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CAPITOLO 2: Il corpo

2.3. Dar corpo alla patria: nazionalismo e modello virile

2.3.1. La costruzione del modello maschile

Il corpo umano oltre a essere un organismo perfetto è un imponente veicolo metaforico che si esprime tramite un preciso codice; tale insieme di attitudini e comportamenti sono sottoposti al potere delle norme sociali, morali, sessuali imposte dalle varie istituzioni, atte al controllo delle masse. La costruzione della mascolinità, così come della femminilità, non sfugge a queste leggi tacite, che sono talmente radicate, da essere percepite come “naturali”. Il linguaggio assume il ruolo di sostenitore della gerarchia sociale, razziale, dei sessi, attraverso alcuni prototipi di mascolinità egemonica che si (auto)certificano come autentici.

Dato il suo alto valore simbolico e archetipico, il corpo maschile si è prestato a essere un prolifico generatore di miti, spesso di chiara matrice sessista: la donna come copia difettosa dell’uomo, come generata da una sua costola, la peccatrice- tentatrice, la malinche-traditrice. Sino al XVIII era invece diffusa la visione aristotelica del sesso unico, dovuto al fatto che in entrambi, femmine e maschi, appaiano elementi appartenenti al sesso opposto.

In molte società la necessità di mantenere il potere, e pertanto di appartenere a un'elite ristretta e fortemente escludente, fu per molto tempo uno dei fattori propulsori di un rigido binarismo tra i generi. L’archetipo maschile ideale rimandava alla solidità, alla chiarezza d'intenti, alla limpidezza, alla stabilità, mentre tutto ciò che non rientrava in questo range di “qualità innate” era considerato altro e quindi inferiore. Con riferimento a ciò possiamo pertanto asserire che la “mascolinità” sia frutto di un'ideologia, che dall’antichità greca e alternativamente sino ai nostri giorni, ha accomunato la bellezza e la forza muscolare virile al divino. Dio, o il padre degli dei, da un certo punto della storia umana in poi, era divenuto predominante,

80 relegando le altre figure del pantheon a ruoli secondari, ed esercitando la propria autorità con forza, aggressività, e spesso violenza. Questi elementi, malauguratamente, continuano a essere la norma privilegiata, attuata da alcuni soggetti per dimostrare agli altri e a se stessi la propria natura virile. Ancora una volta si tratta di una questione di potere e dell’incapacità di condividerlo in armonia e parità con l’altro sesso, che spesso viene interpretato nella sua mancanza di sottomissione, come pericoloso.

José Miguel G. Cortés, nel saggio introduttivo al suo “Hombre de

marmol,150”evidenzia le tre principali paure dell’uomo egemone:

1. Paura di essere confuso con i maschi gay 2. Paura di essere dominato da loro

3. Paura di essere vulnerabile davanti a loro

Ormai da anni realtà come il CNM, (Costruyendo nuevas masculinidades) del dipartimento di filologia dell’Università di Barcellona, il RIAM (Red Iberoamericana y Africana de Masculinidades) a Cuba e Maschile Plurale in Italia, portano avanti un discorso basato su una identità maschile dialettica, antisessista e rispettosa delle diversità.

Angels Carabí e Joseph Armengol evidenziano alcuni assunti prioritari che permetterebbero un cambio di rotta rispetto al maschilismo ancora imperante:

 Gli uomini devono riconoscere che il loro “potere” diseguale è basato su assunti falsi.

 Occorre sviluppare una responsabilità etica per favorire e stabilire relazioni tra i generi che siano più equitative.

 Mancano testi e discussioni ad ampio raggio su come costruire effettivamente mascolinità “alternative”, o meglio, contro egemoniche.

81 Il termine “maschilità egemonica” venne coniato da Raewyn Connel nel 1987. A tal proposito, lo studioso sosteneva che:

To speak of masculinities is to speak about gender relations. Masculinities are not equivalent to men; they concern the position of men in a gender order. They can be defined as the patterns of practice by which people (both men and women, though predominantly men) engage that position.

There is abundant evidence that masculinities are multiple, with internal complexities and even contradictions; also that masculinities change in history, and that women have a considerable role in making them, in interaction with boys and men151.

E ancora:

The concept of hegemonic masculinity does not equate to a model of social reproduction; we need to recognize social struggles in which subordinated masculinities influence dominant forms. […]The author suggests reformulation of the concept in four areas: a more complex model of gender hierarchy, emphasizing the agency of women; explicit recognition of the geography of masculinities, emphasizing the interplay among local, regional, and global levels; a more specific treatment of embodiment in contexts of privilege and power; and a stronger emphasis on the dynamics of hegemonic masculinity, recognizing internal contradictions and the possibilities of movement toward gender democracy152.

Esiste pertanto una stretta correlazione tra questa: «current configuration of practice that legitimizes men's dominant position in society and justifies the subordination of women, and other marginalized ways of being a man153» e la costruzione di una società di tipo patriarcale.

151 R.W. Connell, “Hegemony Masculinity: Rithinking the Concept”, consultabile al seguente indirizzo: www.gas.sagepub.com

152 Ibidem

82 Partendo dal concetto gramsciano di cultura egemonica e da quello di campo dinamico elababorato da Pierre Bordieu, alcuni studiosi tra cui Demetrakis Demetriou, rimarcano che l’egemonia maschile non sia una pratica esclusivamente bianca ed eterosessuale bensì un insieme ibrido che coinvolge anche le identità non egemoniche, al fine di promuovere il mantenimento del patriarcato e dell’egemonia interna ed esterna:154

By identifying the social structure with biological difference, sex role theory reduces gender to two homogeneous and complementary categories and thus underplays social inequality and power. This neglect of power is two- dimensional in that sex role theory fails to acknowledge power relationships both between and within genders. As regards power relationships between genders, sex role theory treats the female role and the male role as equal and reciprocally dependent on each other. There seem to be no power relationships here at all. We do not speak of 'race roles' or 'class roles', as Connell repeatedly notes, because the exercise of social power in these areas of social life is more obvious to sociologists. With sex role theory, however, the underlying biological dichotomy conceals and legitimates the power that men exercise over women. As a result, the notion of an overall social subordination of women ... is not a conception that can be formulated in the language of role theory155.

Gary Barker, nel Duemila, aveva evidenziato il concetto di “pratiche positive” relative a modelli di maschilità alternativa. Con questa definizione si intende far riferimento a quegli uomini non dominanti che incarnano l’uguaglianza di genere in maniera pro-femminile. Si tratta, come afferma Michael Flood di quel tipo di soggetti che attuano in vista di un cambiamento che dall’ideale possa divenire sostanziale.

154 D. Demetrakis, «Connell’s concept of Hegemonic Masculinity: A critic», Theory and Society, 30, pp. 227-361.

83 L’attuazione di pratiche alternative di genere implica talvolta il superamento di frontiere e limiti sia reali sia simbolici tra i generi, come nel caso di Lemebel, tra le nazioni, come dimostrato da Arenas, o tra reale e immaginario come nel caso delle opere di Zenil.