3. SINERGIE TRA ARTE E ARCHITETTURA: IL CONTRIBUTO DI PRAMPOLIN
3.1 LA LEGGE PER L’ARTE NEGLI EDIFICI PUBBLIC
3.1.3 La legge 839/1942 o “legge del 2%”
Gli anni Trenta in Italia si aprono con grandi speranze per lo sviluppo della cultura.
Grazie all’intervento di Giuseppe Bottai, si dà attuazione al riordino delle Soprintendenze, all’istituzione di un unico Consiglio nazionale dell’educazione della scienza e delle arti, alla creazione degli Istituti Centrali per la patologia del libro e quello del restauro, assieme alla riorganizzazione della Discoteca di Stato (1938-1939).
59 Schema di decreto per l’arte nelle opere pubbliche per l’ammontare minimo del 2%, in D. Guzzi, 2%
considerazioni in margine, cit., p. 178.
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Variante allo Schema di decreto per l’arte nelle opere pubbliche per l’ammontare minimo del 2%, in D. Guzzi, op. cit., p. 179.
61 ACS, Min. Cul. Pop, busta 13, fascicolo 175, “Corporazione delle professioni e delle arti”, Riunione del 25 giugno 1937-XV, paragrafo VI: “Spese per opere d’arte decorativa nelle costruzioni di edifici pubblici”.
62 BC, Spese per opere d’arte decorativa nella costruzione di edifici pubblici, circolare del Gabinetto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 2123.1.1.26, 6 dicembre 1938.
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M. Margozzi, L’arte negli edifici pubblici e la legge del due per cento, in V. Cazzato (a c. di), Istituzioni e
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Vengono emanate nel 1939 le leggi sui beni d’interesse storico-artistico e sulle bellezze naturali, nelle quali ci si preoccupa non solo della loro mera gestione e organizzazione, ma anche della promozione e della valorizzazione. Le manifestazioni espositive vengono implementate attraverso la promozione di mostre, fiere ed esposizioni temporanee. Le grandi istituzioni espositive come la Biennale veneziana e la Triennale milanese vengono potenziate e affiancate da un ulteriore ente di nuova creazione: la Quadriennale di Roma, dal 1931. Vengono istituiti premi annuali per gli artisti, tra cui quello di Bergamo e Cremona, mentre parallelamente viene creato un ufficio per l’arte contemporanea64.
Nonostante nel 1940 l’Italia entri in guerra, si portano avanti alcuni provvedimenti già precedentemente predisposti, come i preparativi per l’E42, la legge urbanistica – emanata nel 1942 – e la “legge del 2%”, anch’essa emanata nel 1942, in pieno conflitto mondiale.
L’attività meramente assistenziale, elargita tramite i premi d’incoraggiamento, i sussidi, gli acquisti dello Stato e delle amministrazioni locali alle mostre d’arte ed alle esposizioni, si rivela strumento non più sufficiente per sostenere gli artisti. Tra l’altro, Bottai, per riuscire ad entrare nei gangli del mercato dell’arte arriva anche a varare iniziative innovative, come un concorso con tre premi per altrettante gallerie che si fossero segnalate come più impegnate per la diffusione dell’arte moderna. Ma l’iniziativa gli attira numerose critiche e polemiche, per timore che con il denaro pubblico si sovvenzionassero dei mercanti di professione o collezionisti intenti ad arricchire le proprie raccolte65.
Queste azioni sono dettate anche dalla necessità di far fronte al mutamento dei rapporti tra artisti e pubblico66, come dimostravano i risultati delle molte Esposizioni67. La sempre maggiore scarsità di pubblico nelle piccole esposizioni, o in quelle di modesta risonanza mediatica, evidenzia il bisogno di educare le masse all’arte nuova, a cominciare dall’età scolare. Si accusa l’arte moderna e gli artisti di essersi allontanati dalla società, dalla vita: significativo a tale proposito è un articolo apparso sulla rivista “Le Arti Plastiche”, dal titolo Arte per lo Stato e per il Popolo, in cui si scrive:
«L’arte, ormai incapace di ogni funzione collettiva, ha perduto il suo ufficio. Ed al popolo è stato usurpato uno di più alti benefici umani. Ma non solo al popolo si è sottratta l’arte, ma anche allo Stato religioso o legislativo ed alle istituzioni collettive in genere – che hanno appunto una funzione sociale in quanto il popolo riassumono ed al popolo ritornano. Allo Stato non è stato così più permesso di valersi di uno dei più potenti mezzi di suggestione ed elevazione collettiva. […] [L’arte] ha perduto di autorità morale, non ha più corrisposto alla funzione di elevazione, educazione e formazione della coscienza. Peggio: caduta nelle mani nel ricco privato, è stata strumento di godimento e di svago. Oggi gli artisti per riprendere la loro funzione, non possono più chiedere aiuto né allo Sato né al popolo, entrambi traditi. […] Il
64
Vedi premessa e introduzione di V. Cazzato (a c. di), Istituzioni e politiche culturali…, cit. 65 S. Bignami, P. Rusconi, Le arti e il fascismo…, cit., p. 46.
66 Si vedano gli articoli de “Le Arti Plastiche” sull’indagine Arte per lo Stato e per il popolo, X, 16 aprile 1933, n. 7-8; 1 maggio 1933, n. 9; 15 giugno 1933, n. 12; 1 settembre 1933, n. 14; G. L. Luzzatto, Il pubblico e le arti
plastiche, in “Emporium”, XL, novembre 1934, n. 479.
67
E. N. Rogers, Problemi: arte e pubblico, in “Domus”, IX, ottobre 1936, n. 106, pp. 2-6; C. Corazza, Pubblico e
166 problema è interno, di classe, professionale. Gli artisti debbono rimettere
l’arte in grado di servire la società»68 .
Lo Stato è ben deciso a intervenire come principale committente, e si rivela in tal senso strategica la collaborazione tra artisti e architetti, attraverso il grande impulso edilizio e un ritorno all’arte in funzione collettiva.
Lo Stato, inquadrando gli artisti in un sistema sindacale e poi corporativo, li coinvolge di conseguenza nel sistema economico del paese – visti come produttori di beni necessari – investendoli non solo di un ruolo morale e sociale, ma anche politico, con funzione educativa e didattica, e di conseguenza propagandistica, «per tramandare l’interna idea di civiltà»69
.
Figura centrale nell’ambito di queste politiche è, come già detto, Giuseppe Bottai, il quale intende il mecenatismo come sistema diverso rispetto a quello storico: lo Stato è infatti cliente e non mecenate, e l’arte avvicinata alle masse per farne un’arte collettiva70
.
A tale scopo, diventa fondamentale l’approvazione della legge per l’arte negli edifici pubblici, che, Bottai dichiarerà essere «l’obiettivo più urgente della politica dell’arte»71
.
Si arriva quindi al disegno di legge definitivo, presentato l’8 aprile 1942 alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni col titolo Obbligo di destinare ad opere d’arte figurativa una quota del due per cento dell’importo della spesa per la costruzione degli edifici pubblici. In una delle ultime discussioni prima dell’approvazione, il 15 aprile 1942, il Ministro dei Lavori Pubblici Gorla riporta la superiore determinazione di Mussolini, secondo la quale il disegno di legge avrebbe dovuto intitolarsi Legge per l'arte negli edifici pubblici72, «titolo assai meglio rispondente allo spirito della legge stessa.»73.
Il 24 aprile il disegno di legge viene approvato con lievi modifiche74 e l’11 maggio 1942, la legge n.839, comunemente chiamata “del 2%”75
, diviene norma effettiva dello Stato fascista italiano, sottoscritta da Mussolini, Gorla, Vidussoni, Di Revel, Bottai, Pareschi, Host Venturi, Ricci e Pavolini.
La legge, composta da 3 articoli, include e sistematizza le disposizioni di tutte le circolari e tutte le proposte presentate dai vari soggetti coinvolti nel decennio precedente. Il perno della legge rimane la quota minima del 2% destinata ad opere d’arte figurativa, senza l’inclusione delle opere di decorazione generale. Rimane invece, alquanto aleatoria, la definizione delle modalità della scelta
68
Arte per lo Stato e per il popolo, in “Le Arti Plastiche”, X, 16 aprile 1933, n. 7-8.
69 M. Lazzari, Vent’anni di politica fascista dell’arte, in “Le Arti”, V, n. 4-5, aprile-luglio 1943, p. 196. 70 G. Ponti, Date da operare agli artisti, in “Domus”, gennaio 1940, n.145, p. 54.
71 G. Bottai, La legge sulle arti figurative, in “Le Arti”, IV, aprile-maggio 1942, n. 4, p. 244.
72 Archivio Camera dei Deputati (d’ora in poi ACD), Disegni e proposte di legge e incarti delle commissioni (1848-1943), Obbligo di destinare ad opere d'arte figurativa una quota del 2 per cento dell'importo della spesa per la
costruzione di edifici pubblici, Atto C. 1909 del 23 marzo 1942, volume 1416, 193-208 cc. (16 cc.); vedi inoltre fasc. n.
1878, Legislatura XXX, Sessione unica. Il testo è pubblicato anche in M. Margozzi, op. cit., in V. Cazzato (a c. di),
Istituzioni e politiche culturali…, cit., pp. 211-212.
73 M. Margozzi, op. cit., in V. Cazzato (a c. di), Istituzioni e politiche culturali…, cit., p. 213.
74 Testo della riunione pubblicato in M. Margozzi, op. cit., in V. Cazzato (a c. di), op. cit., pp. 213-214.
75 Pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, n. 183, 5 agosto 1942, Leggi e decreti, Legge 11 maggio 1942-XX, n 839, Legge per l'arte negli edifici pubblici, p. 3234.
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dell’artista, affidata all’Amministrazione su cui grava la spesa tra una rosa di nomi, iscritti al sindacato, proposta dalla Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti, oppure per concorso, caso in cui la commissione verrà nominata dall’Amministrazione e composta da rappresentanti dell'Amministrazione medesima, del Ministero dei lavori pubblici, del Ministero dell'educazione nazionale e della Confederazione fascista dei professionisti e degli artisti. Gli architetti progettisti vengono dunque esclusi dalla commissione che avrebbe dovuto scegliere le opere d’arte da includere nei loro edifici, decisione che desta non poche perplessità.76
Nel commentare questo provvedimento in un’intervista, Bottai dichiara che «scopo della legge non è di assicurare ai pubblici edifici un congruo apparato decorativo, ma di affermare il valore di pubblica utilità del lavoro artistico» e, inoltre, «lo Stato, invece di promulgare i canoni astratti d'un’arte ufficiale, proclama ufficiale o, meglio, riconosce legittima, sul proprio piano storico e sulla propria linea d'azione, l'arte, che si fa oggi in Italia degli artisti italiani»77 senza quindi escludere nessuna delle correnti artistiche contemporanee.
La legge, fortemente voluta da Bottai, è frutto di una collaborazione fra Ministero dell’Educazione Nazionale, Ministero dei Lavori Pubblici, Sindacato e Corporazione degli Artisti e78, a cui andava unita anche la partecipazione ai lavori di figure del calibro di Giulio Carlo Argan, Cesare Brandi e Roberto Longhi79.
Nonostante la norma sia da taluni ritenuta di natura assistenziale per gli artisti, da altri assistenziale per lo Stato che con l’aiuto degli artisti «[perfeziona] un determinato ordine di fatti, di natura politica»80, Bottai continua a negare una volontà dirigistica e propagandistica81, dato che «l’arte direttamente manovrata dal governo, come strumento di propaganda, non soltanto si esaurisce nell’illustrazione e nel documentario; ma, per questa sua stessa insufficienza espressiva, perde ogni efficacia propagandistica»82.
Certamente è innegabile che, al di là delle intenzioni degli estensori della legge, lo Stato fascista avrebbe senza dubbio beneficiato delle sue disposizioni sia nell’attirare il consenso degli artisti, sia nell’uso dell’arte come propaganda di regime.