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La minuziosa ricostruzione di Karnein ha mostrato come sia possibile ammettere l’esistenza storica di Andrea e del suo interlocutore salvaguardando alcuni dati della tradizione. Uno di questi è la data di composizione che può collocarsi nell’ultimo ventennio del XII secolo e precisamente tra gli anni 1181 e 1186. Altri dati, come il luogo di composizione e l’ambiente di origine del trattato devono invece essere radicalmente contraddetti, come nel caso del luogo di composizione che non può essere la corte di Champagne ma la più austera e anticortese curia reale.

Il dibattito intorno alla data di composizione inizia molto prima. Già Pio Rajna117 aveva ammesso chiaramente che per tutto l’Ottocento si erano diffuse notizie infondate sulla data di composizione del De amore118. F. Diez per esempio aveva cercato di dimostrare che il libro non avrebbe avuto alcun valore nel XII secolo e dunque non poteva che essere stato composto alla fine del XIV, perché non esisterebbero citazioni del De amore prima del XV secolo119. Il riscatto avvenne solo con il Fauriel che avanzò come punto di riferimento l’opera di Geremia da Montagnone120. In seguito Mussafia e Wolf fecero intendere che il De amore fu imitato, citato e trascritto almeno fino al 1287121. La data fu poi ulteriormente anticipata da G. Paris122 al 1245, anno in cui Albertano da Brescia scrive il suo Liber

de doctrina loquendi et tacendi, all’interno del quale cita una delle regole di Andrea.

117

Cfr. P.RAJNA, 1889, pp. 193-265. 118

Cfr P.RAJNA, 1889, p. 225, cita DU CANGE,1954.

119

Citato da G.PARIS, 1883, pp. 526.

120 Cfr. C.C.F

AURIEL, 1895, XXI, p. 320.

121 Mussafia un articolo del 1862 e Wolf in un altro del 1864, Cfr. P.R

AJNA, 1889, p. 208, note 1 e 2.

Da segnalare soprattutto Wolf il quale rileva i notevoli prestiti dal trattato di Andrea che si trovano nell’autore omonimo del Libro di Enanchet, che ha come oggetto gli ammaestramenti di un padre a un figlio.

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Cfr. G. PARIS, 1883, pp. 527. Paris prima ricorda il libro di Enanchet segnalato da Mussafia conservato in un manoscritto proveniente da Gonzaga e datato 1288, poi l’Art d’amors di Jacques d’Amiens che scrive intorno al 1250 e infine Albertano da Brescia: « … ma nous pouvons remonter encore notablent plus haut. Albertano, juge à Brescia, a écrit en latin trois traités moraux qui ont eu, comme on sait, in grand succeès au moyen âge, et ont été souvent traduits. L’un d’eux, l’Ars loquendi et tacendi, été composé en 1245… Or o y lit : Secundum regulam amoris, si amor minuatur, cito deficit et raro convalescit, et c’est précisément une des regulae amoris… Dans un autre traité, Sur la vie honnête, Albertano cie trois autres de ces règles d’amour»

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Paris tuttavia non si era accorto del dato più antico, ovvero la citazione della stessa regola (la diciannovesima) e di altre 15, in un altro trattato di Albertano anteriore però di sette anni, cioè il Liber de amore et dilectione Dei et proximi et aliarum

rerum et de forme vite, del 1238. La scoperta era stata fatta dal Trojel123 e come è noto il De amore è citato da Albertano con il nome del personaggio a cui è indirizzato cioè Gualtierus. In ogni caso, fino a questo momento, il 1238 è la data

post quem non è possibile porre la composizione del De amore. Ovviamente la data ante quem non può che essere quella fittizia contenuta nel trattato, Ab anno MCLXXIIII Kal. maii. Indictione VII. (DA 1.6.400). Com’è noto, si tratta della data che

riportata da una lettera fittizia che la contessa di Champagne invia ai locutori del settimo dialogo come risposta da un loro quesito circa la possibilità dell’esistenza dell’amore all’interno del vincolo matrimoniale. La data inoltre dimostra un certo simbolismo perché il 1° maggio era, per tradizione, il giorno dedicato agli amanti124. La prima delle notizie infondate a cui faceva riferimento Rajna è la paternità del trattato attribuita a un Andrea cappellano del papa Innocenzo IV, autore di un di

Liber de dissuasione uxoris - un ‘assai breve trattatello’, come lo definisce Rajna125 - che si inserisce nella filone della letteratura antifemminista. Ciò collocherebbe l’opera al di là del termine post quem poiché, Innocenzo IV, eletto nel 1243, morì nel 1254126. Nessuna testimonianza, né letteraria127 né storica conduce ad una

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Il Rajna non riporta la citazione bibliografica per esteso ma solo la pagina (p. 99). Si può ipotizzare che ci si riferisca all’edizione critica del Trojel, ma quella uscì solo nel 1892, mentre gli studi del Rajna sono di almeno due anni precedenti. Cfr. P.RAJNA, 1889, p. 225.

124

Cfr. P.RAJNA, 1889, p. 246

125

Cfr. P.RAJNA, 1889, p. 228.

126 Sinibaldo Fieschi dei conti di Lavagna, apparteneva ad una delle famiglie più influenti della

Repubblica di Genova. Era ritenuto il più importante canonista dell’epoca. Fu eletto dopo il brevissimo pontificato di Celestino IV (appena 17 giorni), il 25 giugno 1243. Eredita da Gregorio IX le aspre lotte contro Federico II.

127 Sembra inverosimile l’ipotesi, ammessa da G.P

ARIS, 1888, p. 674, di un Andrea Cappellano passato

dalla curia reale di Francia a quella papale, a motivo della lunga permanenza di Innocenzo IV in Francia (dal 1244 al 1251) per sfuggire a Federico II. Sappiamo invece che fu Geremia da Montagnone a operare l’identificazione dei due autori forse perché citava da un florilegio. Molto probabilmente Geremia congetturò che un autore che avesse già scritto un libro che condannava l’amore, avrebbe potuto scriverne un altro che condannava il matrimonio e ciò sarebbe testimoniato anche dal sistema di citazioni all’interno dell’opera di Geremia(CFR.P.RAJNA, 1889, p. 231: nella parte

IV, libro VI, rubrica 2, Geremia cita prima «Andreas ad Gualterium de Amore libri iij», e poi aggiunge «Idem in libro de dissuasione uxoris»). Il confronto fra le due opere dimostra chiaramente che gli autori sono diversi: nella breve epistola contro il matrimonio, non si trova l’asprezza del linguaggio che invece è pressocchè continua e uniforme nella Reprobatio di Andrea, diversi sono gli esempi,

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simile identificazione. Papa Innocenza IV aveva un nipote di nome Andrea, al quale lo zio concesse una prebenda a Chartres favorendolo ad un suo avversario128. Sebbene plausibile l’ipotesi che un papa in esilio in Francia avesse portato con sé un cappellano di famiglia, magari un nipote, tuttavia le date non coincidono perché dal testamento di questo Andrea si ricava che morì prima del padre, di nome Opizzo, e che non era il figlio maggiore129, quindi non sarebbe mai potuto nascere prima del 1200130.

Vari indizi scarterebbero comunque una datazione posteriore al 1200. La data post quem ci dice anzi che l’opera doveva essere stata scritta molto prima, e ciò sia che Maria di Champagne e delle altre dame menzionate nel De amore fosse morta, come afferma G. Paris131, sia che esse fossero ancora in vita. Nell’ipotesi di P. Rajna, Albretano da Brescia allorché cita il De amore nel 1238, era giunto ad una età

diverso è lo stile (molto elaborato nella Reprobatio, più dimesso nel De dissuasione uxoris), e infine diverse sono le fonti perché l’autore del De dissuasione sembra molto più legato alla tradizione e al pensiero classico.

128

Il fatto che questo Andrea sia italiano depone a sfavore dell’identificazione con l’autore del De amore sebbene, nel terzo dialogo (Loquitur plebeius nobiliori feminae (Cfr. DA 1.6.142, BATTAGLIA p. 70), si parli di un conte italiano bellissimo nell’aspetto, di nobile schiatta, ma ricettacolo di ogni malvagità morale, contrapposto a un re di Ungheria deforme ma virtuoso. Se questo Andrea è l’autore del De amore è del tutto possibile volesse riferirsi alla sua patria ma è impensabile che volesse disprezzarla facendone la dimora dell’anticortesia.

129Il fratello Guglielmo, creato cardinale dallo zio nel 1244, deve essere reputato per forza di cose

maggiore di Andrea, e lo stesso dicasi per l’altro fratello Giacomo, noto soprattutto per i fatti di Civitavecchia. Dopo la morte di Gregorio IX, Innocenzo IV, eletto dopo 20 mesi di sede vacante, ereditò gli aspri conflitti con l’imperatore. L’imperatore non volle sottostare alle richieste del nuovo pontefice (restituzione delle terre dello Stato Pontificio, rilascio dei prelati incarcerti dopo la battaglia della Meloria, pubblica e adeguata penitenza dell’imperatore). Dopo trattative e tergiversazioni, il papa, sentendosi insicuro a Roma, creati dodici cardinali in tutta fretta, si imbarcò a Civitavecchia, con l’appoggio della sua potente famiglia genovese. Si spostò prima a Genova e poi a Lione dove nel 1245 convocò il XIII Concilio ecumenico, al quale parteciparono 140 prelati, delegazioni dei sovrani europei e perfino l’imperatore d’Oriente Baldovino II. Nonostante Federico II avesse mandato al Concilio il suo cancelliere Taddeo da Sessa, il migliore retore, “avvocato” e giurista allora disponibile sulla piazza, per difendersi e dimostrare che il concilio non era ecumenico, fu comunque scomunicato e i sudditi sciolti dal vincolo di fedeltà. Il papa poté tornare a Roma solo dopo la morte di Federico nel 1250.

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Il testamento di Andrea, nipote del papa, è datato 1262. Egli lasciava una somma di denaro al padre Opizzo, che dunque doveva essere vivo. Inoltre, come si è detto, questo Andrea non era il figlio maggiore. Non si capisce poi perché un parente così stretto del papa fosse rimasto ad un grado di carriera così basso, mantenendo solo la cappellania papale. Se questo cappellano, nipote del pontefice, avesse scritto un trattato sull’amore e poi uno sul matrimonio, avrebbe dovuto farlo prima della post quem del 1238. Inoltre doveva trovarsi già in Francia perché Innocenzo IV fu eletto nel 1243 e si recò a Lione nel 1245, parecchi anni dopo la citazione di Albertano (Cfr. P.RAJNA, 1889, p. 240).

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avanzata, e non è pensabile che avesse potuto leggere il libro di Andrea nella vecchiaia e per di più in prigione132. Sembra più verosimile che fosse una lettura giovanile e per di più già molto conosciuta perché Albertano cita le regulae amoris senza altra specificazione, altrimenti avrebbe meglio specificato l’origine. Non si dimentichi poi che il trattato era conosciuto come libro di Gualtieri, una confusione che doveva essere ben radicata. Tutto ciò dice che l’opera è stata scritta molto prima del 1238.

Per quello che riguarda la data ante quem, 1° maggio 1174, nessuno ormai avanza dubbi sulla sua natura fittizia. Tuttavia Rajna segnalò alcune varianti che conduco a stabilire che il trattato era già composto e circolante nel primo decennio del XIII secolo. Il codice parigino 8758 della Biblioteca Nazionale riporta la data del 1276 (sicuramente un’alterazione materiale involontaria), i codici fiorentini riportano la data diminuita di dieci anni (tutti infatti riportano la data del 1164 ma mantengono l’indizione VII)133; il codice ambrosiano A 136 sup. e il codice Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 83.18 Aug. 2o, riportano la data del settembre 1210, indizione XII, senza che i due derivino l’uno dall’altro. La prima cosa che si nota è un’incoerenza temporale: l’indizione del 1210 era la XIII e non la XII134. La spiegazione di questa incoerenza può essere o l’errore umano o un errore di conteggio dell’anno dell’indizione in corso, come è testimoniato in quel periodo per la curia romana, dove le bolle papali di Innocenzo III, relativamente all’anno 1207 erano datate con indizione IX anziché X. Tuttavia non ci sarebbe errore qualora considerassimo il conteggio dell’indizione secondo l’uso pisano o fiorentino (cioè la tradizione di far iniziare l’anno il 25 marzo, giorno dell’annunciazione)135,

132

Vita di Albertano da Brescia

133

Cfr. P.RAJNA, Tre studi per la storia del libro di Andrea Cappellano, op. cit., p. 246 note 1-2.

134 L’indizione, era stata introdotta dall’imperatore Costantino nel 313. Con essa si indicava un

periodo di 15 anni, legato al ciclo amministrativo ed esattoriale dell’impero. Ogni nuovo anno delll’indizone cominciava il 24 settembre ed era numerato da 1 a 15. Alla fine di ogni periodo si ricominciva il conteggio a partire da uno. L’indizione poi passò a designare la data dei documenti ufficiali. Ogni data dunque indicava il mese, l’anno e l’indizione cioè l’anno dell’indizione in corso tra i quindici di cui era composto l’intero periodo. Il 1210 non corrisponde al dodicesimo anno di indizione ma al XIII.

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Attorno al 523 d.C., il cancelliere papale, Bonifatius, chiese al monaco Dionysius Exiguus (Dionigi il Piccolo) di trovare un modo di inserire nell'uso comune le regole approvate nel Concilio di Nicea (Regole Alessandrine). Dionigi il Piccolo era un monaco della Scythia e suo compito era preparare i calcoli delle date della Pasqua. Allora si usava contare gli anni a partire dal regno dell'Imperatore

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perché il 1210 era iniziato nella notte tra il 24 e il 25 marzo del 1209. Si deve supporre dunque che i due codici, quello ambrosiano e quello di Wolfenbüttel, derivino da un antecedente copiato nel settembre del 1209 o del 1210. In ogni caso questo ci dice che già tra il 1209 e il 1210 il libro di Andrea era in circolazione.

La questione è sapere se Andrea scrive quando Maria di Champagne era ancora in vita (morì nel 1198) o dopo la sua morte. Paris riteneva, dal tono delle citazioni, che Andrea conoscesse i judicia amoris delle dame solo per reputazione e che da questo poteva ricavarsi che le dame erano già morte. Per Rajna è certo che Andrea doveva essere giovane quando tali nobildonne erano ‘anziane’. Tra queste donne Andrea menziona una regina136 non meglio specificata. Secondo Paris non si tratterebbe di Eleonora ma ad Alice di Champagne, terza moglie di Luigi VII. A parte la disputa sulla questione - Rajna non ritiene possibile tale l’identificazione – sarebbe utile sapere a quale regina Andrea si stesse riferendo137. La donna più citata

Diocleziano, ma Dionigi decise di iniziare il conto dall'incarnazione di Cristo. Fissò erroneamente l'incarnazione in corrispondenza del 25 marzo 753 ab urbe condita (non si sa in che modo effettuò il calcolo): il 25 marzo (Festa dell'Annunciazione) fu definito come inizio dell'anno e il 25 dicembre come giorno della nascita di Cristo. Lo spostamento al 1° gennaio come inizio dell'anno avvenne in epoche diverse nelle diverse nazioni.

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Nel dialogo D, tra un nobile e una plebea il nobile, per giustificare la scelta di un amore plebeo l’uomo chiama in causa Eleonora e la menziona come regina di Inghilterra. Dunque al tempo della scrittura del libro doveva essere già divorziata. Se si considera che lei divorziò nel 1152 il De amore, a quella data, doveva già essere stato scritto: «Tali ergo intentione verbum protuli «magis» ut, si plebeia probior quam nobilis inveniatur, potius sit quam nobilis eligenda; si aequis in probitate passibus ambulare noscuntur, aequaliter earum amor est eligendus secundum Angliae reginae Alinoriae opinionem». DA 1.6.185. La designazione ‘regina Eleonora’ ritorna nel capitolo VII del secondo libro, De variis judiciis amoris nel giudizio II, VI e VII: «Mulier autem eum quasi indignum repellit a suo amore, dicens ad amoris sufficere privationem tali[s] postulata et impetrata licentia. Huic autem mulieri reginae Alinoriae videtur obviare sententia, quae super hoc negotio taliter consulta respondit» DA 2.7.7. Qui non si designa come regina d’Inghilterra ma se prima l’aveva menzionata con questo titolo non c’è motivo di pensare che in questo luogo sia diversamente. Il divorzio aveva sucitato molto scalpore e se Andrea si stesse riferendo ad Eleonora prima del divorzio, l’avrebbe detto. Nel giudizio XVII si parla di una regina senza specificazione per cui si capisce che se Eleonora è specificata prima come regina d’Inghilterra, poi solo come regina, può anche essere che questa indefinita regina sia quella francese: può essere o Costanza di Castiglia, morta di parto nel 1160, o Alice di Champagne. Questo si desume dal fatto che quando Eleonora è menzionata come regina d’Inghilterra essa aveva divorziato nel 1152. Se il De amore è stato scritto dopo 1152 niente vieta che fosse stato scritto entro il 1160 ovvero l’anno della morte di Costanza. Così come nulla vieta che possa essere stato scritto dopo questa data quando la regina era Alice di Champagne. La stessa regina è poi menzionata nel giudizio XIX.

137 Cfr. G.P

ARIS, 1888, p 732, riporta un passo della vita di Bernard de Ventadour (nato tra il 113 10 e

il 1140 e morto entro l’ultimo decennio del secolo) il quale, costretto a lasciare la sua patria, si rifugia in Normandia presso la duchessa «’qui était jeune et gaie et de grand valeur et de grand prix et de grand pouvoir… El elle le reçut avec grand plaisir et en grand honneur, et elle fu fort contente de sa venue, et elle le fit segneur et maître de tuot sa cour’. Il faut entendre probablement qu’elle lui

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nel De amore è Maria di Champagne della quale si presupponeva una raccolta di sentenze138. Non sappiamo se il De amore fu scritto quando era ancora in vita. Un passo del De amore ha fatto credere a Rajna che la contessa fosse già morta all’epoca della stesura del trattato139 a causa di una proposizione oggettiva dell’anteriorità con un sensisse che porta a credere già estinta la contessa di Champagne al momento della scrittura. Se l’intuizione di Rajna è giusta il De amore sarebbe stato scritto dopo il 1198, anno della morte di Maria di Champagne. Nel caso in cui l’oggettiva dell’anteriorità, è usata per descrivere non il punto di vista di Andrea ma quello della contessa che avrebbe voluto riferirsi alla sua giovinezza, la data di composizione non può essere fatta risalire oltre il 1186.

Come abbiamo visto anche Karnein reputa più interessante il riferimento a un re di Ungheria e al suo argento, menzione che può suscitare qualche sospetto dal momento che si tratta di uno straniero140. Ricordiamo anche che, secondo P. Rajna, questa espressione racchiuderebbe il ricordo che l’autore aveva delle fastose nozze tra Margherita, sorellastra di Maria di Champagne (perché figlia di Costanza di Castiglia) e il re d’Ungheria Bela III, matrimonio celebrato nel 1186. Se la supposizione di Rajna è giusta, questo re d’Ungheria, forse già menzionato ed

donna la direction de fêtes et des assemblées qui se tenaiet chez elle. C’est duchesse n’est autre qu’Aliénor, reine divorsée de France, pui reine d’Angleterre, la mère de Marie de Champagne… La cour d’Aliénor fut sans doute un modale qu’on imita avec empressement: à l’ezemple d’Aliénor elle- même et d’Ermenjard de Narbonne, la reine Aéliz, la comtesse Marie, fille d’Aliénor, la Comtesse Élisabeth, cousine des deux dernièrs, sans doute d’autre, ambitionnèrent à leur tour la gloire de docteurs et jurisconsultes d’amour». Egli dunque identifica la regina non più come Eleonora d’Aquitania ma con Alice di Champagne. Nel primo articolo contenuto nello stesso fascicolo egli poi dice chiaramente che la regina non specificata nel De amore non può essere Eleonora ma Alice: «Disons d’abord que la confusion laissée par Raynouard entre la reine Aliénor et la Reine tout court ne doit sans doute pas être admise: la seconde… est la reine de France, Aéliz de Champagne, troisième femme de Louis VII en 1160, veuve en 1180, morte en 1206», Cfr. Ibid., p. 672.

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La credenza si ricavava da un passo del De amore: «Et exstat inde dictum Campaniae comitissae dicentis: “Non esset asseveratio iusta, si nobilis et decora paupertas opulentiae postponatur incultae”». DA 2.7.9. Per P. Rajna la credenza è del tutto infondata poiché quell’exstat inde dictum, significa solo c’era un detto probabilmente di tradizione orale e quindi preesistente alla contessa.

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DA 2.6.36: «Unum te volumus specialiter in meretrice notare, quod, si quandocunque ipsam miraculose contingat amare, suo non potest coamanti frangere fidem; et hoc quidem Campaniae comitissam ex quibusdam suis dictis sensisse cognovimus, quod idem eam credimus retulisse, quia illius qui meretricem venatur voluit turpedinem denotare et ipsius punire scientiam».

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DA 1.6.215: «Malo igitur aëre modico Franciae contenta adesse et liberum eundi quo voluero possidere arbitrium quam Ungarico quidem onusta argento alienae subiici potestati, quia tale multum habere est nihilum habere».

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elogiato dal trattato stesso141, era già morto nel 1198. Tuttavia anche sull’identificazione storica di questo re non c’è accordo. Secondo G. Paris, che vuole l’opera composta dopo il 1200, il re d’Ungheria è Andrea II che regnò del 1204 al 1235, uno dei capi della quinta crociata142. Questa identificazione è stata confutata