Capitolo 4. Chi nel Faust ha visto una vera e propria opera filosofica
4.1. L’interpretazione di Santayana
Sempre seguendo la scia di D’Angelo, la prima interpretazione che analizziamo è quella di George Santayana. Nel suo testo Three
philosophical poets139 egli compie un’operazione molto interessante:
paragona Lucrezio, Dante e Goethe. Questa comparazione viene
giustificata asserendo che tutti e tre questi poeti hanno dato vita ad
un’opera letteraria che descrive il rispettivo sistema filosofico in voga all’epoca.
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Cfr. G. Santayana, Three Philosophical Poets. Lucretius, Dante, Goethe, Harvard University Press, Cambridge 1910. Per le citazioni useremo l’edizione di Anchor Books, New York 1953.
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Santayana, seguendo l’ordine cronologico, ci descrive per primo Lucrezio e il suo De rerum natura140. Questo è un poema didascalico in
cui viene descritto il naturalismo epicureo. Il fine dichiarato dell’autore è precisamente quello di esporre il sistema filosofico messo a punto dal
greco nel III secolo avanti Cristo.
L’autore riuscì splendidamente nel suo fine, il De rerum natura è considerato una summa magistrale del pensiero epicureo141.
Inoltre, ecco come Santayana ci descrive l’approccio poetico di Lucrezio:
La cosa più grandiosa su questo genio è il suo potere di perdere sé stesso nel suo oggetto: la sua impersonalità. Leggendolo, noi vediamo non la poesia di un poeta riguardo le cose, ma la poesia delle cose stesse. Queste cose hanno la loro poesia non perché noi le innalziamo a simboli, ma per il loro moto e la loro vita142.
Secondo Santayana, la particolarità del poema lucreziano è la sua
impersonalità. Egli nel suo componimento è riuscito a non sovrapporre il
suo punto di vista a quello epicureo: non ha poetato sulle cose, ha solo
espresso la poesia che le cose già posseggono intrinsecamente.
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Cfr. Lucrezio, De rerum natura, BUR, Milano 1994.
141
Essendo un argomento marginale ai fini della nostra ricerca, non ci dilungheremo in spiegazioni della filosofia epicurea. A scopo informativo le idee principali di tale sistema si possono riassumere in: 1) una descrizione atomistica del mondo fisico; 2) la preferenza dell’uso della ragione a discapito dei precetti religiosi; 3) raggiungimento, da parte del sapiente, di una condizione di atarassia.
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Dopo queste considerazioni, l’autore fa un balzo in avanti di più di un millennio e ci presenta il secondo poeta filosofico: Dante Alighieri. Tra
le molte opere dello scrittore fiorentino, Santayana sceglie di analizzare la
più famosa, La Commedia. A suo parere, Dante, con questo testo, ha
deciso di descrivere il sistema filosofico imperante per tutto il medioevo,
ovvero la dottrina legata al cristianesimo. Tra i molti aspetti descritti dal
poeta fiorentino, uno fra tutti salta all’occhio: La Divina Commedia riporta fedelmente la descrizione della cosmologia aristotelico-tolemaica.
Questa visione dell’universo è fondamentale per cercare di entrare nell’ordine di idee dell’uomo medioevale. Così interpretato, l’universo risulta come un insieme concentrico di sfere mobili aventi al loro centro la
Terra. Sorpassando il mondo fisico abbiamo l’empireo che, oltre alle schiere degli angeli, è il “luogo” in cui troviamo Dio. Come si può intuire, nulla nell’universo è posto a caso, tutto è rigorosamente ordinato dal volere di Dio.
Santayana ci fa notare come tutta la fisica dantesca consista in
teorie riprese da precedenti filosofi greci e “corrette” con la spiritualità tipica cristiana.
Dopo aver trattato il nostro conterraneo, ecco che finalmente
arriviamo al poeta filosofico che più ci preme, Goethe.
Santayana afferma come egli, nel Faust, abbia descritto in maniera
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Ad una prima lettura, questa asserzione sembra più che
ragionevole; andando a investigarla meglio ci accorgiamo, prendendo
spunto dall’articolo di D’Angelo, che presenta delle criticità di cui sicuramente vale la pena parlare più approfonditamente.
La prima nota che stride un po’ è l’accettabilità della comparazione tra l’opera goethiana e le altre due opere. Mentre Dante e Lucrezio hanno scritto testi di cui non si fatica ad individuare l’intento di descrivere una specifica visione del mondo, sembra molto più difficile attribuire le stesse
intenzioni al poeta tedesco. Il Faust manca totalmente della metodicità
descrittiva che caratterizza i primi due testi. Anche nell’opera di Goethe vi sono delle considerazioni di carattere filosofico, ma non sembrano essere
poste in modo tale da voler formare un quadro organico: vengono più che
altro lanciate come spunti e, a volte, nemmeno sviluppate a fondo.
Vediamo, ad esempio, la descrizione che lo Spirito della Terra da di
sé stesso:
Spirito: Nei flutti della vita, nel turbine dei fatti io erro in alto e in basso,
io tesso avanti e indietro! Nascita e fossa,
un mare eterno, una trama che muta, una vita incandescente,
lavoro al telaio ronzante del Tempo e genero a Dio una veste vivente143.
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Come si può ben vedere, questa descrizione, per quanto
affascinante, non è certamente esauriente riguardo alla natura dell’ente che sta descrivendo.
Questa prima osservazione è confermata da una seconda: mentre
nelle prime due opere si capisce perfettamente a quale sistema filosofico
si stia facendo riferimento, nel Faust non è individuabile per bocca di
quale scuola filosofica stia parlando. Anche Santayana, costretto a dover
esplicitare il sistema filosofico descritto da Goethe si esprime in questi
termini non molto chiarificatori:
L’ultima ambizione di Faust è tanto romantica quanto le altre. Lui sente l’attrazione verso l’arte politica, come aveva già sentito l’attrazione verso l’amore e la bellezza. L’idea di trasformare le cose attraverso la sua volontà, di lasciare la sua impronta nella natura e nella società umana per secoli, lo affascinano; però questa passione per l’azione e il potere, che alcuni ingenui commentatori significano con il nome di altruismo e di vivere per gli altri, non ha in realtà nessun fermo proposito o standard144.
Tale assenza di coerenza è dovuta sia alla probabile mancanza di
intenzione di Goethe di compiere un’operazione descrittiva, sia alla particolare personalità di Goethe. Mentre Dante e Lucrezio erano due
studiosi perfettamente in sintonia con la mentalità del loro tempo, Goethe
preferì non unirsi mai completamente a nessuna corrente.
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Spiegandoci meglio, i primi due aderirono a delle determinate
correnti filosofiche assurgendosi come loro porta bandiera; Goethe, pur
essendo una personalità molto presente nel palcoscenico intellettuale
coevo, non ebbe lo stesso tipo di atteggiamento nei confronti di alcun
trend né letterario né filosofico. Qui, tornando al ragionamento fatto
nell’ultima sezione del primo capitolo, riemerge la questione dell’impossibilità di incasellare Goethe nei margini di uno specifico movimento.
Ulteriore conferma della nostra tesi la troviamo nell’articolo di D’Angelo:
Ora, qual è la filosofia che troveremmo nel Faust, e di cui anzi il
Faust rappresenterebbe un’esposizione, se non sistematica,
comunque significativa? Tutte le volte che, messo alle strette, Santayana non può evitare di dare una risposta, essa suona così: la filosofia di Goethe è la filosofia del Romanticismo, e il Faust è l’espressione genuina della filosofia romantica. Non è neppure il caso di obbiettare che Goethe ebbe quasi sempre rapporti conflittuali con i protagonisti della Romantik, perché certo la filosofia romantica che Santayana attribuisce a Goethe non è né quella di Schelling, né quella di Friedrich Schlegel o di Solger o di Schleiermacher, i veri filosofi del romanticismo tedesco, dato che in realtà la filosofia romantica di cui discorre Santayana è qualcosa di molto vago, e che egli non si sforza neppure troppo di precisare145.
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Essendo giunti alla fine dell’analisi del nostro primo esempio, possiamo renderci conto del probabile azzardo effettuato da Santayana,
provando a considerare il Faust come un’opera che descrive una specifica filosofia, non si riescono a scovare le prove che avvalorerebbero questa
tesi. A maggior ragione, vengono completamente a mancare le basi che
giustificherebbero la comparazione di Goethe con Dante e Lucrezio.
Ora che abbiamo appurato che il Faust non può essere considerato
un’opera che ha il fine di descrivere uno specifico sistema di pensiero, proviamo a guardare un tipo di approccio diverso: è possibile che Goethe
abbia affidato alle pagine della sua tragedia, non un sistema filosofico
completo, ma solo alcune sue particolari idee?
È proprio a questa domanda che Marino Freschi ha provato a
rispondere.