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L’affare del rifornimento cerealicolo della città di Messina

Capitolo II Il governo della casa Il governo del regno (1548-78)

4.6. L’affare del rifornimento cerealicolo della città di Messina

Già nel capitolo precedente, parlando delle fabbriche di biscotti messinesi (e non solo), si è accennato al continuo traffico di rifornimenti cerealicoli per garantirne il funzionamento. Movimenti di portata così imponente erano dovuti, come già asserito, dalla storica carenza cerealicola della città sullo stretto544, e, più in generale, dei centri situati nell’area dei Peloritani e dei Nebrodi, tanto che lo storico Giardina tra i capitoli e i privilegi messinesi raccolse un’espressione tra le più esplicative della situazione nell’area: “da se non ha quasi un coccio di frumento, ma tutta la

provvisione sua di frumenti lo fa e providisi di fora”545.

A ragion del vero una tale carenza se per certi versi, come affermato dal Fazello, era dovuta a motivazioni di ordine geografico, ad una naturale predisposizione agricola del suolo che rendeva difficoltosa la coltivazione delle messi546, per altri era accentuata da un’accurata quanto sapiente politica commerciale che da tempo prediligeva la produzione serica su larga scala547. Produrre e commercializzare la seta grezza era un’attività così lucrosa per i messinesi e per le popolazioni limitrofe - i quali riuscivano ad imporla persino ai mercati del Levante548 - da potersi permettere il lusso di importare il grano di cui bisognavano dal resto dell’isola. I proventi dell’industria serica quindi garantivano ricadute assai positive sull’economia di tutta la Val Demone ma inevitabilmente tutto ciò imponeva al resto del regno uno sforzo supplementare nella produzione cerealicola.

E così, accanto al traffico per finalità militare, si sviluppò un flusso, ancora più imponente, per il rifornimento della popolazione civile messinese.

Il bacino demografico che si ritrovava bisognoso di grani non si limitava alla sola Messina o al suo hinterland di casali bensì ruotava attorno a svariati centri per una popolazione totale che probabilmente sfiorava le 100-130 mila unità549.

544 L’opera di riferimento sulle forniture granarie della nobile è I. Fazio, Sterilissima di frumenti.

L’annona della città di Messina in età moderna, edizioni Lussografica, Caltanissetta 2005.

545 C.Giardina, Capitoli e privilegi della città di Messina, Messina 1937 in I. Fazio, Sterilissima di

frumenti. L’annona della città di Messina in età moderna, cit., p.19.

546 T. Fazello, De Rebus siculis decades duae, Tipografia Maida, Palermo, 1558, libro X, cap. I,

p.402.

547 Sulla produzione serica siciliana in età moderna vedi C. Trasselli, Ricerche sulla seta siciliana

(sec. XIV-XVII), in “Economia e storia”, 1965, fasc.2; M.Aymard, Commerce et production de la soie sicilienne aux XVI-XVII siecles, Palerme 1965.

548 M.Aymard, Commerce et production de la soie sicilienne aux XVI-XVII siecles, cit., p. 609. 549 Cifra data dai miei calcoli sulla base dei dati reperiti da D. Ligresti, Profili demografici nella

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Certamente almeno metà dei quantitativi veniva impiegato per approvvigionare la

nobile la quale da sola assorbiva tra le 50 e le 70 mila salme annue550, ma un po’ tutta l’area montagnosa limitrofa, e non solo, si ritrovava altrettanto bisognosa: Milazzo, Patti ma anche una moltitudine di centri minori che arrivava a comprendere quasi tutta l’area dei Peloritani e buona parte dei Nebrodi richiedeva tanto frumento almeno quanto Messina. Non deve stupire quindi se, attorno questa esigenza, si sviluppò un

business dai connotati piuttosto corposi.

Solo in termini prettamente logistici occorrevano innumerevoli imbarcazioni per trasportare da un capo all’altro dell’isola tutto il grano necessario ma il giro d’affari che ruotava attorno a quest’attività coinvolgeva decine e decine d’investitori i quali si preoccupavano non solo di trasportare il prodotto dal contado ai caricatori, dove poi sarebbe stato imbarcato, ma anche di reperirlo nel contado stesso. Come per il trasporto cerealicolo dei rifornimenti militari i caricatori ad hoc dai quali partiva il grano per uso civile erano quelli che godevano di maggiore vicinanza geografica con la val Demone, cioè Catania e Terranova. A compensare il flusso da queste ultime località supplivano i già noti caricatori di Girgenti e di Sciacca.

Pochi esempi daranno l’idea del volume di traffico in partenza proprio dalla costiera sud-occidentale dell’isola. Nel 1573 non meno di 4850 salme di grano partirono da Sciacca e Girgenti per rifornire la città peloritana, mentre altre 1100 salme raggiunsero Milazzo551; dalla stessa Girgenti, nel 1576, si ha notizia di un carico di 2800 salme per Messina e, sempre da Girgenti, partirono altre 800 salme per Milazzo. Nei primi del 1574 un vascello carico di 536 salme di grano partì da Licata ancora una volta in direzione di Milazzo552.

Non irrilevanti le provvigioni provenienti da Castellammare del Golfo (460 salme a Milazzo nel 1576) e da Terranova (1700 salme provenienti dal contado di Mazzarino). I trasporti dai caricatori più distanti quindi si svolgevano prevalentemente con vettori di una certa portata, capaci non solo di rifornimenti più cospicui ma anche di tenere meglio il mare; ad ogni modo capitava, e non di rado, che anche piccole e piccolissime imbarcazioni osassero sfidare il mare per distanze considerate per quei tempi così ragguardevoli. Nel novembre ’73 una barca carica di 170 salme di frumento partì da Licata alla volta di Milazzo553 e nelle stesse settimane

550 Nel 1558 Messina ricevette non meno di 50800 salme di grano mentre nel 1636 ne ricevette

72000 salme. Cfr. I.Fazio, Sterilissima di frumenti. L’annona della città di Messina in età moderna, cit., pp. 29-48.

551 ASP, Fondo Maestro Portulano, vol. 17 cc.53-54. 552 Ivi, c.98.

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un’altra barca scaricò a Milazzo per “subsidio di Rametta” un quantitativo imprecisato di frumento caricato a Girgenti554.

Molto più numerose le imbarcazioni in partenza da Catania e dai caricatori della punta più meridionale dell’isola; questi movimenti, grazie alla maggiore prossimità geografica, si svolgevano con piccole imbarcazioni, a volte dalla portata di 50, 100, 200 salme555. Quanto fosse pericolosa la navigazione per queste unità, specie a causa del mal tempo o di azioni ostili, è testimoniata da numerosi documenti e fatti di cronaca per cui molte imbarcazioni non arrivarono mai a destinazione come pure i loro preziosi carichi.

Nel Febbraio del 1573 Domenico de Afflitto proprietario di una barca contenente 48 salme di grano caricata a Catania e diretta a Messina andò a fondo a causa del mal tempo nei pressi del porto di S.Nicola, non lontano da Taormina. La gente del posto nuotando e piscando riuscì a recuperare 10 salme anche se bagnate556; nell’estate dello stesso anno la barca di Francesco Campagna la quale trasportava 100 salme di grano, partita da Terranova e diretta a Messina, dovette gettare tutto a mare a causa del mal tempo nei dintorni di Capo Passero557. Nel febbraio 1574, un’imbarcazione con 70 salme di grano salpata da Catania, anch’essa alla volta di Messina, dovette tornare nel porto di partenza a causa del mal tempo ma i flutti furono così impetuosi che le strapparono gli ormeggi cosicché rovinò sugli scogli perdendo tutto il carico558; mentre un anno prima una barca francese con 100 salme di frumento imbarcato a Vendicari559, diretta a Messina, venne sequestrata lungo il tragitto dai siracusani i quali si appropriarono del carico.

Episodi di questo tipo, oltre a illustrare bene la pericolosità della navigazione, ci offrono uno spaccato fedele delle rotte e dei quantitativi che venivano trasportati e per fortuna, non tutti i resoconti narrano di problematiche lungo il viaggio; nel settembre 1573 da Catania partì un carico di 70 salme di orzo560, giungendo tranquillamente a destinazione presso la nobile; navigazione tranquilla anche, pochi mesi dopo, in pieno inverno, per un carico di 100 salme di grano partito sempre da

554 Ivi, c.94.

555 Sulle imbarcazioni minori per il trasporto cerealicolo cfr. A.Giuffrida, La finanza pubblica nella

Sicilia del ‘500, cit., pp.347-355.

556 ASP, Fondo Maestro Portulano, vol. 17 cc.203-204. 557 Ivi, cc.47-48.

558 Ivi, cc.166-167.

559ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 596 c.433. 560 Ivi, c.93.

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Catania561 e ancora, nel gennaio 1574, dal caricatore di Tusa partirono 50 salme di grano alla volta di Patti562.

Se la gran parte dei proprietari delle imbarcazioni minori fossero messinesi o no questo non è dato saperlo, al contrario, appare evidente come una manciata di armatori, quasi tutti stranieri, investì notevolissime somme su questi trasporti e in particolare sulle navi di medio e grande carico. Tra tutti emerge, agli inizi del decennio in questione, la figura di Vincenzo Spinola, mercante genovese, il quale fece costruire due specifiche imbarcazioni, una da 700 salme, l’altra da 400, con lo scopo principale di rifornire la nobile. In altri termini divenne un vero e proprio monopolista sulle rotte dello stretto ma, come spesso accade, tanto lucro non tardò a destare le reazioni di altri investitori:

“…E’ successo che i giurati di Messina a istigazione di certi gentiluomini che han fatto partito di grano con essa città li hanno fatto impedire detti vaxelli (dello Spinola)….che quilli tali ni temino mancamento di conducere essi grani di partito in essa città lo che è …. per desegno di impedirvi acciò che l’exponenti non conduca grani in essa città….questi hanno noligiato altri vaxelli e navi per portare oltre 4- 5000 salme di grano mentre l’esponente non usa i suoi vaxelli se non per portare frumento in questa città e per questo li fece fabbricare” 563.

Fin qui le caratteristiche del traffico marittimo. Peculiarità differenti ritroviamo per il business del reperimento cerealicolo nell’entroterra siciliano. Sulla base delle informazioni in nostro possesso sembra evidente che accanto agli investitori genovesi giocarono un ruolo fondamentale anche diversi siciliani tra cui Angelo Setayolo, già noto per il suo attivissimo nell’acquisto delle tratte. Come per quest’ultime anche per i movimenti infra regnum il Setayolo mostrò profondo interesse; di sua proprietà infatti 4000 delle 4850 salme che nel 1573 partirono da Sciacca e Girgenti alla volta di Messina, come pure sue le 6000 salme che Messina ricevette nell’agosto del 1577564.

Accanto a questo, un altro siciliano si impegnò a fondo in quest’affare; è il caso di Francesco De Averna il quale procurò 1700 salme a Mazzarino per poi inviarle a Terranova dove altri avrebbero poi provveduto a inviarle verso lo stretto;

561 Ivi, c.105. 562 Ivi, c.135.

563ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 596 cc.78-79. 564ASP, Tribunale del Real Patrimonio, Lettere e dispacci viceregi, vol. 657 cc.105-106.

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mentre nel 1576 il genovese Stefano De Franchi - insieme a dei soci - acquistò una grossa partita di grano e lo vendette ai messinesi guadagnando più di 3600 onze565.

Alla luce di questi traffici è inutile dire quanto fosse importante per Messina l’approvvigionamento granario e conseguentemente la flotta mercantile che lo consentiva; se quindi per le altre città del regno l’attività marinara costituiva una fonte di lucro, per la nobile essa era in primo luogo connessa alla propria sussistenza, un vero e proprio elemento di sopravvivenza ancor prima di essere motivo di arricchimento566.

Una tale dipendenza apparve evidente, e minacciata allo stesso tempo, quando nel 1573 Don Giovanni, per le esigenze militari, requisì un gran numero di unità navali nel porto di Messina. In quell’occasione persino il Presidente del regno, pur essendo in ottimi rapporti col fratellastro del re, reagì con sdegno:

“Tutti i vascelli de salme 1000 a basso e barcarizzi sono impediti per ordine di

Giovan Andrea Doria per conto dell’armata tale che questa cottà non si può provvedere per mare de li vittuvaglie necessarie e si bene ni persuadiamo che tal impedimento non si facci per ordine del signor don Giovanni d’Austria tutta volta v’incarichiamo che debiate parlare col Doria per capire tali impedimenti poiché sapete l’ordine che noi dettimo fu d’mpedirci per conto dell’armata solamente li vaxelli di salmi 1000 in suso e pure se fosse ordine di don Giovanni venendo illoco ci farete istantia da parte nostra….”567.

565 Ivi, cc.325-326.

566 Sul porto di Messina e la sua importanza rimando a C. Trasselli, Sul movimento del porto di

Messina nel 1587, in “Economia e storia” 1955, fasc. 4; M. Aymard, Palermo e Messina, cit.

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