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technologies: pratiques et perspectives YANNICK HAMON (Università di Bologna)

1. CONTESTI I cambiamenti in atto interpellano anche la didattica delle lingue

1.2 Apprendimento permanente

Le politiche di promozione della formazione permanente adottate in Italia e in Europa, dove oggi sono ritenute centrali per la costruzione della cosiddetta società della conoscenza, si basano sul riconoscimento da parte delle istituzioni dell'importanza per ciascun cittadino di esercitare il proprio diritto di formarsi, apprendere e crescere, sia umanamente che professionalmente, per l'intero arco della vita. Ogni persona può e ha il diritto di acquisire e aggiornare le conoscenze, competenze e abilità in diverse fasi della propria vita e in una varietà di contesti, formali e non formali. Nel 2009 il CEDEFOP3 ha pubblicato le Linee Guida Europee per la validazione dell’apprendimento non formale e informale (European

Guidelines for validating non formal and informal learning). Vediamo che cosa si intende

per apprendimento formale, non formale e informale:

3

Si tratta del Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale. http://www.cedefop.europa.eu (ultima consultazione: febbraio 2016).

157 L’apprendimento formale viene “erogato in un ambiente organizzato e strutturato, specificamente dedicato all’apprendimento, che tipicamente porta all’ottenimento di qualifiche, di solito sotto forma di certificati o diplomi. Comprende i sistemi di istruzione generale, la formazione professionale iniziale e l’istruzione superiore”.

L’apprendimento non formale viene

erogato mediante attività pianificate (in termini di obiettivi e tempi di apprendimento) con una qualche forma di supporto all’apprendimento (ad esempio la relazione studente-docente). Può comprendere programmi per l’insegnamento di competenze professionali, alfabetizzazione degli adulti e istruzione di base per chi ha abbandonato la scuola prematuramente. Sono esempi tipici di apprendimento non formale la formazione impartita sul lavoro, mediante la quale le aziende aggiornano e migliorano le competenze dei propri dipendenti (come nel caso delle competenze relative alle tecnologie per l’informazione e la comunicazione - TIC); l’apprendimento strutturato online (ad esempio con l’uso di risorse educative aperte) e i corsi organizzati dalle organizzazioni della società civile per i loro aderenti, i gruppi interessati o il pubblico generale.

L’apprendimento informale deriva “dalle attività della vita quotidiana legate al lavoro, alla famiglia o al tempo libero. Non è organizzato o strutturato in termini di obiettivi, tempo o supporto all’apprendimento. L’apprendimento informale può essere non intenzionale per il discente.” 4

La necessità di apprendere lungo tutto l’arco della vita e le pratiche di educazione permanente ci hanno permesso di riconoscere, come sempre più importanti e significative, le opportunità di apprendimento non formale e informale accanto a ciò che si apprende a scuola5.

In un contesto di apprendimento permanente la capacità di comunicare in più lingue - che è una delle otto competenze chiave per l’educazione permanente - può nascere a scuola ed

4 Tutte le definizioni date sono state prese dal testo della Raccomandazione del Consiglio europeo sulla

convalida dell’apprendimento non formale e informale, 2012.

5 Si ricorda che il 20 dicembre 2012 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la Raccomandazione sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale, che invita gli Stati membri ad istituire, entro il 2018, in conformità alle specificità nazionali e nel modo da essi ritenuto appropriato, modalità di validazione delle conoscenze, abilità e competenze acquisite al di fuori dei contesti formali, funzionali a consentire alle persone di ottenere un riconoscimento di tali risultati ed una qualificazione completa o parziale e coerenti con i principi e gli approcci dei dispositivi già disegnati a livello europeo in materia di trasparenza (EQF, ECTS, ECVET, Europass ed anche EQVET). Si veda, a tale proposito, la Raccomandazione del Consiglio del 20 dicembre 2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale (2012/C 398/01). Il 18 gennaio 2013 il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato una Raccomandazione sulla validazione dell’apprendimento non formale e informale che sollecita gli Stati membri ad attivarsi affinché ogni cittadino possa avere questa opportunità

(http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:398:0001:0005:EN:PDF). In Italia è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2013 il decreto legislativo recante la “definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e validazione degli apprendimenti non formali e informali e degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, ai sensi dell’articolo 4, commi 58 e 68 della legge 28 giugno 2012, n. 92”.

158 essere sostenuta anche da esperienze che appartengono all’apprendimento informale e non formale. Si veda, a tale proposito, l’esempio citato dalla Raccomandazione europea del gennaio 2013: “

Esempi di risultati di apprendimento acquisiti mediante l’apprendimento informale sono le competenze acquisite durante le esperienze di vita e lavoro come la capacità di gestire progetti o le competenze ITC acquisite sul lavoro; le lingue e le competenze interculturali acquisite durante il soggiorno in un altro paese; le competenze ITC acquisite al di fuori del lavoro, le competenze maturate nel volontariato, nelle attività  culturali e sportive, nel lavoro, nell’animazione socio educativa e mediante attività svolte in casa (ad esempio l’accudimento dei bambini).

Per quanto riguarda l’apprendimento delle lingue non si tratta solo di imparare lingue diverse già a partire dalla scuola, ma di imparare come si imparano le lingue anche per competenze parziali, ad esempio, sfruttando le esperienze di mobilità all’interno di progetti internazionali.

Di fronte a questo cambiamento e in un contesto come quello italiano in cui non sono in pochi a credere che a scuola le lingue non si imparino, diventa importante chiedersi quale sia il ruolo della scuola nell’apprendimento linguistico. Sicuramente, la soluzione non può essere trasferire l’apprendimento linguistico fuori dalle scuole. Solo chi ha gli strumenti - anche economici - per farlo potrà garantirsi un apprendimento davvero efficace delle lingue in contesti non formali. Invece, le scuole dovrebbero essere messe nelle condizioni di poter insegnare meglio le lingue (più lingue) e di contribuire, con lo strumento del curricolo, allo sviluppo dei repertori linguistici degli apprendenti. Occorre interrogarsi sullo specifico della didattica delle lingue in contesti formali di apprendimento: come si imparano e si insegnano le lingue a scuola oggi e soprattutto come può la pratica quotidiana oggi dare valore a tutto ciò che l’apprendente sa e sa fare con le lingue grazie anche ad esperienze fatte in contesti non formali e informali di apprendimento? La scuola deve imparare a valorizzare tutte le esperienze che i nostri alunni fanno in lingua e con le lingue che conoscono. In una programmazione per competenze, occorre che ciò che lo studente impara a fare in lingua anche, ad esempio, grazie ad un progetto di mobilità internazionale o di gemellaggio virtuale possa essere valorizzato, riconosciuto e certificato nella pratica quotidiana. Spesso si ha, invece, la sensazione che ci siano le lezioni (le ore!) di lingua in classe e che i progetti di mobilità stiano a parte!

Perché tutto ciò che si impara a fare in lingua possa entrare a far parte di un apprendimento consapevole e riflessivo, l’apprendimento delle lingue nella scuola dovrebbe essere un

159 ambito nel quale si coltiva anche l’abitudine alla riflessione e la competenza dell’imparare ad imparare.

L’approccio metacognitivo tende a formare in chi apprende le capacità che gli permettono di gestire in modo diretto e consapevole i propri processi cognitivi, dirigendoli attivamente. La metodologia metacognitiva interviene su quattro piani strettamente interconnessi:

- conoscenze sul funzionamento cognitivo generale;

- acquisizione di autoconsapevolezza in ordine al proprio funzionamento cognitivo;

- uso generalizzato di strategie di autoregolazione cognitiva. Le strategie cognitive possono essere insegnate in modo esplicito e diretto, ad esempio, attraverso la presentazione, l’applicazione e la riflessione in contesti significativi di apprendimento di strategie utili allo svolgimento di diverse tipologie di compiti. Nella fase di riflessione l’insegnante incoraggia gli allievi a “pensare ad alta voce”, ad attivare conoscenze preesistenti, a produrre previsioni e, soprattutto, a esplicitare quelle conoscenze implicite che influenzano e guidano l’interpretazione dei fatti ed il comportamento in modo inconsapevole, facendole emergere in modo sempre più consapevole anche attraverso il confronto con altri punti di vista; - rilevazione di variabili psicologiche di natura psicoaffettiva, interagenti coi processi cognitivi. Si tratta di aspetti inerenti l’immagine di sé come persona che apprende, ovvero i significati affettivi connessi alle attività di apprendimento.

Per farlo, il profilo delle competenze di chi apprende una lingua può essere studiato anche con l’aiuto di alcuni strumenti a noi familiari, come il Portfolio Europeo delle Lingue. In altre parole, il valore dell’apprendimento in contesti non formali e informali ci deve servire per avere attenzione per la scuola e per un’educazione plurilingue e interculturale per tutti.