “L’Impero”, 4, n.27, 31 gennaio-1 febbraio 1926.

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Mussolini voleva che Roma si sviluppasse verso il mare, verso Ostia, per cui viene progettata anche la cosiddetta Via del Mare. Ma ulteriori cambiamenti erano in vista, soprattutto dopo le conquiste coloniali e la trasformazione del regime in Impero176.

Occasione di rilevanza internazionale per mostrare a tutto il mondo la grandezza della Roma fascista è la proposta di un progetto di massima per un’Esposizione Universale a Roma, che Giuseppe Bottai, con l’aiuto di Federico Pinna Berchet presenta al Duce, nella primavera del 1935. L’idea incontra il favore di Mussolini e così Roma si prepara ad ospitare l’Esposizione nel 1941, slittata poi al 1942 per farla coincidere con il ventennale della rivoluzione fascista e il cui tema sarà quello delle “Olimpiadi della Civiltà - ieri, oggi, domani”177

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Per la realizzazione dell’Esposizione Universale del 1942 vengono eretti edifici monumentali permanenti, futuro nucleo della Roma fascista “aperta al mare”178, un vero e proprio quartiere modello. L’opinione pubblica sembra entusiasta del progetto e Pier Maria Bardi, in un articolo sul “Meridiano di Roma”, invita tutti gli italiani a contribuire ad «inventare» l’esposizione: all’appello rispondono Anton Giulio Bragaglia, Guido Modiano ed Enrico Prampolini per il quale l’esposizione universale doveva chiaramente essere «Futurista […] aerea, marittima e ardentemente spirituale.»179. Prampolini ricorda come nel I Congresso Futurista di Milano aveva presentato «uno schema-progetto di Roma areopoli futurista. Idea avvenirista, nella sua sintesi come nei dettagli, che immaginava una Roma costruita centinaia di metri d'altezza, dove il vecchio mondo ruderomane, fosse guardato ben dall'alto attraverso giganteschi telescopi indagatori»180.

Al momento della pubblicazione dell’articolo il tema dell’esposizione romana era ancora da scegliere, e Prampolini propone i caratteri tipici del futurismo: «Attivismo: cioè nazionalismo, futurismo, fascismo» auspicando la venuta di «tutte le forze creatrici della gioventù di ogni paese a Roma, non in un'atmosfera turistica, transitoria, esclusivamente spettacolistica, bensì in modo di realtà audaci ma concrete, di certezze e di continuità estetiche e sociali» e proponendo di «spostare il centro di attrazione dalle altre capitali verso Roma, con la fondazione di una nuova capitale tripartita: terrestre marittima ed aerea. La prima; centro delle avanguardie artistiche mondiali. La seconda; il più grande centro marittimo del Mediterraneo. La terza; il più grande centro aereo fra l'oriente e l'occidente»181.

Ben poco di tutto questo troveremo nell’E42. A dirigere il piano dell’esposizione vengono chiamati dal Duce Marcello Piacentini, Giuseppe Pagano, Luigi Piccinato, Luigi Vietti ed Ettore Rossi.

176 Su tale argomento cfr. E. Gentile, Fascismo di pietra, GLF editori Laterza, Bari 2010; V. Vannelli, op. cit.; P. Nicoloso, op. cit.

177

Su tale vasto argomento si rimanda a: P. Marconi, Il quartiere dell'E. 42 fulcro del piano regolatore di Roma

imperiale, Istituto di studi romani, Roma 1939; R. Mariani, E 42: un progetto per l'ordine nuovo, Edizioni di Comunità,

Milano 1987; T. Gregory, A. Tartaro, M. Calvesi, E. Guidoni, S. Lux (a c. di), E 42 utopia e scenario del regime, catalogo della mostra, Marsilio, Venezia 1992, 2 voll.

178 E. Gentile, op. cit., p. 164.

179 E. Prampolini, Idee per il ’41. Futurista, in “Meridiano di Roma”, III, 17 gennaio 1937, n. 3.

180 Non si conosce l’esistenza dei verbali del Primo Congresso Futurista, ma solo un numero di “Il Futurismo. Rivista sintetica illustrata”, 11 febbraio 1925, n. 11, dove sono elencati gli intervenuti al congresso con i relativi argomenti sostenuti. Si apprende che il contributo di Prampolini prevedeva: «L’influenza mondiale del Futurismo, Organizzazione del Futurismo, Il soggetto ha valore nella plastica, Scena dinamica e estetica della macchina», discussioni effettuate con Nannetti, Carrà e Dottori.

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L’esposizione doveva essere suddivisa in sette sezioni qualificate come “Città”: la Città Italiana, la Città delle Nazioni, la Città dell’arte, la Città della scienza, la Città dell’economia corporativa, Città dell’Africa italiana e la Città degli svaghi182. All’interno della Città dell’Arte erano previste diverse

mostre: una d’arte antica, una mostra sull’ottocento e sull’arte contemporanea, una di arti decorative antiche e contemporanee, una sull’architettura e l’urbanistica, una mostra sul teatro italiano, una sulla storia della musica e una su quella della cinematografia. I concorsi per i principali edifici, a carattere permanente, si erano svolti tra il giugno del 1937 e il marzo del 1939, e diversi lavori vengono assegnati direttamente senza concorso.

Prampolini non partecipa ai concorsi per gli edifici dell’esposizione, in quanto privo di qualifiche adeguate: tuttavia progetta un piano per la Città delle Avanguardie, del quale rimangono un modellino e dei disegni ora in collezioni private: proposta che non ha seguito, insieme alla possibilità, da parte del movimento futurista, di riuscire ad avere uno spazio espositivo riservato all’interno della Città dell’Arte183

.

Prampolini è ben cosciente della visibilità offerta da un’esposizione di tale portata, che gli avrebbe permesso di ottenere una nuova e prestigiosa occasione di mettersi alla prova come architetto. Negli anni Quaranta l’artista modenese, produce per l’esposizione omana circa 8 progetti di architetture definite “polimateriche”184

, che mostrano una sorprendente modernità, quasi anticipando i caratteri dell’opera di architetti come Eduardo Reidy o Oscar Niemeyer: un uovo-teatro che sta in precario equilibrio su una pensilina sospesa incurvata; due blocchi parallelepipedi attraversati da una curva parabolica che funge da accesso; o ancora un edificio ricavato dalla sagoma di una sciabola: un arditismo del genere non poteva rispecchiare le richieste dell’Ente Autonomo Esposizione Universale, che non disdegnava i classici “archi e colonne”.

Prampolini riesce a prendere parte alla grande impresa artistica dell’E42, non come architetto, ma come artista: viene infatti chiamato a eseguire il mosaico esterno per l’edificio del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, di cui si parlerà meglio più avanti.

I progetti alberghieri per il litorale e il centro di Roma

Probabilmente sempre legati all’esposizione romana del 1942 potrebbero essere anche i progetti inediti le cui tracce sono state rinvenute presso l’Archivio Prampolini: una relazione per il Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castelfusano (1938) e due relazioni descrittive di progetti di alberghi per il centro di Roma.

182 E. Guidoni, L’E42, città della rappresentazione, in M. Calvesi, E. Guidoni, S. Lux (a c. di), E 42: utopia e

scenario del regime. Urbanistica architettura arte e decorazione, vo. II, catalogo della mostra, Marsilio, Venezia 1992,

p. 45.

183 Si apprende di colloqui tra Marinetti, Prampolini e Cini per riuscire a stanziare finanziamenti e spazi espositivi all’interno dell’Esposizione Universale per una Mostra d’avanguardia, ma senza ottenere risposte affermative certe. Si veda E. Garroni, P. Montani, L’Esposizione Universale del 1942 e la «Città dell’Arte», in T. Gregory, A. Tartaro (a c. di), E 42: utopia e scenario del regime. Ideologia e programma per l’«Olimpiade delle civiltà», vol. I, catalogo della mostra, Marsilio, Venezia 1992, p. 36 e ivi: scheda M. Tosti-Croce, Mostra d’Avanguardia, p. 118.

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Gli architetti Francesco Moschini e Stefano Cassio, nel 1992, hanno coordinato diversi allievi del Dipartimento di Architettura d’Interni dell’Istituto Europeo di Design di Roma, per realizzare dei modellini tratti da disegni architettonici di Prampolini (tra i quali quelli di alcune architetture polimateriche), in occasione della mostra Prampolini

dal Futurismo all’Informale. Si veda F. Moschini, S. Cassio, Allontanarsi dalla “storia”. La rielaborazione dei modelli spaziali prampoliniani, in E. Crispolti, R. Siligato (a c. di), Prampolini dal Futurismo…, cit., pp. 460-462.

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L’area prescelta per l’esposizione era quella delle Tre Fontane, zona strategica per l’apertura sia verso il mare sia verso il centro, tramite il collegamento diretto della via Imperiale. Questa arteria oltrepassato l’ingresso dell’esposizione e attraversata la Piazza Monumentale e dei Musei, al di là del lago, si dirigeva in rettifilo fino al mare arrivando a Castel Fusano. Questa zona era già negli interessi del Governatorato di Roma, il quale prima, ancora che venisse decisa l’area dell’esposizione aveva elaborato un Piano Regolatore per Castel Fusano, dopo l’acquisizione dei terreni di proprietà del principe Chigi.

A redigere il piano, tra 1932 e 1933, viene chiamato l’architetto Concezio Petrucci (1902-1946), grazie probabilmente all’esperienza già maturata in questo ambito con i piani regolatori della Marina di Pisa, di Cagliari e Bari. La scelta di Petrucci virtualmente segna un riconoscimento alla scuola giovannoniana per quanto riguarda le scelte progettuali impostate per Roma – tanto più che la commissione per il piano regolatore risulta composta da Giovannoni stesso, Portaluppi, da De Simone, Salatino e Pavari185 – e, ancor prima dell’approvazione definitiva del piano, il progetto viene pubblicato sulla rivista “Architettura”, organo del Sindacato Architetti.

I terreni di Castel Fusano erano costituiti da una immensa pineta a diretto contatto con la spiaggia, fascia litoranea in cui si doveva inserire una sorta di cittadella lineare: Petrucci prevede la realizzazione di un ampio insediamento residenziale, con costruzioni di tipo intensivo con ville, villini e cottages, ma nello stesso tempo dispone anche che il parco venga posto sotto tutela, attraverso il censimento delle piante e la programmazione di nuovi piantumazioni. La zona edificata litoranea, secondo le volontà di Mussolini stesso, doveva limitarsi all’area tra le alte dune coperte di macchia mediterranea e il mare, delimitata dal Canale dello stagno e dal confine con la tenuta di Castel Porziano186. Oltre a ville e villini, alternate da zone verdi, era prevista una zona per gli alberghi, non lontano dal lungo viale litoraneo: un centro alberghi con pianta a pettine e ampie terrazze, ristoranti, caffè e un piano terreno con pilotis per avere libera la vista sul mare187 – un’idea che, tra l’altro, riprende un progetto della fine dell’Ottocento188

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Nell’articolo su “Architettura” così viene descritto da Paniconi il progetto di Petrucci: «Ai grandi alberghi a mare è consentita l’ubicazione verso il mare dal Viale Litoraneo. Queste costruzioni pur avendo carattere unitario, saranno costituite da nuclei distanziati tra loro così che, pur consentendo necessari collegamenti longitudinali, siano costruiti in modo da non ostacolare completamente la visione del mare dal Viale litoraneo. I caffè e i ristoranti nei pressi degli alberghi potranno allinearsi sui confini stradali e delle piazze progettate. Essi, affacciandosi sul Parco, avranno nel retro ampi giardini dai quali potrà godersi lo spettacolo della pineta prospiciente. Nei lotti adiacenti potranno installarsi i circoli sportivi coi campi di tennis, palla canestro, salti, ecc. ad uso bagnanti»189. Si era inoltre preventivato, tra la pineta litoranea arricchita da nuove piantagioni di pini e lecci, e quella propriamente di Castel Fusano, caratterizzata da una macchia rada e bassa, la costruzione di un Country-club, con campi sportivi vari e all’interno del parco la realizzazione (con l’assoluta

185 M. Paniconi, Piano regolatore di Castel Fusano. Arch. Concezio Petrucci, in “Architettura”, XII, settembre 1933, n. 9, p. 588.

186 Ivi, p. 592. 187 Ivi, p. 590.

188 A. Muñoz, Il Parco di Castel Fusano, in "Capitolium", 9, giugno 1933, n.6, p. 278. 189 M. Paniconi, Piano regolatore…, cit., p. 592.

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esclusione di costruzioni ad uso abitazione) di alcuni fabbricati ad uso caffè, ristoranti, dancing senza tuttavia inficiare l’integrità del luogo190

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L’Esposizione Universale, collegata alla zona di Castel Fusano, avrebbe portato, nelle aspettative del regime, anche sul litorale un’enorme massa di visitatori: alla fine del 1938 sulle riviste si legge infatti che «il Governatorato, in accordo coi Dicasteri competenti, ha già da molto tempo in esecuzione un vasto programma per la costruzione in Roma di numerosi nuovi Alberghi e per una migliore attrezzatura degli attuali»191.

Con tutta probabilità, gli alberghi previsti nel progetto di Petrucci non sono ancora stati realizzati alla data del 1938-39 e Prampolini, che tra l’altro aveva già collaborato nel 1935 con l’architetto pugliese ad Aprilia nell’allestimento della Sala di rappresentanza del palazzo podestarile, propone il suo progetto di centro alberghiero. Egli sostiene tra l’altro, evidentemente per accreditare il progetto, di averlo già presentato a New York, in occasione dell’Esposizione Universale del 1939: purtroppo le ricerche condotte sui disegni e sui documenti d’archivio, anche presso la New York Public Library che detiene tutti i materiali dell’esposizione, non hanno però dato alcun esito positivo.

Nell’aprire la relazione del progetto per il «Centro per alberghi stagionali (estivo balneare) in riva al mare di Roma, a 20 km dal centro della città a Sud del Lido di Roma e a Nord della pineta di Castel Fusano»192 (dunque il sito coincide con tutta probabilità alla zona prevista dal piano regolatore del 1933), Prampolini descrive lo stile con il quale intende realizzare gli alberghi: «Tanto la pianta come il prospetto inaugurano un nuovo ordine architettonico tecnico-estatico (aerodinamico). L'Architettura di queste costruzioni legate fra di loro, ma indipendenti, hanno uno stile inconfondibile – quello di Prampolini – ispirato ai concetti artistici e scientifici dell'aerodinamica e della bioplastica. È il riassunto delle sue esperienze di artista e architetto, che trovano una ragione vitale, nella funzionalità architettonica di questa pianta e dell'alzata (prospetto)». Egli continua poi descrivendo la conformazione planimetrica: «La pianta curvilinea a segmento d'elissoide, è composto di un padiglione centrale destinato ai servizi in comune anche per gli estranei all'albergo. Caffè, restaurant, galleria, sale di ricevimento e da ballo. Le costruzioni laterali, a destra e a sinistra sono destinati l'uno ad albergo di lusso, l'altro ad albergo extra-lusso. La sua struttura curvilinea a segmento d’elissoide, punta nella sua parte esterna sud verso il mare e il sole, mentre nella parte interna – raccolta – verso la pineta è l'ombra. Infatti ogni camera-ambiente è composta di un solarium, una camera da letto nel centro, e a nord verso l'ombra del soggiorno».

Così come previsto dal piano regolatore, Prampolini prevede poi delle «costruzioni-satelliti che sono raccolte nel vasto parco, oasi di riposo e di svago».

Due sono quindi gli alberghi: uno di lusso, dotato di 400 camere con servizi, solarium e soggiorno e l’altro extra-lusso, dotato di 100 camere con tutti i comfort con in aggiunta 50 appartamentini. Prampolini descrive successivamente il prospetto, in modo schematico, caratterizzato da una «fisionomia aerodinamica» dove il «sentimento del movimento, […] sia nelle linee andamentali [che] nelle mosse architettoniche, come nell'impiego dei volumi» vuole «sostituire alla rigidità

190

Ivi, p. 591.

191 G. Minnucci, L’Esposizione Universale di Roma 1942. Il piano regolatore, “Architettura”, XVII, dicembre 1938, n. 12, p. 733.

192 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 052, S VII, B 7, c 3, Piano urbanistico del Centro Alberghiero di Castelfusano. Lido di Roma, 1938.

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dell'architettura razionale (che porta fatalmente alla caserma, alla fabbrica e alla prigione) uno stile del movimento, non disgiunto dalle esclusive necessità funzionali, quindi alle caratteristiche del soggiorno-Albergo».

Il complesso risulta formato da un «Padiglione centrale che getta a destra un'ardita pensilina verso il mare sopra una piscina e a sinistra lo stesso elemento strutturale-portante s’innalza arditamente verso il cielo portando con se una serie di terrazze destinate a caffè e restaurant all'aperto» e in alto, sottolinea l’aggiunta di antenne radio. Il padiglione a sinistra era riservato per l’albergo di lusso, mentre quello a destra per quello extra-lusso. Come anche gli alberghi pensati col piano regolatore, le costruzioni di Prampolini s’innalzano da terra su pilotis per permettere la visuale della pineta da un lato e dall'altra il mare. Prampolini chiude poi la relazione dicendo che «delle monumentali strutture in cemento armato e metallo – come telai – sostengono le terrazze coperte e chiudono a destra e sinistra l'intera costruzione».

La descrizione di Prampolini presenta un’evidente analogia con il progetto di Petrucci pubblicato su "Architettura"; possiamo ipotizzare che l'artista modenese avesse forse collaborato alla stesura del progetto, tanto da sentirsi autorizzato a descrivere come sua l'idea nel documento citato.

L’altro progetto a cui Prampolini si dedica con speranza di attuazione reale è costituito da due alberghi per il centro di Roma, sempre negli anni 1938-39.

È probabilmente ancora una volta il previsto grande afflusso a Roma per l’E42 – un problema da risolvere in fatto di strutture ricettive che lo Stato e l’Ente Autonomo Esposizione Universale sanno di dover affrontare193 – a dar l’avvio al progetto.

Un articolo dell’ingegnere Dagoberto Ortensi apparso su “Meridiano di Roma”, nel 1937, in base ai confronti effettuati per le esposizioni universali passate e quella in corso parigina, l’autore constata l’insufficiente capacità alberghiera di Roma, adatta solo alle circostanze eccezionali di carattere nazionale194. Secondo Ortensi, alla data del 1937, Roma disporrebbe di 82 alberghi di varie categorie, per un numero complessivo di 6.600 camere e circa 9.900 letti e di 110 pensioni ed alberghi minori per un complessivo di 2.170 camere e di 3.269 letti. Una soluzione al problema poteva consistere in un potenziamento delle strutture già esistenti per sopperire a quello che Ortensi definisce «turismo isolato».

Dall’articolo si apprende inoltre che la Sezione Autonoma per l’Esercizio del Credito alberghiero e turistico avrebbe concesso «mutui a favore di chi, dotato delle necessarie capacità finanziarie e aziendali, intenda costruire o arredare, ampliare e migliorare alberghi, stabilimenti idrotermali e balneari, locali e impianti che costituiscono coefficienti per l’incremento turistico». Per gli italiani, oltre all’ospitalità privata, si pensa ad «alberghi di massa», mentre per gli stranieri, «è da proporsi […] la costruzione di due grandi alberghi di lusso di 400 letti ciascuno, altri 4 alberghi di 1° e 2° ordine per un totale di 1.500 letti. Quest’attrezzatura sarà sufficiente a risolvere il problema di quello che abbiamo voluto chiamare «turismo isolato». Per la costruzione di nuovi alberghi in Roma, bisogna procedere con una certa prudenza. Si deve tener conto delle probabilità future di un nuovo albergo in rapporto alla sua esistenza, anche ad Esposizione finita e considerando chiuso il ciclo eccezionale delle manifestazioni normali della vita di Roma, per quanto i riflessi dell’Esposizione Universale saranno sensibili nel tempo, bisognerà vedere se questi nuovi alberghi

193 O. Bonomi, Il problema dell’ospitalità nella primavera dell’anno XX, in “L’Illustrazione Italiana”, LXV, 18 dicembre 1938, n. 51.

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troverebbero nel seguito un numero di ospiti sufficiente a garantirne la esistenza attiva. […] Va considerata, invece, come pienamente attuabile la proposta per la costruzione di due grandi alberghi di lusso che facciano degna corona alle grandiose costruzioni della Esposizione Universale»195.

Un altro articolo sulla questione della ricettività per l’E42 esce anche su “Edilizia Moderna” nel giugno del 1938, firmato da Cesare Pinchetti, Presidente della Federazione Nazionale Fascista Alberghi e Turismo, il quale manifesta la necessità di costruire alberghi, rimodernare e dotare di attrezzature consone quelli esistenti, attraverso un piano finanziario organico196. Nell’articolo si apprende, tra le altre cose, della disponibilità del governo ad accogliere progetti da parte di privati che dovevano «essere presentati alla Direzione Generale per il Turismo presso il Ministero della Cultura Popolare che approvandoli o meno seguirà un criterio organico in relazione alle esigenze delle varie località tenuto conto dei flussi turistici esistenti e che si presume possano essere sviluppati in futuro»: per gli architetti italiani si apre quindi un vasto campo d’intervento da poter condurre attraverso anche la collaborazione di «tecnici alberghieri competenti che nell’esaminare i loro progetti potranno dare consigli e fare proposte che diano alla loro opera quella perfezione tecnica nella disposizione dei servizi che è richiesta dalle necessità funzionali dell’albergo moderno».

Contemporaneo all’articolo di “Edilizia Moderna”, è il numero speciale di “Casabella” dedicato agli alberghi, curato da Giuseppe Pagano, avente lo scopo di fornire una guida agli architetti italiani attraverso l’illustrazione di diversi esempi: alberghi di Gio Ponti e Guglielmo Ulrich, pensati per un lido del Tirreno e per il lido Adriatico; dei BBPR con alberghi per Pila in Valle d’Aosta; di Carlo Daneri per un albergo a Genova; il Grand Hotel Gooiland a Hilversum di Bijvoet; il Palasthotel a