NEI MUSEI NATURALISTIC
7. ASPETTI DI EDUCAZIONE NEL MUSEO
7.2. Aspetti di educazione nei musei scientific
Partendo dai principali obiettivi dell’educazione scolastica, evidenziati anche nel Rapporto Unesco 1995:
• imparare a conoscere (cultura generale), • imparare a fare (competenza professionale),
• imparare a vivere con gli altri (rispetto delle differenze, tolleranza, capacità di cooperare),
• imparare ad essere (responsabilità, autonomia di giudizio),
il ruolo dei musei scientifici ha assunto un’importanza basilare per il raggiungimento dei suddetti obiettivi. È qui che possiamo mettere in atto tutti questi obiettivi. La mentalità scientifica dei conservatori dei musei si riflette nell’organizzazione del museo stesso, in cui gli oggetti (fossili, piante, minerali, insetti, globi, astrolabi, ecc.) sono strumenti cognitivi, con i quali si è fatta e si fa ricerca scientifica, oggi quasi sempre in gruppo, im- parando a sottoporsi al giudizio altrui ed esprimendo con autonomia le pro-
prie idee. Ecco perché la tendenza generale nei musei scientifici è di pro- durre apparati didascalici solitamente più complessi e articolati di quelli presenti in certi musei d’arte. Si tende a produrre pannelli o sistemi multi- mediali con testi analitici, tesi a illustrare oltre alla natura dell’oggetto, il valore storico, il contesto territoriale o temporale, le ricerche scientifiche ad esso associate. Ovviamente anche le attività educative organizzate nei mu- sei scientifici, almeno a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, hanno riflesso l’impostazione scientifica e la forma mentis propria del personale di questi musei.
Se già negli anni Ottanta erano presenti nel panorama nazionale alcune significative iniziative museali volte a divulgare la cultura scientifica a vari livelli, dal mondo scolastico a quello extrascolastico, oggi si propongono sempre più tempi educativi da vivere nei musei scientifici, finalizzati a una sensibilizzazione delle persone alle più varie tematiche tecnico-scientifiche, tempi non più confinati alla disciplina di riferimento delle collezioni stesse di un museo.
La conservazione del mondo naturale e della biodiversità, la sostenibilità, l’inclusione e l’armonia sociale, sono tematiche che sempre più caratterizza- no progetti educativi nei musei scientifici italiani. Per decenni in molti musei scientifici italiani le attività educative sono state confinate agli ambiti disci- plinari di pertinenza dei singoli musei. Pur costituendo questo un ottimo pun- to di partenza, la diffusione e lo sviluppo delle conoscenze deve passare at- traverso sistemi più complessi. In un certo senso si dovrebbe riflettere nell’organizzazione delle attività educative quello che si trova nell’organiz- zazione degli organismi stessi. Proprio i musei naturalistici, con le loro colle- zioni biologiche e paleo-biologiche possono raccogliere la sfida e puntare a una futura integrazione con altre scienze, con temi collaterali, non secondari però nella costruzione di un percorso didattico-educativo. Fondamentale è ad esempio il ruolo della storia e filosofia della scienza in quanto i concetti scientifici sono il risultato della creatività umana e quindi non sono definitivi, ma in costante rimodulazione. Un metodo che includa la complessità, che su- peri la separazione dei saperi ci conduce per una via lungo la quale si dissipe- ranno certe nebbie e se ne formeranno altre. E questo è il bello della cono- scenza. Non stancarsi mai di sottolineare la complessità del nostro mondo, non può che essere una buona strategia educativa. Imparare a riconoscere la complessità e l’intricato cammino del pensiero scientifico creerà cittadini più consapevoli dei rischi associabili a un progresso incontrollato e cieco, più abituati a porsi domande sulle varie combinazioni e conseguenze, con la testa ben fatta insomma (Morin, 2000).
E i Musei di fronte alla complessità che fanno? Si trovano ad affrontare nuovi aspetti del patrimonio culturale, ormai anch’esso da intendersi come bene complesso, non più separato in beni culturali distinti, ma come un in- sieme organico integrato nello spazio e nel tempo che lo contraddistinguo- no. Riarticolare le proposte museologiche, e specialmente quelle educative, secondo questi paradigmi può costare uno sforzo mentale grosso e faticoso, ma bisognerà pur farlo se vogliamo consolidare il valore precipuo delle no- stre istituzioni alla luce della contemporaneità (Krishtalka & Humphrey, 2000). L’evoluzione biologica è un processo complesso, dal quale possia- mo arrivare a trarre indicazioni sulla percorribilità di certe strade. Talvolta è la ricerca di nuovi modi di vedere che fa emergere i fenomeni, è giusto spiegare pattern accettati ma anche ricercare visioni nuove che sfociano in nuovi pattern. Così come nell’evoluzione naturale, nei musei l’educazione potrà seguire modelli consolidati, ma allo stesso tempo dovrà ricercare nuove piste, che apriranno nuovi orizzonti. Conciliare biologia e geologia, ripensare insieme l’evoluzione biologica e quella geologica ad esempio, porta a visioni sintetiche complesse (Eldredge, 2002), traducibili in piste didattiche dove l’elemento complessità assume un ruolo centrale.
L’organizzazione delle attività educative non può prescindere dal coin- volgere nella fase progettuale docenti nel caso della scuola, sociologi o psi- cologi nel caso di adulti, gruppi o famiglie, psichiatri o geriatri nel caso di gruppi sociali di anziani, malati di Alzheimer, tiflologi nel caso di non ve- denti, ecc. Auspicabile sarebbe richiamare i visitatori del museo a parteci- pare all’ideazione di queste attività e al loro svolgimento, a suggerire e va- lutare, secondo una nuova visione di museo partecipativo (Simon, 2010), con visitatori che occupino il “tempo impegnato” come diceva Russoli.
I musei possono raccontare storie vicine alla vita quotidiana delle perso- ne, storie reali e connesse alla vita di tutti i giorni. Ad esempio in un museo di scienze naturali è possibile parlare di sostenibilità ambientale e spiag- giamento delle carcasse di balena a partire da una balena fossile, esaminare poi strategie per l’affondamento delle carcasse spiaggiate sui nostri litorali, comparare le vecchie e le nuove comunità che si insediano su questi resti (Cioppi et al.). Le storie possono iniziare anche prendendo in mano un re- perto, ponendolo su un tavolo intorno al quale un gruppo di persone fa con- versazione, con la conduzione del conservatore che fornisce i dati semplici, a partire dai quali emergono le riflessioni, gli approfondimenti successivi, la reale complessità (un ottimo esempio sono le Collective Conversations fatte presso il Manchester Museum, UK). Senza preconcetti e senza timore di essere naive. Se prendiamo un reperto o uno strumento scientifico dotato di valore storico legato alla sua acquisizione o alla sua costruzione, ecco
che da esso si può arrivare a illuminare il contesto socio-culturale in cui fu raccolto o costruito e l’evoluzione della scienza ad esso associata (De Clercq & Laurenço, 2003).
Ovviamente per evitare perdite di tempo e risorse, sempre più preziose oggigiorno, vale il metodo di seguire una buona prassi, il best- practice, anche per i musei e per le loro strategie educative. Ecco perché hanno un fondamentale valore le comunità di museologi a vari livelli, nazionale, eu- ropeo, internazionale. Scambiarsi idee e valutazioni su queste tematiche è imprescindibile. Permettersi di “sperimentare” può essere rischioso, può costare perdite sia in termini economici che di tempo. La sperimentazione c’è sempre al momento che alcune prassi vengono applicate in altri territo- ri, in contesti sociali diversi e da attori diversi e quindi un fattore rischio è sempre presente, ed è bene che sia evidenziato a tutti i livelli. Ma se siamo educati alla complessità, sapremo fronteggiare i rischi ed eventualmente trovare i rimedi.
Non vi è dubbio che il “mondo museo” deve costituire un valore aggiun- to nelle azioni educative. Non si può esulare dalla sua natura e identità. Una corretta progettazione educativa deve essere coerente con quelle che sono le finalità e missione del museo, nascere e svilupparsi in modo integrato con quella che è la vita del museo, in stretto rapporto con le altre attività, come la ricerca, la conservazione, l’esposizione, la catalogazione, essere condivisa con i vertici del museo e con tutto lo staff e non dimenticare di presentare sempre la vita che si svolge in un museo, con tutte le angolazioni di un mestiere affascinante come è quello del museologo. Diffondere ciò è fondamentale per creare nuove aspirazioni nelle generazioni future, per stimolare la nascita in Italia di una scuola di museologia che rispetti la grandiosità delle nostre istituzioni museali. Se la didattica rimane separata dalle altre attività svolte in un museo, emergerà soltanto ciò che è in vetri- na. I visitatori come in una sorta di supermercato dei reperti osserveranno quello o quell’altro oggetto, ma non percepiranno la vita dietro la scena. Invece proprio presentando le attività professionali svolte dietro le quinte, come spedizioni scientifiche, campagne di scavo, restauri e ricerche, si pos- sono avvicinare i visitatori sollecitando connessioni tra generazioni, etnie e culture diverse, come tra organizzazioni, istituzioni, musei diversi. A tal proposito, Museum collections make connections, è l’efficace e giusta af- fermazione scelta dall’ICOM a titolo della Giornata Internazionale dei Mu- sei per il 2014.
Ma qual è il livello dell’educazione scientifica in Italia? Molti progetti di valutazione europei hanno evidenziato le criticità presenti nel nostro pae- se. L’alfabetizzazione scientifica è un processo avviato ma ancora molto
lontano da traguardi consistenti. Il pensiero scientifico costituisce il suppor- to per un sano sviluppo della società, con cittadini capaci di ben valutare le scelte operate e di ben progettare quelle future. Una buona educazione scientifica innesca la costruzione di questo pensiero scientifico e i musei