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Capitolo 2. Il Faust può considerarsi un’opera filosofica?

2.3. Applicazione della regola operativa al Faust

A questo punto, prima di decidere definitivamente dello status

filosofico del Faust, sembra doveroso inserire un piccolo riassunto

dell’opera di cui stiamo parlando, ai fini della completezza e dell’applicazione della regola operativa prima proposta.

L’opera si apre con un prologo in teatro dove un poeta, un attore e un impresario discutono su cosa serve ad uno spettacolo per avere una

buona riuscita. Il primo suggerisce che si debba dare l’importanza maggiore all’ispirazione di chi l’ha scritto, il secondo risponde che sarebbe meglio andare il più possibile dietro alle richieste del pubblico.

L’impresario alla fine opta per uno spettacolo che abbia forte impatto sugli spettatori.

Lo scenario si sposta in cielo e qui troviamo Dio e Mefistofele che

discutono degli uomini. Il diavolo asserisce che gli uomini usando la loro

ragione si tormentino esageratamente e propone una scommessa al

Creatore: riuscirà a portare alla perdizione il medico-teologo Faust. Il

secondo non accetta, però, fidandosi della tempra del dottore, lascia carta

bianca al diavolo permettendogli di infastidire l’umano fino a che esso non morirà.

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A questo punto la scena si sposta sull’anziano Faust. Dopo una vita passata a sondare lo scibile umano, egli si sente deluso dai risultati

ottenuti e spera che la magia riesca a fornirgli gli strumenti adeguati per

compenetrare il segreto della natura, obbiettivo che il sapere accademico

non è riuscito a fargli conseguire.

Dopo aver fallito un tentativo di suicidio, finalmente il dottore e il

demonio si parlano e stipulano un contratto: il diavolo presterà i suoi

servigi allo scienziato in maniera illimitata, e se questo porterà Faust a

godere di un momento della sua vita, egli pretenderà di ricevere lo stesso

servizio nell’aldilà. Lo studioso, non curandosi troppo della vita ultraterrena, accetta e firma, con il sangue, il contratto che il demonio

pretende.

La prima tappa del loro viaggio è la taverna di Auerbach a Lipsia.

Qui Mefistofele fa conoscere al suo compagno la vita dissoluta di alcuni

avventori del locale, beffandosi di loro facendo zampillare vino incendiario

da un tavolo. Dopo, i due si spostano nell’antro di una famiglia di gatti Mammoni, dove a Faust viene somministrato un filtro che lo fa

ringiovanire.

Assunto il suo nuovo aspetto, Faust si invaghisce di un’innocente contadinella di nome Margherita e decide di avvalersi dell’aiuto di Mefistofele per sedurla. Dopo vari inganni, riesce a conquistarla e lui le

giura amore eterno. I due iniziano una relazione segreta e ben presto la

donna inizia una gravidanza. Ovviamente questo atto compromette l’onore della fanciulla e le rovina la vita, come se non bastasse, la madre muore

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dopo che la figlia le somministra sbadatamente un sonnifero procuratole

da Faust, e poco dopo anche il fratello passa a miglior vita, maledicendo

la sorella in punto di morte, dopo uno scontro a duello con Mefistofele.

Dopo tutti questi eventi nefasti, la donna perde il senno e in uno scatto

d’ira uccide il figlioletto appena nato, procurandosi una condanna a morte da parte delle autorità competenti.

La notte prima dell’esecuzione Faust, attanagliato dai sensi di colpa, le propone di scappare ma ella, ormai col cuore spezzato, si rifiuta

e, invocando il perdono di Dio, viene perdonata e portata in paradiso. Con

questa scena si chiude la prima parte dell’opera teatrale.

La parte seconda si apre con un Faust che, sconvolto dall’epilogo della sua ultima storia d’amore, si vuole dedicare al gran mondo e, quindi, si fa ospitare alla corte imperiale. Prestando i suoi servigi all’imperatore, riesce subito a rimettere in salute le dissestate finanze imperiali,

guadagnandosi il riconoscimento del sovrano. Subito dopo, per dare prova

delle sue abilità, dimostra pubblicamente di poter evocare Elena di Troia

dagli inferi, rimanendone innamorato al primo sguardo. Dopo averla

sedotta ed esserne stato sedotto, i due danno vita ad un figlioletto,

Euforione, che però è destinato a morire giovane.

Rattristato dal triste evento e iniziando a ripensare a tutte le

tragedie della sua vita, Faust decide di ritirarsi in un appezzamento di

terreno costiero concessogli dall’imperatore dopo che il primo lo aveva aiutato in una guerra contro un usurpatore. Purtroppo anche questo

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conto che sulla costa c’è una casina abitata da una coppia di vecchi contadini, Filemone e Bauci. Disturbato da questa scoperta, Faust chiede

a Mefistofele di toglierli dalla vista. Il giorno dopo lo scienziato scopre che

la casa è stata bruciata e gli inquilini sono stati trucidati dal diavolo,

comportamento che causa ulteriore risentimento nell’animo di Faust. Ormai vecchio, Faust vive una vita pregna della sensazione di

rimorso per la sua vita passata insieme a Mefistofele, viene inoltre

accecato dal demone dell’angoscia. Non perdendosi d’animo nemmeno in questa occasione, l’anziano inizia delle opere di bonifica dei suoi territori, che causeranno un miglioramento delle condizioni di vita dei suoi abitanti.

È proprio durante la costruzione di una monumentale diga, che Faust si

immagina una felice società futura formata da una popolazione libera e

dedita al lavoro. Nel mezzo di questa considerazione, preso

dall’entusiasmo, egli ordina all’attimo di fermarsi per poterne godere. Finalmente Mefistofele può riscuotere la sua posta facendolo morire.

Mentre la sua anima viene condotta all’inferno, succede un ultimo colpo di scena: Dio, volendo premiare la sua condotta di vita tesa al miglioramento

dell’umanità, manda degli angeli a salvare in extremis l’anima del povero malcapitato, facendola trasportare in paradiso. Con un Faust perdonato e

un Mefistofele beffato, si conclude questo stupendo dramma.

A tutto ciò vanno aggiunti i due episodi, quasi a sé stanti, inseriti nel

dramma: La notte di Valpurga e La notte classica di Valpurga dove i

protagonisti partecipano a delle feste demoniache in cui incontrano

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Vista la trama dell’opera, e seguendo il filo rosso della nostra proposta per individuare quando un’opera letteraria può considerarsi un’opera filosofica, si deve valutare se il Faust:

1) è stato scritto con l’intenzione di essere un’opera filosofica. No,

perché, pur essendo un libro che prova a descrivere il pensiero del suo

tempo, non sono riscontrabili manifestazioni di intenzionalità di scrivere

un’opera filosofica. Inoltre, come già descritto nel primo capitolo, è evidente che tutto il testo è un tentativo di Goethe di dare una risposta

letteraria alla particolare situazione tedesca in un particolare periodo

storico.

2) ha una pretesa di universalità concettuale. No, perché non ci

sono dubbi sul fatto che i ragionamenti che tutti i protagonisti dell’opera teatrale esprimono, se funzionano, funzionano solo in quel determinato

contesto e, anzi, probabilmente sono proprio le contingenze che spingono

i personaggi a sviluppare quella specifica visione del mondo che Goethe ci

descrive così bene. Inoltre di tutte le idee espresse nell’opera, non vi è mai nessun tentativo di dare loro il rigore e la forma di una legge

universale. Forniamo un esempio di conversazione in cui l’ex allievo di Faust, Wagner, descritto come un eminente scienziato, esprime il suo

parere a Mefistofele riguardo la creazione di un essere umano:

Mefistofele: Un uomo? E quale mai coppia di amanti

avete chiuso nel camino?

Wagner: Dio ne scampi! Dichiariamo il modo solito

di generare una farsa inutile.

55 la dolce forza che da dentro urgeva,

che prendeva e che dava per dar forma a sé stessa, e appropriarsi l’affine e poi l’estraneo,

questa forza è deposta dal suo rango; se alle bestie continuerà a piacere, in avvenire l’uomo con le sue grandi doti dovrà avere un’origine più nobile83.

Visto questo, non abbiamo dubbi nell’affermare che il Faust non è un’opera filosofica, ma una vera e propria opera letteraria. La conclusione, a cui la nostra regola operativa ci ha portato, è confermata da Goethe

stesso in un colloquio avuto col suo segretario Eckermann il 06/05/1827:

I tedeschi del resto sono gente alquanto strana. Con i loro profondi pensieri e con le loro idee che essi cercano ovunque, si rendono la vita più difficile di quanto essa non sia. Ma abbiate finalmente il coraggio di abbandonarvi alle impressioni, di lasciarvi divertire, commuovere, elevare, sì, di lasciarvi istruire, infiammare ed entusiasmare per qualche cosa di grande. E non pensate sempre di trovarvi di fronte a qualche cosa di vano e di vuoto se non ci sono in esso pensieri astratti ed idee!

Ed eccoli che vengono a domandare a quale idea ho cercato di dar corpo nel mio Faust. Come se io lo sapessi e lo potessi dire! Dal cielo, attraverso il mondo, sino all’inferno; si potrebbe dire anche così all’ingrosso. Ma non è un’idea, è lo sviluppo dell’azione. E che il diavolo perda la scommessa e che un uomo che, fra gravi errori, tenda sempre verso l’alto, verso il meglio, sia da redimere, questo è un pensiero efficace e spiega molte cose, ma non è un’idea da porre a base del tutto

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o delle singole scene in particolare. In realtà, ne sarebbe nato un bel pasticcio se io avessi voluto infilare sul tenue filo di una unica idea sempre presente la vita ricca, varia, multiforme che ho rappresentato nel mio Faust!

Del resto -continuò il Goethe- non è nel mio carattere di poeta il cercare di dar corpo a qualche cosa di astratto. Accoglievo in me delle impressioni, ed impressioni sensibili, piene di vita, graziose, varie, di diversa natura così come me le offriva una vivace fantasia. E, come poeta, null’altro mi rimaneva da fare se non che plasmare e formare artisticamente in me queste impressioni e queste immagini e presentarle con l’aiuto di una fervida capacità di rappresentazione così che altri, sentendo o leggendo quanto io avevo rappresentato, ne provasse impressioni simili a quelle provate da me84.

Da ciò si evince che effettivamente Goethe non aveva nessun

proposito di comporre un’opera filosofica: il Faust non è un’idea, è lo sviluppo dell’azione!

È proprio questo che rende davvero interessante la presente

ricerca. Come mai molti filosofi si sono occupati di quest’opera nello specifico? E, quali sono stati i loro approcci a quest’opera? Come mai alcune opere letterarie filosofiche influiscono così tanto sul pensiero

filosofico successivo?

Ci sono due correnti che permettono di rispondere diversamente a

queste domande, i primi hanno visto nel Faust solo un’opera contenente filosofemi; mentre i secondi, contrariamente a quanto asserito prima,

vedono in questo testo una vera e propria opera filosofica. Nei successivi

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J. P. Eckermann, Colloqui con il Goethe, tr. it. di G. V. Amoretti, UTET, Torino 1957, pp. 432 s.

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capitoli prenderemo in esame alcuni campioni di queste due correnti.

Prima, nel terzo capitolo, tratteremo i pensatori in linea con il nostro

pensiero; mentre, nell’ultimo capitolo andremo a investigare le motivazioni di chi invece è in disaccordo.

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