The British Critic and Quarterly Theological Review fu fondato nel
1793 e curato fino al 1813 dall'arcidiacono Robert Nares in collaborazione con William Beloe. Originariamente era concepito come una contromossa alle tendenze radicali della Rivoluzione francese e come un difensore fedele della religione stabilita, e tale rimase fino al biennio 1811/12; da questo biennio si ebbe infatti un mutamento della rivista, che progressivamente divenne sempre più tollerante e moderata sia nella sua posizione politica che religiosa. Dopo due anni si tentò di riportare il giornale a quella che era la sua natura iniziale, ovvero quella di una rivista volta a coloro che si identificavano nei valori della chiesa anglicana e del partito dei Tory.
Inizialmente la rivista era stata progettata per essere pubblicata mensilmente, ma nel 1825 la sua frequenza fu spostata su base trimestrale, lo stesso anno in cui abbandonò gli articoli di carattere più politico in favore di articoli esclusivamente teologici.
A metà degli anni 30s del XIX secolo il giornale passò nelle mani del movimento di Oxford107. Questo fu un tentativo di riportare la rivista in
auge dopo diverse anni in cui l'aspetto finanziario presentava delle problematiche. Ciò permise al The British Critic and Quarterly Theological
Review di pubblicare ancora diversi anni fino all'ottobre del 1843, quando
smise definitivamente di uscire in stampa.
Nella prima pubblicazione di questa rivista è presente un articolo
107 Il Movimento di Oxford (Oxford Movement) è stato un movimento riformistico nato nell'ambito della Chiesa anglicana nel 1833, per opera di John Keble (1792-1866) e di John Henry Newman (1801-1890). Per approfondire si veda Carlo Boyer, Movimento di Oxford, in Pietro Chiocchetta (a cura di), Dizionario storico religioso, Studium, Roma 1966, pp. 694-695.
interessante, in cui si commentava la presa di posizione di un certo Mr. Young, che si era mostrato, almeno in principio, favorevole alla Rivoluzione francese. Nell'articolo infatti si racconta che questi, per qualche tempo, osservò i progressi e gli effetti della Rivoluzione, con l'occhio di un attento osservatore, ricavandone in un primo tempo un'opinione positiva. Ciò, spiega l'articolo, non era motivo di sorpresa in quanto in molti in un primo momento avevano guardato di buon occhio alla Rivoluzione francese in Inghilterra.
«It is perfectly easy to conceive the progress of his sentiments, and to fee how fully it is justifiable in every step. Mr Young, like every other Englishman of spirit, is doubtless a sincere lover of freedom. He saw with indignation and contempt the oppressive features of the old French government: indignation at the iniquity by which they had been introduced, contempt for the tame acquiescence by which they had so long been tolerated. He wished to see a nation of that magnitude vindicate its character from these reproaches, and obtain possession of that rational and manly liberty which is secured to us by our most admirable constitution»108.
Su questi punti i sentimenti generali della nazione britannica, all'inizio della Rivoluzione francese, erano pienamente in accordo con i suoi. Man mano che gli eventi procedevano però vi fu un progressivo cambiamento dell'opinione pubblica, che cominciò a guardare in maniera ostile alla Francia rivoluzionaria. Lo stesso cambiamento, come scritto nell'articolo, è fu presente in Young, il quale riteneva che la politica poggiasse sulla
108 Art. V, The Example of France a Warning to Britain, in The British Critic and Quarterly
sicurezza della proprietà; dal momento infatti in cui la massa, a seguito di atti violenti, assunse il dominio dell'industria, della ricchezza e dell'amministrazione in Francia, il suo pensiero sugli eventi della Rivoluzione mutò.
«But in attempting to give expressions adequate to the indignation every one must fedl at the horrible events now passing in France, I am sensible that I May be reproached with changing my politics, my principles, as it has been expressed. My principles I certainly have not changed, because if there is one principle more predominant than another in my politics, it is the principle of change. I have been too long a farmer to be governed by any thing but events; I have a constitutional abhorrence of all theory, of all trust in abstract reasoning; and consequently a reliance merely on experience; in other words, on events, the only principle worthy of an experimenter»109.
Il signor Young, conclude l'articolo, si scusò per il suo primo pensiero circa la Rivoluzione francese, con la stesura di un piccolo opuscolo. Ciò era senza dubbio la prova delle grandi qualità possedute dal pensatore, ovvero il vigore del pensiero e la forte applicazione di nuovi ragionamenti, suscitati dall'evoluzione dei fatti e delle circostanze più importanti inerenti la Rivoluzione.
Con questo articolo quindi il British Critic and Quarterly Theological
Review riuscì a far passare il messaggio dell'importanza della riflessione e
del cambiamento di pensiero innanzi a fatti innegabili, grazie all'esempio di un pensatore di cui vengono tessute le lodi in tutto l'articolo, concedendo a questi, e a tutti coloro che si ricredettero, una sorta di «assoluzione dal
peccato» di aver guardato positivamente alla Rivoluzione francese.
Nella prima uscita di questo nuovo giornale fu pubblicato un altro articolo molto interessante che voleva rispondere a quanto scritto da Joseph Priestley110, il quale riteneva che la filosofia moderna e la politica moderna
della Francia assorbissero in un comune vortice di distruzione tutto ciò che richiedesse il dovere sociale e la moralità. La critica che il chimico e filosofo inglese muoveva alla Rivoluzione francese riguardava però esclusivamente il carattere ateista che questa portava avanti; infatti in quel periodo molte chiese in Francia vennero chiuse o trasformate in «templi della Ragione»111.
Priestley affermava che non vi era motivo alcuno per i rivoluzionari francesi di vessare la cristianità in quanto, secondo lui, religione e buon governo non sono cose correlate tra loro e conseguentemente i francesi avrebbero potuto instaurare il miglior governo possibile per la Francia senza attaccare la religione. Nei suoi sforzi di raccomandare la religione alla nazione francese, Priestley riteneva necessario esortare quest'ultima a divenire un esempio glorioso per il mondo cristiano, sollevando il governo civile da ogni preoccupazione per la religione, e lasciando agli uomini di provvedere a essa.
«"Naturally," says the Doctor, "there can be no more connexion between religion and civil government, than between philosophy, medicine, or any other branch of knowledge and civil government."»112
110 Joseph Priestley (Birstall, 13 marzo 1733 – Northumberland, 6 febbraio 1804) è stato un chimico e filosofo inglese.
111 Per approfondire si veda G. Blainey, A Short History of Christianity, Viking 2011, pp.397-8 112 Art. VIII, Letters to the Philosopers and Politicians of France on the subject of Religion, in
Proprio questo è il punto di divergenza tra gli autori del The British
Critic and Quarterly Theological Review e il filosofo e chimico inglese. I
primi infatti criticavano Priestley poiché ritenevano che il governo civile ha necessariamente un riguardo per il comportamento esteriore del cittadino, il quale, che sia pacifico o meno, deve essere influenzato dai sentimenti morali che la religione ispira. Veniva così affermata l'esistenza di una connessione naturale tra religione e governo civile. Proprio per questo le idee portate avanti dal chimico e filosofo inglese, secondo la rivista, non avrebbero trovato un riscontro positivo né in Francia, né in Inghilterra:
«Thesoi-disant philosophers of France will hardly thank him for advice which, however good it might be, they would think themselves above receiving, being, in their own persons, the great oracles of truth; and the inhabitants of England are not likely to be soon persuaded, that the man who has no dread of future punishment, nor hope of future reward, can be made as good a subject to the state, as he who adds these motives to all other reasons for right conduct»113.
Durante gli eventi della Rivoluzione francese si ebbe quindi una forte risposta della stampa inglese, attraverso testate giornalistiche piuttosto rilevanti nello scenario pubblicistico dell'epoca, come nel caso de «The
Annual Register»; attraverso giornali sorti appositamente in risposta alla
Rivoluzione, come nel caso de «Anti-Jacobin review or magazine» e infine anche attraverso giornali che, pur trattando solitamente materia diversa
rispetto a quella dell'attualità politica, decisero di ritagliare dello spazio nelle proprie pubblicazioni in favore di quest'ultima tematica, come nel casp de «British Critic and Quarterly Theological Review».