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technologies: pratiques et perspectives YANNICK HAMON (Università di Bologna)

4. Riflessioni conclusive

Questo breve studio ha inteso presentare una proposta didattica incentrata sull’attività di sottotitolatura di lungometraggi giapponesi nell’ambito di un corso magistrale di traduzione audiovisiva in corso presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Come illustrato nella breve introduzione a questo saggio, il sottotitolaggio, a differenza di altre modalità di traduzione audiovisiva, necessita di mezzi stilistici propri per poter concordare con l’intenzione comunicativa globale del testo multimediale (Bruti in Barone; Bruti; Foschi Albert; Tocco 2011: 145) e rimanere equivalente nella lingua target con gli elementi semantici proposti nelle lingue di partenza.In particolare, nel caso della lingua giapponese, la comprensione di aspetti specifici della cultura, nonché dei riti sociolinguistici in essa contenuti, rimane spesso uno dei compiti più ardui da raggiungere per gli apprendenti. Se come suggeriscono Paolinelli e Di Fortunato, il linguaggio filmico prende consistenza dall’unione della parola con il gesto assumendo sostanza dal corpus culturale espresso dall’intero film (ibid. 2005), il sottotitolaggio può rappresentare senz’altro uno degli strumenti didattici più immediati per poter guidare i nostri apprendenti in un’analisi olistica degli elementi audiovisivi che non sia sempre verbocentrica e poco attenta a quel tessuto sociale che, invece, contribuisce alla creazione e all’evoluzione della lingua stessa.

In particolare, per raggiungere tale scopo, in questo studio tra le possibili applicazioni didattiche del sottotitolaggio, una sezione è stata dedicata alla decodifica delle espressioni idiomatiche attraverso il doppio processo di traduzione intralinguistica (captions) e interlinguistica (sottotitoli). Da ciò che si evince dalle interazioni scaturite tra gli apprendenti all’interno dei forum di discussione, come nel caso dei proverbi e dei neologismi (Vitucci 2014, 2013 (1)), anche per le espressioni idiomatiche (kan’yōku), si palesa la necessità di una maggiore esposizione degli apprendenti al suddetto corpus linguistico che, per i seguenti motivi, quasi mai viene affrontato nella didattica di questa lingua.

1. Per la mancanza di materiali didattici ad hoc di livello intermedio-avanzato che si concentrino su questo aspetto particolare dell’oralità giapponese;

150 2. Per la poca sollecitudine del corpo docente, il quale giunge spesso impreparato agli appuntamenti con le nuove tecnologie senza sapere implementare efficacemente né i nuovi materiali multimediali, né le nuove metodologie didattiche ad essi connessi;

3. Perché ai fini della traduzione e del sottotitolaggio, pur restando all’interno dei vincoli tecnici imposti dai sottotitoli, risulta oggettivamente ostico per gli apprendenti svincolare tali espressioni dal significato di origine per riportarle nella propria linguacultura.

Tuttavia, come questa attività dimostra, il passaggio è quasi obbligato poiché l’acquisizione di una competenza interlinguistica e quindi interculturale (che nella suddetta proposta didattica passa attraverso l’osservazione della lingua e si realizza attraverso le fasi dell’ascolto/visione, scrittura e traduzione) si impone come una delle necessità preponderanti all’interno del percorso di apprendimento del giapponese che già alcuni anni fa è stata definita in ambito antropologico una high context language (Hall 1976): ovvero, un sistema sociolinguistico che necessita di fondarsi sull’osservazione contestuale per poter suggerire significati coerenti e comprensibili.Difatti,come suggerisce Balboni:

La caratteristica qualificante della comunicazione interculturale è quella di avvenire tra persone che vengono da scene diverse e che, indipendentemente dal setting fisico in cui si trovano, conservano le regole e i valori del luogo culturale dal quale provengono (Balboni 1999: 26).

In particolare, come suggerito anche dall’intervento didattico presentato in questo studio, le attività di traduzione (che Balboni stesso inserisce nell’ambito del sapere fare lingua) possono fungere da tramite per poter saper fare con la lingua, ovvero raggiungere un livello di competenza che sublimi la competenza meramente linguistica accostandola alle dimensioni sociali, pragmatiche e culturali che si palesano nella competenza extralinguistica. Certamente, per raggiungere il suddetto obiettivo, sarà necessario un ripensamento dell’intervento didattico unitamente a una diversa organizzazione dello spazio-classe: come suggerito in questo studio, una possibile soluzione può essere quella di seguire gli apprendenti nell’interazione con i testi multimediali alternando fasi di didattica frontale (dove proporre un’introduzione teorica-pratica agli studi di traduzione audiovisiva ancorata a precisi obiettivi pratici di sottotitolaggio) a momenti di studio in autoapprendimento e a successivi forum di discussione aperti e moderati dal docente da reiterare per ogni lungometraggio affrontato. Tuttavia, questo studio ha inteso presentare una prima proposta didattica di traduzione audiovisiva che si auspica di poter approfondire nel corso dei prossimi anni con la collaborazione di tutti i docenti di lingue straniere coinvolti in attività didattiche imperniate sul sottotitolaggio in ambito accademico. Sarà,

151 infatti, fondamentale confrontarsi con le ricerche sviluppatesi nel settore per poter affinare la ricerca nonché le metodologie didattiche da questa scaturite.

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Postfazione

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Apprendere e Insegnare le lingue nella scuola di oggi

SILVIA MINARDI (LEND – Lingue e Nuova Didattica)

Ogni discorso sulla didattica delle lingue non può, oggi, non tenere conto delle mutazioni in atto nei contesti in cui viviamo. Dopo avere dunque elencato i cambiamenti in corso imposti dall’uso sempre più importante delle tecnologie, dalle necessità derivanti da un apprendimento permanente che si fonda anche su esperienze non formali e informali e, infine, dal carattere multilingue e multiliculturale nei contesti nei quali viviamo, il presente contributo esamina le evoluzioni delle politiche linguistiche in atto sia a livello europeo sia nel contesto italiano e illustra alcune possibili scelte per una didattica delle lingue, improntata allo sviluppo di curricoli plurilingui ed interculturali.

Key words: educazione linguistica - educazione plurilingue e interculturale - curricolo -

politiche linguistiche