NEI MUSEI NATURALISTIC
9. CONSERVAZIONE E RESTAURO DEL PATRIMONIO STORICO-SCIENTIFICO
9.3. Conoscere per conservare
L’attenta osservazione diretta del bene per analizzarne lo stato di con- servazione fornisce una gran quantità di informazioni e rappresenta l’inizio di un percorso di conoscenza necessario per provvedere alla giusta cura, il momento dell’eventuale restauro permette poi di raggiungere una cono- scenza ancora più diretta e intima dell’oggetto che nel caso degli strumenti scientifici può riguardare per esempio modifiche effettuate e segni prove- nienti dall’uso nascosti in parti non a vista. Ormai da decenni sono inoltre disponibili tecniche analitiche di indagine scientifica che oggi hanno rag- giunto risultati eccezionali sia per quanto riguarda l’accuratezza e la preci- sione sia per quanto riguarda la possibilità di effettuare analisi in situ, diret- tamente dove si trovano gli oggetti senza doverli trasportare in laboratorio. Le tecniche a disposizione sono molte e con caratteristiche e potenzialità diverse che consentono di effettuare analisi qualitative o quantitative, a li- vello molecolare o elementale, per la caratterizzazione materica di materiali organici e inorganici. In alcuni casi è possibile ottenere accurate risoluzioni spaziali oppure dati stratigrafici molto precisi. Nel campo dei beni culturali la caratteristica che deve essere immediatamente valutata è l’invasività del tipo di analisi. Per alcune indagini è infatti necessario sacrificare durante l’analisi una porzione, anche infinitesimale, del materiale. Questo prelievo che a prima vista può essere giudicato inaccettabile nel nostro ambito, può
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Talbot S. (2012), “Broadhurst Clarkson & Co., Ltd. Of London: Their 1971 Catalogue”, Bullettin of the Scientific Instrument Society, n. 112.
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invece trovare piena giustificazione laddove per esempio lo stato di conser- vazione ha già determinato il distacco di materiale irrecuperabile per l’ope- ra ma sufficiente per l’analisi, oppure in quei casi che consentono un’a- sportazione non deturpante di piccolissime porzioni da segmenti nascosti. Bisogna infatti considerare che i dati ottenuti possono rivelarsi molto pre- ziosi per indirizzare interventi conservativi e di restauro o addirittura de- terminanti per la sopravvivenza del manufatto. Come sempre la scelta è ca- ratteristica di ciascun caso particolare, deve risultare dal bilanciamento di diversi aspetti e non può essere determinata in via generale. Ciò che può essere utile in via generale è l’individuazione di una metodologia d’inter- vento improntata alla prudenza, all’accuratezza e al rispetto del manufatto e del suo significato. Sicuramente più desiderabili sono tutte le tecniche non invasive o microinvasive, che consentono cioè un’approfondita conoscenza materica con cicatrici di dimensioni non apprezzabili. In Italia esistono luo- ghi di eccellenza dove questo genere di analisi vengono condotte da decen- ni su opere artistiche e dove la ricerca fa ogni giorno passi da gigante. Oltre a luoghi di riferimento internazionale quale l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze o l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma, vengono allestiti progetti di spicco quale il progetto Temart16.
Registrata l’enorme portata dell’apporto scientifico e tecnologico nel campo della conservazione e restauro bisogna comunque anche segnalare un dibattito presente e riguardante gli eccessi diagnostici che a volte si pos- sono riscontrare, attività di indagine portate al di là del limite utile con ec- cessivo dispendio di risorse e di tempo.
Il processo di conoscenza attraverso il quale l’operatore si relaziona con il manufatto deve essere però a doppio canale e comprendere non solo il flusso di informazioni provenienti dall’oggetto e dalla sua dimensione materiale, ma an- che quelle provenienti da uno studio preventivo e approfondito sulla storia per- sonale dello strumento, sulla genesi che ha portato all’ideazione, sul funziona- mento e l’uso, sui singoli materiali. Il ruolo dello studio scientifico e della ri- cerca storica nelle operazioni di tutela e valorizzazione del patrimonio scienti- fico e tecnologico è centrale e rappresenta un cardine del lavoro17, lo studio rappresenta un punto indispensabile per orientare gli interventi conservativi e di restauro per tutti i beni culturali ma forse ancor più per gli strumenti scienti- fici laddove entrano in gioco la valutazione del ripristino del funzionamento e la ricostruzione delle parti. Questi interventi devono sempre essere valutati con
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www.temart.ifac.cnr-it, visitato il 20 agosto 2014.
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Tucci P. (c2005), “Il ruolo della ricerca nella conservazione, nel restauro e nella valoriz- zazione degli strumenti scientifici”, in S. Sutera, L. Ronzon, op. cit.
grande accuratezza e prudenza. Prendiamo il caso di un microscopio o di un telescopio al quale mancano le lenti. Se dovessimo valutare l’eventualità di una ricostruzione di quest’ultime potremmo decidere di orientare la decisione se- condo un criterio che si basa sul “peso” che questa parte ha rispetto alla totalità. In questo caso certamente le lenti rappresentano una parte quantitativamente minore rispetto al tutto. Non dovrebbe sfuggirci però che le lenti, nell’economia relativa al funzionamento e al senso di uno strumento ottico, hanno un peso enorme. Potremmo altrimenti partire dal considerare il ruolo di testimonianza che lo strumento ha, qual è la sua funzione? Quella di potenziare la nostra vista e di permetterci di vedere cose altrimenti invisibili. Senza lenti indubbiamente questa funzione è persa, il suo ruolo come bene culturale, come “testimonianza avente valore di civiltà”, può sembrare che vacilli. Per rispon- dere a interrogativi di questo tipo, e per fondare le risposte su solide basi, è ne- cessario approfondire la conoscenza intorno al vetro, agli aspetti della tecnolo- gia relativa a questo materiale, alle particolarità del vetro scientifico e alla sua storia. Possiamo così constatare l’importanza che ha rivestito questo materiale nella storia della scienza e come i miglioramenti nella tecnica di lavorazione delle lenti abbiano influenzato avanzamenti significativi nelle ricerche condotte con telescopi e microscopi. Contemporaneamente la necessità di ottenere stru- menti sempre più perfezionati ha dato impulso all’innovazione delle lavorazio- ni e ha inciso sulla selezione delle materie prime, di natura e composizione sensibilmente diverse a seconda dei territori di provenienza. L’abilità dei mani- fattori comunque faceva la differenza e nel Seicento la fabbricazione di lenti di qualità costituiva il bagaglio tecnico-pratico di pochi individui che talora, come gli artisti, firmavano i propri capolavori. Con il XIX secolo, grazie soprattutto a scienziati, costruttori e imprenditori tedeschi, vennero introdotte a più riprese innovazioni importantissime e nacquero manifatture capaci di produrre lenti con caratteristiche speciali e prestazioni eccezionali.
Anche solo un accenno alla complessa storia della produzione del vetro scientifico è sufficiente a far emergere subito l’entità del peso delle lenti nella caratterizzazione di uno strumento ottico. La perdita delle lenti originali è quindi un danno tanto grande quanto irrecuperabile. Ricostruire o sostituire le lenti ad un microscopio o ad un telescopio storico significa creare ex novo un oggetto tanto mostruoso quanto inutile.