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4. LA TERAPIA GENICA E L’IMPIEGO DEI VETTORI VIRALI

4.3 LA TERAPIA GENICA DEL MORBO DI PARKINSON

Le prime applicazioni dei vettori virali per la terapia genica del Parkinson prevedevano l’impiego di virus adeno-associati che trasferissero il gene responsabile della sintesi della L- DOPA nei neuroni striatali dei pazienti affetti dal morbo di Parkinson (Mandel et Rendahl, 1999); attraverso virus ricombinanti adeno-associati è stato possibile trasfettare cellule neuronali striatali in vivo con il gene della tirosina idrossilasi (TH), in modo che queste potessero sintetizzare L-DOPA. Questo tipo di somministrazione, diretta allo striato e costante nel tempo, fornisce dei vantaggi significativi che pongono rimedio ad alcune problematiche relative all’assunzione per via orale di L-DOPA: essendo espressa unicamente e direttamente nei neuroni striatali si elimina la necessità di somministrare contemporaneamente un inibitore della decarbossilasi periferica; inoltre, il fatto che sia espressa costitutivamente fa sì che le concentrazioni efficaci siano mantenute nel range di concentrazioni terapeuticamente utili senza che si verifichino le oscillazioni responsabili delle discinesie on-off, anche se la degenerazione delle fibre nigrostriatali, a lungo termine, comporta inevitabilmente la riduzione della finestra terapeutica. I vettori AAV ricombinanti (rAAV) sono ottenuti rimuovendo i geni virali situati tra le due sequenze ITR e sostituendoli con il gene di interesse. La produzione dell’AAV ricombinante si ottiene attraverso la co- trasfezione di cellule tissutali in coltura con un plasmide contenente i geni rep e cap e con un altro plasmide contenente il transgene tra le due sequenze ITR; successivamente, sono necessari diversi passaggi per la purificazione per rimuovere l’adenovirus helper infettivo. Poiché l’attività della tirosina idrossilasi dipende dal cofattore tetraidrobiopterina BH4 (un agente riducente responsabile del trasporto di elettroni in alcune reazioni di ossidoriduzione) (Figura 13), sono stati utilizzati vettori rAAV recanti il gene per l’enzima GTP cicloidrolasi I (GTPCHI, responsabile della biosintesi del BH4) oppure BH4 esogeno con l’obiettivo di ottenere livelli apprezzabili di L-DOPA striatale in ratti infusi unilateralmente con 6-OHDA.

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Rappresentazione schematica del percorso biosintetico della DA. Poiché BH4 è necessario per l'attività della tirosina

idrossilasi, è presentata la sua biosintesi.

Da “Progress in Direct Striatal Delivery of L-Dopa via Gene Therapy for Treatment of Parkinson’s Disease Using Recombinant Adeno-Associated Viral Vectors” Ronald J. Mandel, K. G. Rendahl, Richard O. Snyder, and Stuart E. Leff

É stato quindi determinato se il trasferimento del gene della TH striatale mediato da rAAV è in grado di stimolare i neuroni striatali a produrre di L-DOPA: la depolarizzazione locale da parte di una sonda per microdialisi in presenza di BH4 è stata innescata per comprendere se i neuroni trasdotti da rAAV-hTH rilasciano L-DOPA in risposta a questo timolo. Tuttavia, i livelli di L-DOPA striatale mediata da rAAV non sono stati modificati dalla depolarizzazione locale, suggerendo che probabilmente la L-DOPA fuoriesca dalla cellula attraverso il trasporto di aminoacidi senza influire sulla funzione neuronale; inoltre, esaminando quantitativamente l’espressione della TH a lungo termine, si è visto che dopo sei mesi dall’iniezione intrastriatale si è verificata una riduzione di quattro volte del numero di neuroni striatali TH-positivi presenti dopo tre settimane. Risultati migliori sono stati invece ottenuti attraverso la co-espressione della GTPCHI, che sembra stabilizzare l’espressione della TH; un’ulteriore conferma di questo risultato è data dal confronto tra un gruppo di ratti con discinesia indotta da 6-OHDA a cui è stata somministrata una miscela di rAAV-hTH e rAAV-hGTPCHI, e un altro gruppo di individui analoghi ma cui è stato somministrato solo rAAV-hTH: entrambi i gruppi di ratti presentavano livelli simili di espressione striatale di hTH, osservata con colorazione immunocitochimica, anche se quello che aveva ricevuto la miscela dei due vettori aveva ricevuto la metà della dose del rAAV- hTH. L’espressione transgenica della TH, in questo caso, è risultata estremamente duratura, e i ratti trasdotti con la miscela rAAV-hTH/rAAV-hGTPCHI sono sopravvissuti per quattordici mesi senza necessità di somministrare ulteriormente L-DOPA.

I risultati ottenuti, quindi, hanno evidenziato che i livelli di L-DOPA raggiunti erano tali da produrre un effetto antidiscinetico positivo a lungo termine e anche da modulare la trascrizione della tirosina idrossilasi; nonostante i presupposti per lo sviluppo dell’ approccio fondato sui rAAV-hTH/rAAV-hGTPCHI siano stati positivi, non sono però emersi dati sufficientemente utili per definire una potenziale tossicità immunitaria da parte del virus a livello cerebrale, anche se i rischi sono apparsi minimi.

Altri studi di Mandel et al (1999) hanno ipotizzato che la trasfezione delle cellule nigrostriatali con il fattore neurotrofico GDNF (Glial cell line-Derived Neurotrophic Factor),

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utilizzando virus ricombinanti adeno-associati di tipo 2, potesse potenziare la trasmissione assonale nei circuiti con carenze neurotrasmettitoriali. Questo esperimento, condotto su ratti con discinesia indotta da 6-OHDA e trasfettati bilateralmente a livello nigrostriatale subito dopo, ha dimostrato che l’espressione del transgene per il GDNF nella substantia nigra ha avuto inizio da uno a sette giorni dopo, traducendosi con un notevole miglioramento della sopravvivenza neuronale.

Diversi studi hanno sfruttato i vettori virali adeno-associati per la trasfezione cellulare di altri fattori neurotrofici. Gli esperimenti di Bartus et al. (2013), ad esempio, sono stati condotti somministrando bilateralmente il vettore AAV2 recante il gene per la neurturina (AAV2-NRTN o CERE-120) nel putamen e nella substantia nigra di pazienti con Parkinson moderatamente avanzato; la neurturina è una proteina appartenente alla famiglia dei fattori neurotrofici derivati da cellule gliali (GDNF) e che promuove la sopravvivenza e la funzionalità di diversi circuiti neuronali, tra cui quelli dopaminergici.

L’iniezione stereotassica di CERE-120 è stata applicata bilateralmente a livello di putamen e substantia nigra in sei pazienti, suddivisi in due gruppi da tre; in particolare, in un gruppo la dose totale di CERE-120 è stata di 4.0 x 1011 genomi vettoriali (vg) a livello della SN e di 5.4 x 1011 vg a livello del putamen, mentre nell’altro gruppo è stata iniettata la stessa dose

del primo nella SN e 24.0 x 1011 vg nel putamen (circa quattro volte maggiore del primo

gruppo). La perforazione è avvenuta con un singolo foro per emisfero e, per garantire l’uniformità delle dose somministrata in ciascun sito clinico in ognuno dei pazienti, è stata stabilita una precisa traiettoria di iniezione per ogni infusione da eseguire; le due dosi infuse alla SN secondo una singola traiettoria (una per emisfero) erano separate da 2-4 mm; al putamen sono state dirette tre infusioni per emisfero (secondo tre traiettorie determinate), una per ciascuno dei tre siti putaminali stabiliti e posizionati ventralmente (a circa quattro mm dal limite inferiore) e medio lateralmente in modo equidistante, posteriormente alla commessura anteriore (struttura appartenente alle commessure interemisferiche, ossia sistemi di fibre nervose costituite per la maggior parte da sostanza bianca telencefalica che collegano formazioni corticali perlopiù omologhe, cioè con una simile struttura e con funzioni diverse, dei due emisferi telencefalici; appartengono a questo tipo di formazioni il corpo calloso, il setto pellucido, il fornice e la commessura anteriore, tutti impari e mediani) (Figura 14).

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Figura 14

Rappresentazione dello schema di dosaggio utilizzato nel targeting bilaterale della substantia nigra e del putamen con AAV2-NRTN (CERE-120). (A) Un singolo ago è stato utilizzato per somministrare 2 infusioni nella substantia nigra (SN) di

ciascun emisfero. (B) Sono stati utilizzati tre ulteriori aghi per erogare tre infusioni equidistanti nel putamen di ciascun emisfero. Si noti che era necessario un solo foro per alloggiare i quattro aghi per ciascun emisfero […]. Da “Safety/feasibility of targeting the substantia nigra with AAV2-neurturin in Parkinson patients” Raymond T. Bartus, PhD, Tiffany L. Baumann, BS, Joao Siffert, MD, Christopher D. Herzog PhD, Ron Alterman, MD, Nicholas Boulis, MD, Dennis A. Turner, MD, Mark Stacy, MD, Anthony E. Lang, MD, Andres M. Lozano, MD, C. Warren Olanow, MD

Il corretto posizionamento delle cannule è stato monitorato attraverso risonanza magnetica e, sebbene non sia stato sempre possibile identificare con precisione esatta la posizione della punta della cannula e siano state rilevate delle differenze morfologiche individuali del putamen, non sono emerse problematiche nel targeting stereotassico.

Dopo l’intervento, la sicurezza e la tollerabilità nei pazienti è stata valutata dopo due settimane, un mese e poi ogni tre mesi per i successivi due anni; capacità motorie e qualità della vita sono state monitorate a partire dal sesto mese dall’intervento. I risultati ottenuti hanno dimostrato che l’iniezione è stata ben tollerata e non ha prodotto eventi avversi e complicanze gravi (gli unici effetti indesiderati riscontrati, transitori e clinicamente irrilevanti, sono stati dolore nel sito di incisione, cefalea, nausea); inoltre, gli esami di laboratorio sul siero non hanno rilevato anomalie né la presenza di anticorpi diretti contro AAV2, neurturina e CERE-120.

Si è quindi giunti alla conclusione che la somministrazione stereotassica di CERE-120 secondo queste modalità esecutive è ben tollerabile in termini di sicurezza. Tuttavia, dal

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punto di vista del beneficio clinico i risultati non sono stati altrettanto positivi, probabilmente a causa della carenza e della sofferenza neuronale che ostacola la capacità dei neuroni di trasportare proteine bioattive come i fattori neurotrofici. Analogamente, infatti, gli stessi risultati sono stati ottenuti in altri studi simili (Warren Olanow MD et al. 2008): i pazienti sono stati suddivisi in un gruppo di controllo sottoposto a chirurgia sham e un gruppo sottoposto a infusione bilaterale di 2.0 x 1011 vg nella SN e 1.0 x 1012 vg nel putamen; pur non essendo evidenti importanti effetti collaterali, il beneficio clinico non è stato apprezzabile e la differenza tra il gruppo sottoposto a infusione di CERE-120 e quello operato in chirurgia sham non è stata rilevante; l’analisi post mortem dei tessuti interessati ha comunque rivelato delle alterazioni delle fibre responsabili del trasporto assonale della neurturina dal putamen alla substantia nigra.

Sempre utilizzando virus adeno-associati, sono stati condotti esperimenti che esaminassero la trasfezione delle cellule neuronali subtalamiche con il gene codificante per la decarbossilasi dell’acido glutammico (GAD), con l’obiettivo di modulare la produzione e l’attività GABAergica nei gangli basali (una conseguenza della degenerazione dei neuroni dopaminergici è la diminuzione dell’attività del segmento esterno del globus pallido, che fisiologicamente modula il nucleo subtalamico attraverso il tono inibitorio GABAergico; questo comporta un’ipereccitabilità delle fibre efferenti dei gangli della base, e di conseguenza si verifica un’eccessiva inibizione della proiezione talamica alla corteccia motoria, producendo i tipici sintomi motori del Parkinson). Ne deriva l’ipotesi di aumentare il tono GABAergico nel STN ripristinando il normale livello di attività fisiologica per migliorare la trasmissione nei gangli della base. (Kaplitt MG et al. 2007). A dodici pazienti è stata praticata l’iniezione unilaterale di AAV2-GAD; di questi, quattro hanno ricevuto AAV2-GAD a basse dosi, quattro dosaggi intermedi e quattro dosi più elevate. I dati ottenuti, sulla base di valutazioni riferite alla scala UPDRS, di test neuropsicologici e di indagini attraverso PET e risonanza magnetica, non hanno evidenziato eventi avversi correlati all’esposizione a AAV2-GAD. Sono stati inoltre rilevati significativi miglioramenti delle funzioni motorie, soprattutto nella metà del corpo controlaterale all’emisfero in cui è avvenuta l’iniezione; tale beneficio clinico si è manifestato a tre mesi dall’intervento, persistendo fino dodici mesi.

Le Witt et al. (2011) hanno poi proposto la possibilità di trasfettare bilateralmente i neuroni del nucleo subtalamico con il gene per la decarbossilasi dell’acido glutammico. I risultati

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della somministrazione di AAV2-GAD in un gruppo di pazienti affetti da Parkinson avanzato sono stati confrontati con quelli ottenuti in un gruppo analogo sottoposto a chirurgia sham. I risultati di questo studio in doppio cieco hanno indicato che, dopo 6 mesi a partire dall’intervento, nel gruppo di pazienti trattato con AAV2-GAD il miglioramento del punteggio in scala UPDRS è stato notevolmente maggiore rispetto al gruppo sottoposto a chirurgia sham; inoltre, lo sviluppo di eventi avversi (cefalea e nausea) è stato estremamente limitato e comunque correlato all’operazione chirurgica, dimostrando così un elevato livello di sicurezza, oltre che di efficacia.

In ogni caso, altri studi hanno approfondito le ricerche sugli eventuali rischi associati alla terapia genica con AAV2-GAD su roditori e primati non umani, concentrandosi specialmente nella potenziale biodistribuzione del genoma virale al di fuori dei siti stereotassici target, con l’obiettivo di supportare i trials clinici sull’uomo (Fitzsimons et al. 2010): per determinare se la diffusione del vettore può rappresentare un rischio per il paziente, è necessario quantificare la concentrazione del genoma negli organi e in altri tessuti o fluidi interessati dalla patologia, dal vettore virale e dalla sua via di somministrazione. Gli studi su animali hanno dimostrato che l'espressione a livello neuronale del transgene veicolato dal AAV persiste per almeno due anni nel ratto e per almeno tre anni nella scimmia rhesus; è possibile quindi ipotizzare che l'espressione transgenica possa di fatto persistere per tutta la vita dell'individuo. Tuttavia, è fondamentale considerare anche la potenziale distribuzione del genoma AAV2-GAD attraverso il sangue, il liquido cerebrospinale (CSF, cerebrospinal fluid) a altri organi; questa valutazione è stata condotta su ratti sottoposti a infusione unilaterale di AAV2-GAD nel STN e a test motori e comportamentali nei giorni successivi. Gli individui in esame sono stati divisi in due gruppi. Il primo gruppo, composto da trenta ratti (quindici maschi e quindici femmine), ha subito l’infusione unilaterale di 2.1 x 108 AAV2-GAD; dopo un giorno dall’intervento (momento in cui si prevede la massima concentrazione di genomi AAV) dieci individui - di cui cinque maschi e cinque femmine - hanno subito l’eutanasia, e allo stesso modo altri dieci dopo due settimane (quando i capsidi AAV contenenti DNA e/o genoma non stabile, cioè non integrato o non episomiale, possono essere ancora presenti) e gli ultimi dieci dopo quattro settimane (fascia temporale in cui l’espressione genica mediata da AAV2-GAD dovrebbe raggiungere il picco); in ciascuno dei tre gruppi sottoposti a eutanasia, due individui sono stati scelti come controllo (un maschio e una femmina) iniettando loro soluzione fisiologica. Il sangue, il CSF e i tessuti

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prelevati sono poi stati osservati per valutare la biodistribuzione del genoma vettoriale. Il secondo gruppo di ratti, composto da dieci individui a cui è stato somministrato AAV2-GAD bilateralmente e nove individui a cui è stata somministrata soluzione salina, ha subito l’eutanasia dopo dieci settimane dall’intervento.

Una metà dei ratti uccisi è stata trattata con paraformaldeide al 4% e i loro cervelli sono stati prelevati e preparati per l’esame istologico e immunoistochimico, eseguiti su diverse aree cerebrali (bulbo olfattivo, cervelletto, ippocampo, corteccia mediale, talamo dorsale, globus pallidus, nucleo subtalamico e substantia nigra); dall’altra metà dei ratti sono stati prelevati il sangue, il CSF e i tessuti (testicolo, ovaio, cuore, fegato, polmone, milza, rene, midollo spinale), per poi essere congelati e valutati con PCR e esami istologici. I risultati ottenuti (Figura 15) hanno indicato che la maggior parte dei tessuti non cerebrali (152 su 158 campioni) era negativa per i genomi AAV, che sono stati rilevati sporadicamente ed in concentrazione molto basse nei rimanenti sei tessuti non cerebrali positivi. I genomi AAV sono stati rilevati nel STN omolaterale di tutti gli animali trattati con AAV2-GAD, dimostrando il corretto raggiungimento del target cerebrale da parte del vettore. C'erano anche livelli significativi di genomi AAV in alcune regioni dei gangli basali; la maggior parte dei campioni indica poi un basso segnale positivo nella SN (22/25 campioni), nel STN controlaterale (21/24 campioni) e nel globus pallidus. Sebbene in queste aree cerebrali siano stati individuati i genomi AAV, i livelli relativi risultavano molto bassi rispetto a quelli nel sito di iniezione: nella SN, che presentava la più alta concentrazione del sito di iniezione, questo era solo l'1,7% del numero medio di genomi misurati nel STN omolaterale adiacente; i genomi AAV sono stati trovati anche nella corteccia, che nel ratto si trova adiacente al sito di iniezione, e nel talamo mediale dorsale. Il cervelletto, l’ippocampo e i bulbi olfattivi di tutti i ratti uccisi dopo 4 settimane erano negativi per genomi AAV. In quelli uccisi dopo un giorno e due settimane, sono stati rilevati bassi livelli di genomi AAV nell'ippocampo (rispettivamente 3/9 e 3/10 ratti) e nel bulbo olfattivo (2/9 e 1/8 ratti rispettivamente); genomi AAV sono stati rilevati anche nel cervelletto di due ratti uccisi dopo 1 giorno.

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Figura 15

Sintesi dei risultati unilaterali di biodistribuzione. N, negativo; contro, controlaterale al sito di iniezione; CSF, liquido

cerebrospinale; GP, globus pallidus; ipsi, omolaterale al sito di iniezione; MD, mediale-dorsale; SN, substantia nigra; STN, nucleo subtalamico. I dati sono presentati come copie/μg diDNA totale.

Da “Biodistribution and safety assessment of AAV2-GAD following intrasubthalamic injection in the rat” Helen L. Fitzsimons, Veronique Riban, Ross J. Bland, Jennifer L. Wendelken, Christine V. Sapan, and Matthew J. During

Successivamente, sono stati misurati i livelli relativi di espressione transgenica GAD mediata da AAV mediante qRT-PCR in un sottogruppo di campioni di tessuto cerebrale risultati positivi ai genomi AAV (Figura 16); per ognuna di queste aree cerebrali, sono stati testati il campione che presentava la più alta concentrazione di genomi AAV e quello contenente la più bassa. L’espressione della GAD è stata rilevata a livelli maggiori nel STN in cui era avvenuta l’iniezione stereotassica, mentre era assente nel STN controlaterale. Livelli apprezzabili di trascritti GAD sono stati rilevati anche nella SN, che, ricevendo un input efferente dal STN, presenta attività trascrizionale nei terminali assonici sinaptici nigrali. In misura minore, l’espressione della GAD è stata anche rilevata in un campione di tessuto corticale e in uno di globus pallidus.

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Figura 16

Valutazione dell'espressione transgenica nei tessuti positivi per i genomi AAV2-GAD. Contro, lato del STN controlaterale

all'iniezione; ipsi, STN trasfettato; i dati genomici AAV2-GAD sono presentati come numero di genomi per μg di DNA totale. I dati di espressione transgenica di GAD sono presentati come espressione transgenica GAD relativa e come espressione percentuale di β-actina.

Da “Biodistribution and safety assessment of AAV2-GAD following intrasubthalamic injection in the rat” Helen L. Fitzsimons, Veronique Riban, Ross J. Bland, Jennifer L. Wendelken, Christine V. Sapan, and Matthew J. During

Per fornire ulteriori prove sulla sicurezza dell’approccio chirurgico stereotassico bilaterale, sono state eseguite delle valutazioni sullo stato di salute dei ratti iniettati bilateralmente con AAV2-GAD due volte alla settimana, senza rilevare nessun evento avverso grave e nessun tipo di anomalia attribuibili all'iniezione di AAV2-GAD. Lo stesso risultato hanno prodotto le osservazioni macroscopiche e le analisi istologiche eseguite post mortem sugli organi e i tessuti in esame (nessuna alterazione tissutale, neoplasia, lesione, variazione di peso). In ognuno dei due gruppi di ratti esaminati e in ciascuno dei tre punti temporali di riferimento, inoltre, è stato valutato il rischio di sviluppare interruzioni o asimmetrie motorie

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in seguito a iniezione stereotassica subtalamica di AAV2-GAD, ed anche in questo caso nessuno di questi potenziali effetti avversi si è verificato.

Una particolare attenzione è stata anche rivolta al rischio di peggiorare la depressione (gli individui affetti da Parkinson sviluppano comunemente questo sintomo): dai dati ottenuti valutando i tipici comportamenti associati alla depressione, è risultato che una piccola percentuale di soggetti ha mostrato un aumento dei sintomi depressivi, mentre la maggior parte non ha mostrato nessun peggioramento; non è ancora chiaro, quindi, se questo fenomeno possa essere legato alla terapia stereotassica.

Da questo studio è stato quindi ottenuto un importante supporto per il completamento del programma clinico della terapia genica AAV2-GAD per i pazienti affetti da morbo di Parkinson.