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Parole e immagini della trasformazione

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 138-144)

Trasformare e comunicare sono attività di processo che necessitano un tem- po dilatato e una spazialità di relazione. Questa dinamicità interna stabilisce una sorta di principio operativo tramite il quale comunicare e trasformare risultano azioni sempre specifiche di un arco temporale e di un luogo deter- minati. Allo stesso tempo esse sono espressione di tempi molteplici e diversi che convivono contestualmente, proprio nel farsi del processo stesso, crean- do l’opportunità di dislocare pensieri e cose: nodi temporali che coesistono nella congiunzione del presente con una memoria di lunga durata, in grado di produrre narrazione. La narrazione come comunicazione continuativa di un processo. Comunicare è quindi anche trasmettere nel tempo: veicolare le cose, anche l’architettura, oltre il tempo e il luogo consentendo una possibile, consapevole, distanza critica nella modificazione. Le questioni inerenti alla trasformazione territoriale e urbana sono strettamente lega te alla registrazione della processualità trasformativa, quale possibilità e necessità di trasmettere i contenuti, spesso impliciti e potenziali, di ciò che si modifica e quindi di salvaguardare patrimoni. Molte cose della quotidianità o della consuetudine del presente divengono comunicative nel tempo quando, con finalità interpre- tative, necessitano di essere recuperate nel senso e nel loro valore segnico: quando la loro presenza è anche un documento testimoniale la cui lettura può essere indicizzata dal supporto archivistico. Gli archivi dedicati e specificata- mente di architettura rappresentano pertanto un ulteriore strumento cono- scitivo e comunicativo di necessario ausilio, in cui «i documenti di progetto diventano una parte della memoria del territorio, della sua storia e della sua trasformazione»1. Il ruolo degli strumenti e dei metodi comunicativi, nonché del punto di vista relativamente situato, risulta pertanto determinante nelle scelte trasformative. Le parole e le immagini, del mezzo grafico, fotografico,

1 C. Ghelli, Gli archivi di architettura. Il linguaggio del progetto nella storia del territorio, inter-

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Preziosi frammenti filmico e digitale, assumono un aspetto fondativo nel risultato della modi- ficazione: attraverso la descrizione interpretativa dei mutamenti in atto essi consentono una valutazione critica che orienta l’intervento progettuale. La comunicazione e la trasformazione, quale metamorfosi continua di un luogo, costituiscono così il fare stesso dell’architettura. Mezzo, strumento e messag- gio sono il supporto2 con cui anche architettura e città si costruiscono, dai

presupposti teorici e metodologici a quelli più propriamente fattivi. In una circolarità dinamica di immagine e percezione quanto di natura e artificio, l’architettura è una modalità espressiva in grado di operare una continua pa- lingenesi di cambiamenti e di costruire sempre nuovi scenari. In un rapporto stretto tra la forma da conferire alle osservazioni del reale e gli strumenti per dare forma alle osservazioni stesse, l’arte è una modalità comunicativa in grado di attivare nessi conoscitivi e compartecipazione sociale.

La rapidità e al contempo la complessità percettiva dell’immagine caratteriz- zano il valore estetico del fatto architettonico e urbano, come una sintesi della forma in grado di operare una sorta di traslitterazione concettuale per rende- re possibile la comunicazione attraverso i più diversi mezzi di trasmissibilità. L’intensità e il territorio vasto della parola consentono una implicita descritti- vità narrante, poeticamente ampia, pur se solitamente più tematizzata. Parole e immagini consentono di ricollocare le cose osservate e di usare regole e modalità compositive per comunicare relazioni: tra gli oggetti, il loro ambiente e le persone, tra l’autore ed il soggetto. Nell’immagine, in particolare, l’aspetto percettivo può essere caratterizzato da un chiasma comunicativo3 di recipro-

cità tra l’oggetto percepito e il soggetto percipiente tale da originare un’“opera aperta”4 una dialettica tra la forma e il movimento dell’interpretazione indisso-

ciabile dalla produzione dell’opera5. Parole e immagini si sostengono recipro-

camente: le parole fanno immaginare, le immagini suscitano descrizioni. La comunicazione transita dalla parola all’immagine e viceversa. La parola, come l’immagine grafica, sfuma i confini della descrizione oggettiva declinando, at- traverso una necessariamente caratterizzata soggettività, l’ambito informativo alla comunicazione concettuale e/o poetica ed a specificità di valori condivisi. L’immagine fotografica e poi il cinema, precipua arte del Novecento, sono

2 Cfr M. McLuhan, The medium is the message, Corte Madera, Gingko Press, 2005; M.

McLuhan, Gli strumenti del comunicare, traduzione di Ettore Capriolo, Milano, Il Saggiatore,

1968; M. McLuhan-K. Hutchon-E. McLuhan, Città come aula: per capire il linguaggio e i media, a cura di A. Lorenzini, Roma, A. Armando, 1980.

3 Cfr Merleau-Ponty, Il visibile e l’invisibile, Milano, Bompiani, 1969.

4 Cfr U. Eco, Opera aperta: Forma e indeterminazione nelle poetiche contemporanee, Milano,

Bompiani 1962.

5 Cfr U. Eco-M. Augé-G. Didi-Huberman, La forza delle immagini, Milano, Franco Angeli,

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Parole e immagini della trasformazione

espressioni e strumenti di cambiamenti rapidi e notevoli, di realtà mutevo- li già nel tempo della loro stessa comunicazione. Il canale comunicativo, la fotografia per esempio, diviene il modo per indagare l’informazione, i luoghi nel loro mutamento: l’architettura nei momenti che contraddicono la propria immobilità temporale riconoscendola opera costantemente mutevole in quan- to vissuta e trasformata per adeguarla a sempre nuove esigenze. L’opera di Andrea Abati si inserisce in una relazione di soglia tra oggettività del reale e soggettività artistica, tra conoscenza, documentazione e interpretazione, tra superficie ed essenza mentre il rigore della tecnica di esecuzione accompagna la linea interpretativa. La compresenza dialettica di tonalità cromatiche com- plementari, di rosso e di azzurro, evoca questa soglia del divenire, tra ciò che si distrugge e ciò che si costruisce nel processo stesso di trasformazione: il porsi dell’osservatore in una posizione di limite del cambiamento e la rappre- sentazione proprio di questo nodo interno al processo. Quella soglia è anche

l’«in-between, in quanto spazio dell’intermedio, dell’interstizio, dell’intervallo

[…] che contemporaneamente separa e tende verso»6 . La realtà in mutamen-

to che lo sguardo selettivo riesce ad isolare nella sintesi dello scatto fotografi- co, rileva e disvela l’essenza di ciò che osserva. Nelle opere di Abati, più che singole architetture sono registrati “luoghi”, frammenti di città legati ad uno specifico tessuto urbano. Essi sono spazi di relazione in cui la presenza della figura umana risulta presente anche quando non appare: quando la sua pre- senza implicita supporta la riflessione, chiamando l’osservatore dell’immagine al coinvolgimento ed alla compartecipazione di un delicato testo e contesto sociale di riferimento. La fotografia rallenta i processi di lettura dell’immagine: è uno spazio di osservazione agevolata della realtà. Questo fermo immagine, che è la fotografia stessa, può così restituire il senso del presente e simultane- amente del passato, nonché suggerire futuro.

La fotografia comunica un territorio in trasformazione, un paesaggio, di cui è essa stessa strumento costitutivo. Essa è partecipe di quell’«arguzia del paesaggio»7 quale punto d’incontro tra oggetto percepito e soggetto perci-

piente, entrambe contestualmente mutevoli. Strumenti e mezzi come la fotografia hanno rinnovato e moltiplicato le possibilità tecniche di rappre- sentazione mentre altre innovazioni tecnologiche hanno consentito nuovi punti di osservazione, soprattutto territoriale, in grado di modificare la re- lazione con lo spazio sia a scala geografica quanto urbana e architettonica, fino all’odierno spazio virtuale, infinito e isotropo. Lo spazio virtuale e dei media come mezzi di comunicazione e attori della stessa8, ridefinisce nuovi

6 P. Gregory, Le metamorfosi dei territori dell’architettura. L’in-between come spazio del progetto,

intervento contenuto nel presente volume, p. 51.

7 F. Farinelli, L’arguzia del paesaggio, in «Casabella», 575/576 (1991), p. 12. 8 Cfr. P. Virilio, La macchina che vede, Milano, SugarCo, 1989.

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Preziosi frammenti ambienti per l’osservazione delle trasformazioni dello spazio e individua dif- ferenti modi di restituzione del reale o della immaginazione. La complessa e frammentaria realtà contemporanea può trovare nella lettura dinamica della narrazione cinematografica e nel montaggio video in generale, uno strumen- to appropriato come supporto all’analisi e alla rappresentazione completa del progetto di trasformazione. Gli strumenti digitali supportano la restituzione grafica e “operativa” del progetto contemporaneo a varie scale con intera- zione e integrazione disciplinari in grado di attivare un sistemico apparato comunicativo e veicolare informazioni in tempi brevi. La complessità con- temporanea di luoghi e tempi simultanei, sovrapposti quanto rapidamente mutevoli necessita di comunicazioni tempestive e dinamiche: la comunica- zione della geografia dei luoghi fisici quanto virtuali deve rispondere ad un modificato rapporto e concetto di spazio e luogo9 fisico, culturale e virtuale

assieme. Le forme dinamiche del paesaggio sono un’espressione aderente alla mutevolezza trasformativa contemporanea, soprattutto quando sono il risultato di una «ricerca di integrazione delle trasformazioni nelle specifiche realtà materiali ed immateriali»10, ma in particolare possono produrre una

«peculiare espressività della sostenibilità»11 che inanella processi di cam-

biamento. Nella molteplicità di strumenti comunicativi, la “forma” rimane comunque un’espressività durevole: il mezzo di una trasmissibilità più lenta. La forma è in qualche modo radicata, si adegua ai tempi lenti della natura, della terra, cogliendone le regole di costituzione e trasformazione, l’ordine espressivo secondo la “misura del territorio”12 da cui ed in cui il progetto del

nuovo deriva e si inserisce. Il paesaggio è così la veste discreta di uno spe- cifico territorio: ciò che ne comunica la tonalità e ne costituisce l’ossatura poetica. Questa comunicazione pacata e sinestetica, fatta intenzionalmente di calcolati vuoti e assenze oltreché di tracce materiche, come nel Centro gestione emergenze a Firenze13, fa dell’opera stessa un testo integrato nella

narrazione di lunga durata e nel dialogo di segni, tra storia e territorio. Il ter- ritorio fisico, con le proprie specificità geografiche e antropologiche, è il sup- porto oggettivo anche nelle opere di João Luís Carrilho da Graça. La strut- tura orografica e i segni dell’antropizzazione, fino alla trasformazione totale in città, costituiscono una trama strutturante l’intero percorso progettuale.

9 F. Farinelli, Geografia. Un’introduzione ai modelli del mondo, Torino, Einaudi, 2003, pp.

8-11.

10 G. Paolinelli, Espressività dell’Architettura del paesaggio. Trasformazioni urbane che comuni-

cano la complessa natura della contemporaneità, intervento contenuto nel presente volume, p. 22.

11 Ibidem.

12 F. Rossi Prodi, Terra e tempo: il centro gestione emergenze a Firenze, intervento contenuto nel

presente volume, pp. 103-112.

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Parole e immagini della trasformazione

«La semplice osservazione di un rilievo immaginato attraverso soltanto le sue curve di livello, ci permette di costruire un intervallo di contemplazione»14. Un

intervallo atemporale in cui ha luogo il passaggio dall’attività analitica, che ri- trova i segni di permanenza registrati nel territorio e conservati nella precipua struttura morfologica e nelle ripetute modificazioni, alla trasformazione proget- tuale in grado di riscoprire e generare nuovo paesaggio. Una metamorfosi poe- tica che consente l’astrazione e adegua il nuovo all’esistente nella loro comune appartenenza ad una stessa trama strutturale originaria.

Le opere di Carrilho da Graça appartengono ad uno specifico territorio fisico, da cui originano e di cui divengono a loro volta segno cognitivo, ma al contempo riflettono l’ambito immateriale dei valori universali.

L’eloquenza del silenzio, di ciò che meno è visibile o che parla per vuoti entro la forma, che in un processo di sintesi e di astrazione scarnifica del superfluo le masse materiche lasciando spesso soltanto alla natura il potere decorativo dell’insieme, contraddistingue le architetture dell’architetto portoghese nel loro rigore di purezza geometrica. La trasformazione di una città come Lisbona, ca- ratterizzata da un’accentuata orografica che ne ha delineato lo sviluppo insedia- tivo, è luogo d’elezione per la sua pratica espressiva.

La musealizzazione dell’area archeologica Praça Nova nel castello lisbonese di São Jorge, realizzazione presentata dall’architetto portoghese anche alla confe- renza a Pistoia, raccoglie in una sintesi segnica, la stratificazione e la trasfor- mazione nel tempo del luogo costituendo ancora un nodo simbolico dell’intera città.

L’area archeologica torna alla città non soltanto come documento testimoniale del passato, ma come nuovo luogo urbano significativo. Il progetto ritesse re- lazioni di continuità con i resti considerati nella loro natura morfologica prima ancora che documentale o filologica pur ridisegnando un percorso cronologico che ne restituisce una narrazione conoscitiva per il fruitore.

La musealizzazione dei reperti diviene così anche la costruzione di un paesaggio relazionale con un rapporto stretto tra struttura fisica territoriale e tracce inse- diative ed un confine palesemente dichiarato, ma sfumato, tra natura e architet- tura. Nel progetto, l’individuazione del campo archeologico entro un perimetro percorribile dal quale “mirare” i paesaggi circostanti, l’uso dei materiali (l’acciaio cor-ten, il basalto, la pietra levigata, la ghiaia) come segnali evocativi e ordinatori dell’insieme, la ricostruzione di spazialità storiche come documento didattico e luogo esperienziale, sono elementi contestualmente presenti per operare una trasformazione del sito che lo reinserisca nella continuità storica. Comunicando

14 «A simples observaçao do imaginado relevo descarnado, revelado pelas curvas de nível per-

mite nos construir um intervalo de contemplaçao» da J.L. Carrilho da Graça, Metamorfose, in

«J.A., Jornal Arquitectos», Puclicaçao Bimestral da Ordem dos Arquitectos Portugal, 206 (Maio- Junho 2002), pp. 8-11, p. 9.

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Preziosi frammenti attraverso gli elementi materiali e immateriali dell’architettura le intrinseche pe- culiarità di un luogo, il progetto trasforma il luogo stesso modificandolo in con- tinuità: è esso stesso “parola” testuale e immagine comunicativa e trasformativa, trasformazione e comunicazione all’interno di un processo continuo.

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 138-144)