• Non ci sono risultati.

L’anziano come peculiare attore nella città delle comunica zioni: tra bisogni, strategie e “luoghi”

SOCIOLOGICHE DEL RAPPORTO INDIVIDUO-METROPOL

4. LA PERSONA ANZIANA E LA METROPOL

4.3. L’anziano come peculiare attore nella città delle comunica zioni: tra bisogni, strategie e “luoghi”

Dopo avere proposto una visione riguardante la rilevanza dell’anziano nell’ambito delle metropoli italiane (nonché della nostra società) ed aver evidenziato alcune tra le maggiori difficoltà che di frequente impediscono al medesimo di vivere pienamente l’attuale cit- tà delle comunicazioni, unitamente all’aver offerto una riflessione in merito alle potenzialità di azione autonoma e positiva di cui comunque la persona in età più che matura gode, sulla base di questi elementi ri- sulta ora possibile esporre alcuni tra i principali tratti che permettono di disegnare il profilo della persona anziana in qualità di specifico at- tore urbano. In aggiunta, si è altresì in grado di gettare luce su talune strategie di adattamento all’ambiente metropolitano che lo stesso par-

rebbe attuare. Tuttavia, prima di compiere questo passo, può risultare utile operare – sia pure in estrema sintesi – una riflessione su quanto, nel complesso, fino a qui è emerso.

Innanzi tutto occorre ricordare che – come si è cercato di illustra- re237 – uno degli elementi che maggiormente contraddistinguono l’epoca contemporanea corrisponde alla comunicazione, intesa sia come scambio di informazioni sia come continuo allacciarsi e disfarsi di rapporti tra attori diversi, nonché come incessante perpetuarsi di spostamenti di vario tipo (di uomini, mezzi ed ancora informazioni). Questo, se dal punto di vista globale provoca un incredibile aumento della complessità sociale, da un punto di vista particolare – che inte- ressa gli studiosi del territorio urbano – comporta un corrispondente aumento della difficoltà del vivere la e nella città. Non a caso, la me- tropoli – la cui immagine storica peraltro è sempre stata associata a movimento e cambiamento – oggi dimostra di essere il luogo per ec- cellenza della complessità, nonché della comunicazione stessa238. Tant’è che i suoi spazi, un tempo (non troppo lontano) facilmente i- dentificabili come luoghi in cui comunità di individui “creavano” il proprio territorio di appartenenza, stanno diventando sempre più ano- nime zone di transito per flussi di informazioni e persone. Oltre a ciò, la città pare essere indirizzata, in conformità con i cambiamenti dell’attuale società, a divenire il territorio degli individui, piuttosto che degli aggregati [Castrignanò, 2004]. Difatti, oramai sembrano es- sere i singoli i reali protagonisti del vivere urbano, con la loro capacità (talvolta necessità) di intessere relazioni di breve durata e di muoversi ripetutamente tra spazi fisici e spazi virtuali, nonché – di conseguenza – con la loro relazionalità che pare in procinto di appiattirsi (rischio- samente) sul mero versante comunicativo dell’interazione, precluden- dosi in tal modo la possibilità di costruire rapporti sociali “forti” – ov- vero quelli che da sempre rappresentano la salvaguardia dell’integrità della persona, specialmente nel momento in cui dovesse subentrare

237

Capitolo 1. 238

uno stato di bisogno. Se la libertà dell’individuo si “paga” con il corri- spettivo incremento della fragilità personale, come in diversi suggeri- scono [Bauman, 2000, 2002; Beck, 1999; Giaccardi, Magatti, 2001] la metropoli si presenta come il luogo specifico in cui questi termini pos- sono manifestarsi [Finocchiaro, 1999; Micheli, 2002c], anche in forme estreme. D’altronde, gli studi della sociologia urbana – a partire dai classici – hanno da sempre evidenziato l’ambiente metropolitano co- me una realtà complessa239, che a tratti quasi richiede al soggetto l’estremo differenziarsi della sua personalità, al punto da spostare l’asse della socialità dall’elemento collettivo a quello individuale, an- che laddove si è comunque alla presenza di un notevole incremento dei contatti interpersonali, che perciò rischiano di ridursi a meri giochi interattivi dettati dal particolare contesto dell’azione, oppure ad una generica – ma ineliminabile – necessità di rapportarsi agli altri. Più in generale, soprattutto col crescere delle comunicazioni urbane e del re- lativo carattere comunicazionale della città e dei suoi abitanti, sembra delinearsi una spaccatura tra l’individuo e ciò che lo circonda, mal- grado il primo si ritrovi sempre più immerso nel secondo. La metropo- li, sia come rete di spazi (e sempre meno di “luoghi”) che insieme di individui, appare spesso come un ambiente profondamente distante ri- spetto a taluni caratteri propri della singolarità, quali l’emotività ed il bisogno di vivere una relazionalità piena e reciproca (che quindi non sia solamente scambio comunicativo, razionalmente deciso, coordina- to e circoscritto, a là Luhmann); ciononostante il soggetto non può fa- re a meno di adattarsi ad essa, secondo le sue possibilità. Ed è proprio a riguardo di quest’ultimo punto che viene a delinearsi il profilo dell’anziano di oggi come specifico attore metropolitano.

Ebbene, nella città delle comunicazioni, come abbiamo visto, no- nostante la figura della persona più che matura non possa più essere tratteggiata in maniera residuale o certamente deficitaria, è comunque indubbio che chi appartiene alla terza e, soprattutto, quarta età rappre- senta ancora un individuo che, specialmente con l’avanzare nel pro-

239

prio percorso biografico, gode di minori possibilità di adattamento ai costanti cambiamenti della metropoli240. Egli, infatti, riportando alcuni esempi, è un soggetto che non ha un facile rapporto (qualora vi sia) con la recente tecnologia delle comunicazioni, ha una scarsa mobilità territoriale, soffre di una incapacità crescente a decifrare i cambiamen- ti della città, nonché può contare su un insieme di relazioni familiari ed amicali che rischia progressivamente di ridursi, lasciandolo esposto – assai più di altri soggetti – ai pericoli connessi allo svanire delle reti sociali di supporto. In pratica, si tratta di un attore che, in diversi casi, non sembra in grado di vivere pienamente il carattere comunicaziona- le ormai assunto dall’ambiente urbano ma, al contrario, parrebbe inve- ce propenso a proporre e ricercare un modello di legame sociale e col territorio in contrasto con lo stesso. Difatti, a fronte della tendenza che vede il concretizzarsi del rischio della diffusione di una socialità urba- na di tipo prevalentemente sistemico, ovvero altamente codificata e razionalmente intesa, a discapito di quell’universo di mondi vitali che invero sappiamo essere alla base della socialità stessa, l’anziano rap- presenta un soggetto che è ancora disposto non soltanto a vivere il ter- ritorio come luogo antropologico, piuttosto che come insieme di spazi più o meno anonimi, ma anche a richiedere nel rapporto con l’“altro” il riferimento ad ambiti intersoggettivi piuttosto che ad interstizi codi- ficati e correlati a un processo meramente comunicativo. Cosicché nella città contemporanea, in cui affiorano continuamente non-luoghi, nella quale lo spazio diviene “dei flussi”, sradicandosi dal territorio, nonché dove va diffondendosi una relazionalità multipla e labile, gui- data da criteri osservanti una razionalità circostanziata e strumentale, la persona anziana pare dunque essere depositaria di un modo diverso – nuovo perché vecchio – di intendere il rapporto con l’altro e l’ambiente di vita.

Se da un lato, infatti, la porzione di spazio urbano esperito dall’individuo in età più che matura si restringe, in concomitanza della

240

Una metropoli che, fra l’altro, non soltanto non appare per nulla a misura di anziano [Tra- bucchi, 2005], bensì si sviluppa spesso (per architettura ed urbanistica) secondo un modello di attore ad elevata mobilità, adulto, e in buona salute [Ripamonti, 2005].

diminuzione della sua mobilità territoriale, soprattutto al terminare dell’impegno lavorativo [Minguzzi, 2003] – tant’è che il suo «baricen- tro esistenziale» [Ripamonti, 2005] va sempre più a coincidere con a- ree urbane ristrette, solitamente in prossimità della propria abitazione –, dall’altro lato aumentano, quasi per compensazione, l’attaccamento e l’attenzione nei confronti del medesimo. Inoltre, per le stesse moti- vazioni, analogamente parrebbero acquisire un’importanza crescente proprio quei luoghi metropolitani che oggi si configurano come delle specie di micro-mondi territorialmente definiti, nonché garantenti una relazionalità ancora vitale [Sgroi, 1997].

In particolare, questo è il caso specifico di quei luoghi, accessibi- li agli anziani, che sono tuttora portatori di una loro identità, una loro relazionalità ed una loro storia [Augé, 2000] – come possono essere, ad esempio, molti circoli, parrocchie o centri anziani – e che si trova- no disseminati lungo tutto il vasto spazio metropolitano241. Tali luo- ghi, infatti, essendo in grado di assicurare a chi li frequenta un am- biente sociale ancora “caldo”, avente a che fare assai più con i caratte- ri del mondo vitale piuttosto che col versante sistemico della relazio- nalità contemporanea, sembrano mostrarsi nelle vesti di naturali punti di riferimento per le persone in età più che matura, che per questo paiono essere ben disposte a frequentarli e viverli, in quanto porzioni “a misura d’uomo” di una città che rischiano, non di rado, di non rico- noscere più [Ripamonti, 2005].

Sulla base di quanto appena visto, in questa sede si può quindi sostenere che tali luoghi, proprio per il tipo di relazionalità che rendo- no possibile e dalla quale sono animati, si prestano ad essere spontanei agenti di integrazione tra l’anziano e la metropoli, al punto da rappre- sentare elementi importanti anche al fine di ridurre talune situazioni che abbiamo visto essere paradossali nella presente città delle comu-

241

Interessante, in tal senso, risulta per esempio una ricerca condotta su una zona della città di Bologna – Corticella – mirante ad evidenziare, nel modificarsi enorme del territorio (che da zona rurale è divenuta metropolitana in meno di 40 anni), il mantenersi e ricrearsi di luoghi metropolitani verso i quali gli anziani oggi dimostrano un tradizionale, ma talvolta nuovo, at- taccamento [Guidicini, 2000a].

nicazioni. In particolare, si può qui ipotizzare, salvo poi cercarne ri- scontro in sede di prova empirica, che tali luoghi fungano da mediatori tra le comunicazioni che scorrono nella metropoli, spesso attraverso canali non facilmente accessibili per gli anziani, e questi ultimi. Difat- ti, non è così rara l’eventualità per cui, nel momento dell’insorgenza di una situazione di bisogno, di qualsiasi tipo242, anche meramente in- formativo, la persona in età più che matura si trovi in una situazione di disagio, perché magari priva della conoscenza, dell’autonomia e/o del supporto (per esempio familiare) necessario al fine di farvi fronte. A tale riguardo, dunque, e per tali ragioni, si ritiene che l’anziano possa ricercare in quei luoghi metropolitani affini, da lui frequentati, quel supporto altrimenti irraggiungibile in altra maniera.

Del resto, nella città delle comunicazioni, laddove informazioni di ogni tipo viaggiano e rimbalzano a velocità incredibile, sembra es- sere più che mai presente il rischio che molti dei destinatari di tali in- formazioni – magari proprio coloro che ne hanno maggiormente ne- cessità – non riescano effettivamente ad entrare in possesso delle stes- se, perlomeno attraverso i mezzi con cui esse normalmente viaggiano. Questo peraltro è un tema che, per alcuni aspetti, si ricollega ad un al- tro argomento “caldo”, che la sociologia urbana di scuola bolognese ha ricondotto alle difficoltà con cui i bisogni latenti [Pieretti, 2000b; Castrignanò, Pieretti, 2003] presenti nel territorio urbano – inteso co- me ambito vitale dei soggetti – incontrano per emergere agli “occhi” delle istituzioni (e non solo), ovvero a quell’insieme di attori243 che talvolta rappresentano per l’individuo (ricorrendo al lessico luhman- niano) un ambiente estraneo e, soprattutto, difficilmente irritabile.

In definitiva, se da un lato sappiamo che gli anziani rientrano proprio tra coloro che più esperiscono il rischio di esclusione dai cir-

242

Data la complessità dell’argomento, per i nostri fini ci limiteremo ad intendere il bisogno, da un punto di vista sociologico (ed in termini, per così dire, pratici), come una condizione di necessità obiettiva, risolvibile in parte o del tutto socialmente, che pone in una condizione di piccolo o grande disagio, nello specifico, il soggetto anziano. Per un elenco di alcuni bisogni riguardanti l’anzianità in particolare ad esempio si veda: T. Bosco [1998]. Per un’articolata ri- flessione teorica sui bisogni, si veda invece lo studio di L. Doyal e I Gough [1999].

243

cuiti comunicativi urbani244, sia informativi che di altro tipo, al punto che spesso risultano depositari di bisogni latenti soggettivi (ma ogget- tivamente riscontrabili) che stentano a diventare manifesti (nei con- fronti, ad esempio, degli attori istituzionali), è altresì vero che i mede- simi, sia pure a partire dalle risorse di cui sono titolari, spesso sono di- sposti ad impegnarsi positivamente per ricercare in prima persona del- le soluzioni per gli stessi. È chiaro, però, che tali tentativi difficilmen- te troveranno percorribili le vie della comunicazione sistemica, bensì si rivolgeranno più facilmente ad ambiti legati a quel mondo vitale fat- to di relazioni informali non rigidamente codificate (specialmente, ma non soltanto, laddove non vi sia una presenza forte della famiglia), che peraltro si può associare ad un corrispettivo modo d’intendere lo spa- zio urbano – come si è ribadito – ancora come “luogo” da vivere.

244

Elemento che può in aggiunta contribuire ad un lento scivolamento in quella che è l’emarginazione sociale vera e propria, che peraltro sappiamo essere, anche a riguardo degli anziani [Gori, 1997], maggiormente presente nel territorio urbano piuttosto che in quello rura- le.

II.

L’ESPERIENZA