CAPITOLO 2: Il corpo
2.3. Dar corpo alla patria: nazionalismo e modello virile
2.3.3. Alla ricerca dell’uomo nuovo o il nazionalismo non è mai stato
2.3.3.3. Il caso messicano
Nel suo laberinto de la soledad, Octavio Paz riconduce il machismo messicano al mito della Malinche. Questa figura femminile, legata indissolubilmente ai tempi della colonizzazione, rappresenterebbe il tradimento di una madre (indigena) nei confronti del suo popolo. Decidendo di fungere da tramite tra i conquistati e i conquistatori, Marina, Malinchín, Malinche, ha regalato a questi ultimi la vittoria e ha donato ai suoi figli un padre dal quale erano indesiderati.
Il cosiddetto choque de la conquista179 di cui parla Gruzinski, determinò pertanto un enorme mestizaje dovuto alla mescolanza tra le etnie e le culture differenti che avevano creato il “nuovo americano”. Questa popolazione di persone che “stavano nel mezzo” e che non si sentivano di appartenere completamente né all’ascendenza indigena, né a quella africana e neppure a quella europea. Nel XIX secolo con le lotte per l’indipendenza di molti Paesi latinoamericani, e l’inasprirsi del nazionalismo, si cercò di costruire un’identità comune che andasse oltre le molteplici differenze sia all’interno dei singoli stati che a livello continentale. Nonostante questo, secondo Paz, i «fantasmi e le entità immaginarie, le vestigia del passato generate dagli stessi conquistati»180 non tacquero con il passare dei secoli. Il trauma di una madre chingada a causa di un padre chingón non si sarebbe, pertanto, rimarginato facilmente e avrebbe prodotto nei maschi latinoamericani una sorta di “coazione a ripetere” del trauma che trovò facile sfogo nel machismo.
178 P. Lemebel, Loco afán: cronicas de sidario, cit., p.149. 179
S. Gruzinki, El pensamiento mestizo, Barcelona, Ed.Paidós Ibérica, 2000. 180 O. Paz, El laberinto de la soledad, Madrid, Ed. Cátedra, 2015.
97 L’omosessuale passivo, scegliendo di “aprirsi”, si identificherebbe con la madre archetipica e verrebbe meno a quell’ideale della mascolinità, dell’essere “vero uomo”, che consiste per i messicani nel no rajarse nunca. Chi nonostante questo decide di farlo, appare come un possibile traditore o come un codardo:
Il chingado è il passivo, l’inerte e aperto, in opposizione a quello che chinga, che è attivo, aggressivo, chiuso. Il chingón è il maschio, colui che apre. La chingada è la femmina, la passività pura, inerme di fronte all’esterno.181
Nahúm Zenil, offre attraverso la sua opera, un'alternativa esteticamente dirompente a quel mondo di chingones in cui «l’unica cosa che vale è la mascolinità, il valore personale di imporsi182». Decide di farlo anche attraverso alcune immagini contenute nell’esposizione El testigo del ser o poco successive. Mediante esse l’artista mette in discussione il tabù della “impenetrabilità” del maschio e anzi la esaspera, riconducendola al simbolo patriottico per antonomasia: la bandiera (fig. 16-
17-18). Soprattutto il trittico della figura 18, destò scandalo e il governo messicano
ne proibì l’esposizione durante un festival di arte LGBTIQ avvenuto una ventina d’anni fa.183
Come già accennato in precedenza, in riferimento ad altri contesti nazionali, il cosiddetto “patriottismo fisiologico” era fondamentale per veicolare valori e virtù di un determinato paese e per l’immagine stessa di questo, dinanzi alle altre nazioni. Il corpo – in quanto elemento di autorappresentazione della nazione, così come le bandiere, gli inni e le feste nazionali184 - assunse un valore altamente simbolico mentre nelle opere pittoriche in esame viene interpretato in maniera dissacrante, esattamente come gli altri emblemi, per sottolineare un sopruso avvenuto nei confronti di un determinato gruppo di persone. L’origine meticcia dell’artista assume, inoltre, un altro significato all’interno del discorso portato avanti sinora.
181 Ibid., p. 101. 182 Ibid., p. 103. 183
Notizia non ufficiale estratta da blog, consultato il 7/12/2016. http://nahumzenil.blogspot.it/ 184 L. Benadusi, op. cit., p.13.
98 Il pensiero di Octavio Paz, trova conferma nei lavori di Samuel Ramos precedenti rispetto al suo di una ventina di anni. I due studiosi condivisero una visione essenzialista rispetto ai temi connessi con la costruzione della “mascolinità messicana” che tuttavia non teneva conto delle diversità insite tra gli uomini locali, né dei differenti contesti possibili all’interno del paese.
Guillermo Núñez Noriega, in accordo con molti studi antropologici e sociologici sul tema, assume una prospettiva di tipo postrutturalista, in aperta contrapposizione con il suddetto pensiero:
Desde mi punto de vista y de acuerdo con la información etnográfica y con las perspectivas antropológicas actuales, cualquier estudio sobre el hombre mexicano debe de empezar por reconocer lo obvio: México no es una realidad cultural homogénea, por lo tanto los mexicanos no somos todos iguales, incluidos los hombres. No hay tal “hombre mexicano”, no existe semejante ser homogéneo, uniforme y estable. Nunca existió en la realidad. El “hombre mexicano” es un objeto de discurso, producto de maniobras retoricas ligadas a un proceso político específico: la construcción de la nación (Anderson, 1983)185.
Ancora una volta ritroviamo il nazionalismo come principale motore della costruzione dell’identità di genere egemonica, in concerto con le varie istituzioni: le chiese cristiane, la legge, la scuola, la famiglia e la medicina. Noriega tuttavia prende le distanze da qualsiasi classificazione semplicistica e a tal proposito afferma nel suo saggio:
La sustancialización en el nacionalismo posrevolucionario tiene claras connotaciones masculinas (O’ Malley, 1986; Muñiz, 2002). […] Las persistentes luchas por la democratización y la crisis de la ideología nacionalista posrevolucionaria desde los años sesenta, han contribuido en la apertura de espacios teóricos y políticos para pensar esta
185
G. Núñez Noriega, Masculinidad e intimidad: identidad, sexualidad y sida, Ciudad de México, Porrúa Editor, 2007. p. 155.
99 diversidad que ahora nos parece tan obvia. […] A diferencia
de cierta tendencia esencialista de los mens studies, que tratan acerca de la “masculinidad” de los hombres, nuestro objeto de estudio no es un grupo de hombres definidos naturalmente por su biología, hombres haciendo cosas “viriles” ni tampoco un grupo de hombres con diferentes masculinidades. Más bien, estudiamos un grupo de personas socializadas en diferentes y contradictorias semióticas de género (coexistentes en la sociedad mexicana) que participan en disputas cotidianas por significar la “hombría” y la “masculinidad” o que disputan el carácter “varonil” de su subjetividad, de sus relaciones y de sus acciones186.
Terminiamo queste riflessioni con un rimando a Pierre Bourdieu sostenendo che la dominazione maschile è strettamente legata alla formazione di un'illusio che sta alla base di quella lotta quotidiana (interna e sociale) per l’assegnazione di quel bene, ritenuto da alcuni come un onore, nell’essere maschi alfa. Tali sottotesti sono promotori del famigerato epiteto: «¿Qué? ¿No eres hombre?» usato come termometro per stabilire il grado di dominio su di sé e sul mondo circostante.
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