• Non ci sono risultati.

Anthony Giddens affronta la questione delle pratiche sociali all’interno della sua più ampia e complessa proposta teorica di analisi sociale, la teoria della strutturazione, elaborata sin dalla metà degli anni ’70 [Giddens, 1976, 1979b] ed esposta in maniera compiuta ne La Costituzione della Società [1990]. La sua rifles-sione si svolge in continuo e aperto dialogo critico con le principali correnti della teoria sociale – il funzionalismo, le sociologie ermeneutiche e lo strutturalismo: il suo tentativo è quello di costruire una teoria generale della società che si nutre dei concetti più potenti di ognuna, e tenta al contempo di superarne i rispettivi limiti.

Giddens parte dalla constatazione che le scienze sociali sono abitate da dua-lismi: quelli che vedono contrapposti gli individui alla società, i significati alle strutture, i soggetti agli oggetti, il conscio all’inconscio, e così via. Questi duali-smi si coagulano da un lato in visioni strutturaliste e funzionaliste con tendenze naturaliste e oggettiviste, e in visioni interpretative e ermeneutiche con tendenze soggettiviste dall’altro. Queste posizioni mantengono fra di loro differenze al con-tempo epistemologiche e ontologiche e, a lungo andare, tendono a caratterizzarsi come dei veri e propri imperialismi – ognuno volto ad affermare come legittima la propria visione – alternativamente dell’oggetto o del soggetto. Per mettere fine a queste mire espansionistiche, Giddens sostiene che l’ambito di studi delle scienze sociali non siano né le azioni individuali, né le strutture sociali, ma «un insieme di pratiche sociali ordinate nello spazio e nel tempo» [Giddens, 1990, p. 4] e tale punto di partenza terzo comporta una rottura sia sul piano ontologico che su quello epistemologico rispetto alle spiegazioni basate su azioni e significati individuali o le strutture e vincoli sociali. L’idea che sta alla base della teoria della strutturazione è quella della natura essenzialmente ricorsiva della società, in cui le strutture e le istituzioni della vita sociale sono continuamente prodotte e riprodotte dall’attività degli attori, ed il nucleo centrale della sua argomentazione ruota attorno ai concetti di azione, struttura e sistema.

Giddens distingue innanzitutto fra azione (action) e agire (agency): se con azione egli intende l’atto singolo, ossia «il flusso di interventi causali, effettivi o previsti, di esseri umani in carne e ossa, nei processi in divenire degli eventi mondani» [Giddens, 1976, p. 81] con agency egli intende specificamente la capacità, da parte del soggetto, di compiere un’azione. Questa sua concezione, per certi

versi, si allontana dalle tesi secondo cui un agire, per essere definito tale, debba supporre una qualche forma di intenzionalità, ossia che per ogni atto l’autore «sappia o creda che avrà una certa qualità o un certo risultato, quando questa conoscenza è da lui utilizzata per conseguire tale qualità o risultato» [Giddens, 1990, p. 12]. Quindi l’intenzionalità si riferisce a ciò che l’attore intende, mentre l’agire si riferisce al fare: si ha agire se è dimostrabile che l’attore avrebbe potuto agire altrimenti. Di conseguenza, se una cosa accade poiché, volendo o meno, l’attore ha agito in un modo, e non sarebbe accaduta se l’attore avesse fatto in un altro modo, allora quell’atto rappresenta un agire, indipendentemente dal potere che l’attore esercita sulle conseguenze dell’azione. Le conseguenze non volute dell’azione (che richiamano, pur distanziandosene per quel che concerne i presupposti funzionali, quanto già detto al riguardo da Merton), sono uno dei presupposti della ricorsività della vita sociale poiché alcune conseguenze, proprio perché non più nella disponibilità dell’attore retroagiscono, possono essere a loro volta condizioni non riconosciute di altre azioni.

Giddens concepisce l’agire sociale non come una successione discreta di atti, ma in maniera processuale ed elabora un suo modello stratificato dell’azione [Giddens, 1979a, 1990]. La prima componente del modello è data dal monitorag-gio riflessivo dell’azione: gli attori sociali, di routine, tengono sott’occhio molte caratteristiche delle azioni degli altri agenti e del contesto, e suppongono che anche gli altri facciano altrettanto. La seconda caratteristica è la razionalizzazione dell’azione, in ragione della quale gli attori sociali sanno, in teoria, i motivi delle loro azioni e, su richiesta, sarebbero in grado di fornire le ragioni dell’azione, e si aspettano che anche gli altri saprebbero fare altrettanto. La terza caratteristica, infine, è la motivazione all’azione, ossia i bisogni, spesso sconosciuti agli attori, che hanno generato l’azione: questi sono i condizionamenti non riconosciuti dell’azione, ossia gli aspetti inconsci, da un lato, e le conseguenze non volute dell’azione, dall’altro. La differenza fra la razionalizzazione dell’azione e le sue motivazioni consiste nel fatto che gli attori sociali sono spesso in grado di spiegare il “come” delle loro azioni, meno, invece, di spiegare il “perché”.

Gli altri due concetti utilizzati da Giddens sono struttura e sistema. Funzio-nalismo e strutturalismo ne fanno ampio uso: il primo più in termini descrittivi del funzionamento della società, il secondo, invece, più in termini esplicativi. Entrambe le correnti, tuttavia, usano i due termini sostanzialmente come sinoni-mi, mentre per Giddens è più opportuno distinguerle analiticamente [Giddens, 1979a]. I sistemi sociali sono totalità sociali strutturate, «esistono nello spazio e nel tempo e sono costituiti da pratiche sociali» [Giddens, 1979a, p. 73]. La di-mensione spazio-temporale, che Giddens definisce sintagmatica [Giddens, 1990],

è propria dei sistemi sociali, in quanto è proprio il loro essere collocati nello spazio e nel tempo che permette la produzione e riproduzione di pratiche sociali localizzate.

Il concetto di struttura, invece, è più complesso di quello di sistema sociale. Giddens distingue fra proprietà strutturali, strutture e struttura. Le prime sono le caratteristiche istituzionalizzate dei sistemi sociali, mentre le strutture, al plurale, sono le matrici di trasformazione che sottendono alla riproduzione di detti siste-mi. La struttura, al singolare, è invece un insieme di regole e risorse, e «va riferita alle proprietà strutturanti che permettono di legare il tempo-spazio in un sistema sociale, che rendono possibile l’esistenza di pratiche sociali con una somiglianza riconoscibile lungo intervalli spazio-temporali di ampiezza variabile, e danno loro una forma sistemica» [Giddens, 1990, p. 19]. La struttura, a differenza dei sistemi sociali, non è collocata nello spazio e nel tempo, ma esiste solo virtual-mente, in maniera paradigmatica, nel momento in cui le proprietà strutturali si manifestano, sotto forma di tracce, nelle pratiche sociali regolarizzate.

Ciò che funzionalismo e strutturalismo, per Giddens, lasciano a livello implici-to, è la descrizione di come si formino le strutture, ed è ciò che egli cerca di fare attraverso due concetti: quello di dualità della struttura e quello di strutturazione. La dualità della struttura è il dispositivo attraverso cui egli rende conto della «essenziale ricorsività della vita sociale in quanto costituita da pratiche sociali: la struttura è al contempo medium ed esito della riproduzione delle strutture» [Giddens, 1979c, p. 5]. Più nello specifico, per dualità della struttura Giddens indica il fatto che «le proprietà strutturali dei sistemi sociali sono sia il mezzo che il risultato delle pratiche che costituiscono tali sistemi» [Giddens, 1979a, p. 69]. Per dualità della struttura, dunque, egli intende il fatto che agenti e strutture non appartengono a due domini distinti della vita sociale, non sono una contrap-posizione, un dualismo, ma una dualità, nel senso di due aspetti mutuamente costitutivi della vita sociale.

La teoria della strutturazione si pone l’obiettivo di rendere conto di tale dualità, in quanto si prefigge, nella sua essenza, di «determinare le condizioni che gover-nano la continuità e la dissoluzione delle strutture o tipi di struttura» [Giddens, 1976, p. 127]. Come detto, la struttura è intesa come insieme di regole risorse:

«studiare la strutturazione di un sistema sociale consiste nello studiare i modi attraverso cui il sistema, attraverso l’applicazione di regole genera-tive e risorse, e in un contesto di esiti non voluti, è prodotto e riprodotto nell’interazione» [Giddens, 1979c, p. 66].

La struttura non va intesa come un vincolo posto all’azione individuale ma anche come un sistema di risorse a disposizione dell’attività sociale che produce e ripro-duce la vita sociale. Allo stesso modo, la struttura è anche un sistema di regole, intese come «procedure generalizzabili applicate nell’attuazione/riproduzione delle pratiche sociali» [Giddens, 1990], una definizione che Giddens ricalca espres-samente sulla concezione di Wittgenstein [2005] di regola come “sapere come andare avanti”. Le regole hanno anch’esse una duplice componente, una di tipo sanzionatorio, una di tipo regolativo [Giddens, 1979a]2. Le regole e le risorse sono le modalità mediatrici attraverso cui le istanze dei sistemi sociali vengono tradotte nei termini dell’interazione e viceversa: tali modalità rappresentano delle regole (in termini di vincolo) se viste dal punto di vista degli effetti del sistema sociale sull’interazione sociale, ma come delle risorse se viste invece dal punto di vista opposto.

Esposta così in via generale la teoria della strutturazione, occorre vedere come si inseriscono le pratiche all’interno di questo quadro teorico. Innanzitutto, le pratiche vanno a costituire il nucleo ontologico della società: «la vita sociale[. . .] può essere concepita come un insieme di pratiche riprodotte» [Giddens, 1976, p. 110]. Per pratiche dobbiamo intendere molto semplicemente «le azioni situate di un soggetto» [Giddens, 1976, p. 126], cristallizzate in tipi riconoscibili. Di conseguenza, lo studioso di fenomeni sociali si trova ad osservare pratiche sociali, prodotte e riprodotte costantemente, in maniera routinaria, dai soggetti. Il potere posto in capo ai soggetti, tuttavia, viene mitigato dalla natura duale della struttura, e dalla sua logica intrinseca così come concepita da Giddens. Come si ricorderà, Giddens concepisce l’azione in termini di monitoraggio riflessivo, razionalizzazione e motivazioni, legati fra di loro in maniera ricorsiva. Se le motivazioni si trovano a livello inconscio, il monitoraggio riflessivo dell’azione e la sua razionalizzazione non si trovano né a livello conscio, né a livello inconscio, bensì a livello pratico, sotto forma di coscienza pratica: «ciò che gli attori sanno delle condizioni sociali, comprese soprattutto le condizioni della loro azione, ma non sono in grado di esprimere discorsivamente» [Giddens, 1990, p. 362]. La coscienza pratica dei soggetti si basa sulla conoscenza reciproca degli attori, un concetto che racchiude le caratteristiche sia dello stock of knowledge [Schütz, 1979] sia della conoscenza tacita [Polanyi, 1966b]: con conoscenza reciproca Giddens designa il fenomeno per cui i soggetti sanno molte cose del mondo sociale che li circonda, ed assumono che anche gli altri facciano altrettanto; questo tipo di conoscenza, è pratica nel senso che serve e si manifesta nel portare avanti 2“Regola regolativa” traduce “regulative rule”. La fedeltà alla traduzione ha come controparte

le faccende pratiche della vita quotidiana. Non solo, ma le regole e le risorse costitutive delle strutture vengono attivate e richiamate proprio nelle pratiche quotidiane, ed è così, in buona sostanza, che si attiva il ciclo di produzione e riproduzione di quelle stesse pratiche e in definitiva mantiene il senso di sicurezza ontologica degli attori sociali.

Come si vede, per Giddens le pratiche sociali sono il luogo in cui si incontrano le diverse istanze tenute distinte – ma non in opposizione – nella teoria. Le pratiche sociali sono il superamento pratico dei dualismi che la teoria della strutturazione cerca di superare sul piano teorico. La teoria delle pratiche di Schatzki tenta di superare, da un punto di vista wittgensteiniano, sia Bourdieu che Giddens: nel prossimo paragrafo, proviamo a vedere come.