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Architettura è espressione etica: conoscenza, esperienza di luoghi, condivisione,

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 72-76)

memoria e trasformazione

Progettare è pensare sostenibile.

La continuità nel processo progettuale e la coralità partecipativa sono stru- menti operativi per la ricerca di una sintesi di funzionalità, qualità estetica ed integrazione.

La globalizzazione rappresenta una condizione empirica del mondo contem- poraneo, una condizione di connettività complessa caratterizzata da un’inten- sificazione delle interconnessioni e delle interdipendenze globali; i fenomeni migratori trasformano i luoghi, le società occidentali sono attraversate e conta- minate dalla presenza di un mosaico di soggettività etnicamente connotate, si accingono a divenire sempre più frammentate e complesse. Le città divengono sempre più coacervo di differenze, in esse vi è la pluralizzazione dei processi di significazione degli spazi, inedite temporalità che scandiscono i vissuti indivi- duali: il mondo sempre più città e l’umanità sempre più nomade.

I nomadi abitano gli spazi dell’incontro.

L’identità del nomade si costruisce nel divenire, in uno spazio fluido segnato da tratti che si cancellano e si spostano. Il nomade ha un carattere molteplice e indeterminato: si creano così luoghi con dimensione sovralocale.

Il turista e l’immigrato rappresentano la mobilità accellerata di una città itine- rante: nomadismo e sradicamento, de-familiarizzazione (Ricoeur 1967, Archi- tettura e narratività), itineranza ed erranza sono il compimento ed il sovverti- mento del flaneur benjaminiano.

Il nomadismo contemporaneo genera e perpetua una continua assenza: un sem- pre presente senza durata.

L’assenza diventa categoria di comprensione, di lettura: assenza come ciò che non è mai stato, mero irreale, l’immaginario e assenza come ciò che non è più, il

proteron (la memoria). In entrambe i casi l’assente può essere restituito soltanto

attraverso l’immagine.

Immagine restituita dalla percezione retinica, immagine riprodotta mentalmen- te attraverso associazioni generate dall’esistenza di un frammento, ormai rovina che consente la narrazione rappresentativa.

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Preziosi frammenti Il frammento non può fornire conferme, ma si inserisce all’interno del linguag- gio, sempre in formazione, per renderlo contemporaneo, complesso. Il frammen- to costituisce un atteggiamento progettuale come coralità di molteplici episodi. L’autonomia delle parti dello spazio nella unità sempre rimanendo all’interno della ricerca di una narrazione architettonica: lo spazio del frammento è narra- tivo e l’oggetto del racconto è il tempo.

La rappresentazione è sempre il frutto di uno sguardo situato in grado di rendere presente ciò che è assente, è la possibilità di presentificare.

La rappresentazione mette in scena visioni e strumenti di simbolizzazione: gli uo- mini non hanno mai abitato il mondo ma solo la descrizione che di volta in volta la filosofia, la religione, la scienza hanno dato del mondo (Galimberti 1994).

Rappresentare è anche creare un chiasma, un’attività interna al mondo che si vuole descrivere (Merleau Ponty,1993): un pensiero del coinvolgimento.

La narrazione rappresentativa restituisce l’evento episodico in uno scenario di transitorietà e realtà effimere: la precarietà si è aggiunta alla vulnerabilità che ha lasciato tracce, residui e rovine.

La narrazione nel suo farsi perde cognizione temporale: l’estraneazione è uno dei concetti ‘materiali’ dell’architettura contemporanea.

Soltanto l’azione del racconto ed il farsi postumo della storia (Genette 1976, Cavarero 1997) consentono, nel distacco, il sopravvivere al tempo che è proprio della città.

Teatro

Sulle questioni di fondo che hanno animato la scena architettonica del ventesimo secolo pochi temi hanno suscitato polemiche e diviso scuole di pensiero quanto il teatro. Un dibattito che contrapponeva alla concezione classica i sostenitori di un teatro totale, della rigenerazione del luogo teatrale attraverso l’impiego di tecniche sofisticate, dove spazio scenico e sala si compenetrano e si confondono consentendo all’azione di svolgersi a tutti i livelli e in tutte le direzioni, riducendo l’architettura a una macchina complicata, un contenitore totalmente neutro, dila- tabile e trasformabile, ma spesso anonimo e privo di carattere.

Recenti progetti e realizzazioni sfumano in parte i termini della questione rinuncian- do ad una flessibilità esasperata che si è dimostrata essere inversamente proporzio- nale alla perfetta corrispondenza tra luogo ed evento; corrispondenza tanto migliore tecnicamente e psicologicamente quanto più il luogo è caratterizzato e quindi poco flessibile, tendendo ad una maggior qualificazione e specializzazione dell’architet- tura e ricreando – anche per sale polifunzionali – il tradizionale rapporto attore – spettatore attraverso la ricerca di uno spazio avvolgente e focalizzato verso la scena. Un’altra considerazione preliminare va posta sul significato che, nelle diverse epo- che storiche, l’edificio teatrale ha assunto all’interno del contesto urbano quale pre- senza importante e monumentale, luogo simbolo, icona della memoria collettiva. Come il museo e pochi altri edifici pubblici, il teatro non può essere un contenitore anonimo, ma un luogo significante, centro vitale e polo di aggregazione e la sua im- magine riconoscibile e identificabile, in ultima analisi un’architettura urbana a tutti gli effetti. Partendo da queste considerazioni il progetto architettonico dovrebbe svi- lupparsi nella convinzione che quelle caratteristiche ormai consolidate, che fanno del teatro quel luogo magico e irripetibile, vadano conservate reinterpretandole e attualizzandole anche attraverso l’ausilio delle moderne tecnologie.

In tal senso la localizzazione di una struttura di servizio culturale come il teatro e di importanti funzioni complementari che ne consentano un utilizzo full time durante tutto l’arco della giornata, indipendentemente dalle esigenze e dai tem- pi dello spettacolo, può costituire l’avvio di un processo rigenerativo non solo della parte e della città ma del suo territorio.

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Preziosi frammenti Si tratta quindi di una gestualità più urbana che architettonica nella convinzio- ne che il vero progetto debba essere prima un progetto di relazioni e solo suc- cessivamente un progetto di oggetti; traslando potremmo dire anche prima un progetto urbano e solo successivamente un progetto architettonico.

Pensieri sull’architettura e la città:

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 72-76)