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Architettura del possibile Mancanza e frammento come categorie operative

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 188-192)

in Aldo Rossi

appunti

«Il frammento è anche la riduzione del possibile»1.

La ricerca teorica di Aldo Rossi è supporto per individuare alcune categorie ope- rative legate al tema del frammento nell’accezione di mancanza, presenza cioè di un intero mutilo intorno a cui viene costruita la composizione.

La natura prevalentemente estetica che caratterizza il frammento ha origine dal- la perdita di ogni valenza funzionale e segnica originaria, a cui la forma mutila sopravvive assumendo altra figurazione.

«Attraverso il frammento, si evoca la totalità manifestando un’assenza, ma liberati da que- sto tutto iniziale, i frammenti ci parlano ancora della loro provenienza originale. È allora attraverso il visibile che l’invisibile viene evocato, nella traccia di ciò che non esiste più»2.

La discontinuità connotativa della composizione per frammenti è di natura tem- porale, legata al processo analogico che sollecita e instaura o a quello più diret- tamente mnemonico che il pezzo residuo evoca.

La configurazione è discontinua ma non necessariamente eterogenea in quanto i pezzi inclusi sono partecipi della stessa natura, geometrica e architettonica,

Il risultato compositivo è ottenuto attraverso strumenti diversi che lavorano preva- lentemente per addizione, inclusione, ripetizione, variazione di scala e dislocazione. Il risultato morfologico ed estetico ha la “concreta” dimensione del sogno rap- presentato mediante alcune categorie operative che possono essere indicate come analogie e collage, citazione, memoria e monito.

Le città e l’arte italiana sono riferimenti palesi e costanti nella ricerca teorica e progettuale di Rossi; al contempo alcune esperienze oltreoceano sono fondamen- tali per la riflessione e lo sviluppo di alcune tematiche a lui care.

1 A. Rossi, Quaderno azzurro, Q42, 23 settembre 1990.

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Preziosi frammenti Durante il soggiorno americano alla fine degli anni ’80, Aldo Rossi realizza una serie di disegni per la copertina del n. 9 del maggio 1987 della rivista newyorkese Art- forum 25, intitolandoli Frammenti. Questa esperienza grafica costituisce un nucleo

di riflessione che aggiunge alla definizione scientifica e oggettiva una valenza signifi- cativa dell’esperienza soggettiva e personale, tale da condizionare la figuratività delle rappresentazioni e dei progetti. Le prime ipotesi sono una fantasia di pezzi estratti da propri progetti realizzati e da paesaggi urbani americani, montati secondo una sequenzialità narrativa, quasi filmica: spezzoni scenografici montati in sequenza se- guendo un proprio interno ordine ritmico proporzionale sottolineato da un preciso gioco di colori saturi complementari. La grafica è netta, quasi un’incisione e la cura del dettaglio sposta l’attenzione dall’insieme al particolare.

I disegni seguenti abbandonano gradualmente il rigore della successione ritmica per

frame affiancati verso pezzi affiancati che si contaminano reciprocamente in una

striscia grafica che sfuma da una scena all’altra costituendo un’unica scenografia d’insieme: la rappresentazione urbana, oggettivata, diviene sempre più la rappresen- tazione di un paesaggio in cui la presenza percettiva e soggettiva è determinante. L’architettura della città si definisce attraverso l’architettura analoga agendo se- condo una metodologia narrativa, di pezzi evocativi e simbolici.

Il frammento fisico è simultaneo al frammento memoriale: diviene dispositivo pro- gettuale tanto da poter enucleare alcune categorie operative distinte come analogia, citazione, riferimento memoriale attraverso il mondo delle forme.

La natura parziale del frammento sollecita associazioni analogiche e consente rico- struzioni immaginifiche di un possibile intero soltanto evocato dal pezzo, frammento di un totale assente da cui proviene e nuova figura al tempo stesso.

E sono proprio le asole dell’assenza, una sorta di malinconiche3 “mancanze” a

rendere possibili sempre nuove narrazioni.

L’analogia trasporta gli elementi oggettivi e analitici in una sfera soggettiva di corrispondenze tra fonti disparate: operativamente cerca nella memoria e nel pensiero associativo per innescare nuovi significati da attribuire a forme cono- sciute e reiterate.

Come in un Capriccio di Canaletto, la trasposizione in luoghi diversi di edifici reali e la figurazione nel luogo reale di un elemento fantastico (o reso fantastico per esempio attraverso dimensioni fuori scala) creano un collage analogico di rimandi associativi il cui risultato è una configurazione generale, imprevedibile a priori.

«Quello che più importa […] è l’ipotesi di una teoria della progettazione architet- tonica dove gli elementi sono prefissati, formalmente definiti, ma dove il significato che scaturisce al termine dell’operazione è il senso autentico, imprevisto, originale

3 Cfr. D. Seixas Lopes, Melancholy and Architecture. On Aldo Rossi, Zurich, Park Books AG,

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Architettura del possibile

della ricerca. […] La combinazione di oggetti, di forme, di materiali dell’architettura è intesa a creare una realtà potenziale di sviluppi imprevisti, a far balenare soluzioni diverse, a costruire il reale»4.

Il processo analogico consente operazioni di trasfigurazione e decontestualizza- zione che trascendono il dato concreto e comunicano immagini mnemoniche altrimenti silenti.

L’architettura e la città risultano dal montaggio di pochi elementi immutabili e permanenti, pertanto trasmissibili, non d’invenzione e al contempo non mi- metici pur se a volte citazionali, scelti selettivamente per costituire una nuova composizione, un nuovo progetto.

Concetti e visioni convivono in modo immaginifico e rigoroso. Inventivo fanta- sioso

Analogia e citazione, attraverso il dispositivo del collage che opera per sempli- ce addizione, consentono la realizzazione di una “scena fissa” intrisa di quo- tidianità e familiarità in cui lo svolgersi della vita può attuarsi e creare le differenze.

Proprio il procedimento additivo, mutuato anche dalla lezione di Palladio, che non può conformare ma soltanto offrire un diverso significato lavorando sulle dimensioni, sulla scala, sugli accostamenti è impiegato per costruire un intero leggibile, costituito da pezzi – elementi primari irriducibili ulteriormente – e parti – elementi più complessi anche architetture intere, ma comunque finiti e individuabili5.

La ripetizione, più o meno estesa, di elementi e parti assume il carattere di una specifica intenzione espressiva: un’iterazione insistita, come un ritorno musica- le, che dichiara anche l’intrinseco desiderio di comunicare il valore d’affezione che i “pezzi” della composizione assumono costituendone una sorta di vocabo- lario personale riconoscibile.

Il ricorso alla composizione analogica durante la carriera di Rossi si fa sempre più articolato e profondo quanto più ricco il bagaglio di riferimenti.

L’«essenza geometrica radicale simboleggiata dal cubo»6 si esplica nel progetto

finale per la villa ai Ronchi, a Forte dei Marmi con Leonardo Ferrari; un edificio a matrice cubica, un incastro di volumi cubici che origina due piani abitativi e si risolve in unità nell’astrazione delle superfici intonacate e tinteggiate di bianco. Per vari aspetti un omaggio quasi citazionale a Adolf Loos, come allusione me-

4 A. Rossi, La città analoga, in A. Ferlenga (a cura di), Aldo Rossi. Architetture 1959 – 1987,

Milano, Electa, 1993, p.118

5 Cfr. E. Bonfanti, Elementi e costruzione. Note sull’architettura di Aldo Rossi, in «Controspa-

zio», n. 10 (ottobre 1970), pp. 19-28.

6 B. Lampariello, Aldo Rossi e le forme del razionalismo esaltato, Macerata, Quodlibet 2017,

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Preziosi frammenti todologica e concettuale, nel rigore e nella semplicità mediterranea degli esterni e nell’accurata spazialità interna dove domina il marmo di Carrara.

«Se la vita è mutamento, l’identico coincide con l’analogia, la specularità, la morte»7.

L’analogia trasporta i termini precedenti in una sfera soggettiva di corrispon- denza tra fonti disparate. Come operazione, scava nella memoria e nel pensiero associativo per innescare una serie di significati. Hanno infuso l’architettura con altri reami, come il fotografo Ghirri ha evocato vividamente: perdersi tra le rovine di un edificio, o tra capanne colorate di un mare indefinito, i camini di una fabbrica o le scenografie di un ipotetico teatro, i frammenti di una memoria metafisica della fotografia di un edificio sventrato, un dettaglio di Angelico o il ricordo sbiadito di una piazza italiana, la forma geometrica appoggiata sulla scrivania di un professore o la cornice dimenticata di un film neorealista, persi- no una brocca di latte e una caffettiera su un tavolo: così l’architettura di Rossi risponde al nostro bisogno e desiderio del meraviglioso.

7 G. Contessi, Vite al limite. Giorgio Morandi, Aldo Rossi, Mark Rothko, Milano, Christian

Nel documento Preziosi Frammenti (pagine 188-192)