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5. La diffusione del De amore.

5.2 La tradizione latina e la ricezione dotta.

A giudicare dalla quantità di testimoni latini di cui si ha contezza, il De amore di Andrea Cappellano godette di larga diffusione nel medioevo e nella prima età moderna. Per usare le parole di B. Roy e G. Ferzoco321, si trattò di una vera e propria infatuazione322. Come abbiamo detto, in base alle sue ricerche sulla tradizione latina e sulla modalità con cui gli autori hanno utilizzato i contenuto del trattato, Karnein crede di poter affermare che la prima fase della diffusione del De amore sia stata

320 K

ARNEIN 1981a, p. 329: «Les recherché que j’ai effectuées dans une série de bibliothèques m’ont donné l’impression que la tradition du De Amore est beaucoup plus complexe que ne le laissent supposer les manuscrits actuellement connus. J’ai pu constater en particulier, et le point est d’une importance capital pour le problem débattu ici, qu’il existait une importante tradition fragmentaire du traité, certaines parties du De Amore ayant bénéficié d’une large diffusion. Une heureuse découverte m’a permis d’établir de façon certain que la connaissance du De Amore que manifeste un auteur postérieur à André le Chapelain repose uniquement su une collection d’auctoritates. Le cas n’est sans doute pas isolé. Il paraît problable qu’un second auteur ait connu le traité à travers une sélection du même type. Ceci peut signifier éventuellement que la trasmission de ces contenus n’est nullement due à André lui-même. Si l’on tient compt en effet du caractère hétérogène du traité (qui contient des récits, des jugements et des règles d’amour, des dialogues, une lettre), il faut admettre que les elements de base qu’André a combines dans son œuvre ont pu avoir ensuite une existence et une histoire indépendantes en de hors de cet assemblage».

321 Cfr. A. K

ARNEIN 1981a e 1985b. 322

ROY-FERZOCO 1993, p. 138: «On constate… combien l’intérêt porté au De amore fut vif et soutenu, du treizième au quinzième siècle. Si on prend en compte les manuscrits perdus, les florilèges, et les fragments, sans parler des nombreuses version en langue vulgaire, on pourrait presque parler d’engouement».

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caratterizzata dalla frammentarietà. Ciò è testimoniato dall’uso che ne fa la letteratura sapiente, per lo più moralistica, giuridica e compilatoria, la quale utilizza principalmente la definizione, le regulae e i praecepta amoris, come se non avesse conoscenza dell’intero trattato. Un altro fatto depone a favore di questa ipotesi, e cioè che i manoscritti integrali cronologicamente più vicini alla presunta data di composizione, cioè databili al XIII e al XIV secolo, sono molto inferiori di numero rispetto a quelli collocabili nel XV secolo. Ciò fa presumere che la tradizione abbia favorito una trasmissione integrale dell’opera, a scapito di quella frammentaria, soltanto in un secondo momento, tra umanesimo e rinascimento quando, verosimilmente, inizia per il libro di Andrea la sua fortuna letteraria.

Attualmente si conoscono 42 manoscritti latini del De amore, ma in alcuni casi si tratta appunto di frammenti o di versioni mutile di ampie parti. Riportiamo di seguito un elenco dei manoscritti noti che si basa su precedenti studi di Karnein e Roy-Ferzoco323:

Basel, Öffentliche Bibliothek der Universität, O. I. 10, secolo XV completo Berlin, Staatsbibliothek und Preussischer Kulturbesitz, Lat. Qu. 239, secolo XV completo

Berlin, Staatsbibliothek und Preussischer Kulturbesitz, 840 (lat. Fol. 173), a. 1414 florilegio

Brugge, Openbare bibliotheek, 479, secolo XIV completo

Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, 1890-1892 secolo XIV racconto bretone e libro 3

Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, 20716-20719, secolo XIV racconto bretone e libro 3

Donaueschingen, Fürstlich-Fürstenbergische Hofbibliothek 790, a. 1446 completo Erfurt, Universitäts- und Forschungsbibliothek, Biblioteca Amploniana, F. 50, f. 160r- 162r, 1405/6 completo

Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gaddi, 178, secolo XV completo Firenze, Biblioteca nazionale, Codice Magliabechiano II, 1, 395, secolo XV solo i Praecepta

Göttingen, Niedersächsische Staats- und Universitätsbibliothek, Lüneburg, 83, secolo XV libri 1 e 2

Klagenfurt, Bischöftliche Bibliothek, XXX c 18, secolo XV completo

Klosterneuberg, Bibliothek des Augustiner Chorherrenstiftes, 831, secolo XV completo

Kraków, Biblioteka Jagiellooska, 5230, secolo XV completo

323

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Kremsmünster, Stiftsbibliothek, 120, secolo XV completo Kremsmünster, Stiftsbibliothek, 329, secolo XV completo

L'Aquila, Archivio Dragonetti-De Torres, CXII, secolo XIII completo Leipzig, Stadtbibliothek, 1593, secolo XV completo

Lüneburg, Ratsbücherei, Theol. 2o 49, secolo XV libri 1 e 2

Macerata, Archivio priorale, Tabulario diplomatico IV, f. 195, inizio del XIV frammenti

Milano, Biblioteca Ambrosiana, A 136 sup., a. 1414? completo

Montpellier, Bibliothèque interuniversitaire, Section médecine, H 217 completo München, Bayerische Staatsbibliothek, Codices latini, 416, a. 1451 completo München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 55 (frammenti del libro 3) München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 667, a. 1462 completo Oxford, Bodleian Library, Laud. Misc., 743, secolo XV completo

Paris, Bibliothèque nationale de France, latin, 10363, a. 1462 completo Paris, Bibliothèque nationale de France, latin, 8018, a. 1464 completo Paris, Bibliothèque nationale de France, latin, 8758, secolo XIV completo

Paris, Bibliothèque nationale de France, nouvelles acquisitions latines, 1905 libro 3 Praha, Národní knihovna České republiky, 2563 (XIV. E. 29), a. 1481 completo Stuttgart, Württembergische Landesbibliothek, Poet. 4o 31, a. 1472 completo Uppsala, Carolinabiblioteket, C 918, a. 1472 completo

Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ottoboniani Latini, 1463A, secolo XV completo

Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Rossiani, 1097, a. 1446 completo

Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticani Latini, 4363, secolo XIII libri 1 e 2 Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. reg. lat. 358, secolo XV florilegio Wien, Österreichische Nationalbibliothek, 5363, secolo XIV completo

Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 71.20 Aug. 2o, secolo XV completo Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 83.18 Aug. 2o, secolo XV completo Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 130, Quodl. Fol., secolo XV libro 3 Wroclaw, Biblioteka kapitulna, Cod. IV. 2o 42, secolo XIV completo

Sette manoscritti324 ci tramandano il testo completo del De amore in tradizione singola. Altri ventitré ci tramandano il testo completo ma in codici miscellanei325, cinque ci tramandano, in tradizione singola, solo alcune parti del

324

L’Aquila, Paris 8758, Montpellier, Roma 1097, Paris 10363, Firenze Gaddiano 178, Klagenfurt XXX C.18,

325

Basel; Berlin, Staatsbibliothek und Preussischer Kulturbesitz, Lat. Qu. 239; Brugge; Donaueschingen; Erfurt; Kraków; Klosterneuberg; Kremsmünster, Stiftsbibliothek, 120; Kremsmünster, Stiftsbibliothek, 329; Leipzig; München, Bayerische Staatsbibliothek, Codices latini, 416; München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 667; Oxford; Paris, Bibliothèque nationale de France, latin, 8018; Praha; Uppsala, Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Ottoboniani Latini, 1463A; Wien; Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 71.20 Aug. 2o; Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 83.18 Aug. 2o; Wroclaw.

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trattato326. Si trovano, poi, due florilegi327, e infine, cinque codici che contengono frammenti in tradizione non autonoma328. Circa la metà di questi manoscritti non contiene il De amore - Paris, Bibliothèque nationale de France, nouvelles acquisitions latines, 1905; München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 55; Macerata, Archivio priorale, Tabulario diplomatico IV, f. 195 – ma soltanto pochi frammenti329, altri solo il libro terzo, altri ancora solo i primi due.

I dati forniti da questo elenco possono suggerire alcune riflessioni. Prendiamo in esame prima di tutto la cronologia. Come si è già detto i manoscritti più antichi, risalenti cioè al XIII secolo, sono pochissimi, appena due. Si nota invece un incremento dei testimoni dal secolo successivo in poi: sette nel XIV secolo e ben ventisei nel XV secolo. La concentrazione dei testimoni nel XV secolo sembra suggerire che la vera fortuna del De amore abbia avuto inizio solo due secoli dopo la presunta data di composizione, data che come sappiamo, non può risalire oltre il 1238, anno in cui Albertano da Brescia cita le regole di Andrea nel suo De amore et

dilectione Dei et proximi et aliarum rerum et de forma vitae. Del resto l’evidente e

documentato influsso che il libro di Andrea ha esercitato sulla letteratura sapiente e su alcune opere letterarie già a partire dal XIII secolo, deve portare alla conclusione che il De amore fosse già molto prima dell’epoca umanistica. Si tratta di individuare le modalità di questa diffusione e soprattutto la sensibilità ricettiva.

Prendendo in considerazione la distribuzione geografica dei manoscritti, costatiamo che il De amore era diffuso in tutta Europa. La Gemania con i suoi

326

I codici Göttingen; Lüneburg; Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vaticani Latini, 4363, contengono solo i primi due libri del trattato, invece i codici Wolfenbüttel, Herzog August Bibliothek, 130, Quodl. Fol., e Paris, Bibliothèque nationale de France, nouvelles acquisitions latines, 1905, contengono solo il libro 3 ovvero la reprobatio amoris.

327

Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Cod. reg. lat. 358; Berlin, Staatsbibliothek und Preussischer Kulturbesitz, 840 (lat. Fol. 173).

328

Firenze, Biblioteca nazionale, Codice Magliabechiano II, 1, 395, contiene solo i Praecepta amoris; Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, 1890-1892 secolo XIV, contiene le regulae amoris; Bruxelles, Bibliothèque royale de Belgique, 20716-20719, contiene frammenti del racconto e l’intero libro 3; München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 55 contiene frammenti del libro 3; infine Macerata, Archivio priorale, Tabulario diplomatico IV, f. 195, contiene frammenti.

329

Paris, Bibliothèque nationale de France, nouvelles acquisitions latines, 1905, contiene al Fol. 72r un Liber primus amoris laxivi, edictus ad preces Gualterii, regis filii, [ab] Andrea, sacri palatii capellano; München, Universitätsbibliothek, 2o Cod. ms. 55 contiene in 95v-96v e 179v-180r frammenti col titolo di Contra amorem mulieris; Macerata, Archivio priorale, Tabulario diplomatico IV, f. 195 contiene esattamente l’inizio del cap. 8 del libro II, in f. 195r e f. 105v; sui frammenti di Macerata cfr. CIOTTI 1986.

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ventuno manoscritti guida la classifica, seguita dall’Italia con dieci manoscritti, poi la Francia con sei testimoni e il Beglio con quattro. Karnein fa notare tuttavia che Francia e Belgio condividono lo stesso clima culturale per cui il numero di testimoni non differisce molto dall’area italiana330. Se poi analizziamo la provenienza di questi manoscritti, ci accorgiamo che il De amore fu importato in Germania dall’Italia, nel XV secolo, verosimilmente dagli studenti di ritorno a casa dalle università dell’Italia settentrionale. In Germania, infatti, non si trovano manoscritti autoctoni anteriori alla fine del XIV e inizio XV secolo. I manoscritti conservati in Germania ma che senza dubbio provengono dall’Italia sono solo cinque, ma è indubbio che i restanti, avendo un contenuto di opere umanistiche, rimandino alla cultura italiana. La caratteristica vicinanza del De amore agli scritti del primo umanesimo, è segno della già mutata prospettiva ricettiva dell’opera. Infatti, solo pochi di questi manoscritti riportano il De amore insieme a testi misogeni. La Reprobatio è trasmessa solo se il manoscritto era destinato ad ambienti letterari misogeni o teologico-morali. L’unica regione europea in cui fino ad ora non sono stati rinvenuti manoscritti latini del De

amore è la penisola iberica331. Si nota tuttavia che l’influsso del De amore, soprattutto per quello che riguarda la Reprobatio, è molto evidente in alcune opere catalane distanti anche tre secoli dalla data di composizione del trattato latino332.

Per quanto riguarda la modalità di diffusione è molto probabile, come afferma Karnein, che il De amore fosse conosciuto, almeno all’inizio, attraverso florilegi e solo raramente nella sua interezza ed organicità. A determinare questa specifica modalità di diffusione può avere influito la condanna ecclesiastica del 1277

330

Cfr. A.KARNEIN, 1985b, p. 269.

331

La diffusione del De amore nel Medioevo deve essere stata buona. La cosa più interessante è che l’opera era letta maggiormente fuori dal suo paese di origine, forse a causa della condanna del 1277. I codici infatti sono databili intorno al XIV-XV secolo quindi sono tardi rispetto alla presunta data di composizione. Il solo manoscritto che si trova nel XIII secolo è conservato a l’Aquila. Infatti se osserviamo la distribuzione geografica risulta quanto segue : Repubblica Ceca 1, Svezia 1, Svizzera 1, Francia 1 (5), Austria 2 (5), Belgio 2, Polonia 3 (2), Italia 10 (7), Inghilterra 1, Germania 15 (12). Oggi, grazie alle ricerche di B.ROY –G.P.FERZOCO, 1993, si conoscono 35 manoscritti latini del De amore. Già A. Karnein ne aveva fatto un primo censimento in A.KARNEIN 1985b, pp. 273-283. Egli stesso poi ci informa che si hanno notizie di almeno altri quattro manoscritti perduti. Si consideri che l’edizione del Trojel del 1892 era basata su 15 manoscritti ma condotta su 9. Molti di questi manoscritti tramandano solo una parte del libro di Andrea e spesso quelli di provenienza ecclesiastica non riportano i primi due libri. Cfr. F.BERTINI, 2006, vedi specialmente pp. 40-41.

332

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ma certamente anche i problemi di interpretazione che il De amore già poneva ai suoi contemporanei. Uno dei maggiori impedimenti alla retta comprensione del trattato era costituito dall’atipicità del genere. Don Alfred Monson ha condotto un’analisi sui titoli sotto cui il De amore ci è stato tramandato ed ha notato che nella maggior parte dei casi i copisti hanno fatto uso di termini come Liber, Tractatus,

Summa, che appartengono alla tradizione filosofica e scientifica. Soltanto pochi

manoscritti sono stati tramandati col titolo di Ars termine invece relativo a opere di carattere pratico. Ciò significa che il De amore fu letto sia come trattato scientifico sia come manuale pratico sull’amore umano333. Tuttavia all’epoca in cui il De amore fu scritto, il pensiero occidentale non faceva alcuna distinzione tra ars e scentia, distinzione introdotta nel XIII secolo per influsso del pensiero aristotelico. Oltre ad

ars e scientia Monson individua anche un altro elemento della cultura medievale

che nel libro di Andrea sembra avere una grande importanza: la sapientia cioè il retto agire. Questo aspetto è evidente nella rigorosa moralizzazione dell’amore ovidiano e trobadorico riscontrabile nei primi due libri, ma è ancora più evidente nel terzo. Qui Andrea sembra voler trasmettere a Gualtieri proprio quella sapientia che ogni amante dovrebbe possedere quando si trova vittima delle donne e della passione amorosa. Ars, scientia e sapientia, sono dunque i tre vettori culturali entro cui si muove il De amore, tre vettori che nel loro insieme suggeriscono di considerare il trattato come un’opera descrittiva e compilativa. Secondo Monson, la generale complessità dell’opera si ridurrebbe notevolmente qualora considerassimo il De amore come una sorta di compilazione, cioè un’opera tipicamente medievale che descrive, in un serrato confronto dialettico, tutti i volti dell’amore: quello scientifico, quello precettistico e quello morale334. La sola colpa di Andrea Cappellano sarebbe stata quella di aver trascurato la chiarezza: secondo la sensibilità della sua epoca egli affronta il problema dell’amore umano da un punto di vista enciclopedico, ma opera una strana commistione dei generi che costituiscono i suoi modelli, generando una confusione che molto probabilmente è la causa delle millenarie incomprensioni e degli enigmi che ancora oggi impediscono

333D. A. M

ONSON 2005, pp. 11-15. 334

110

una corretta interpretazione di quest’opera. L’ipotesi di Monson aderisce solo in parte a quella di Karnein. Poteva sussistere un imbarazzo interpretativo dell’opera per via della sua inusuale struttura, ma la dinamica della primissima ricezione del trattato ha dimostrato che di fronte a tale imbarazzo e forse a causa di esso, il De

amore fu intepretato come riflessione sull’amore umano, risultante da una serrato

confronto col il mondo clericale, ma sbilanciata verso una critica radicale sull’utilità e sulla pretesa soteriologica e nobilitante dell’amore fra sessi. Karnein inoltre osserva che la definizione di ars amoris o ars amatoriam o doctrina è sporadicamente usato da Andrea stesso335, ma che le altre diciture come De arte

honeste amandi sono un prodotto del tardo XV e inizio XVI secolo, epoche in cui era

già avvenuto il cambio di prospettiva e di intepretazione del trattato. Per esempio nel codice Paris BN, ms. lat 8758, il termine honeste è scritto da una mano più tarda, per cui il titolo De arte honeste amandi è il risultato di una evoluzione interpretativa che da liber, tractatus, ars conduce fino a quell’honeste che sancisce un nuovo uso del De amore ovvero quello letterario336.

Sul piano della ricezione si deve tenere conto del fatto che il modo di percepire un’opera dipende in larga misura dalla modalità di diffusione in quanto la frammentarietà della tradizione impedisce una corretta ed univoca interpretazione di un testo. Se il De amore era conosciuto soltanto nei primi due libri, era molto più facile accostarlo alle artes, se invece si conosceva solo il libro terzo era molto più simile alla letteratura misogina e quindi più vicino alla sensibilità clericale. La frammentarietà è senza dubbio uno dei fattori che ha determinato la differente recezione del De amore nel corso del tempo ma anche in riferimento ai luoghi. In Italia, per esempio, sulla base delle testimonianze rinvenute da Rajna337, sembra che il De amore, prima di essere interpretato come un testo normativo letterario, fosse stato recepito sotto il profilo giuridico o moralistico come testimoniano le citazioni in Albertano da Brescia e Geremia da Montagnone. Ciò è dimostrato anche

335

Amoris arte in; DA, 1.6.146; 1.6.354; 1.8.5; 2.3.8; 2.8.5; artem amatoriam in DA 3.117; doctrina in Praefactio1.4; 1.6.1-2-12-17-52-146-148-175-180-189-305-307-331-335-357-369-377-385-401-468- 479-533-560; 1.8.6; 1.9.13; 1.11.2-4; 1.12.2; 2.4.4; 2.5.10; 2.6.31; 2.7.26 (capellani doctrina) e 28; 3.1 (amoris doctrinam)e 2; 3.118.119.120. 336 Cfr. A.K ARNEIN 1985b, pp. 270-271. 337 Cfr. P.RAJNA, 1889.

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dal fatto che assieme al libro di Andrea sono spesso associate e copiate opere di carattere etico, religioso, teologico e scolastico e solo una piccola quantità di opere dedicate all’amore o alle donne338. Prigioniero di Federico II, Albertano trova il tempo di scrivere il suo De amore Dei et proximi et aliarum. Com’è ragionevole intuire Albertano non cita il De amore nella prima parte del suo trattato (De amore

Dei) ma nella seconda parte, cioè il De amore proximi et aliarum. Egli cita sedici

delle trentuno regole presenti nel De amore, modificandone l’ordine e raggruppandole per tema conformemente alla tecnica medievale della compilatio. Non c’è dubbio che Albertano considerasse il libro di Andrea come una fonte autorevole. Il problema è capire che tipo di autorevolezza egli dava al De amore, e soprattutto se lo conosceva per intero. Il tipo di autorevolezza non ha nulla a che fare con il sistema dell’amore cortese: Albertano concepisce le regole d’amore come un’aperta condanna della cupiditas e dunque dell’amore umano. In secondo luogo è ragionevole pensare che Albertano non disponesse del trattato per intero anzi, tutto fa credere che egli citi le regole e la definizione d’amore da due fonti differenti: in particolare, mentre egli non dice nulla della fonte da cui trae le sedici regole, afferma invece chiaramente che la definizione di amor est passio la trae dal trattato di Gualtieri:

… recto igitur amore omnes diligat non pravo. Amor enim alius est rictus qui dicitur caritas, de quo supra dixi in titulo de amore et dilectione dei. Alius vero pravus qui cupiditas potest nuncupari. De quo Gualterus tractavit illumque diffinivit dices: amor est passio quidam innata procedens ex visione et immoderata cogitazione forme alterius sexus, ob quam quidam aliquis super omnia cupit alterius potiri amplexibus et omnia de utriusque voluntate in ipsius amoris precepta completi. Diligas ergo homines in bomun et non in malum339.

Albertano dunque considera la definzione proveniente dal Liber Galteri de

amore, così come era più comunemente conosciuto il De amore di Andrea

338

Una descrizione più accurata si trova in BERTINI, 2006, p. 42. Meno accurato il computo dei manoscritti e la loro distribuzione geografica.

339 A

LBERTANO DA BRESCIA, De amore et dilectione Dei et proximi et aliarum rerum et de forma vitae,

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Cappellano. Rajna e Bossuat340 hanno attestato infatti che le regole d’amore hanno avuto una tradizione differente dovuta in particolare alle traduzioni toscane del libro di Andrea341. Questi studi sono abbastanza attendibili ma si dovrebbe altresì considerare il dato cronologico: i volgarizzamenti toscani sono più tardi, non risalgono all’epoca di Albertano per cui il giurista lombardo ha dovuto desumere le sue citazioni da un codice latino, parziale, diffuso in ambiente clericale e dunque inquadrato dento un’ottica morale di condanna dell’amore umano. Albertano infatti non stabilisce alcun legame tra le regole o la definizione d’amore con l’ambiente della letteratura cortese. Tuttavia la provenienza delle regole è poco chiara anche in Andrea. Questi infatti sembra riferirsi a una fonte autonoma342.

Alla fine del XIII secolo risale la composizione del Compendium moralium di un giureconsulto padovano di nome Geremia da Montagnone. L’opera e il suo autore furono segnalati dal Rajna343 più d’un secolo fa. Il Compendium di Geremia è interessante non solo perché cita Andrea più di venti volte, ma anche perché utilizza un criterio nuovo nella citazione delle sue fonti: il criterio cronologico. Egli distingue le fonti antiche da quelle medievali. Karnein sottolinea che la massiccia presenza del

De amore nell’opera di Geremia può far pensare che questi conoscesse il libro di

Andrea molto meglio rispetto ad Albertano344. Tuttavia si deve pensare che anche