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technologies: pratiques et perspectives YANNICK HAMON (Università di Bologna)

2. Finalità del progetto didattico di sottotitolaggio

Da una prospettiva teorica, l’approccio didattico implementato per il corso di traduzione audiovisiva di lungometraggi giapponesi organizzato dall’autore presso l’Università Ca’ Foscari si basa su di un concetto di lingua che Balboni definisce insieme strumento pragmatico per la comunicazione estetica e l’instaurazione di rapporti sociali, e strumento identitario, ossia volto ad affermare l’appartenenza a uno specifico gruppo sociale (Balboni 2007). Tale presupposto, difatti, si rivela di fondamentale importanza in fase di attuazione del progetto didattico poiché coadiuva il docente nel focalizzare l’attenzione degli apprendenti su precisi fenomeni sociolinguistici quali la variazione (sia essa diatopica, diafasica o diastratica) e nel presentare loro quelle che Hoefstede (2002) definisce i software of the mind (ovvero l’insieme delle regole culturali che regolano la comunicazione linguistica) e i software di

comunicazione (l’insieme degli aspetti para ed extraverbali che si accompagnano al

linguaggio) che Balboni stesso inserisce all’interno della competenza interculturale con la denominazione di ways of thinking (cioè, il modo di pensare interno alle varie culture) e ways

of life (comportamenti e abitudini scaturiti dalle specificità culturali che si manifestano nella

vita quotidiana).

Basando l’intervento didattico sulla suddetta definizione di lingua, di seguito si elencano le finalità per il corso di traduzione audiovisiva proposto:

1. stimolare la ricostruzione del tessuto linguistico ed extralinguistico grazie al contatto con colonne sonore multimediali attraverso attività di ascolto/visione finalizzate alla produzione dei sottotitoli intralinguistici (captions);

2. sviluppare negli apprendenti una competenza sociopragmatica (Vedovelli 2011: 48) attraverso l’osservazione controllata delle colonne sonore e la decodifica dei riti linguistici ed extralinguistici in esse contenuti sia ai fini della produzione orale che per quelli della traduzione interlinguistica (subtitles);

3. veicolare un apprendimento collaborativo in sostituzione di un approccio didattico unilaterale e gestito unicamente dal docente;

4. trasmettere un know-how teorico-pratico sulle tecniche del sottotitolaggio da poter riutilizzare in eventuali futuri contesti lavorativi.

140 A. L’ascolto, che nella TAV è facilitato dalla sinergia tra colonna sonora e immagini e che permette un’immediata contestualizzazione della lingua unitamente a una relativa facilità di inferenza degli elementi sintattico-lessicali in essa contenuti3;

B. La scrittura che, nel caso della traduzione intralinguistica si manifesta nella ricostruzione della colonna sonora in lingua source (captions) e che porta l’apprendente a dover gestire autonomamente il passaggio diamesico dalla lingua orale a quella di “compromesso” del sottotitolaggio (Petillo 2012);

C. La traduzione interlinguistica dalla lingua source a quella target (giapponese-italiano) che stimola la già citata osservazione delle differenze linguistiche e socioculturali tra le due

lingueculture e che si sviluppa nei tre momenti successivi della riduzione testuale, della

trasformazione diamesica e dell’atto traduttivo (Perego 2005).

Abbinando le finalità del corso con le abilità che si intendono stimolare si può notare, ad esempio, come le suddette finalità 1 (ricostruzione del tessuto linguistico ed extralinguistico) e 3 (apprendimento collaborativo) possano essere raggiunte attraverso le competenze A (ascolto-visione) e B (riscrittura in giapponese della colonna sonora) durante il momento della traduzione intralinguistica. Non a caso, il recupero delle informazioni linguistiche in giapponese, la costruzione delle conoscenze attraverso la riscrittura e la condivisione dei contenuti acquisiti all’interno del gruppo di studio rispecchiano rispettivamente i concetti del

learning by doing, learning by reflection e del case-based learning (Vitucci 2013: 69 (2)).

Analogamente, la finalità 2 (sviluppo di una competenza sociopragmatica) può essere raggiunta attraverso lo sviluppo della competenza C della traduzione interlinguistica. Nel suddetto caso, infatti, l’attenzione degli apprendenti può essere indirizzata in tre maggiori direzioni:

1. l’osservazione degli elementi che ruotano intorno alla lingua, ovvero: le caratteristiche cronemiche del dialogo (turni di parola, pause, ruolo del silenzio), gli aspetti pragmatici del linguaggio (alterazione dei suoni, le elisioni, i deittici), gli elementi paraverbali (innalzamenti della voce, ritmo del parlato, intonazione) ed extraverbali (mugugni, risate, colpi di tosse), nonché gli elementi di variazione contenuti nelle colonne sonore oggetto di studio (principalmente diatopia, diafasia e diastratia);

2. l’osservazione degli elementi che cumulativamente possono definirsi oltre la lingua e che comprendono: l’analisi degli aspetti cinesici della comunicazione (gesti, espressioni del viso e

3

È doveroso sottolineare come nell’ambito di questo progetto didattico, l’ascolto sia strettamente propedeutico alla fase successiva di traduzione intralinguistica (captions).

141 movimenti del corpo), della prossemica (distanze e contatto tra i parlanti), della vestemica e dell’oggettemica4

;

3. l’osservazione degli elementi interculturali che, nel caso dei lungometraggi finora utilizzati, ha riguardato principalmente il folklore, le credenze religiose e le stagioni, lo studio del sistema lavorativo, familiare e scolastico, nonché i riferimenti alla cultura gastronomica giapponese.

2.1 Organizzazione dell’intervento didattico

Per poter raggiungere i suddetti obiettivi si è resa necessaria un’organizzazione dello spazio- classe che tenesse conto dei tempi disponibili per la didattica frontale durante il semestre5 e di un’attività di gruppo che coinvolgesse gli apprendenti in gruppo durante le ore di studio extrauniversitarie. Di conseguenza, l’attività è stata preventivamente suddivisa dal docente negli stadi seguenti:

1. formazione dei gruppi di studio e introduzione al software di sottotitolaggio; 2. organizzazione del calendario delle presentazioni e assegnazione delle sequenze; 3. introduzione e previsione dei lungometraggi in aula;

4. introduzione teorica alla TAV al fine di inquadrare l’attività in una prospettiva tecnico- accademica;

5. presentazione sotto forma di forum di discussione in gruppo delle sequenze sottotitolate in aula con moderazione del docente;

6. prova di sottotitolaggio finale.

Come suggerito sopra, da un punto di vista operativo, il progetto ha visto alternarsi momenti di didattica frontale, esperienze di autoapprendimento in gruppo e interazioni apprendenti- docente (con l’insegnante in veste di editor) riassunti nella figura seguente:

4 Questi ultimi due elementi rappresentano due strumenti fondamentali per comunicare status e funzioni sociali all’interno delle società oggetto di studio.

142 Figura 1. Ciclo operativo del corso di traduzione audiovisiva Ca’ Foscari.

Il suddetto ciclo mostra come si possa inserire in un tipico modello di didattica frontale un percorso di studio in autoapprendimento dove gli apprendenti sono chiamati a svolgere settimana dopo settimana specifici task in gruppo (di traduzione intralinguistica e interlinguistica) per poi ritornare in aula a discutere all’interno di forum di discussione aperti moderati dal docente del lavoro di traduzione svolto con i propri pari. Per realizzare la suddetta interazione, la lezione frontale è stata divisa in due momenti ben definiti: l’introduzione teorica alla TAV6

e il forum di discussione. Per permettere agli apprendenti di poter lavorare in gruppo durante la settimana, i lungometraggi affrontati sono stati suddivisi in sezioni di venti minuti ciascuna in formato .avi (sei sezioni circa per lungometraggio) assegnate di volta in volta secondo una modalità graduale: durante le prime settimane, tutti i gruppi7 ricevono la stessa sequenza al fine di stimolare le prime discussioni in aula; successivamente, monitorando il livello di autonomia raggiunto dai gruppi nel maneggiare il software di sottotitolaggio e le tecniche di traduzione audiovisiva, il docente procede a differenziare le task e ad assegnare sequenze diverse mettendo “in competizione” due gruppi per volta. Esaurite le sequenze di un film, lo stesso ciclo si ripete anche per il lungometraggio successivo, dove però, a differenza dall’inizio del corso, i gruppi sono chiamati a lavorare sin dalle prime battute su sequenze diverse.

6 L’introduzione teorica si rivela estremamente utile ai fini della motivazione allo studio poiché si chiariscono agli apprendenti gli obiettivi da raggiungere e si palesano le competenze tecniche che verranno acquisite alla fine del corso.

143 Tra le finalità assegnate agli apprendenti durante lo studio di gruppo, vi è quella di giustificare le scelte traduttive sulla base della teoria della traduzione audiovisiva presentata in aula dal docente. Tale strategia è volta a giustificare la presenza dell’insegnante come moderatore all’interno dei forum di discussione dove di norma un gruppo per volta presenta il proprio lavoro prestandosi ai suggerimenti degli altri gruppi e del docente. L’interazione che ne scaturisce all’interno mostra come sia possibile affrontare in profondità le varie problematiche di traduzione che si propongono durante l’attività affrontando i lungometraggi senza una necessaria preventivazione delle difficoltà e facendosi carico dell’elemento di novità insito nelle task attraverso il rapporto che si instaura tra i gruppi di lavoro ed il docente. Di certo, la variabile della “sorpresa” contribuisce a rendere l’ambiente di apprendimento maggiormente informale e più incline ad un atteggiamento di problem solving che facilita non poco le operazioni didattiche. Tuttavia, oltre all’instaurazione di un rapporto più orizzontale tra docente e apprendente, tale esperienza didattica rivela innanzitutto come sia possibile stemperare la classica paura di misurarsi con prodotti linguistici autoctoni (Sherman, 2003) nel rapporto con i propri pari e attraverso una costruzione delle conoscenze partecipativa che influisce altresì sulla qualità dei flussi comunicativi all’interno dello spazio-classe.

2.3 Target e selezione dei lungometraggi

In tre anni accademici di attività hanno partecipato al suddetto progetto didattico circa 130 studenti di livello linguistico equiparabile al livello N3 del Japanese Language Proficiency Test8 per i quali sono stati selezionati commedie e film drammatici di recente fattura che potessero incontrare sia l’interesse dei discenti verso i fenomeni contemporanei della cultura giapponese, sia le esigenze didattiche e di apprendimento legate al corso. I lungometraggi selezionati sono stati i seguenti: The handsome suit (2008) di Hanabusa Tsutomu, Pool (2009) di Ōmori Mika, Megane (2007) e Rentaneko (2012) di Ogigami Naoko, Ima ai ni yukimasu (2004) di Doi Nobuhiro. Da una prospettiva linguistica, al fine di non diluire il sentimento di novità e l’interesse mediatico veicolati dai lungometraggi proposti, sono stati inseriti prodotti che presentassero elementi linguistici utili per la trattazione in aula (vedi il ricorso alla lingua giapponese standard e a un linguaggio poco marcato dal punto di vista gergale) limitando, invece, al minimo quelli recanti fenomeni complessi (quali, ad esempio, il code shifting o il

code mixing). Tranne che per i suddetti accorgimenti, i lungometraggi trattati non hanno

passato ulteriori filtri e l’analisi che ne è scaturita è stata essenzialmente frutto dell’attività di

144 gruppo organizzata in classe nonché di una realistic language experience9, ovvero di un

contatto diretto dei discenti con gli script e con l’intera cornice culturale insita nei film proposti.

3. Prospettive didattiche: analisi delle espressioni idiomatiche in giapponese attraverso