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5. La diffusione del De amore.

5.1 Aspetti metodologici e caratteri generali.

Gli studi sulla diffusione e la ricezione del De amore di Andrea Cappellano fino a questo momento sono molto esigui. Si ha contezza dei manoscritti latini e dei volgarizzamenti, ma a parte rari casi, poco o nulla sappiamo dell’influsso che il trattato ha esercitato sulla letteratura volgare di matrice cortese. Un contributo significativo alla storia della ricezione del De amore, sia nell’ambito della letteratura sapiente sia in quello della letteratura volgare, si deve agli studi di Alfred Karnein314 il quale ha dedicato alla questione alcune fondamentali pubblicazioni che chiariscono i passaggi più nascosti di questa storia finora ritenuta abbastanza lineare. Accostandosi agli studi di Karnein ci si rende conto di due cose: il processo ricettivo del De amore è un fenomeno complesso, intricato, differenziato nel tempo e nello spazio, e in secondo luogo, l’influsso del libro di Andrea sulla letteratura cortese posteriore non è così certo ed evidente come è sembrato finora alla storia letteraria. La questione, tuttavia, appare ancora più spinosa quando consideriamo

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che lo studio della ricezione del De amore si intreccia inevitabilmente con ciò che la critica moderna ha avanzato in merito alla reale intentio dell’opera e del ruolo che ricopre nella comprensione della letteratura cortese. Ricordiamoci per un istante che il De amore è considerato tuttora un avantesto della poesia cortese, un manuale che registra ed esponene coerentemente alla produzione volgare, la dottrina della

fin’amor. A questa provvidenziale codificazione è comodamente possibile riferirsi

ogni qualvolta sia necessario supportare dottrinalmente la poesia di questo o di quell’autore medievale. In Italia per esempio, si è creduto e si crede ancora che il De

amore abbia avuto larghissima diffusione e che sia stato una delle letture preferite

dai nostri poeti a cominciare dalla Scuola siciliana in poi. A nostro avviso questa credenza accende una forte ipoteca sulle origini e lo sviluppo della nostra letteratura e le edizioni continuano a pagare questo tributo al De amore senza considerare le posizioni della critica moderna e senza avere una reale cognizione della complessità della ricezione e dell’effettivo influsso che il trattato ha avuto sulla letteratura volgare. Da un lato, infatti, la critica moderna ha rigettato quasi univocamente l’idea, considerata errata, che il De amore possa essere una puntuale e attendibile codificazione della dottrina cortese sostenendo, al contrario, il carattere polisemico, anticortese e ironico di questo trattato, che per via di questa plurivocità non è adatto alla comprensione del fenomeno cortese. Da un altro lato non ci sono prove evidenti di un influsso letterario del De amore o per lo meno non così ampio come la storia letteraria ha creduto di rintracciare in tutto il filone cortese della nostra letteratura medievale.

Sulla natura e i possibili usi del De amore esistono tre preconcetti: il trattato rispecchia l’ideologia cortese così come si riscontra nei testi poetici; il trattato si presta pertanto all’analisi del contenuto di questi testi; si pretende di scoprire una larga diffusione del De amore nella letteratura volgare del Medioevo. Ciò che sorprende tuttavia è la circolarità poco virtuosa con cui questi tre elementi si intrecciano, infatti, si invoca la natura descrittiva del trattato e il suo valore normativo per giustificare l’esistenza di una sua ampia e diffusa ricezione e

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viceversa315. Questa estrema semplificazione non tiene conto della complessità di un processo ricettivo che inizia tempestivamente dopo la composizione dell’opera e si protrae fino alla fine di un percorso che partendo dal Medioevo arriva fino al Rinascimento. La complessità è determinata prima di tutto dalla natura e dalla struttura del trattato e poi dalla diversità dei sistemi letterari con cui il libro di Andrea è entrato via via in conttato. Il De amore possiede oggettivamente molti potenziali di significazione che coinvolgono la sfera cortese, teologica, giuridica, morale, possiede una struttura argomentativa tipicamente scolastica, in molti casi lascia intravedere una finalità scientifica e didascalica. Nell’ipotesi di Karnein il trattato, con la sua enfasi espositiva dell’amore umano, è stato interpretato, dai contemporanei, come una esposizione ipertrofica del fenomeo cortese, un’esagerazione che non può essere seria, ma che si giustifica solo nell’ipotesi di una

intentio critica nei confronti del sistema dei valori cortesi. Il fine dell’opera sarebbe

dunque un serrato confronto dialettico tra le novità della fin’amor, cioè l’amore umano mitizzato ed elevato al rango spirituale perché fonte di ogni bene e di promozione sociale, e la caritas cristiana ovvero le abitudini di pensiero dei chierici e quindi dell’intera società medievale. I poeti contemporanei non avrebbero frainteso il significato intrinseco dell’opera, essi l’avrebbero intesa, seppure con difficoltà, come una serrata critica alle pretese del sistema di valori veicolato da questa poesia, e di fatto non trovano necessità di citarla. La prima eco letteraria del De amore si trova alla fine del XIII secolo, guarda caso in un poema didattico-allegorico come il

Roman de la rose di Jean de Meung, nel quale tuttavia mantiene una significazione

morale e non letteraria. Alla fine del XIII secolo anche le risate di Drouart la Vache di fronte a quest’opera, che si preparava a tradurre in distici di ottonari, confermano questa ipotesi.

Il De amore di Andrea Cappellano ha esercitato un reale influsso sulla letteratura volgare solo quando la distanza culturale e storica dall’originaria provocazione clericale, ha consentito al trattato un riuso letterario come testimone

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Cfr. A.KARNEIN, 1981a, p. 324-325: «Or ce qui surprend, à l’examen, c’est précisément que les deux ‘rôles’ attributes au De amore semblent s’implicher mutuellement et que l’on fasse constamment appel à l’un pour accréditer l’existence de l’autre».

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attendibile e normativo dell’amor cortese. Quest’uso letterario non è avvenuto prima del XIV secolo perché tutti gli usi del De amore accertati per il secolo XIII non lasciano spazio ad una interpretazione cortese dell’opera. Si è già detto che autori come Geremia da Montagnone o Albertano da Brescia intepretano il libro di Andrea nel solo modo in cui poteva essere intepretato prima che la distanza di giudizio ne facesse un testimone della dottrina cortese, ovvero come una riflessione sulla

cupiditas e sui suoi effetti distruttivi per la società e la vita morale dei singoli

individui. Laddove Andrea parla di amore fra sessi, i due giuristi italiani ricollocano e spostano il senso sul piano dell’amore amicale. Non stiamo dicendo, dunque, che il

De amore non abbia avuto influssi sulla posterità volgare nel secolo

immediatamente successivo alla sua composizone, ma che tali influssi non siano riconducibili ad una intepretazione cortese dell’opera. L’ampio influsso cortese del

De amore, ammesso da studiosi come Rajna316, Bossuat317, e Segre318, deve essere drasticamente ridimensionato, specialmente per il secolo XIII. Per questo secolo il criterio metodologico che Karnein adotta e che credo sia possibile assumere anche per la presente ricerca, è quello di ammettere un influsso cortese del De amore solo di fronte a una citazione diretta o la cui origine non deve essere ricondotta necessariamente al libro di Andrea319. Per contro, tutte le somiglianze che si possono rintracciare tra i contenuti dei testi poetici e quelli del De amore, proprio a causa della complessità della ricezione di questo trattato, devono tenere conto dei profili specifici di genere, di forma e di contenuto della singola opera e considerare la funzione e il significato che tali somiglianze hanno nel loro contesto. Aggiungiamo a questi elementi che se complessa è stata la ricezione del De amore, non meno complicata è stata anche la sua tradizione. Il problema fu limitatamente affrontato dal Trojel, il primo editore del De amore, basandosi solo su una dozzina di manoscritti. Oggi, invece, la lista dei testimoni manoscritti e a stampa conta oltre quaranta esemplari e manca una completa ed esauriente storia della tradizione che possa aiutare nella comprensione della diffusione e delle modalità di fruizione di 316 Cfr. P.RAJNA 1889a e 1889b 317 Cfr. R. BOSSUAT, 1926a e 1926b. 318 Cfr. C.S EGRE 1968-1970, pp. 109-116 e 162-167. 319 Cfr. A. KARNEIN 1981a, p. 329.

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questo trattato. A questo proposito Karnein ha scoperto che l’opera raramente circolava nella sua interezza, bensì in modo frammentario. Del resto la natura insolita e composita della sua struttura permetteva l’estrapolazione di molti contenuti e la loro inclusione in antologie e florilegi320 in cui alcune parti del trattato sarebbero state tramandate singolarmente insieme a materiali a volte molto eterogenei. La definizione dell’amore, le regulae e i praecepta, per esempio, ebbero quasi da subito una vita e una tradizione indipendete dal loro contesto originario. È quasi certo che la primissima ricezione del De amore nella letteratura sapiente si avvalesse proprio di questa frammentaria e autonoma tradizione, come dimostra il sistema delle citazioni in Geremia da Montagnone e Albertano da Brescia.