Alla fine del XVIII secolo un nuovo giornale iniziò pubblicare in Inghilterra: The Anti-Jacobin Review and Magazine, or, Monthly Political
and Literary Censor.
Questo giornale era un periodico politico di stampo conservatore. Venne fondato da John Gifford (1758-1818) dopo la scomparsa de The Anti-
Jacobin, or, Weekly Examiner, pubblicato nel biennio 1797–1798 da
William Gifford. I principali scrittori della nuova rivista conservatrice
furono Gifford e Robert Bisset; anche il filosofo politico James Mill contribuì alla stesura di alcuni articoli e alcune recensioni editi su questo giornale. Descritto come «often scurrilous» e «ultra-Tory», il periodico conteneva saggi, recensioni e addirittura disegni a sfondo satirico, realizzati in particolare da James Gillray. The Anti-Jacobin Review and Magazine nacque in risposta al fermento politico del periodo e ben presto divenne un elemento iconico della reazione britannica contro il giacobinismo e contro gli ideali della rivoluzione francese.
Nel primo volume della nuova rivista conservatrice britannica molto fu lo spazio dedicato ai temi della Rivoluzione francese; già a partire dal terzo articolo possiamo infatti vedere affrontate tematiche inerenti la Rivoluzione francese e il dibattito da questa suscitato. In questo articolo infatti si tratta di una lettera scritta da Thomas Paine al popolo di Francia.
Sin dall'incipit dell'articolo viene mossa una forte critica a Paine, accusato di omettere alcuni fatti inerenti l'entrata in vigore della Costituzione dell'Anno III, celebrata dal filosofo inglese quale «monumento della felicità e della saggezza umana». Nel descrivere le varie fasi che portarono alla stesura della nuova carta costituzione e gli eventi che si susseguirono dopo la sua entrata in vigore, l'Anti-Jacobin Review and
Magazine accusava Paine di aver omesso gli episodi della forzata rielezione
di parte della Convenzione e del massacro dei parigini, i quali protestavano affinché venisse riconosciuto loro il diritto di voto.
«The forced reelection of two-thirds of the old Convention, and the massacre of the Parisians for daring to assert the freedom of election, as secured to them by the new constitutional code itself, are passed over in total silence by this modern reformer, who magnifies every
fortuitous abuse, and dwells, with enthusiastic rancour, on every triling defect, which his malevolent eye can discover in a monarchical form of government»91.
La critica mossa a Paine continua ulteriormente nell'articolo, a causa del giudizio estremamente positivo che quest'ultimo esprimeva nei confronti della Costituzione dell'Anno III, sintesi di una Francia tirannica e dispotica (nell'opinione della rivista). Il filosofo inglese sosteneva che organizzando il corpo legislativo in due camere, il Consiglio dei Cinquecento il cui scopo era quello di concepire e proporre leggi, e un Consiglio degli Antichi il cui scopo era invece quello di esaminare e poi approvare o respingere le leggi proposte, avrebbe offerto tutta la sicurezza che può scaturire dalla freddezza della riflessione, limitando i rischi dovuti a scelte precipitose di un'unica camera. L'Anti-Jacobin Review and Magazine su questa tematica accusava Paine di incoerenza poiché aveva in passato sostenuto a gran voce l'unicameralismo, criticando il fatto che in Inghilterra non venisse applicato:
«Admirable discovery! Yet this mongrel patriot was equally loud in his praises of constitution of France, which admitted but of one chamber; and has been invariably virulent in his abuse of the British constitution, in which all the advantages which he describes as resulting from a division of chambers, are pofessed in an infinitely greater degree»92.
91 ART. III, Letter of Thomas Paine to the people of France, in Anti-Jacobin review or
magazine, 1798 p. 22.
92 ART. III, Letter of Thomas Paine to the people of France, in Anti-Jacobin review or magazine, 1798, p. 23.
Possiamo osservare già da questo primo articolo quanto lo stile sia radicalmente diverso rispetto a quello dell'Annual Register, con l'utilizzo di espressioni dai toni molto più duri e forti.
Anche l'articolo IV di questa pubblicazione era incentrato sulle tematiche della Rivoluzione. Con questo articolo l'Anti-Jacobin review or
magazine rispondeva ad un articolo pubblicato circa due anni prima
riguardo allo stato degli affari in Francia. In questa risposta centrale era il tema della Rivoluzione francese come fonte di risultati i quali, se portati avanti, sarebbero divenuti fatali per la civiltà.
«The unprecedented calamities which at this moment afflict a very large part of Europe, and the stillgreater dangers to which the rest of it is exposed, may be ascribed chiefly to the erroneous ideas which have prevailed respecting the nature of the subsisting contest»93.
L'autore dell'articolo del 1796 riteneva che l'unica di cui era necessario occuparsi circa la Francia post-rivoluzionaria fosse la sua grandezza e la sua ambizione e non tanto i principi che questa portava in dote:
«I confessed it is not now the French Revolution that I dread, but the French greatness»94.
93 ART. IV, Consideration upon the State of Pubblic Affairs at the Beginning of the year 1798, in
Anti-Jacobin review or magazine, 1798, p. 25.
Oltre a questo l'autore dell'articolo riteneva che le cause della guerra scoppiata contro la Francia rivoluzionaria e le dottrine nate in seno alla Rivoluzione francese non fossero correlate. La risposta data invece da l'Anti-Jacobin review or magazine affermava proprio il contrario: gli ideali della Rivoluzione e le cause della guerra sono da considerarsi strettamente legate. Le dottrine emerse in Francia in quel periodo non influivano soltanto su quest'ultima, bensì anche nel resto d'Europa. Il fatto che altri paesi entrarono in guerra, afferma l'articolo, fu da imputarsi al fatto che la Francia aveva emissari pronti a diffondere idee rivoluzionarie e a incitare quindi alla rivolta.
«The most active of the Jacobins were employed in the heart of those states at war with France».
Gli autori dell'Anti-Jacobin review or magazine affermavano quindi in chiusura che tutto ciò che la Francia compiva era finalizzato a divulgare i principi della Rivoluzione al di fuori dei propri confini e ciò era provato dai fatti, smentendo quindi l'articolo del 1796.
Nella pubblicazione di questo anno dell'Anti-Jacobin review or
magazine è presente un ulteriore articolo riguardo agli eventi in Francia
accaduti a partire dal 1789. In particolare l'articolo affronta rapporto intercorso tra i rivoluzionari francesi e re Luigi XVI. L'articolo inizia con l'imputare alla Rivoluzione francese la crisi dilagante in molti stati europei, che proprio a causa di questa svilupparono problemi sul piano economico e che, sempre a causa di questa, si ritrovarono a dover fronteggiare una
minaccia estera, la Francia rivoluzionaria stessa, e una minaccia interna, la fioritura di club e società promotori degli ideali rivoluzionari.
«We fate down to the perusal of this book with feelings that, in a great degree, incapacitated, us for the discharge of our duty as critics. The extensive scene of carnage, the complicated system of destruction, the vast train of evils of every denomination, which, produced by the revolution in France, have already desolated two-thirds of Europe; and the infinite calamities which still threaten to overwhelm its remaining portion, all rushed on our mind with irresistible force»95.
L'articolo passa quindi a fare una considerazione sopra i responsabili della morte del Re di Francia, condannando duramente questi ultimi, in particolare coloro che non erano stati ancora puniti dalla «Provvidenza» per l'atto commesso.
«As we pursued our task, every page revived the most painful recollections, and again brought before our eyes the first actors on this black theatre of human vice and human misery. Many of these, by the wise dispensations of Providence, have fallen a prey to their own base arts, and paid, with their lives, the forfeit of their crimes. Others, the Garats and the Grouvelles, who played a conspicuous part in the bloody tragedy of their Sovereign's murder, are permitted to live, and to punish, by their presence, the degraded monarchs of Europe, for their pusillanimous desertion of a cause, which had for its object the defence of religion and social order, against the desperate attacks of
95 ART. VII, A Journal of the Occurences at the Temple, during the Confinement of Louis XVI
atheists and anarchists»96.
L'accusa mossa dalla rivista ai regicidi entra quindi nel merito nel caso di Garats e Grouvelles, colpevoli di aver svolto un ruolo importante nell'assassinio di Luigi XVI e di non aver «pagato il fio» come altri partecipi del reato. Anzi la loro colpa è forse più grande poiché, lasciata la Francia, i due si trasferirono rispettivamente a Napoli e Torino con l'obbiettivo di aizzare la folla e far scoppiare la rivoluzione.
L'Anti-Jacobin review or magazine mostra tutta la sua lealtà nei confronti della famiglia reale francese: si percepisce un profondo rammarico per la sorte che quest'ultima subì, poiché considerata una vittima della Rivoluzione francese. Tale destino fu causato dal fanatismo dei rivoluzionari, mossi da ideali repubblicani e democratici fino a divenire invece despoti e tirannici.
«All that a malignant heart and a depraved mind could engender—all that the tyranny of republicanism, the fanaticism of democracy, and the bigotry of Jacobinism, combined, could devise, was put in practice, in order to aggravate, as far as possible, the misery and the horrors that were inseparable from the situation ot that virtuous prince, after royalty had been abolished by the very men»97.
Nel primo numero del 1799 dell' Anti-Jacobin review or magazine venne pubblicato un interessante articolo riguardante quali fossero i rapporti tra la
96 Ibidem.
97 ART. VII, A Journal of the Occurences at the Temple, during the Confinement of Louis XVI
Francia rivoluzionaria e i da poco fondati Stati Uniti d'America. L'articolo prendeva come riferimento a Letter from Robert Goodloe Harper to one of
his Constituents. Harper era noto come uno dei difensori più agguerriti dei
diritti, delle leggi e delle libertà del suo paese, contro le audaci usurpazioni dei tiranni stranieri e le cospirazioni più pericolose dei possibili traditori sul suolo americano. La lettera da lui scritta aveva lo scopo, almeno apparentemente, di far accettare ai suoi concittadini quei nuovi sacrifici che la condotta aggressiva dei francesi aveva reso indiscutibilmente necessaria.
«He states the military force of the United States, since the late augmentations, to amount to 13,000 men, in addition to which, the President has been authorized, in case of a declaration of war on the part of the French, or of imminent danger of invasion, to raise a farther body of 10,000, to be called "The Provisional Army," and to accept the service of any Volunteer Companies who may offer themselves as part of the army (Many of these offers have been already made.)»98
Nell'articolo viene però criticato il comportamento tenuto dal governo americano nei confronti della Francia, accusato di non essere sufficientemente incidente nella lotta contro quest'ultima; la cessazione di qualsivoglia rapporto diplomatico o economico con la Francia e la sospensione dal proprio incarico di tutti i consoli francesi in America erano provvedimenti visti come mezze misure, ritenute dagli autori della rivista inadatte a fronteggiare la minaccia francese. Dello stesso parere erano
98 ART. VII, A Short Account of the Principal Proceedings of Congress, in the late Session, and a
Sketch os the State os Affairs between the United States and France, in July 1798, In a Letter from Robert Goodloe Harper, Esq. of South Carolina, to one of his Constituents, in Anti- Jacobin review or magazine, Gen-Apr 1799, p. 29.
anche un cospicuo numero di americani che avrebbero preferito dichiarare guerra alla Francia, ritenendola una scelta che avrebbe meglio garantito la sicurezza, oltre al fatto di essere una scelta maggiormente manly and
honourable.
Viene poi raccontato un episodio in cui la Francia trattenne un diplomatico di una delegazione americana con cui dialogare dopo aver respinto altri due componenti della stessa delegazione; questo fatto viene commentato asserendo che questo era un comportamento tipico della Francia rivoluzionaria. L'autore infatti affermava che il governo francese fosse:
«A government which openly professes every species of profligacy, subsists by universal pillage, and maintains its power by perpetual acts of the most atrocious despotism»99.
In chiusura dell'articolo viene poi riportata la riflessione fatta nella lettera da Harper circa la situazione interna francese, riflessione che non poteva che essere negativa viste le ripetute violazioni dei diritti commesse dal Direttorio. Viene infatti aspramente condannato il fatto che non fosse possibile pubblicare niente che non fosse in accordo con il governo francese, violando quindi il diritto di stampa e di opinione e viene poi criticato il fatto che le elezioni furono influenzate tramite atti di violenza ed esclusioni, sia tra i votanti che tra i candidati, per il mero volere del Direttorio.
«Thus we fee that the constitution is completely subverted, the legislature perfectly enslaved, the right of election wholly annihilated, and a military despotism, in the hands of the Directory, firmly establistied. Such is the liberty which France has gained by seven years of civil and external war, by the slaughter of two millions of her people, the utter subversion of property, the banishment of religion, the total corruption of morals and manners, and the destruction of set many monuments of human art and industry both in her own territories and those of her neighbours!»100
Nella medesima uscita dell'Anti-Jacobin review or magazine, fu pubblicato anche un articolo in risposta a quanto scrisse Mr. Fellowes riguardo alla situazione inglese e francese durante la fine del XVIII secolo.
Seppur gli autori della rivista riconoscevano che l'analisi fatta da Mr. Fellowes presentasse delle riflessioni molto interessanti su questo tema, non poterono però esimersi dal criticare ciò che questi scrisse circa la monarchia francese; egli infatti definiva quest'ultima estremamente dispotica, tanto da affermare che il suo dispotismo era paragonabile soltanto alla grandezza dei soprusi che la corona commetteva sul suo popolo. Di tutt'altro avviso era invece l' Anti-Jacobin review or magazine che riteneva che questo giudizio sulla monarchia francese fosse infondato ed effetto di un pregiudizio diffusosi con lo scoppiare della Rivoluzione francese. Nell'articolo infatti si afferma che l'insieme delle calunnie pronunciate contro la monarchia francese erano state attentamente propagandate in Inghilterra dai sostenitori del repubblicanesimo, e incautamente adottate da numerose persone incapaci di distinguere false dichiarazioni intenzionali da quella che era la verità, almeno secondo l'Anti-Jacobin review or magazine, ovvero:
«But the fact certainly is, that the French Monarchy had, under the mild reign of Louis XVI, become a just and moderate government; and, though not exempt from abuses, was in a regular progressive state of melioration; and was, in short, better calculated to insure the happiness and tranquillity of the French nation than any other form of government whatever; consequently it could not deserve the epithets which our author has affixed to it»101.
L'articolo poi prosegue spiegando che l'ammirare il regno di Luigi XVI non voleva di certo dire criticare la costituzione inglese; viene affermato infatti che l'ammirazione per la Costituzione britannica era dovuta proprio al suo peculiare adattamento al genio, alle buone maniere e alla disposizione del popolo. Trapiantarla in Francia avrebbe voluto dire spogliarla di tutta la sua bellezza ed efficacia.
«We must enter our solemn protest against a mode of reasoning but too generally adopted; that because a government is good for one country, it must be good for all; such doctrine is repugnant, not only to the opinions of the most distinguished writers on government in ancient and modern times, but to the laws of nature, and the admonitions of experience»102.
Veniva quindi affermato il principio per cui il replicare un sistema di governo di un dato paese in un altro non voleva dire automaticamente
101ART. XI, An Address to the People, on the present relative Situations of England and France;
with Reflections on the Genius of Democracy , and on Parliamentary Reform, in Anti-Jacobin review or magazine, Gen. – Apr. 1799, p. 42.
replicarne gli esiti positivi. Ciò diede la possibilità di muovere una forte critica a Thomas Paine, accusato di un empirismo politico tale da voler prescrivere a tutte le nazioni del mondo un unico codice di leggi e una sola forma di governo.
«But let not men of sense and observation adopt an idea so preposterous, instead of duly considering the various elementary principles of civil polity, from a just combination of which, cemented by time, alone can result that state of social subordination which is most conducive to the well-being of man»103.
Viene poi spiegato un altro punto sul quale Mr. Fellowes e l'Anti-
Jacobin review or magazine differivano. Il primo infatti riteneva che le
nazioni straniere non avevano alcun diritto di intervenire sulle questioni interne francesi, per quanto problematiche queste potessero risultare. Questa affermazione, secondo gli autori dell'articolo, è invece in diretta contraddizione con la legge che vige tra le nazioni. Infatti se Fellowes si fosse limitato a esporre la propria teoria riferendosi a una casistica generale, l'Anti-Jacobin review or magazine avrebbe concordato con questi; ma il caso particolare della Francia rivoluzionaria, il cui sistema politico era stato essenzialmente ostile alla tranquillità e all'indipendenza di altre nazioni, costituiva un'eccezione a tale regola.
«If there be anywhere a nation of a restless and mischievous
103ART. XI, An Address to the People, on the present relative Situations of England and France;
with Reflections on the Genius of Democracy , and on Parliamentary Reform, in Anti-Jacobin review or magazine, Gen. – Apr. 1799, p. 43.
disposition, always ready to injure others, to traverse their designs, and to raise domcestic troubles; it is not to be doubted, that all have a right to join, in order to repress, chastise, and put it ever after out of its power ta injure them»104.
Questo diritto all'interferenza nelle questioni interne di un altro paese era quindi giustificato da un principio di preservazione e il caso tra Inghilterra e Francia vi ricadeva quindi perfettamente.
L'importanza di questo articolo è data quindi dal suo comunicare i principi per cui l'Anti-Jacobin review or magazine riteneva che l'Inghilterra stesse agendo contro la Francia secondo giustizia.
Nella seconda uscita del 1800, quella che copriva i mesi da maggio ad agosto, l'Anti-Jacobin review or magazine pubblicò un articolo dove veniva analizzato il ruolo del clero nello scoppio della Rivoluzione francese. Nello specifico l'articolo voleva essere una risposta a coloro che ritenevano che la totalità della colpa circa gli eventi che si susseguirono in Francia a partire dal 1789 fosse da imputarsi al clero francese. Costoro infatti ritenevano che il clero, dimentico della propria alta vocazione, fosse divenuto avido di attività mondane, ambizioso, astuto e venale. La sua condotta era considerata diametralmente opposta alla semplicità, al disinteresse e alla santità dei valori cristiani.
«They were profuse, but they were not beneficent; their 'devotion appeared showy hypocrisy, and their piety pompous insincerity. Their manners instead of being pure, were sensual; and the faith of
thousands was shaken by their debaucheries. The impurity of their thoughts was engraved in the obscenity of their diction; and some few among them were more fit to minister in the voluptuous orgies of a heathen divinity, than to offer the fragrant incense of grateful