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CAPITOLO 1: l’autorappresentazione

1.2. Autobiografia, Autobiografia, autobiografia visuale e cronaca

1.2.2. Appunti per un’autobiografia visuale: Il caso di Zenil,

L’esperienza espositiva svoltasi nel 1996 a San Francisco per opera di Nahúm Zenil conteneva già nel titolo una sorta di dichiarazione d’intenti: Witness of self – Testigo

del ser. L'artista intende esplorare la propria vita interiore oltre che la storia

personale e collettiva come messicano, come artista meticcio e come uomo omosessuale. I due piani micro e macro vengono presentati alternativamente e alle immagini arcaicizzate, simili a vecchi ritratti d’epoca, seguono angeli e demoni in lotta, Madonne cattoliche e personaggi mitici come Diego Rivera e l’iconica Kahlo.

65

T.D. Adams citato in S.Albertazzi, op. cit., p.31. 66 M. Rizzarelli, op. cit., p. 17.

39 Partiamo dalla prima tipologia di proposta, ed ecco un’immagine di famiglia con cane, dal titolo descrittivo di Retrato de familia. Ha tutta l’apparenza di una foto d’epoca con la madre, il pittore e il suo compagno in primo piano, con sullo sfondo la casa di famiglia. Sarebbe una pura riproduzione verista della realtà se sulla parte superiore del quadro non apparisse un cagnolino accucciolato tra le nuvole a rendere incerto il tempo e i piani del racconto. L’opera datata 1987, inoltre, si rifà nello stile a una fotografia ingiallita, persa nel tempo. Persino gli indumenti con cui i soggetti vengono ritratti potrebbero risalire a qualsiasi decennio del Novecento.

Come sostiene Albertazzi:

La foto di famiglia è fondamentale nella costruzione dell’identità non solo del singolo, ma della stessa comunità familiare assicurando la preservazione tanto del conservatorismo patriarcale quanto della sicurezza emotiva garantita dalla continuità e contiguità relazionale.67

Quest’opera, più di altre presenti nella mostra, è una carta d’identità del suo autore: ne rivela la classe sociale, l’origine etnica, l’omosessualità e quel tentativo sovversivo, anti patriarcale che da sempre alimenta la sua opera. La figura paterna è sostituita da quella del compagno di vita e l’atteggiamento dei soggetti ritratti sembra voler rilevare più una comunione che una gerarchia tra loro.

Qualche quadro più in là, ritroviamo la madre dell’artista e il suo cane in due situazioni ben diverse dalla precedente. La signora anziana è seduta in una poltrona collegata al macchinario per la respirazione artificiale e la fleboclisi, ha gli occhi chiusi e l’aria affaticata. Poggia i piedi a terra sulla sagoma di suo figlio abbozzata sul pavimento. Se non fosse indicato dal titolo, non sapremmo che si trova in un ospedale ma certamente avremmo intuito la gravità della sua situazione di salute. Il cane appare nel suo ritratto personale, comodamente seduto in una sedia di vimini. Ora sappiamo, dal titolo, che l’animale si chiama MonnaLisa e che alla data del dipinto, il 1982, era ancora vivo.

40 Mettendo in relazione solamente tre, tra le tante opere esposte, è già possibile ricostruire piccoli frammenti della storia personale dell’artista.

La questione si complica quando accanto alle immagini di genere più realistico se ne accostano altre dall’alto contenuto simbolico, provocando un ulteriore allontanamento dalla fotografia, che d’altronde, come sostiene Nino Migliori: «è più vicina alla letteratura che alle altre arti visive essendo, etimologicamente, scrittura di luce68»:

Mentre un quadro, anche se rispetta i criteri fotografici della rassomiglianza, non fa mai nulla di più che enunciare un’interpretazione, una fotografia non fa mai niente di meno che registrare un’emanazione (onde luminose riflesse da oggetti), un’orma materiale del suo soggetto, come un quadro non è mai in grado di fare.69

Susan Sontag, riassume qui, in poche righe, la distinzione netta fra fotografia e pittura. Mentre la fotografia «si pone, dunque, come testimonianza, quasi in opposizione alla vita che, se non opportunamente documentata, rischia di apparire non vissuta»,70 il ritratto pittorico, per sua natura mistifica o magnifica. Lo stesso Melville, citato dalla nota intellettuale statunitense, sosteneva che tutte le forme di ritratto nella civiltà del commercio siano tendenziose.71

Probabilmente cosciente di questo aspetto non secondario della pittura, Zenil rende evidenti i meccanismi di distorsione spazio-temporale nonché la quota di narcisismo e di adulazione che è presente in molti ritratti, e lo fa in due modi: attraverso la “riscrittura” dei suoi maestri Kahlo e Rivera, che riadatta alle sue vicende autobiografie pur mantenendo evidente il richiamo all’originale, o attraverso l’iperbole, quando, ad esempio, per rappresentare la bontà e le sofferenze della madre, la dipinge come Virgen de Guadalupe.

68 Ibid., p. 16.

69 S. Sontag, Sulla fotografia, Torino, Einaudi, 2004, p. 132. 70

S. Albertazzi, op. cit., p. 51 71 S. Sontag, op. cit., p. 143.

41 In questo modo la pittura, come del resto la fotografia, ricopre una funzione di riappropriazione del reale e di rielaborazione personale dello stesso:

Quasi tutte le espressioni contemporanee della preoccupazione per il fatto che il mondo di immagini sta sostituendo il mondo reale, echeggiano, come già Feuerbach, la denigrazione platonica dell’immagine stessa, che è insieme veritiera nella misura in cui assomiglia a qualcosa di reale, e falsa in quanto non è altro che una somiglianza. [...] La fotografia non è soltanto una raffigurazione del suo soggetto, un omaggio a esso. Ne è parte integrante, ne è un prolungamento, ed è un potente mezzo per acquisirlo, per assicurarsene il controllo.72

L’illusione di possedere qualcosa, e dunque di poterla controllare, spinge all’uso delle immagini ma un’altra ragione è data dalla possibilità di comprendere attraverso le micronarrativas, la Storia sociale. Questo è quanto sostiene Guasch citando Bourdieu.

La stessa Guasch s'interroga sul significato di Autobiografia visuale e su cosa distingua questo genere dal ritratto o dall’autobiografia scritta. Sinteticamente potremmo accennare al fatto che come sostiene Godard: «un autoritratto non ha un io». Non è vissuto.

Per dirla con LeWitt: el autorretrato constituye la representacion del no

vivido, una representación que carece de experiencia mentre l’autobiografia ha a

che vedere con la interrelación entre el tema, el objeto y la obra que podría

calificarse de tautológica como si la propria autobiography se convirtiera en otro elemento de sí mismo, un conjunto que se contén a sí mismo como su miembro más ejemplar.73 In altre parole: un’opera può esser autobiografica anche se non si tratta o implica la presenza di un autoritratto dell’artista.

72

Ibid., pp. 132-133.

42 Derrida invita a esaminare l’aspetto realmente centrale della questione biografica ovvero la relazione tra il pensiero del filosofo (o dell’artista) e il quotidiano della sua vita. Ciò comporta costruire un documento della sua storia personale, o storia della personalità, mettendolo in discussione e valutando le varie strategie teorico-pratiche vincolate con l’ideologia dell’individualismo e la gratificazione narcisista74.

Anna Maria Guasch si lascia guidare dal punto di vista di José Luis Brea secondo cui l’autobiografia es autoproductiva, es el paradigma mismo del texto

performativo, è produttrice di realtà.75

Solamente partendo dai presupposti teorici del già citato regista francese JeanLuc Godard secondo cui: «solamente quando l’autore si nega a se stesso come personaggio biografico, può chiamarsi artista» può compiersi quel processo delicato quanto efficace di “demolizione dell’autore autoriale” che ha funto da parametro per la scelta degli artisti analizzati dalla studiosa catalana.

L’elemento performativo tanto caro a Lemebel, come a Zenil, permette a entrambi di crearsi e ricrearsi costantemente e in maniera sempre efficace, ancor più che se avessero cercato di narrarsi in modi più “consoni”.

Per loro vale lo stesso che per Cindy Sherman, un’altra trasformista dell’arte su cui Guasch afferma:

Sherman no narra su vida. Ni realiza su autorretrato. Todo funciona de forma alegórica. En realidad, «ella misma es la mirada a través de la cámara, la activa ausencia – presencia, el sujeto y el objeto de su representación de mujer como signo, de mujer como posicionada del género, pero también de la raza y la clase».76

Se volessimo sintetizzare l’intero approccio e percorso autobiografico di Nahúm Zenil, ma anche di Lemebel e di Arenas, nessuna opera d’arte appare più

74 Ibid. p. 15. 75

Ibid. p.19.

43 adatta di Hombre con condón (fig. 2) dell’artista di Vera Cruz. Si tratta di un uomo in un nudo frontale, sguardo fisso, immobile verso l’obiettivo, a significare la consapevolezza di essere osservati e al contempo la necessaria concentrazione/assenza utile a reggere lo sguardo altrui, e con un enorme preservativo trasparente a coprirne l’intero corpo: quel leggero strato di materia che non consente alla realtà di contaminare troppo l’immaginazione artistica.

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1.3 La scrittura visiva e l’immagine narrativa: come raccontarsi tra