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Anti-antropocentrismo

1.2. Le teorie etiche dell’ambiente

1.2.3 Una tassonomia delle etiche ambientali

1.2.3.2 Anti-antropocentrismo

Tutte le posizioni precedentemente analizzate – al di fuori dell’ecologismo profondo che però si pone al di fuori del dibattito strettamente etico in quanto è teso a trascendere le categorie di soggetto e oggetto e le relazioni moralmente rilevanti – sono unite dal pregiudizio antropocentrico, ossia dal ritenere che la natura non abbia un valore intrinseco o laddove si ammetta che lo abbia dal subordinarlo legittimamente comunque al soddisfacimento di bisogni materiali o ideali degli esseri umani. I doveri presi in esame da queste posizioni non sono indirizzati direttamente nei confronti della natura, ma nei confronti dell’uomo (o della divinità umana). Coloro che animano lo schieramento etico dell’anti-antropocentrismo criticano appunto questo presupposto ritenendo invece che

Esistano doveri diretti dell’uomo per l’ambiente, ovvero una responsabilità umana di fronte («to») all’ambiente (se non addirittura qualcosa come i «diritti dell’ambiente»).105

Nel passare dallo schieramento antropocentrico a quello anti-antropocentrico si consuma “il passaggio da un’etica dell’amministrazione o della fruizione dell’ambiente a un’autentica etica dell’ambiente (con genitivo possessivo)106

, secondo la quale gli enti naturali hanno un valore intrinseco e, in quanto tali, devono essere destinatari di un trattamento morale a prescindere dal soddisfacimento di eventuali interessi umani.

Sempre seguendo il modello di classificazione proposto da Bartolommei107 e coerentemente con quanto fatto per la classificazione delle etiche antropocentriche, le posizioni anti-antropocentriche verranno diversificate in deboli e forti in base alla tipologia di enti ai quali viene assegnato un valore morale intrinseco. In questo senso sarà possibile parlare di

Etiche debolmente anti-antropocentriche (individualistiche) e di etiche fortemente anti- antropocentriche (olistiche), a seconda che il valore (morale) sia attribuito in modo esclusivo o prioritario rispettivamente a entità naturali singole o a totalità ambientali strutturate.108 105 Ibid p. 85 106 Ibid p. 86 107 Ibid p. 86-87 108 Ibid p. 87

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Le etiche individualiste anti-antropocentriche, quindi, prendono in considerazione solo i diritti di entità naturali individuali, singole e specifiche. La prima posizione di questo schieramento ritiene che l’essere soggetti di vita – ossia avere un interesse competente nei confronti delle proprie condizioni di vita – sia il criterio per l’essere inclusi nella cerchia degli aventi diritto a un trattamento morale. Secondo questo approccio gli enti naturali hanno un valore intrinseco in quanto dotati di un punto di vista auto-interessato riguardo alle proprie condizioni di vita. La seconda posizione di questa famiglia può essere definita sensio-centrica dal momento che fa della capacità di provare piacere e dolore il requisito di inclusione all’interno dei soggetti destinatari di considerazione morale. L’ente preso in esame avrà diritto a un trattamento morale se mostrerà di essere anche solo basilarmente interessato a rifuggire il dolore e perseguire il piacere. Queste due posizioni sono ampiamente usate in etica animale; la prima sulla scia della teoria dei diritti – come esemplificato dalla teoria elaborata da Tom Regan–, mentre la seconda su quella dell’utilitarismo – come emerge chiaramente dai testi di Peter Singer. Entrambe hanno indifferentemente l’obbiettivo di ampliare il recinto della considerazione includendovi tipologie di viventi che tradizionalmente ne sono stati esclusi. La terza posizione riconducibile alle etiche individualiste anti-antropocentriche critica le due precedenti perché usano caratteristiche arbitrarie per l’assegnazione dello status morale e afferma in termini quindi molto più generali che un ente per essere un fine in sé deve presentare

Caratteristiche biologiche specie-specifiche: struttura cellulare, autonomia di funzionamento, relazioni esterne con altri organismi e con gli aspetti fisico-chimici dell’ambiente109

e avere

Ritmi di crescita e di sviluppo suoi propri, per cui ognuno di questi organismi – nella sua individualità – può essere considerato un «centro teologico di vita» perseguente il suo proprio «bene» nel suo proprio, unico modo.110

Questa visione etica è radicalmente biocentrica dal momento che estende la considerazione morale a ogni essere vivente che viene considerato un bene di per sé in

109Ibid pp. 92-93

110

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quanto la propria esistenza può essere favorita o danneggiata da fattori esterni, in particolare dal comportamento umano.

In sintesi tutte le posizioni etiche debolmente anti-antropocentriche tendono all’assegnare lo status morale a organismi naturali singoli servendosi di analogie che questi possono avere con gli esseri umani, quindi in base a determinate caratteristiche in comune (consapevolezza o sensibilità) o al loro essere partecipi a un processo vitale. Le argomentazioni cambiano con le etiche olistiche o fortemente anti-antropocentriche in quanto queste non muovono dalla prospettiva del singolo essere vivente, ma assegnano valore morale a “totalità e processi naturali che si suppongono irriducibili ai loro componenti” 111

. Questi approcci considerano le etiche tradizionali, in quanto individualistiche, inadeguate a prendere in considerazione le entità complessive che vengono coinvolte dallo smisurato agire umano contemporaneo. Il loro elemento caratteristico e di innovazione, quindi, è proprio il passaggio di considerazione morale da singoli enti a realtà globali - come specie, ecosistemi, processi di vita etc. Da un punto di vista argomentativo, inoltre, queste posizioni non si servono di determinate caratteristiche rilevanti e non seguono la strategia dell’estensione del trattamento morale degli umani agli esseri che presentano analogie con questi, ma propongono una riflessione intorno al posizionamento dell’uomo nella natura. L’argomentazione di fondo, infatti, è che

Una descrizione scientifica o una ricognizione metafisica della natura e del posto dell’uomo nella natura possano di per sé disvelare […] le norme morali da seguire riguardo al trattamento dell’ambiente.112

Questa tendenza dell’etica ambientale contemporanea è stata classificata a sua volta da Bartolommei113 in due filoni: il primo che si richiama al valore della vita in quanto tale e il secondo che si rifà all’etica della terra di Lepold. Le etiche del valore della vita intendono dotati di vita non solo i singoli enti naturali, come faceva l’etica dei centri teologici di vita, ma soprattutto le totalità complesse e strutturate”114 e i “processi bioetici di carattere sistemico e superorganico”115

.

Questa posizione può avere un fondamento metafisico-religioso – etica della sacralità della vita – tale da portare a sostenere la vita come sacra di per sé e, in quanto

111 Ibid p. 87 112 Ibid p.97 113 Cfr. Ibid pp.96-109 114 Ibid p. 99 115 Ibid

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tale, meritevole di un trattamento che tuteli il suo processo e le sue infinite manifestazioni. In alternativa può avere un fondamento biologico ed ecologico secondo il quale le entità non hanno uno status morale per determinate caratteristiche che esse hanno – ossia che sono assegnate loro dagli esseri umani –, ma per ciò che sono – ossia in base a un loro “dato costitutivo intrinseco”116

. In altre parole, sono sufficienti delle considerazioni di ordine scientifico biologico e/o ecologico per dimostrare che determinate realtà hanno un “interesse oggettivo […] a mantenere se stesse nel processo biologico di vita in via di sviluppo che esse sono per loro stessa natura”117

e che quindi devono essere considerate come un bene intrinseco. In questa prospettiva la natura viene investita di una rilevanza particolare perché anche solo il suo potenziale biologico assume di diritto un valore morale di per sé e la regola morale diviene “un dato ontologicamente iscritto nel corso bio-fisico delle cose”118

.

Il secondo filone delle etiche olistiche o fortemente anti-antropocentriche può essere individuata nell’etica della terra di Leopold che può assumere a sua volta due tonalità. La prima nella direzione di un’etica ecologica che invita gli esseri umani a rendersi consapevoli delle regole che dirigono i processi naturali e adeguare a queste il loro comportamento “in modo che sia garantita l’armonia (stabilità e integrità) del tutto”119

. La seconda si configura, invece, come un’etica bio-empatica che invita gli esseri umani ad allargare il range dei propri sentimenti morali dalla comunità umana a quella biotica. Detto altrimenti, secondo questa visione il destino evolutivo degli esseri umani è così strettamente legato con il benessere della natura in quanto tutto organico che i sentimenti di empatia e le attitudini di cura devono indirizzarsi non più solo verso la comunità umana, ma necessariamente anche nei confronti della comunità biotica.

Avendo analizzato anche le etiche fortemente anti-antropocentriche e avendo così compiuto la rassegna delle varie posizioni in etica dell’ambiente che era partita dall’analisi delle posizioni antropocentriche, è possibile proporre un loro schema globale riassuntivo:

Etiche antropocentriche

 antropocentrismo forte / sciovinismo umano: o etica della frontiera

 antropocentrismo debole 116 Ibid p. 101 117 Ibid p.102 118 Ibid p.104 119 Ibid p.107

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o etiche della conservazione:

 etica della scialuppa di salvataggio  etica della navetta spaziale

 etica del dono divino o etiche della protezione

 valore scientifico  valore genetico  valore trasformativo

 teorie dei tratti antropocentro-critiche o l’incorporazione del valore o conoscenza e carattere o estetica, ambiente e morale

o mutamento di gestalt e oltrepassamento dell’etica

Etiche anti-antropocentriche

 individualismo anti-antropocentrico / etiche debolmente anti-antropocentriche o essere soggetti di vita

o sensiocentrismo

o rispetto per la natura in vita, centri teologici di vita

 olismo anti-antropocentrico / etiche fortemente anti-antropocentriche o etiche del valore della vita

 sacralità della vita  processi biologici o etica della terra

 etica ecologica  etica bio empatica

A livello genealogico è possibile affermare che le etiche antropocentriche si pongono in continuità con le posizioni dominanti della tradizione morale occidentale, mentre le posizioni anti-antropoentriche si pongono con questa in un rapporto di rottura.

Le classificazioni sono senz’altro utili da un punto di vista orientativo, ma spesso però corrono il rischio di fare un torto alla complessità – e spesso anche alla fumosità – delle specifiche teorie proposte dai filosofi. L’esercizio di incasellamento, infatti, può comportare il rischio di snaturare le varie posizioni morali comprimendole in spazi troppi

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angusti o spezzettandole in diversi segmenti purché si adattino allo schema. Per queste ragioni ogni classificazione deve essere usata con la dovuta prudenza. Per dimostrare come le singole teorie etiche proposte siano irriducibili a questo schema, prenderò in analisi quella proposta da Hans Jonas. La sua etica, se interpretata secondo le categorie antropocentrismo/anti-antropocentrismo, viene diffusamente considerata come anti- antropocentrica. Sarà mio obbiettivo invece problematizzare questa assunzione e verificare se tale posizione può essere inserita nello schema delle etiche ambientali precedentemente proposto e, nel caso lo sia, se sia esauribile in una singola posizione e se si spalmi in più di una.