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2.3 CHIRURGIA PROTESICA DELL’ANCA 10

2.3.7 APPROCCI CHIRURGICI E CENNI DI CHIRURGIA

Molti cambiamenti sono avvenuti per quel che riguarda gli approcci chirurgici e le tecniche usate per le protesi d’anca; ciò in relazione alla naturale tendenza dei chirurghi di individualizzare le operazioni in base alle proprie esperienze cliniche e alle varie

scuole. Essenzialmente gli approcci chirurgici si distinguono laddove il paziente sia operato su un lato o in posizione supina e laddove l’anca sia dislocata anteriormente o posteriormente.

La scelta dell’approccio specifico è quindi, come già detto, una scelta personale del chirurgo. Esistono dei protocolli specifici per ogni singolo approccio, virtualmente tutte le componenti, femorale ed acetabolare, possono essere impiantate bene attraverso numerosi approcci purchè sia ottenuta l’adeguata esposizione articolare.

Ogni approccio d’altronde ha i suoi relativi vantaggi e svantaggi. L’originale tecnica di Charnley utilizzava un approccio anterolaterale con il paziente supino, l’osteotomia del grande trocantere e la dislocazione anteriore dell’anca. Quest’approccio è ora molto meno usato per i problemi dovuti al riattacco del grande trocantere. Amstutz ha sostenuto a sua volta l’approccio anterolaterale con l’osteotomia del grande trocantere, ma con il paziente in posizione laterale piuttosto che supina. La tecnica di Muller usa anch’essa l’approccio anterolaterale con il paziente in posizione laterale, ma include il rilascio della sola parte anteriore del meccanismo abduttorio. L’approccio di Hardinge diretto laterale è fatto con il paziente supino o in posizione laterale: una incisione a scissione del muscolo medio e piccolo gluteo permette la dislocazione anteriore dell’anca e offre un’eccellente esposizione dell’acetabolo. La variante di Dall di questo approccio

include la rimozione della porzione anteriore degli adduttori con un sottile strato di osso attaccato dal bordo anteriore del grande trocantere per facilitare la loro riparazione laterale; la funzione abduttoria è migliorata dopo il riattacco osseo delle porzioni anteriori di questi muscoli. Head e altri hanno invece usato una variante dell’approccio laterale diretto, in cui il paziente è in posizione laterale e il vasto laterale si riflette anteriormente in continuità con la cuffia anteriore degli abduttori: questo approccio permette un’esposizione molto maggiore del femore prossimale rispetto all’approccio di Hardinge ed è molto più appropriato per la revisione.

L’approccio posterolaterale, modificazione dell’approccio posteriore di Gibson e Moore, con la dislocazione posteriore dell’anca richiede il posizionamento del paziente lateralmente, ma non richiede la osteotomia di routine del grande trocantere. Quest’approccio è descritto con diversi dettagli perché è molto soddisfacente sia per la protesi primaria che per la revisione. Non è infatti compromessa la funzione abduttoria, ma del resto l’esposizione della parte anteriore dell’acetabolo può risultare difficile. Il tasso di lussazione postoperatoria è maggiore con l’approccio posterolaterale rispetto a quello anterolaterale o laterale diretto.

La specifica tecnica di impianto di una protesi varia in relazione al metodo di fissazione, cioè se la protesi sarà cementata o non cementata; cambierà quindi la preparazione per i dispositivi di fissaggio accessori per l’acetabolo, la forma della componente femorale, la lunghezza dello stelo, l’assemblaggio delle porzioni modulari della componente acetabolare, la testa del femore e, con alcuni sistemi, la componente femorale stessa. Del resto la strumentazione supportata per un sistema è specifica per quel sistema e dovrebbe sempre essere usata quella. Il fabbricante fornisce un manuale tecnico con la strumentazione che dà una precisa descrizione degli strumenti e di come usarli per il corretto impianto dei componenti. Anche se gli strumenti sono di per sé simili, ci possono essere sostanziali differenze nella configurazione e nel modo in cui devono essere assemblati e usati. Il chirurgo e il ferrista dovrebbero avere molta familiarità con questi strumenti prima di procedere con l’intervento. Una sessione pratica con un modello plastico osseo dovrebbe sempre essere fatta prima di procedere con l’impianto di una nuova protesi.

Presentiamo solo dei cenni riguardo l’approccio postero laterale: con il paziente posizionato sul tavolo operatorio sul fianco contro laterale, in anestesia generale o spinale, si delimita il campo sterilmente, disinfettando ripetutamente la cute.16 Si esegue 16 Cotta H., Tecniche chirurgiche in ortopedia e traumatologia: approccio metodologico, pianificazione

un’incisione a livello del grande trocantere di circa 10-15 cm di lunghezza e si arriva sulla fascia lata, che viene a sua volta incisa. Successivamente, con l’arto inferiore in rotazione interna, si esegue la tenotomia degli extrarotatori, arrivando così sulla porzione posteriore della capsula articolare; si esegue così la capsulotomia, arrivando in articolazione. Flettendo, intraruotando e adducendo, si ottiene la lussazione della epifisi prossimale del femore e con una sega a lama oscillante si effettua l’osteotomia del collo femorale, cercando di rispettare la pianificazione pre- operatoria. Mediante l’ausilio di divaricatori viene esposto il versante cotiloideo; con adeguate frese motorizzate di diametro crescente si prepara l’alloggio della componente protesica: da ricordare che durante questa manovra è importante rispettare lo spessore delle pareti anteriore e posteriore al fine di garantire un adeguato supporto osseo alla protesi. Chiaramente la scelta di fissazione dell’impianto, cementato o press-fit, dipende naturalmente da una serie di condizioni legate al paziente come l’età e la qualità ossea. Per protesi cementata si intende infatti revisione della testa del femore e dell’acetabolo insieme con l’intero apparato capsulo-ligamentoso e relativa sostituzione con testina protesica su stelo femorale e componente protesica acetabolare, da fissarsi mediante cemento acrilico, il cui utilizzo consente un carico precoce. Nella non cementata, come dice la

parola stessa, non si ha il cemento come fissante, il carico dovrebbe essere meno precoce e la qualità del tessuto osseo dovrebbe essere affidabile, quindi il soggetto dovrebbe essere massimo di 70 anni. Comunque qualunque sia il tipo di fissazione utilizzata resta comunque importante il corretto posizionamento della componente protesica che possiamo considerare ideale con 40-45° rispetto all’asse longitudinale del corpo e con 15-20° di antiversione. A questo punto verrà preparato il versante femorale per l’alloggio della corrispettiva componente protesica, l’arto viene posto in flessione adduzione ed intrarotazione ed una volta identificato il canale intramidollare se ne esegue la preparazione con particolari alesatori. Vengono eseguiti alesaggi sequenziali fino al raggiungimento della taglia adeguata, tenendo sempre in considerazione il planing preoperatorio. La fissazione della componente definitiva potrà quindi avvenire con o senza cemento come per il versante acetabolare; successivamente viene poi valutata la giusta misura del collo e della testina per ottenere la massima stabilità e il ripristino della giusta tensione dei tessuti molli ed una lunghezza dell’arto pari a quella contro laterale.

2.3.8 COMPLICANZE E AVVERTENZE SPECIALI PER IL

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