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SOCIOLOGICHE DEL RAPPORTO INDIVIDUO-METROPOL

3.4. Città e “carattere” sociale eterodiretto

Un altro sociologo americano che si è occupato, pur non svol- gendo un’analisi strettamente inquadrabile nell’alveo della sociologia urbana, del tema dei cambiamenti dell’individuo nella società con- temporanea e, in maniera strettamente collegata, nell’ambiente metro- politano, è stato D. Riesman, in particolare tramite il suo celebre testo

La folla solitaria [1999].

Il Nostro, interessato a studiare (sostanzialmente in merito alla realtà statunitense) l’evoluzione del “carattere sociale” delle perso- ne145 e delle forme di società, ha identificato, peraltro in concomitanza del passaggio dalla prevalenza dell’insediamento rurale al predominio dell’insediamento urbano, ovvero col «propagarsi e il complessificarsi dei processi di aggregazione e urbanizzazione» [Guidicini, 1998: 116], il succedersi di tre tipi di carattere: tradizionale, autodiretto ed eterodi- retto [Riesman, 1999].

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Come spiega lo stesso D. Riesman: «Il modo in cui, ad un genere di carattere sociale che dominava nell’America del diciannovesimo secolo, se ne sostituisca gradualmente un tipo completamente diverso» [Riesman, 1999: 61].

Secondo l’Autore, come noto, al primo tipo ideale corrisponde l’uomo tradizionale (tradition-directed) e, analogamente, una forma di società di tipo tradizionale (o comunitaria). Quest’ultima risulta essere contraddistinta da diversi fattori, tra i quali si rammentano: la subordi- nazione del singolo alla collettività; la notevole influenza sui soggetti del retaggio culturale; la rigidità dei modelli normativi; l’importanza diffusa del vincolo familiare nei confronti della persona.

Al secondo tipo ideale, una volta verificatasi quella che D. Rie- sman ha chiamato la «I rivoluzione… nel corso degli ultimi quattro- cento anni» nella storia dell’Occidente [Riesman, 2001: 324] – che ha in pratica segnato il passaggio146 dall’“epoca della tradizione” all’“epoca della produzione” –, corrisponde invece l’uomo autodiretto (inner-directed). L’autodirezione si sviluppa in una società che appare sempre più caratterizzata, fra l’altro, dal progressivo aumento della mobilità personale, dallo svilupparsi dell’economia capitalistica, dai grandi cambiamenti della scienza e della tecnologia, nonché dalla cre- scita demografica e produttiva. Cosicché, in un ambiente sociale reso- si estremamente dinamico, in cui peraltro va scomparendo la capacità del gruppo di influenzare dall’esterno i comportamenti dei soggetti, l’integrazione sociale risulta possibile solo in quanto «la fonte di dire- zione per l’individuo» è divenuta «“interiore”», giacché viene “im- pressa”147 dalle famiglie nelle menti dei futuri attori sociali – soprat- tutto durante la fase dell’educazione nei loro primi anni di vita – di modo da “consegnare” agli stessi una sorta di «giroscopio psicologi- co», in grado di orientarne la predisposizione ad agire [Riesman, 1999: 74-75].

Al terzo tipo ideale, una volta verificatasi la “II rivoluzione” – che segna la transizione dall’“epoca della produzione” all’“epoca del consumo” –, corrisponde infine l’uomo eterodiretto (other-directed). Costui non è più in grado di “trovare in sé” le fondamenta delle pro-

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In verità, attraverso una molteplicità di rivoluzioni: culturali, artistiche, religiose, politiche, tecnologiche, produttive…

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Non a caso, l’imprinting dei caratteri sociali nella mente dei soggetti è ciò che per G. Piaz- zi contraddistingue una società di tipo consistente [Piazzi, 1996].

prie scelte, bensì il suo comportamento appare costantemente influen- zato dall’“altro”, sia che con esso abbia una relazione diretta (per e- sempio di amicizia, conoscenza, lavoro, ecc.) che indiretta (ad esem- pio, attraverso i messaggi trasmessi dai mass media). Quindi, al posto del precedente strumento psicologico, per così dire, di “indirizzo in- terno”, si sostituisce l’interiorizzazione della necessità di rivolgersi a- gli altri per determinare le proprie azioni. Tant’è che gli «obiettivi che le persone eterodirette perseguono si spostano seguendo questa gui- da», poiché «sono soltanto il processo che porta all’obiettivo e il fatto di prestare attenzione ai segnali provenienti dagli altri che restano i- nalterati per tutto il corso della vita» [Ibidem: 81].

Dei tre tipi concettuali sopra descritti, quello che oggi appare maggiormente presente negli abitanti delle attuali metropoli è l’ulti- mo148.

Scendendo più nello specifico, per D. Riesman la persona etero- diretta sussiste in un individuo abituato a crescere in un ambiente fa- miliare che non si presenta più come un’unità «chiusa e compatta», poiché fa parte di un universo sociale piuttosto esteso, nel quale il me- desimo non tarda a disperdersi. L’individuo eterodiretto, infatti, è co- lui che smarrisce presto il confine tra ciò che è familiare e ciò che non lo è. È un essere costituzionalmente cosmopolita, aperto ad esperienze di vario tipo e – ancora più importante – “destinato” a coltivare una elevata ricettività nei confronti delle persone e dei messaggi che lo circondano. In pratica, egli abbisogna di essere sempre attento e di- sponibile alla comunicazione con il suo ambiente, giacché, non posse- dendo dei codici culturali imposti esternamente oppure interiorizzati per rapportarsi con esso, deve necessariamente essere «in grado di co- gliere segnali vicini e lontani», laddove «le fonti sono molteplici e i cambiamenti rapidi» [Ibidem: 85]. Ciò che, tutt’al più, può essere fatto proprio dalla persona eterodiretta non è tanto «un codice di condotta, bensì un elaborato equipaggiamento indispensabile per cogliere mes-

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Sebbene – come avverte lo stesso D. Riesman [1999] – sia ancora presente, in maniera non certo trascurabile, anche il tipo autodiretto (invero più nei piccoli centri urbani e nelle zone rurali che nelle metropoli), ma non altrettanto quello tradizionale.

saggi simili e, talvolta, partecipare alla loro circolazione». Chiaramen- te, l’esito di una situazione siffatta è quello che ci mostra il singolo vi- vere, in un certo senso, sperimentando una perenne e (non sempre) la- tente sensazione di «inquietudine» [Ibidem: 85].

Sempre secondo l’Autore, nel succedersi della diffusione dei tre tipi di carattere, il ruolo svolto dalle principali agenzie di socializza- zione (dalla famiglia alla scuola, fino al gruppo dei pari) e la loro im- portanza per la formazione degli individui cambia radicalmente. In particolare, laddove domina l’elemento eterodiretto si moltiplicano le fonti di influenza e condizionamento per la determinazione della per- sonalità dei singoli e, allo stesso tempo, si depotenziano le capacità di orientamento dei tradizionali attori educativi. Ciò accade anche per mezzo della crescente importanza dei mass media, ovvero del numero e della valenza dei messaggi che questi costantemente offrono alla to- talità degli individui. Inoltre, la vera dimensione nella quale si svilup- pa la personalità del bambino diviene quella del gruppo dei pari, nei cui confronti la famiglia perde importanza e la scuola assume un ruolo (nuovo ma limitato) di mediazione. Tant’è che, sin da piccolo, il sin- golo si abitua a sperimentare innumerevoli strade per il confronto con gli altri, dai quali però assume, in corrispondenza, una specie di “di- pendenza orientativa”.

Rispetto all’uomo autodiretto, incatenato «alle infinite richieste della sfera esterna della produzione», al punto che «deve spendere tut- ta l’esistenza per produrre interiormente il suo carattere», l’individuo eterodiretto è «“incline alla gente”», cosicché «lavoro e divertimento vengono percepiti come attività che coinvolgono altre persone» [Ibi-

dem: 199]. L’uomo contemporaneo, perciò, si sente in qualche modo

sottoposto – ad ogni età – alla “giuria dei pari”, nonostante il medesi- mo sia più libero nelle sue scelte e, in una certa misura, abbia un at- teggiamento più individualistico rispetto al passato. Del resto, anche la sfera del divertimento, ampliatasi notevolmente nell’“epoca dei con- sumi”, diventa una sorta di palestra per assicurare l’“adattamento” de-

gli individui alle figure dell’“altro”, in quello che D. Riesman ha defi- nito il «mercato dello scambio di amicizia».

In conclusione, sulla base di quanto visto finora, ciò che qui è più interessante rilevare si può riassumere nei seguenti punti: l’importanza che l’Autore ha attribuito alla necessità di comunicare149 dell’uomo moderno – in particolare, dell’abitante metropolitano, o «tecnopolita- no» [Morra, 1994: 337] – con l’ambiente (umano e artificiale) circo- stante; l’influenza dei mezzi tecnologici della comunicazione nella de- terminazione degli stili di vita individuali; la crescente rilevanza della sfera del divertimento per i soggetti urbani; la progressiva scomparsa del ruolo di guida e della consistenza di talune agenzie di socializza- zione, quali la famiglia e gli istituti educativi; le conseguenti libera- zione da vincoli stabili e difficoltà di orientamento che identificano i soggetti moderni.