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5. LA STRATEGIA TERAPEUTICA OPTOGENETICA

5.2 APPLICAZIONE DELLA TECNICA OPTOGENETICA AL MORBO DI PARKINSON

AL MORBO DI PARKINSON

Recenti studi, sfruttando le possibilità offerte dalle tecniche optogenetiche, hanno analizzato i circuiti neurali dei gangli della base coinvolti nel morbo di Parkinson.

Utilizzando opportune sonde optogenetiche per guidare o inibire selettivamente una serie di elementi circuitali (neuroni, glia e proiezioni di fibre nel nucleo subtalamico) in modelli murini affetti da Parkinson, è stato possibile dimostrare la fattibilità dell’approccio optogenetico per la caratterizzazione dei circuiti target e per la loro modulazione; inoltre questa strategia fornisce un supporto fondamentale per la tecnica di DBS: i sintomi motori parkinsoniani, infatti, sono stati attenuati unicamente stimolando assoni afferenti proiettanti al STN, dimostrando così l’esistenza di meccanismi attraverso cui la stimolazione cerebrale profonda potrebbe alleviare i sintomi negli esseri umani (Gradinaru et al 2008). Secondo le attuali conoscenze dei circuiti dopaminergici, l'attivazione della via diretta facilita il movimento volontario, mentre l'attivazione della via indiretta lo inibisce; tuttavia, questo modello non è mai stato dimostrato empiricamente, e la funzione specifica di questi circuiti nel comportamento animale rimane sconosciuta. Nello studio di Kravitz et al. (2010) sono stati attivati i circuiti dei gangli della base in vivo, sfruttando il controllo optogenetico dei neuroni spinosi medi di proiezione della via diretta e indiretta, ottenuto attraverso l'espressione virale Cre-dipendente (cioè associata alla ricombinasi Cre) della channelrhodopsin-2 nello striato di topi 𝐷1-Cre e l’utilizzo di topi transgenici 𝐷2-Cre-BAC (Bacterial Artificial Chromosome, è un vettore artificiale di DNA basato sul plasmide isolato da E. Coli). La stimolazione bilaterale dei MSN della via indiretta ha indotto le discinesie parkinsoniane e il freezing, ha aumentato la bradicinesia e ha diminuito l’iniziativa locomotoria; al contrario, l’attivazione degli MSN della via diretta ha stimolato la locomozione e diminuito il freezing. In un modello murino della malattia di Parkinson, la stimolazione della via diretta ha eliminato del tutto la bradicinesia. La modulazione optogenetica della via diretta rappresenta una potenziale strategia terapeutica per il trattamento dei deficit motori parkinsoniani. Con l’obiettivo di ottenere un controllo optogenetico selettivo dei percorsi diretto e indiretto in vivo, è stato iniettato un virus adeno- associato AAV1 contenente il gene codificante per una fusione della channelrhodopsin-2 con la proteina giallo fluorescente YFP (ChR2-YFP) nello striato dorso-mediale di topi BAC transgenici che esprimono Cre-ricombinasi nei MSN della via diretta e indiretta

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(rispettivamente 𝐷1-Cre e 𝐷2-Cre). ChR2-YFP risulta trascritto solo nei neuroni contenenti

Cre, e questo ne limita l'espressione negli MSN di entrambe le vie. Per confermare l’espressione di ChR2 nello striato dorso-mediale, dopo due settimane dall’iniezione sono state allestite le sezioni sagittali dello striato, del globus pallidus (GP) e della pars reticulata della substantia nigra (SNr); nei topi 𝐷1-Cre, sono stati osservati numerosi pirenofori ChR2- YFP-positivi nelle tipiche aree della via diretta (corpo striato, insieme a fibre che attraversano il GP e proiettano al nucleo entopeduncolare o EP, localizzato nella regione posteriore della capsula interna, e alla SNr); nei topi 𝐷2-Cre, corpi cellulari ChR2-YFP- positivi sono stati osservati nel corpo striato e nelle fibre dirette al GP, ma non nel EP e nella SNr, quindi nelle regioni interessate dalla via indiretta. Questa localizzazione dell’espressione di ChR2-YFP è stata ulteriormente confermata con immunocolorazione della Cre e del marcatore dei MSN DARPP-32. Sempre attraverso immunocolorazione, eseguita su alcuni marcatori degli interneuroni striatali [colina acetiltransferasi (ChAT), parvalbumina (PV), e neuropeptide Y (NPY)], è stato osservato che meno del 5% di questi interneuroni esprime ChR2-YFP. Infine, confrontando le proprietà elettrofisiologiche della membrana di neuroni ChR2-YFP-positivi con quelle di altri sottotipi neuronali noti, si è confermato che tutti i neuroni registrati presentano le caratteristiche dei MSN e che l'espressione di ChR2-YFP non risulta evidente nelle fibre afferenti striatali provenienti dalla pars compacta della substantia nigra o dalla corteccia. Per confermare che l’espressione ChR2-YFP da sola non ha influito sulle proprietà elettrofisiologiche dei MSN, sono state registrate tutte le cellule contenute in fettine cerebrali provenienti da topi 𝐷1 e 𝐷2-Cre

trasfettati con virus ChR2-YFP (rispettivamente definiti topi 𝐷1-ChR2 e 𝐷2-ChR2). Non è stata osservata una differenza significativa tra la trasmissione dei MSN che esprimono ChR2-YFP (della via diretta e indiretta) e quella dei MSN di controllo; tuttavia, i dati disponibili indicano che i MSN 𝐷1-ChR2-positivi risultano notevolmente meno eccitabili dei MSN 𝐷2-ChR2-positivi, fornendo ulteriore prova che queste sottopopolazioni vengono

selettivamente contraddistinte dalla ChR2-YFP; inoltre, la luce a 470 nm nei MSN ChR2- YFP-positivi, producendo un’intensa corrente nei test di voltage-clamp, dimostra ulteriormente che ChR2 è attivamente funzionale in questi neuroni.

Successivamente, è stata studiata la funzione ChR2 in vivo nei topi 𝐷1-ChR2 e 𝐷2-ChR2 anestetizzati. Le registrazioni sono state eseguite con un optrodo, un sensore che misura otticamente una sostanza specifica con l'ausilio di un trasduttore chimico, immobilizzato su

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un polimero, e costituito da una sonda di silicio in fibra ottica accoppiata ad un laser integrato, che produce una stimolazione indotta dalla luce ad almeno 800 μm dalla punta della fibra. In entrambe le linee di topi, si è osservato un significativo aumento della velocità di scarica neuronale nel 35% circa dei neuroni registrati nell’ illuminazione laser a 473 nm (anche se questo risultato è probabilmente aumentato per una sovrastima dell’effettiva percentuale di MSN-ChR2 positivi). Si è inoltre ipotizzato che l'illuminazione potesse reclutare dei neuroni silenti causando così delle interferenze e delle distorsioni nella quantificazione delle variazioni della segnalazione neuronale; in realtà non è stata riscontrata nessuna differenza nella forma delle onde elettroencefalografiche, né si sono verificati picchi indotti dalla luce durante il periodo refrattario, ottenendo quindi la conferma che nessuna altra unità neuronale supplementare sia stata reclutata. Complessivamente, le frequenze medie di attivazione dei MSN nei topi 𝐷1-ChR2 sono aumentate da 0,03 Hz a 1,16 Hz con illuminazione, mentre nei topi 𝐷2-ChR2 sono aumentate da 0,06Hz a 0.76Hz. La frequenza di scarica indotta dalla luce degli MSN è risultata comunque al di sotto della frequenza massima degli MSN; tuttavia, i tassi basali di scarica dei MSN sotto anestesia risultano inferiori di circa dieci volte rispetto a quelli osservati nei topi svegli, suggerendo che la variazione della frequenza di scarica indotta dalla luce potrebbe non riflettere l'efficacia della stessa stimolazione ottica nell’individuo sveglio.

Per confermare che l'attivazione dei MSN è in grado di modulare l’azione dei gangli basali (via diretta o indiretta) in vivo, sono state poi effettuate delle registrazioni nella SNr (il principale nucleo di output dei gangli basali) durante l’illuminazione a livello striatale nei topi 𝐷1-ChR2 e 𝐷2-ChR2: nelle aree della SNr innervate da MSN otticamente stimolati, otto neuroni della SNr su dieci hanno risposto con l’attivazione della via diretta, mentre quattro su undici neuroni della SNr hanno risposto all’attivazione della via indiretta. Tutti i neuroni SNr responsivi hanno dimostrato significative variazioni della frequenza di scarica, coerentemente con il modello “classico”: l’attivazione della via diretta inibisce la trasmissione dei neuroni della SNr, mentre l'attivazione della via indiretta li eccita.

Dopo l’osservazione dell’espressione di ChR2 nei circuiti dei gangli basali, sono stati valutati gli effetti comportamentali derivanti dall’attivazione degli stessi circuiti nei topi 𝐷1- ChR2 e 𝐷2-ChR2 svegli; questa valutazione è stata eseguita in seguito all’impianto delle

cannule a livello dello striato dorso-mediale, all’iniezione di vettori virali (recanti il gene per ChR2) e al posizionamento delle sonde di fibra ottica. L’illuminazione unilaterale dei

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neuroni striatali ha provocato un’induzione del comportamento rotatorio; l’attivazione della via diretta ha prodotto rotazioni controlaterali, mentre l'attivazione della via indiretta ha prodotto rotazioni ipsilaterali. Pertanto, coerentemente con il comune modello che descrive la funzione dei gangli della base, l'attivazione unilaterale della via indiretta mima il comportamento rotazionale indotto dalla deplezione unilaterale della dopamina. L’illuminazione bilaterale della via diretta ha invece prodotto una riduzione del freezing e un aumento dei tempi di deambulazione; la stimolazione luminosa della via indiretta, al contrario, ha diminuito le capacità di deambulazione aumentando i casi di freezing.

Esaminando in particolare la frequenza e la durata dei periodi di freezing durante l'illuminazione nei topi 𝐷1-ChR2, si è riscontrato che questi si manifestano meno frequentemente e presentano una breve durata (al contrario, nei topi 𝐷2-ChR2 avvengono

più frequentemente e con una durata maggiore). Non ci sono state differenze nei gruppi di controllo che esprimono YFP. Nell’insieme, questi dati stabiliscono un nesso causale tra il ruolo della via diretta nel diminuire il freezing e aumentare la capacità locomotoria, e tra il ruolo della via indiretta nel peggiorare il freezing e ridurre il tremore: la stimolazione optogenetica dei recettori dopaminergici 𝐷1, quindi, riduce le discinesie parkinsoniane nei

modelli murini, e rappresenta un importante supporto per una futura applicazione clinica sull’uomo.

Applicando la tecnica optogenetica è anche stato possibile indagare sul ruolo dei circuiti dei gangli basali nelle manifestazioni distoniche (Rossi et al. 2015). La prima osservazione, eseguita in un modello murino di Rapid Onset Dystonia Parkinsonism (distonia parkinsoniana a rapida insorgenza o RDP) indotta dalla perdita di funzione di una Na+-K+ - ATPasi, ha indicato una disfunzione tra i circuiti cerebellare e striatale. In questo studio, il nucleo talamico centrolaterale è stato danneggiato in modo da alterare il normale output cerebellare diretto allo striato e passante per il talamo e indurre la distonia. La stimolazione luminosa degli assoni talamici precedentemente trasfettati con ChR2 si è rivelata capace di modulare le risposte striatali. Tuttavia, trasfettando i pirenofori dei neuroni talamici con NpHR e quelli del giro dentato ippocampale con ChR2, le risposte a livello striatale sono state bloccate. Inoltre, il silenziamento optogenetico dei nuclei talamici ha attenuato i movimenti distonici innescati dall’infusione di un inibitore della Na+-K+ - ATPasi a livello cerebellare. Questi risultati, quindi, dimostrano la possibilità di applicare gli strumenti

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optogenetici per definire il significato nella distonia e l’influenza esercitata dalle alterazioni dei circuiti cerebellari e striatali.

L’esclusiva selettività spaziale e temporale delle procedure optogenetiche rappresentano un importante contributo per studiare e controllare i meccanismi della stimolazione cerebrale profonda, attualmente una delle principali opzioni di trattamento per i disturbi motori. Praticata a livello del STN e del segmento interno del globus pallidus per ridurre la sintomatologia del Parkinson, si ritiene che la DBS inattivi i neuroni stimolati; tuttavia, non è chiaro il meccanismo esatto con cui la DBS influisce sull’attività neuronale e migliora i sintomi del PD, e i dati disponibili sono spesso contrastanti (mentre alcuni studi hanno osservato l'inibizione dei neuroni locali durante la DBS, altri hanno rilevato eccitabilità neuronale o sviluppo di output efferenti). Per chiarire questi meccanismi, nei neuroni eccitatori del STN di ratti affetti da PD è stata introdotta NpHR; in questo caso, la stimolazione optogenetica ha prodotto un deficit nell'uso dell'arto controlaterale e un aumento della frequenza di rotazione ipsilaterale. Diversamente dalla DBS, l’inibizione optogenetica dei neuroni STN non ha ridotto i sintomi motori del Parkinson; pertanto, l'inattivazione dell'STN, potrebbe non essere il meccanismo responsabile del miglioramento del controllo motorio; inoltre, l'eccitazione dei neuroni del STN alle alte o basse frequenze non ha avuto effetti significativi. Anche Gradinaru et al. 2009 avevano suggerito che ridurre l’output dei neuroni del STN per inibizione diretta non necessariamente allevia i sintomi motori, mentre sembra più efficace nell’inibire la segnalazione a livello subtalamico una complessa interazione tra le afferenze corticali e il STN; questo potrebbe essere spiegato da differenze specie-specifiche, da una insufficiente inibizione optogenetica o parametri applicativi inefficaci.

Seeger-Armbruster et al. 2015 hanno stabilito che tra i siti di maggior interesse per il trattamento del Parkinson attraverso DBS, il più interessante è il talamo anteriore, poiché rappresenta l’area in cui tutte le informazioni provenienti dai gangli della base e dal cervelletto e dirette alla corteccia vengono integrate; tuttavia, le frequenze e l’intensità con cui la DBS a livello talamico è applicata secondo gli attuali parametri sperimentali non è in grado di migliorare l’acinesia e la rigidità motoria. In realtà, l’efficacia delle frequenze di stimolazione dipende dal tipo di discinesia e dalla regione in cui sono applicate; ad esempio, alte frequenze di stimolazione a livello dei BG attenua l’acinesia e migliora le capacità motorie, mentre basse frequenze a livello del nucleo peduncolopontino (mesencefalo)

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migliora la deambulazione; al contrario, la stimolazione a bassa frequenza del STN e del GPi peggiora i sintomi motori.

I protocolli DBS attualmente approvati prevedono la stimolazione ad una frequenza fissa molto diversa dagli schemi di attività fisiologici, ma di fatto la DBS può interrompere l'attività anormale dei BG o migliorare l'eccitabilità corticale innescando anche dei processi di compensazione che ripristinino l’attività fisiologica. Con l’obiettivo di assicurare la specificità della stimolazione per determinati sottotipi neuronali talamici, sono stati utilizzati metodi optogenetici (trasfezione cellulare con una ChR2 mutata definita H134R e veicolata dal virus della stomatite vescicolare e successiva stimolazione in situ con una sonda di fibra ottica associata ad un laser) che hanno significativamente migliorato i risultati della DBS. Attualmente, l'optogenetica ha trovato applicazione nello studio di circuiti neurali, spazialmente e funzionalmente definiti, responsabili di fenomeni comportamentali e fisiologici in diverse specie animali (topi, ratti e primati non umani). L’aspetto più rilevante relativo alle differenze tra specie umana e animali consiste nella diversa dimensione del cervello e nelle particolarità neuroanatomiche che possono condizionare la trasfezione cellulare con i vettori virali. Accanto a questo, è necessario il superamento di alcuni limiti tecnici in modo da rendere la pratica optogenetica affidabile e sicura, oltre che il meno invasiva possibile. Ad esempio, dovranno essere messe a punto delle sonde più durature così come delle fonti luminose che minimizzino il riscaldamento del tessuto cerebrale; una possibile soluzione sarebbe lo sviluppo di LED impiantabili e che producano poco calore e che presentino consumi minori rispetto al laser. Un altro importante ostacolo è rappresentato dalle scarse conoscenze sulla sicurezza a lungo termine delle opsine con cui i neuroni vengono trasfettati; i potenziali rischi sono relativi alla frequenza con cui tali proteine verrebbero espresse e alla possibilità che generino delle alterazioni di corrente a carico della membrana neuronale. Inoltre, al momento non è possibile definire con certezza se i livelli di espressione dell’opsina da parte del neurone trasfettato sono comunque sufficienti per influenzarne significativamente l’attività.

Nonostante queste precisazioni e nonostante le tecniche optogenetiche non siano ancora state applicate nell’uomo, questo studio illustra come l’optogenetica possa affiancare la procedura di DBS di popolazioni neuronali definite e diventare una valida opzione terapeutica per svariate forme di disturbi motori, fornendo anche un notevole supporto per la comprensione dei circuiti neurali.

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