3. SINERGIE TRA ARTE E ARCHITETTURA: IL CONTRIBUTO DI PRAMPOLIN
3.1 LA LEGGE PER L’ARTE NEGLI EDIFICI PUBBLIC
3.2.1 La rivista “Noi” e la Casa d’Arte Italiana
Enrico Prampolini non si sottrae certo al dibattito che si innesca sulle riviste sull’approvazione della “legge del 2%” e, intervenendo con un suo articolo pubblicato nell’aprile del 1942 sulla rivista “Mediterraneo futurista”, di cui si dirà meglio in seguito, si autoproclama «primo promotore» di tale provvedimento113. Una dichiarazione apparentemente pretestuosa, dato che, il suo nome non era mai apparso ufficialmente nel corso del processo che porta alla definizione del provvedimento legislativo; ma che, se riletta alla luce dell’attento esame di tutta l’attività teorica e artistica di Prampolini, dagli anni Venti ai primi Quaranta, non pare più di tanto inconsistente.
Il legame tra Prampolini e i temi affrontati dal dibattito sulla legge ha origine con la fondazione da parte del vulcanico artista della rivista “Noi” e della Casa d’Arte Italiana, due entità in simbiosi tra loro, fondamentali strumenti per il raggiungimento dei suoi arditi obiettivi nella ricerca di quell’unità artistica, già propugnata dai futuristi dai primi anni Dieci e formalizzata con il manifesto Ricostruzione Futurista dell’Universo del 1915.
L’adesione al Futurismo è per Prampolini, come si è visto, solo l’inizio di una carriera che lo vede andare oltre il confine della mera avanguardia nazionale, per proiettarsi sulla scena internazionale nella continua ricerca di un proficuo scambio di vedute con i principali personaggi del mondo artistico e culturale114.
113 E. Prampolini, Le opere di arte figurativa negli edifici pubblici, in “Mediterraneo futurista”, V, aprile 1942, n. 12.
114 E. Prampolini, Relazione del pittore Enrico Prampolini sul contributo degli artisti italiani d’avanguardia
presentata al Congresso Internazionale artistico di Düsseldorf Maggio-Giugno 1922. Frammento, in “De Stijl”, V,
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A questo carattere fortemente idealistico, Prampolini unisce una spiccata capacità pratica e imprenditoriale: come abbiamo già avuto modo di vedere, dal 1916 diventa direttore della rivista “Avanscoperta” e dal 1917 al 1925 della rivista “Noi. Raccolta internazionale d’arte d’avanguardia”115
.
Con le sue iniziative, egli sembra quasi riuscire nell’intento di riunire non solo il movimento futurista, ma l’intera avanguardia sotto una sola testata: infatti nel sottotitolo della rivista “Noi” non compare la parola “futurista” o “futurismo”, ma l’aggettivo “d’avanguardia”116
. Inoltre è da notare come non compaia mai, a partire dal primo numero sino al 1920, alcun intervento dell’onnipresente Marinetti, mentre emergono contributi di artisti quali Janco, Tzara, Picasso, Cocteau, Strawinsky, Archipenko, Gris, e fra gli italiani Severini, De Chirico, Carrà, e molti altri ancora.
Solo con la seconda serie di “Noi”, dal 1923, Marinetti entra in gioco come finanziatore di Prampolini e grazie a questa posizione di forze lo induce a modificare il sottotitolo in “Rivista d’arte futurista”117. L’internazionalità e la collaborazione fra le arti rimarranno comunque due
aspetti peculiari del mensile.
Poco dopo la nascita di “Noi”, Prampolini, analogamente ai suoi colleghi futuristi Balla, Depero118
e in seguito Tato e Bragaglia, fonda una sua casa d’arte a Roma assieme al critico Mario Recchi nel 1919119, di cui abbiamo reso già in parte conto nella prima parte della ricerca.
Nel testo d’introduzione alle iniziative della Casa d’Arte Italiana del 1920, si evidenzia uno scopo sociale e spirituale dell’arte, non solo autoreferenziale tra i soli artisti, ma anche di coinvolgimento del pubblico. La questione di un’”arte collettiva” avanzata qui da Prampolini anticipa di almeno sette anni gli interventi di Bottai su “Critica Fascista”120
e di più di dieci anni quelli di Mario Sironi e degli aderenti al Manifesto della pittura murale (dicembre 1933), nel quale si auspicava l’incontro del rapporto tra arte e società.
Evidentemente Prampolini fa tesoro dei suoi contatti internazionali, perché com’è noto questa idea era già presente nelle teorizzazioni del 1918 di Theo van Doesburg, Mondrian e Vantangerloo nel loro primo manifesto del gruppo De Stijl121. Nella sua lucida visione, Prampolini capisce che ormai gli artisti si stavano allontanando dalla gente e viceversa:
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La rivista venne pubblicata sino al 1925, con interruzione tra 1920 e 1923. 116 M. Prampolini, Contributo al Convegno…, cit.
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Ibid.
118 Si veda E. Crispolti, M. Scudiero, Balla Depero. Ricostruzione futurista dell’Universo, catalogo della mostra (Modena), Fonte d'abisso, Milano 1989, p. 317; G. Belli (a c. di), La Casa del mago. Le Arti applicate nell'opera di
Fortunato Depero. 1920-1942, catalogo della mostra (Rovereto), Charta, Milano 1992; E. Crispolti (a c. di), Casa Balla e il Futurismo a Roma, catalogo della mostra, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 1989.
119 I prodromi della nascita della Casa d’Arte Italiana iniziano già nel 1918 con la Mostra d’Arte indipendente nella Galleria del quotidiano “Epoca”, in via del Tritone a Roma. Vedi V. Orazi, Nella scia dell’avanguardia…, cit. 120 G. Bottai, Resultanze dell’inchiesta fascista, in “Critica Fascista”, V, 15 febbraio 1927 e anche in A. Masi (a c. di), Giuseppe Bottai…, cit., p. 69: «L’ordinamento corporativo, organizzando gli artisti, come tutti gli altri produttori, in sindacati di categoria verrà certamente a convincere gli artisti che, forse, lasciati i pensionati, gli studi, le biblioteche e le accademie, la migliore ispirazione artistica si trova partecipando in pieno all’esistenza del popolo».
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De Stijl. Primo Manifesto, in U. Conrads, Manifesti e programmi per l’architettura del XX secolo, Vallecchi,
175 «L’arte ha la sua ragione unica di esistenza in quanto è espressione di
esigenze pluripersonali, ed è perciò che noi non stimiamo se non nocivo l’individualismo eccessivo che ha regnato ultimamente nelle arti ed insistiamo per un nuovo moderno collettivismo spirituale, credendo fermamente in un ritorno di simpatia verso forme collettive ed anonime – prima, fra tutte la decorazione con i suoi scambi fra artista e mestiere – forme, che furono ingiustamente trascurate. (…) Contrari ad ogni empirismo e ad ogni improvvisazione, gli artisti che si aggruppano intorno alla “Casa d’arte italiana” propugnano però la necessità di abbandonare la specializzazione ed il tecnicismo, per un riferimento alla totalità, ed alla generalità della cultura dello spirito e credono quindi necessario non porre confini arbitrari alle manifestazioni della giovane arte d’avanguardia da loro difesa. Pittura, scultura, arte decorativa, scenografia, teatro d’eccezione, danza, musica, letteratura, rientrano egualmente nel programma d’azione della “Casa d’arte italiana”»122.
Prampolini, che conosce bene i contenuti del manifesto Ricostruzione Futurista dell’Universo firmato da Fortunato Depero e Giacomo Balla123 del 1915, nel quale si mirava all’unità delle arti e a un’arte totale con perfetta corrispondenza tra arte e vita, pensa a delle esposizioni-concorso proprio nell’ambito della Casa d’Arte Italiana: un piccolo embrione di quelle che saranno le mostre di Plastica Murale futurista degli anni Trenta.
Le esposizioni-concorso servono «per dare incremento all’arte applicata all’industria fuori dall’orbita obbligata dei bandi ufficiali […] dedicati ai liberi artisti che riguardano l’arte decorativa come la proiezione dell’opera pura sull’ambiente utile»124
.
Tra l’elenco di sette proposte di esposizioni-concorso compare quella, particolarmente interessante, di «quadri educativi per aule scolastiche per asili e scuole elementari»125, quasi a prefigurare, già vent’anni prima, l’applicazione della “legge del 2%” negli edifici scolastici.
Sedici anni più tardi, Marcello Piacentini, nella sua relazione al Convegno Volta, affermerà: «Devolvano gli Stati tutte le somme che annualmente spendono per le trasformazioni, divenute sempre più complesse e costose, degli ambienti destinati alle Mostre e le somme degli ingenti premi, alle opere di alta decorazione murale negli edifici pubblici, fin nelle scuole elementari, nelle palestre, nei bagni. Se sulla parete di ogni aula scolastica, al posto del banale Crocifisso di cartapesta, comperato per poche lire dai mercanti di arredi sacri, si dipingesse a buon fresco una scena della Passione, ne guadagnerebbe l’austerità e la nobiltà dell’ambiente, e l’arte tornerebbe ad
122 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 032, opuscolo, Casa d’Arte Italiana, Società anonima poligrafica italiana, Roma 1920, pp. 3-4.
123 In realtà Enrico Prampolini aveva rivendicato l’apporto delle sue idee dopo la pubblicazione di tale manifesto tacciando di plagio Giacomo Balla dei sui scritti Scenografia futurista e Costruzione assoluta di moto-rumore come si era accennato precedentemente. Si veda G. Lista (a c. di), Enrico Prampolini…, cit., 1992, pp. 14, 36, 70-71. Ed anche E. Crispolti, Protagonisti della “Ricostruzione” futurista e Il nodo 1914-1915: Balla, Depero, Prampolini, in E. Crispolti, M. Scudiero, op. cit., pp. 12-13 e 25.
124 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 032, S VIII, B [3] XVI, FA, C9, 23, Programma della Casa d’Arte Italiana 1920-1921, p. 12.
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una sua propria funzione necessaria di vita. Alle scene religiose si dovrebbero alternare scene di vita attuale, civili, patriottiche. L’artista così ritornerebbe ad essere utile alla società»126
.
Le altre esposizioni-concorso prevedono «bozzetti e modelli per mobili, ceramiche, decorazioni, cartelli pubblicitari, ferri battuti, ecc»127.
L’interesse di Prampolini riguardo l’applicazione dell’arte all’architettura passa anche attraverso l’artigianato, come testimonia anche un appunto inedito emerso presso l’Archivio Prampolini intitolato L'artigianato e il contributo degli artisti della nuova Italia. Le prime frasi risultano sconnesse, scritte di getto, e quindi cancellate; poi l’artista prosegue: «In virtù della sapiente e vasta opera di organizzazione dei suoi elementi [parola illeggibile] vive di vita [parola illeggibile], ma ritengo che per aumentare la propria produzione e affinché questa possa varcare le soglie della bottega dell'artigiano e trovi diritto di ospitalità per entrare facilmente e trionfalmente nelle case o nelle costruzioni civili, e soprattutto al di là delle frontiere per conquistare il mercato internazionale ritengo che gli organici costitutivi dell'artigianato dovrebbero fare opera di una più intensa e proficua collaborazione»128.
Nel foglio a seguire Prampolini annota alcune parole accoppiate tra cui «ispettori regionali, collaborazione artisti […]»129. È probabile che questi appunti fossero stati concepiti negli anni di creazione della Casa d’Arte Italiana, con il fine di coinvolgere anche le istituzioni.
Con un certo piglio manageriale, la Casa d’Arte Italiana si propone come una sorta di ente assistenziale, quasi in sostituzione del sindacato – che era proprio in quegli anni in via di trasformazione – assumendosi l’onere dell’organizzazione di questi concorsi «mediante opportuni accordi con ditte ed istituti privati e pubblici […] per agevolare le ditte stesse nella scelta di modelli e bozzetti»130.
In un appunto dattiloscritto per la stesura del programma, Prampolini descrive l’importanza delle sue esposizioni-concorso: «L’esperienza ci insegna che una simile organizzazione, sviluppata su più larga base e sostenuta validamente dal capitale, può assumere un’importanza considerevole dal lato dell’incremento artistico e del risultato economico. [Assumono] significato ideale: esportando la nostra produzione artistica, essa si rimette in valore al pari di quella estera, si fa conoscere il valore dell’opera italiana, si stimola in patria il compratore, che vede l’opera italiana all’estero. Si contribuisce a valorizzare l’artista, a incoraggiarlo dal punto di vista morale ed economico. Si fa nascere nel pubblico la volontà di una più ampia cultura artistica, e gli si fa sentire la necessità spirituale dell’opera d’arte, la passione per questa; gli si dà una nuova coscienza»131
.
126 6. Convegno "Volta"…, cit., p. 97.
127 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 032, S VIII, B [2] XVII, CV, 12, Dattiloscritto Programma della “Casa d’Arte Italiana”, s.d; testo pubblicato anche in R. Siligato (a c. di), Prampolini…, cit., 1992, p. 37.
128
MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 046, FS, B8, manoscritto non datato di Prampolini intitolato L'artigianato
e il contributo degli artisti della nuova Italia.
129 Ibid. 130 Ibid.
131 MACRO, CRDAV, FEP, fascicolo 032, S VIII, B [2] XVII, CV, 12, Dattiloscritto Programma della “Casa d’Arte Italiana”, s.d e S VIII, B [2] XVII, C4/1, 2, Manoscritto La Casa d’Arte Italiana, s.d.; testo inoltre pubblicato in R. Siligato (a c. di), Prampolini…, cit., 1992, pp. 36-37.
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Sono parole che significativamente coincidono in gran parte con la politica culturale che adotterà Bottai tra gli anni Trenta e Quaranta: e non è da escludere, dati i rapporti noti tra i due, che le idee di Prampolini abbiano in qualche modo ispirato l’azione del gerarca fascista.
Purtroppo la Casa d’Arte Italiana ha vita breve, dato che chiude i battenti nel marzo del 1921132, e non disponiamo di una sufficiente documentazione sugli effettivi esiti dei concorsi promossi: tuttavia, le idee e le azioni che aveva innescato Prampolini non sarebbero rimaste lettera morta.