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Capitolo II Il governo della casa Il governo del regno (1548-78)

3.3. Le fabbriche di polvere da sparo

3.3.1. L’arsenale di Messina

Nel Cinquecento Messina era l’unica città dell’isola a disporre di un moderno cantiere navale; una fabbrica che aveva la funzione di provvedere sia alla costruzione e riparazioni delle regie galee sia al loro armamento327.

Quest’ultima funzione prevedeva all’interno dell’impianto la presenza di fonderie per la fusione e la lavorazione di ferro, stagno e piombo nonchè, come già analizzato, un laboratorio per la produzione di polvere da sparo.

Le necessità militari di quel frangente spinsero il Terranova a richiedere all’arsenale la costruzione di 5 nuove galee per riequipaggiare la flotta siciliana cosicché per diversi mesi, tra il 1572 e il 1573, la fabbrica venne impegnata a pieno regime328.

Lo sforzo richiesto, se per altri arsenali poteva sembrare di poco conto329, in realtà fu un peso complesso da sostenere. Costruire navi da guerra, equipaggiate di armamento moderno, significava non solo un ingente impegno economico330, ma anche un approvvigionamento di materie prime che l’isola non disponeva. Per realizzare le sole bocche da fuoco e le catene delle navi servivano quantità non trascurabili di ferro, stagno, piombo e rame; tutti metalli difficilmente reperibili in loco. Per approntare i metalli in questione il più delle volte occorreva farli arrivare dall’estero; diversi quantitativi di piombo come di altro materiale militare vennero

327 Sulla storia dell’arsenale messinese dei cenni interessanti sono in G. Buonfiglio, Messina

nobilissima, Venezia, 1606. Altre notizie utili sono in C. Ciano, Navi, mercanti e marinai nella vita mediterranea del Cinque-Seicento, Livorno, 1991.

328 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi vol. 599 cc.171-172.

329 L’arsenale veneziano, lungo il Cinquecento il più grande ed efficente d’Europa, era in grado di

sfornare diverse decine di nuove galee ogni anno mentre l’arsenale di Costantinopoli, dopo la sconfitta di Lepanto, fu capace di ricostruire l’intera flotta Ottomana in meno di un anno. Cfr. F. Braudel, Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II, cit. Sull’arsenale veneziano cfr. G. Bellavitis, L’arsenale di Venezia. Storia di una grande struttura urbana, Cicero ed., Venezia, 2009.

330 Nella sola estate 1572 la Regia Corte investì 30 mila scudi per la costruzione di queste navi e

questo solo per iniziare i lavori. ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi vol. 599 cc.171-172.

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così richiesti a Napoli331, dove la flotta di Don Giovanni d’Austria disponeva di una delle principali basi operative, mentre altri quantitativi di minerale grezzo e di armi già confezionate arrivavano da Milano, dove la Regia Corte era solita rifornirsi per le proprie truppe di terra, o dalla Dalmazia grazie ai mercanti ragusei332.

Nel solo 1573 - per avere un’idea dell’attività metallurgica dello stabilimento - l’arsenale messinese richiese prima 207 poi altri 100 cantari di ferro al solo scopo di costruire catene navali333, più 4 cantari di stagno per la fabbrica di cannoni334, 10 cantari di piombo per le munizioni delle galee335, e 20 cantari di stagno336, per fondere alcuni pezzi di artiglieria. Questi tuttavia erano solo una parte dei quantitativi che l’arsenale bisognava visto che solo per fondere un grosso calibro, sul finire del 1572, fu necessario reperire 2 cantari e 20 rotuli di stagno337, mentre tre anni dopo, per finalità simili si dovettero reperire 80 cantari di rame338.

Tale era il bisogno di metalli e la paura che quelli a disposizione potessero finire in mano turca che, nel dicembre 1571, il Terranova inviò una missiva al secreto di Palermo invitandolo a controllare tutte le navi di quel porto poiché una nave era sospettata di voler portare rame, piombo e stagno in Levante339.

Eppure, proprio nei Peloritani vi erano delle discrete vene ferrose (Alì e Fiumedinisi340) che, specie nel medioevo, avevano dato buoni quantitativi di minerale. Tuttavia, nell’ultimo crinale del Cinquecento l’industria estrattiva siciliana sembrava ricorrere ben poco alle risorse locali, ragion per cui i metalli provenienti dall’estero risultarono di gran lunga i più utilizzati.

Se il reperimento di queste materie prime nel regno era arduo, il reperimento di altri prodotti indispensabili per la costruzione delle navi era, di contro, più semplice e soprattutto meno costoso. La legna per le costruzioni navali, ad esempio, era disponibile nella piana di Mascali e nella zona di Aci e oltretutto pare che fosse

331 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 582 cc.90-91. 332 Sulle forniture commerciali nel Mediterraneo vedi il capitolo seguente.

333 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 582, cc.192-197; ASP,

Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 601 c.230.

334 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol.598 c.245. 335 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 601 c.436. 336 Ivi, cc.319-320.

337 Ivi, c.94.

338 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 618 cc.148-149. 339 ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 582 c.67.

340 Sulla produzione metallurgica di Fiumedinisi vedi D. Ventura, L’impresa metallurgica di

Fiumedinisi nella seconda metà del XVI secolo in A.Giuffrida, G.Rebora, D.Ventura, “Imprese industriali in Sicilia (secc XV-XVI)”, Sciascia editore, Caltanissetta-Roma 1996; S.R. Epstein, Potere e mercati in Sicilia, cit., p. 220.

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particolarmente adatta per fare i timoni delle navi341. Nessun problema, come vedremo in seguito, nemmeno per ottenere cannavi, vele e cordami viste le ottime produzioni dell’area iblea342.

Anche la manovalanza specializzata non mancava ma questa era distribuita un po’ in tutti i centri costieri così, quando nel 1572, il Terranova ordinò all’arsenale le cinque nuove galee le autorità cercarono maestri d’ascia e carpentieri presso tutte le località marittime della costiera tirrenica e oltre. Reperimento di maestranze che andò a buon fine poiché la corte prometteva paghe di tutto rispetto “dove haveranno a’

serviri saranno molto ben pagati di loro giornate”343, sicché da Cefalù arrivarono in 36344, un buon numero anche da Trapani345, altri ancora da Termini e da altre località346. Quando però, nel gennaio 1573, diverse navi spagnole e napoletane arrivarono nel porto di Messina per riparazioni, i lavori per costruire le nuove galee del regno finirono inevitabilmente per arenarsi347; mostrando palesemente come l’industria cantieristica siciliana fosse una realtà troppo esigua per far fronte ad attività tanto impegnative.