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Beni comuni e diritti

2. I beni comuni

2.3. Il concetto di beni comuni

2.3.3. Beni comuni e diritti

Il terzo aspetto da affrontare prima di procede oltre riguarda il rapporto tra beni comuni e diritti. Per poterlo fare è necessario anticipare la definizione di beni comuni che è stata proposta della cosiddetta Commissione Rodotà203 sulla quale mi soffermerò anche in seguito. In questa i beni comuni vengono definiti come le:

Cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona.204

Da questa citazione i beni comuni sono configurabili come tutto ciò che è funzionale a garantire e a tutelare i diritti fondamentali e il verificarsi del libero progetto di vita di ogni singolo individuo. Giusto a titolo esemplificativo, nella carta dei diritti fondamentali dell’unione europea è rinvenibile la seguente elencazione dei diritti fondamentali:

capo I: dignità (dignità umana, diritto alla vita, diritto all'integrità della persona, proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù e del lavoro forzato);

capo II: libertà (diritto alla libertà e alla sicurezza, rispetto della vita privata e della vita familiare, protezione dei dati di carattere personale, diritto di sposarsi e di costituire una famiglia, libertà di pensiero, di coscienza e di religione, libertà di espressione e d’informazione, libertà di riunione e di associazione, libertà delle arti e delle scienze, diritto all'istruzione, libertà professionale e diritto di lavorare, libertà d'impresa, diritto di proprietà, diritto di asilo, protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione);

capo III: uguaglianza (uguaglianza davanti alla legge, non discriminazione, diversità culturale, religiose e linguistica, parità tra uomini e donne, diritti del bambino, diritti degli anziani, inserimento dei disabili);

capo IV: solidarietà (diritto dei lavoratori all'informazione e alla consultazione nell'ambito dell'impresa, diritto di negoziazione e di azioni collettive, diritto di accesso ai servizi di collocamento, tutela in caso di licenziamento ingiustificato, condizioni di lavoro giuste ed eque, divieto del lavoro minorile e protezione dei giovani sul luogo di lavoro, vita familiare e vita professionale, sicurezza sociale e assistenza sociale, protezione della salute, accesso ai servizi d’interesse economico generale, tutela dell'ambiente, protezione dei consumatori);

203 Commissione nominata con il decreto del Ministro della giustizia del 14 giugno 2007 e incaricata di

redigere uno schema di disegno di legge delega per la riforma delle norme del codice civile sui beni pubblici, diretta da Stefano Rodotà

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capo V: cittadinanza (diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del Parlamento europeo e alle elezioni comunali, diritto ad una buona amministrazione, diritto d'accesso ai documenti, Mediatore europeo, diritto di petizione, libertà di circolazione e di soggiorno, tutela diplomatica e consolare);

capo VI: giustizia (diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, presunzione di innocenza e diritti della difesa, principi della legalità e della proporzionalità dei reati e delle pene, diritto di non essere giudicato o punito due volte per lo stesso reato); capo VII: disposizioni generali.205

I beni comuni oltre a essere funzionali alla realizzazione di questi diritti, dovrebbero conseguentemente anche garantire la possibilità che ogni persona possa avere le basi sia formali che sostanziali per un libero sviluppo del proprio progetto di vita.

In riferimento a questo compito, le pretese avanzate nei confronti di questa nuova tipologia di beni sembrano eccessive. Ma tralasciando questa prima impressione, la definizione della Commissione Rodotà pare segnata da un particolarità che sembra suggerire l’inversione di un rapporto molto saldo. Siamo abituati a considerare i diritti come quelli strumenti giuridici che garantiscono tra gli svariati aspetti anche l’accesso a determinati beni – finanche alla proprietà privata – e le condizioni formali per lo sviluppo della persona. Nella citazione presa precedentemente in esame, invece, tale rapporto viene invertito: non sono più i diritti a garantire l’accesso ai beni (e la possibilità di libero sviluppo personale), ma è l’accesso ai beni (comuni) a partecipare alla garanzia dei diritti (e alla possibilità di libero sviluppo personale). Viene proposto così un cortocircuito nel rapporto tradizionale tra diritti e beni, tanto imprevisto quanto attuato all’interno di quella tradizione di pensiero – il diritto occidentale – che aveva affermato la logica dei diritti come proprio linguaggio fondamentale.

Da cosa è scatenata quest’inaspettata inversione ed è davvero necessaria? È possibile affermare che il dibattito sui beni comuni sia stato così intenso e pervasivo in Italia da aver portato a usare tale etichetta anche come base funzionale ai diritti. In modo sospettoso e probabilmente un po’ forzato potrebbe essere anche sostenuto che la ricerca di una definizione soddisfacente per questa categoria fosse così ardua da definirli come uno strumento formale di garanzia di altro, in un gioco di rimandi che rischia di essere sfuggente. Sembra verosimile anche sostenere che il linguaggio dell’economia di mercato, al quale primariamente afferisce il termine beni nell’accezione per la quale è trattato in

205 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea http://eur-lex.europa.eu/legal-

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questo contesto, sia così pervasivo e condizionante da aver invaso anche la dimensione del diritto e del linguaggio dei diritti fondamentali che in gran parte lo trascendono.

Andando al di là di queste prime obiezioni e cercando di dipanare la definizione della Commissione Rodotà si apre una possibilità di lettura in sua difesa. In base alle argomentazioni di Rodotà, si può ipotizzare un procedimento ricorsivo che a partire dal diritto di cittadinanza siano individuabili quell’insieme di beni indispensabili per la sua effettiva realizzazione. Questi sarebbero i beni comuni. Sarebbe mantenuto in questo modo il valore della tutela giuridica dei diritti e questi andrebbero a definire, seguendo un procedimento inverso, quei beni capaci di garantirli e, in quanto tali, da sottrarre a ogni possibile mercificazione e da garantire a tutti.

I diritti quindi non perderebbero di forza trovandosi costretti ad appoggiarsi su altro, ma, anzi, diverrebbero la chiave per individuare un insieme di beni fondamentali da tutelare per tutti. Secondo questa interpretazione, i diritti continuerebbero a garantire le condizioni giuridiche formali per il libero sviluppo degli individui, mentre i beni comuni andrebbero a costituire il paniere di condizioni materiali perché questi diritti siano soddisfatti e perché la libertà nello sviluppo sia una strada effettivamente percorribile. In questo modo diritti e beni lavorerebbero a braccetto in vista, per usare un termine caro a Marta Nussbaum, del flourishing di ogni persona, i primi sulla sponda dell’uguaglianza e della libertà formale, mentre i secondi su quella dell’uguaglianza/libertà sostanziale.

Sempre che questa interpretazione sia corretta, resta da verificare attualmente se e, nel caso, in che misura si riveli valida per l’individuazione dei beni comuni, per la loro tutela e erogazione collettiva e, di conseguenza, per l’attuazione dei diritti fondamentali e la possibilità di un libero sviluppo personale per tutti. Sicuramente i termini nei quali è posta la proposta della commissione rivelano una società nella quale le diseguaglianze si diffondono a macchia d’olio e dove sempre più persone soffrono per la mancanza di beni fondamentali, sia di ordine materiale che di ordine immateriale – informazione, conoscenza, cultura, formazione etc. –, nonché di servizi di base – sanità, educazione etc.