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Capitolo 3. Chi nell’opera ha visto solo filosofemi

3.1. L’interpretazione di Kierkegaard

Di contro a questa particolarizzazione e soggettività, i fini, a loro volta, da una parte possono estendersi alla universalità ed ampiezza comprensiva del contenuto, dall’altra sono concepiti ed effettuati come in sé stessi sostanziali. Rispetto alla prima di queste due eventualità, voglio solo ricordare la

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tragedia filosofica assoluta, il Faust di Goethe, in cui da un

lato l’insoddisfazione per la scienza, dall’altro la vitalità della vita mondana e del godimento terreno, e in generale la mediazione tragicamente ricercata del sapere e dello sforzo soggettivi con l’assoluto nella sua essenza e nella sua apparenza, ci danno una vastità di contenuto, quale nessun altro poeta drammatico ha osato abbracciare in un’unica opera85.

Leggendo questo passo, si potrebbe pensare, erroneamente, che

Hegel sia stato il primo a parlare della tragedia in termini di tragedia

filosofica nei suoi corsi berlinesi di estetica tenuti negli anni 1821, 1823,

1826, 1828 e 1829 i quali, come invece si sa, vennero raccolti e pubblicati

postumi dal suo discepolo Heinrich Gustav Hotho nel libro Estetica86.

Va notato però che tale passaggio, riguardo il Faust, parla in termini

contraddittori con le idee di Hegel sul rapporto tra arte e filosofia. Quindi,

probabilmente, questo passo è una rielaborazione personale dello

studente. Tale discrepanza ci suggerisce che Hegel non parlò mai

dell’opera di Goethe in questi termini. C’è, però, un altro filosofo che si interessò dell’argomento e lo riportò in una delle sue opere.

La persona di cui stiamo palando è Kierkegaard in una delle sue

opere più importanti: Enten-Eller87. Questo libro, pubblicato nel febbraio

del 1843 con lo pseudonimo di Victor Eremita, è il testo con cui lo scrittore

di Copenaghen si è fatto scoprire dal mondo come pensatore originale e

85

Cfr. G. W. F. Hegel, Estetica, tr. it. di. N. Merker, N. Vaccaro, Einaudi, Torino 1972, p.1367.

86

Op. cit.

87

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brillante. Il libro, diviso in un paio di parti, descrive due stili di vita: lo stile di

vita estetico e lo stile di vita etico. Nello schema di pensiero dell’autore, queste non sono solo le uniche possibilità di comportamento, esse fanno

compagnia a quella che viene considerata l’unica scelta edificante e che, quindi, conduce alla felicità: la vita religiosa88.

Il titolo, corrispondente danese del greco Aut-Aut, è una chiara

critica alla dialettica hegeliana. Essa dipingeva il mondo come un quadro

organico di tesi e antitesi che mediante un Aufhebung (innalzamento), si

risolvevano sempre in una sintesi, che era la riconciliazione delle prime

due. La strada che Kierkegaard ci vuole indicare è un’altra: la vita è un insieme di scelte, irreversibili e contraddittorie tra loro, non vi è nessuna

dialettica che possa coniugare due scelte tra loro incompatibili.

È proprio di come decidono di scegliere i protagonisti che

quest’opera ci parla. Essa, che si compone di scritti appartenenti ad ancora altri autori fittizi, riporta le carte scritte da un certo A

(rappresentante dello stile di vita estetico), ad un certo B (rappresentante

dello stile di vita etico). Addirittura, tra le carte del primo, viene riportato il

diario di un ulteriore personaggio, Johannes, che A dichiara di aver

trascritto dall’originale. Mentre l’identità del seduttore ci resta celata per

88 Questa scelta consiste nell’affidarsi completamente alla volontà del signore,

confidando nella sua superiore sapienza. Come vedremo, Kierkegaard, per ogni stile di vita, prende come esempio un particolare personaggio. Per lo stile di vita estetico viene usato come esempio Don Giovanni (il protagonista dell’opera di Mozart), per quello etico ci viene descritta la vita del giudice in pensione Wilhelm, mentre per lo stile di vita religioso viene usata come esempio la vita di Abramo (il patriarca biblico). Lo stile di vita religioso viene descritto nell’opera, edita nel 1843, Timore e tremore. Cfr. S. Kierkegaard, Timore e tremore, Mondadori, Milano 2003.

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tutto il libro, B, ad un certo punto, viene identificato con un giudice di

provincia, ormai in pensione, Wilhelm89.

Sorvolando sulla descrizione dell’opera (nota 89), possiamo andare a vedere in che maniera Kierkegaard prende spunto dal Faust per i suoi

fini filosofici. Considerando che l’opera è divisa in due parti distinte e che nella seconda parte non si parla mai del personaggio goethiano,

focalizzeremo la nostra attenzione solo sulle carte di A che, come

abbiamo già detto, sono la descrizione dello stile di vita estetico in tutte le

sue varie sfaccettature.

Si può asserire che tutta questa parte di testo sia una lunga

disquisizione su uno specifico tema: la seduzione. Tutti i soggetti che

vivono questo particolare stile di vita sono, anche se in maniera diversa fra

89 Ci sembra opportuno riportare una breve descrizione dell’opera, ai fini della

completezza. La prima parte contiene vari documenti: Diapsalmata (una raccolta di aforismi), Gli stadi erotici immediati, ovvero il musicale-erotico (un saggio in cui si afferma come la musica sia il mezzo adeguato ad esprimere la sensualità). È qui che si parla, per la prima volta, del protagonista del Faust. Il dottore tedesco viene descritto come un esempio di seduttore riflesso (successivamente avremo modo di vedere, nello specifico, cosa significa questa definizione). Dopo ci viene presentato: Saggi letti davanti al Symparanekromenoi (saggi letti dal protagonista alle riunioni di una società segreta, il cui nome si può tradurre con commorenti –Questi interventi sono tre e sono così intitolati: Il motivo tragico antico riflesso nel moderno, Silhouettes e Chi merita di essere definito il più infelice di chiunque altro? –). Qui appare un altro personaggio dell’opera di Goethe, infatti nel intervento intitolato Silhouettes, che descrive la personalità e i comportamenti di tre protagoniste di opere artistiche moderne, troviamo una descrizione di Margherita, la protagonista del primo libro dell’opera. Tornando ai testi di A, dopo troviamo Il primo amore (descrive il primo innamoramento come il momento più alto dell’estetico). Segue La rotazione delle colture: un tentativo di teoria di prudenza sociale (un testo dove viene fornito, facendo un paragone con l’agricoltura, un antidoto per la noia). L’ultimo testo della prima parte è il già menzionato Diario del seduttore (diario in cui il protagonista descrive la storia del riuscito tentativo di sedurre la giovane Cordelia).

La seconda parte è molto meno variegata. Essa riporta solo tre epistole che B manda ad A, per descrivergli il suo stile di vita con il fine di convincerlo a comportarsi in maniera simile alla sua. Queste si intitolano: Validità estetica del matrimonio (si difende lo stile di vita matrimoniale come il vero stile di vita estetico), L'equilibrio tra l'estetico e l'etico nell'elaborazione della personalità (parla dell’importanza di prendersi impegni vincolanti nella propria vita) e Ultimatum (riporta il sermone di un pastore dove viene asserito che contro Dio siamo sempre in errore).

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loro, dei seduttori. Questi si dividono in due categorie: i seduttori immediati

e i seduttori riflessi. Per mostrarci la differenza tra questi due tipi di

comportamento, ci vengono forniti degli esempi, tratti quasi tutti dal genio

di Mozart e dalla letteratura, che aiutano il lettore ad entrare, più

facilmente, nella loro forma mentis, facendo sì che, alla fine della lettura,

tutto questo modo di vivere sia comprensibile in tutte le sue sfumature.

Per la descrizione dell’immediato erotico, suddiviso in tre stadi

erotici, gli esempi utilizzati sono tutti personaggi che appaiono nelle opere

del sopramenzionato compositore austriaco90. Si inizia con Cherubino, personaggio de Le nozze di Figaro91, passando per Papageno,

coprotagonista del Flauto Magico92, arrivando al vero e proprio seduttore immediato: Don Giovanni93.

Per approfondire questo punto è utile partire dalle parole di

Kierkegaard:

Se in precedenza ho usato la parola “stadio”, e continuerò a usarla in seguito, non bisogna dedurne che ogni singolo stadio esista autonomamente, l’uno fuori dall’altro. Sarebbe forse più giusto usare l’espressione “metamorfosi”. I diversi stadi presi insieme costituiscono lo stadio immediato; donde si comprenderà che ciascuno stadio è piuttosto la manifestazione di un predicato,

90

Kierkegaard a questo riguardo fa una precisazione, per le sue esposizioni non vanno considerati i personaggi presenti nel canovaccio ma i personaggi mitici a cui sono ispirati.

91

Le nozze di Figaro, o sia la folle giornata, opera mozartiana, su libretto di Lorenzo da Ponte, la cui prima rappresentazione si ebbe il primo maggio 1786 a Vienna.

92

Die Zauberflöte, opera mozartiana su libretto di Emanuel Schikaneder, la cui prima rappresentazione fu a Vienna il 30 settembre 1791.

93

Il dissoluto punito, ossia il Don Giovanni, opera mozartiana su libretto di Lorenzo da Ponte, la cui prima rappresentazione si ebbe a Praga il 29 ottobre 1787.

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cosicché tutti i predicati affondano nella fecondità dell’ultimo predicato, essendo lo stadio vero e proprio. Gli altri stadi non hanno alcuna esistenza autonoma, esistono di per sé solo per la rappresentazione; donde si vedrà anche la loro accidentalità di fronte all’ultimo stadio. Tuttavia, dal momento che essi hanno trovato un’espressione distinta nella musica di Mozart, ne farò menzione distintamente. Ma soprattutto non li si deve pensare come diversi livelli di coscienza, ho a che fare sempre e solo con l’immediato nella sua perfetta immediatezza94

.

Dopo questa lettura inizia ad apparire chiaro cosa intende

Kierkegaard. Gli stadi personificati da Cherubino e Papageno sono solo

delle descrizioni complementari, utili a farci capire la relazione che il

seduttore immediato, ovvero Don Giovanni, ha col desiderio. Egli viene

visto come il prodotto di queste due figure: possiede sia la

consapevolezza di desiderare, prerogativa che manca completamente al

personaggio delle Nozze di Figaro, e che lo rende malinconico, sia la

capacità di focalizzare la sua attenzione su un obbiettivo specifico, senza

lasciarsi sopraffare dalla moltitudine delle cose da desiderare,

comportamento che, invece, assume l’uccellatore dell’opera mozartiana. Sfruttando una considerazione fatta in un nostro precedente lavoro:

Si può asserire che Don Giovanni si rapporta ad ogni cosa che via via desidera non come se fosse consapevole che rientra in una molteplicità che comprende cose già volute e cose che vorrà in seguito, ma come se quel determinato oggetto fosse in assoluto il fine del suo desiderio.

94

64

Per il libertino è necessario che ogni volta ci sia una donna da conquistare e che questa non sia già stata vittima delle sue attenzioni. È questo che fa di lui il rappresentante dell’idea della genialità sensuale95.

Dopo aver dato una descrizione del primo tipo di seduttore,

passiamo alla controparte: il seduttore riflesso. È in questa categoria che

Kierkegaard classifica il dottor Faust, e lo fa in questi termini: “Se don Giovanni è il demoniaco-sensuale, Faust è l’incarnazione dello spirituale- demoniaco”96

.

Faust viene descritto come: “Lo spirito che rifiuta di essere spirito”97

. Egli personifica il principio del dubbio iperbolico: è uno spirito

negatore per eccellenza. Questa operazione sistematica di svuotamento di

significato che lui compie verso ogni aspetto della vita, fa sì che egli sia

diventato una persona infelice e, che non riesca a trovare un valido

principio su cui basare la sua esistenza.

Naturalmente questa consapevolezza non è sostenibile per un

tempo prolungato, per questo egli è alla ricerca di un “farmaco” che lo distragga, sia anche per un attimo, dal baratro sconfortante in cui si è

precipitato a causa della sua inclinazione. La medicina, che prova a

somministrarsi non è un qualche preparato chimico, da lui preparato in

una qualche notte insonne.

95

F. Bartoli, Kierkegaard e la seduzione, Tesi laurea triennale, Università di Pisa 2014, pp. 29 ss .

96

Kierkegaard, Enten-Eller, cit., tomo 1, p. 160.

97

65

Egli prova a distrarsi abbandonandosi al sensuale: “Egli sceglie il piacere e finisce per diventare un Don Giovanni”98

. È questo che fa

meritare a Faust di essere definito l’incarnazione dello spirituale- demoniaco (spirito che rifiuta di diventare spirito): egli, al posto di

accettare consapevolmente la sua disperazione, rendendo possibile la

riconciliazione col proprio Io, preferisce trovare distrazione nelle cose

materiali, impedendo al suo spirito di determinarsi.

Questo atteggiamento comporta un prezzo da pagare. Servono

sempre nuovi passatempi, ad esempio la seduzione, che non rendano

possibile la presa di coscienza, di cui abbiamo parlato prima. Per chiarie

ulteriormente questo concetto tornano utilissime le parole di Davini:

Quando Faust si volge all’amore non è perché vi creda (anche l’amore non rappresenta per lui un valore su cui costruire l’esistenza, in quanto, non diversamente da tutto il resto, gli appare effimero), ma perché nell’amore vi è un istante, l’istante dell’amplesso, in cui sembra che il tempo si arresti, si dilati in un’eternità, e divenga effettivamente possibile indicare in esso un presente; colui che ama, inoltre, aspira, aspira al congiungimento con l’amato/a, e questa aspirazione distrae e devia l’attenzione da Faust dal nulla in cui necessariamente sfocia il suo dubbio99.

Ciò che fa sì che Faust non sia un seduttore immediato è, per

l’appunto, la presa di coscienza della sua disperazione, che scaturisce dal

98

Kierkegaard, op. cit., tomo 2, p. 100.

99

Davini, La maschera estetica del seduttore, in L. Amoroso (a cura di), Maschere kierkegaardiane, Rosenberg&Sellier, Torino 1990, pp. 152 s.

66

suo spirito di riflessione: non è pura immediatezza come il Don Giovanni di

Mozart.

Questa peculiarità del suo comportamento rende evidente anche

un’altra sostanziale discrepanza tra i due seduttori. Il libertino mozartiano seduce senza alcun tipo di tattica o stratagemma: “Egli viene in possesso della sua preda in un sol colpo, seduce con la sola forza del desiderio”100

;

il dottore goethiano irretisce le sue vittime attraverso la parola, il suo

modus operandi è “un gioco di destrezza, in cui ogni singola mossa ha la

sua particolare importanza”101

.

Ma, nello specifico, quali sono le donne che punta? Kierkegaard

risponde anche a questa domanda. In un altro dei saggi presenti nelle

carte di A, Silhouettes, egli ci presenta la vittima più famosa delle

scorribande faustiane, Margerita. Il filosofo danese ci spiega che ella non

è stata scelta casualmente, tra una varietà di possibilità (modalità tipica di

Don Giovanni), bensì è stata adocchiata perché possiede una

caratteristica ben precisa, completamente assente in Faust:

l’immediatezza dello spirito.

Questa dote, quasi esclusivamente posseduta dal sesso femminile,

non è appannaggio di tutte le ragazze, ma solo dai soggetti che hanno

conservato semplicità ed innocenza. È solo mantenendo queste due

caratteristiche al massimo grado che si conserva la propria femminilità al

cento per cento.

100

Kierkegaard, Enten-Eller, cit., tomo 1, pp. 179 ss.

101

67

Sfortunatamente per lei questo incontro non è privo di

conseguenze. Entrando in contatto con una persona che pratica il dubbio

iperbolico, ella viene svegliata dal suo sonno di illusioni e precipita,

anch’ella, in una crisi di valori, molto simile a quella di Faust.

C’è però una differenza fondamentale tra i due amanti: il primo ha gli strumenti intellettuali, che Margherita non ha mai acquisito, per riuscire

a restare a galla in seguito a questa alluvione di dubbi e negazioni. Difatti

la sfortunata contadinella non riesce a sopravvivere a questo incontro e

finisce pazza morendo poco tempo dopo, non prima di aver causato la

morte della madre e aver affogato il suo figlioletto appena nato.

Dopo aver descritto il seduttore immediato (Don Giovanni) e un tipo

di seduttore riflesso (Faust), per concludere il quadro va menzionato

anche l’ultimo personaggio estetico che Kierkegaard ci presenta, e che personifica l’esempio di seduttore riflesso, Johannes.

Egli non combatte contro una crisi di valori, come il nostro medico

tedesco, bensì, conduce un incessante battaglia contro un nemico, se

possibile, ancora più avvilente: la noia. Il protagonista del Diario del

seduttore, fa di ogni sua conquista una scusa per poter architettare piani

diabolici, finalizzati a creare sempre nuove situazioni interessanti.

Questa tattica fa sì che lui momentaneamente riesca a trovare

sollievo dal tedio cronico in cui versa la sua vita, e, in più, arrivi al punto di

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rendendola completamente schiava del suo volere, rimanendogli

indelebilmente impresso nel cuore.

È a questo punto che il seduttore perde tutto il suo interesse per la

donna, in quanto, una volta che il volere di una donna è completamente in

suo possesso, non è più possibile creare situazioni interessanti102. Ovviamente ogni sua storia d’amore si conclude con un cuore femminile infranto, e con lui che si butta in una nuova avventura amorosa, per

cercare nuovamente di lenire la noia che, puntualmente, ritorna ad

opprimergli l’anima.

Finalmente possiamo trarre le nostre conclusioni

sull’interpretazione kierkegaardiana.

Abbiamo osservato come egli inserisca il libro di Goethe all’interno di un suo progetto filosofico, sottolineando solo uno dei molteplici temi

trattati nel libro: la seduzione. Va notato, inoltre, come lui si concentri solo

su due personaggi del libro: Faust e Margherita.

Egli viene preso come esempio di seduttore riflesso, infelice a

causa della sua inclinazione a mettere in dubbio qualsiasi cosa, e che

cerca un po’ di distrazione in un amplesso fisico con una qualche ragazza. La protagonista viene considerata solo in funzione della sua femminilità,

presente al massimo grado, e di come questa caratteristica sia stata

indispensabile per poter diventare un’amante del dannato.

102

È interessante notare che, questo tipo di seduttore evita anche il momento del possesso fisico, in quanto non strettamente necessario per conquistare completamente l’anima della sua vittima.

69

Abbiamo un’altra considerazione importante da portare all’attenzione del lettore: Kierkegaard, parlando del Faust, all’interno di

Enten-Eller, ignora completamente la seconda parte del libro, che

dopotutto, se considerata, affosserebbe la sua lettura del comportamento

faustiano: ad esempio, Faust, nella seconda parte dell’opera, resuscita e seduce Elena di Troia, facendoci anche un figlio. Da questa scena si può

già mettere in dubbio la tesi che asserisce che egli cerchi solo

l’immediatezza nelle donne che vuole conquistare (la figura mitologica non ha sicuramente la stessa ingenuità di Margherita).

La parzialità, sia delle parti di opera considerate, sia dei temi

evidenziati, non lascia alcun dubbio sul seguente fatto: Kierkegaard vede

nell’opera di Goethe solo un ottimo testo letterario contenete filosofemi. D’altronde l’operazione che il danese fa è del tutto legittima. Non considerando un testo un’opera filosofica, non vi è alcun bisogno di considerarlo nella sua interezza, ma se ne possono benissimo ignorare

tutte le parti, che non sembrano rilevanti ai fini della trattazione che si ha in

mente.

Rivedremo questo specifico modo di “usare” il libro anche in seguito.

Dopo esserci allontanati dalla strada indicata da D’Angelo, per addentrarci nella selva dell’estetica kierkegaardiana, sembra giunto il momento di tornare a seguire la rotta originaria, passando ad analizzare l’interpretazione del Faust fornitaci da Oswald Spengler ed Ernst Bloch.

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