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5. La diffusione del De amore.

5.3 La ricezione volgare

In base alle nostre premesse non è facile individuare un conclamato influsso del De amore nella letteratura volgare prima del pieno XIV secolo. I chierici, i giuristi e tutti gli esponenti della cultura ufficiale in latino, mantengono un primato cronologico nell’appropriarsi dei contenuti del De amore ma questo perché leggevano il trattato come un testo scientifico, morale o giuridico e, come abbiamo visto, ne davano un’interpretazione moralistica sbilanciata verso la condanna della

cupiditas. L’amore, che nel XII secolo, costituiva il punto di partenza della

speculazione teologica, filosofica e letteraria348, ma appariva sospetto che un trattato scritto in raffinato latino, con struttura e argomentazione scolastica e con una ricca trama intertestuale, potesse essere compreso e apprezzato, prima di tutto, al di fuori dell’ambiente clericale che lo aveva prodotto. Un testo di tale origine e significato difficilmente poteva assumere un atteggiamento conciliante nei confronti della passone amorosa che umanamente suscitava una inestricabile serie di conflitti sia sul piano morale che su quello religioso. Il De amore, infatti, nel confronto serrato tra morale laico-feudale e clericale, tenta di dare soluzioni ai maggiori problemi psicologici, giuridici ed etici legati al fenomeno amoroso e lo fa da un punto di vista giuridico-teologico-morale: basta una lettura superficiale per rendersi conto che il De amore tratta problematiche legate alla genesi dell’amore, ai rapporti fra i sessi, al diritto matrimoniale e alle complicazioni etiche che la prassi amorosa poteva generare nei rapporti sociali.

La ricezione volgare prima della metà del XIV secolo è difficile da provare, nonostante molte superficiali somiglianze di dottrina e di contenuto che si possono riscontrare negli scritti poetici in un arco tempoarale che va dalla Scuola poetica siciliana alla Divina Commedia di Dante. Gli studi di Karnein hanno dimostrato

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tuttavia che la letteratura romanza ha subito l’influsso del De amore in un secondo momento rispetto alla ricezione dotta e soprattutto al di fuori della Francia, cioè quelle aree fortemente influenzate dalla letteratura provenzale e francese. La mancanza di possibili riusi letterari del libro di Andrea in area francese non corrisponde al dato della tradizione che conta un numero nutrito di testimoni provenienti proprio da quest’area culturale. È possibile che una simile assenza sia dovuta alla condanna ecclesiastica cui il De amore andò incontro nel 1277 per opera del vescovo di Parigi Étienne Tempier, ma può signifcara anche che in Francia, patria letteraria della fin’amor, gli scrittori attingevano alla dottrina cortese direttamente dai testi poetici, cioè senza l’ausilio di una comoda codificazione in lingua latina (al contrario di ciò che riteneva la critica positivista e soprattutto Gaston Paris); è noto, infatti, che la materia del De amore proviene dalla tradizione trobadorica e cavalleresca e non sembra sensato presupporre che potesse giovare a quella generazione di poeti che leggevano, rielaboravano e ricombinavano una tradizione già affermata da oltre un secolo. È probabile anche che in Francia l’opera fosse stata ritenuta, fin da principio, più che una codificazione dottrina cortese, una ricognizione o uno studio dell’impatto che l’amore letterario produceva sui rapporti interpersonali e delle sue ricadute sulla struttura morale della società. Resta il fatto che la diffusione dell’ideologia cortese non si deve a questo trattato latino, che a causa della sua veste linguistica, era poco accessibile alle corti e quindi ai centri di produzione della letteratura romanza. Andrea non fu né il primo né l’unico divulgatore della dottrina cortese perché il scopo non era questo. Egli attinge a tale dottrina così come si era evoluta fino al momento della composizione del trattato e non è pensabile che il De amore abbia mantenuto un primato sulla diffusione dell’ideologia cortese tanto da oscurare qualsiasi altra fonte. Nel XIII secolo circolavano vidas, razos, canzonieri occitanici, romanzi oitanici e nel complesso la letteratura cortese delle Francia era un modello di riferimento per tutta la nascente letteratura romanza. I poeti della generazione successiva ad Andrea avrebbero potuto leggere direttamente le cansos o i romans cortesi sia in traduzione sia in lingua originale, specialmente la lingua occitanica alla quale era riconosciuta, nel panorama intricato dei volgari neolatini, una autorità di koiné.

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Tuttavia la storia letteraria e la ricerca filologica hanno riconosciuto, nella produzione letteraria del Medioevo, un’ampia recezione del De amore sottovalutando la complessità della problematica. Il problema della diffusione del De

amore si lega strettamente all’intepretazione dei contemporanei e alla dinamica

evolutiva di questa percezione. Karnein ha dimostrato chiaramente che il De amore, nel periodo in cui ha esercitato la sua influenza sulla letteratura volgare e latina, non è stato interpretato sempre allo stesso modo. Le testimonianze letterarie dimostrano che l’opera, nella prima fase della sua diffusione, non è stata percepita come un testimone dell’amore cortese349. Per questo primo periodo, tra XII e XIII secolo, la comprensione generale del trattato si orienta verosimilmente verso la reale intentio, ovvero una riflessione morale sull’amore umano. Solo nel periodo successivo, fra XIII e XIV, si assiste a un mutamento di prospettiva e a una decisa emancipazione del trattato dalla dimensione morale, cosa che ha comportato la possibilità di un suo riuso letterario. In questo processo il De amore è entrato in contatto con sistemi letterari differenti tra di loro e in continua evoluzione di genere. Questo ha causato una recezione via via differente. Così è avvenuto così in Francia con il Roman de la rose prima e la traduzione di Drouart la Vache dopo, così è avvenuto in Germania, come testimoniano i volgarizzamenti e il riuso letterario, quindi dobbiamo credere che sia avvenuto così anche in Italia, che è la vera patria di adozione del trattato. Sappiamo che in Italia settentrionale le modalità ricettive del trattato, all’inizio del XIII secolo, non differiscono dalla situazione francese o tedesca: il De amore è interpretato come un’opera morale che condanna la

cupiditas. Quest’uso del De amore tuttavia può essere dovuto alla frammentarietà

della tradizione e si potrebbe presumere che laddove il trattato fosse stato letto integralmente avrebbe avuto un’intepretazione diversa. Questa eventualità potrebbe essersi verificata nel meridione italiano immerso nell’ambiente culturale svevo? Se il De amore fosse giunto fino in Sicilia, come sarebbe stato interpretato dagli esponenti della cultura federicia? Se gli esponenti della cultura siciliana

349

Cfr. A.KARNEIN, 1981, p. 325: «En ces différents occasions, le De amore a fait l’objet de lectures très diverses et dans de nombreux cas nul indice ne permet d’affirmer qu’il ait été considéré, à l’intérieur de ces système de normes littéraires, comme le téimognage sur l’amour courtois».

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avessero letto il De amore al di fuori della consuetudine europea, cosa li avrebbe spinti in questa direzione? Queste domande, del tutto legittime, si fondano tuttavia fu un’ipotesi non dimostrata, infatti, non esitono prove evidenti che il De amore fosse letto nell’ambti della corte sveva.

A prescindere da queste problematiche che saranno affrontate più avanti, cerchiamo adesso di tracciare un profilo della ricezione del De amore nel dominio romanzo e soprattutto nell’area italiana. Seguiremo ovviamente gli autorevoli studi di A. Karnein e di B. Roy350, gli unici disponibili. Queste ricerche mostrano le caratteristiche essenziali della diffusione del De amore: la frammentarietà, ovvero la circolazione a mezzo di florilegi o tradizioni isolate circolazione di singole parti; la diffusione tra le classi colte e dunque il suo influsso nella letteratura sapiente, sopratutto nel XIII secolo; l’influsso tardo che l’opera esrcitò sulla letteratura volgare che lo recepì travisandone l’originario significato. Cominciamo col dire che i primi lettori del non possono che essere stati chierici i quali, accanto al tradizionale

curriculum non disdegnavano letture di svago oppure testi pseudoscientifici. Ciò che

ha una rilevanza per il nostro discorso è sapere perché il De amore era letto in questi ambienti e quale utilità questi lettori potevani ricavare. La condanna del vescovo di Parigi nel 1277 non può che essere una spia di questo atteggiamento perché ci fa credere che l’opera, qualunque fosse stato il motivo della condanna, era molto diffusa e considerata un pericolo per la formazione culturale del clero. Infatti, il De

amore di Andrea Cappellano era molto più conosciuto nel tardo XIII secolo che

nell’epoca in cui fu scritto, presumibilmente un secolo prima.

Già G. Paris ci avvisava che l’opera appare citata da Nicole de Margival351 alla fine del XIII secolo nel suo romanzo Dit de la Panthère d’Amours, un testo che si

350

Cfr. A.KARNEIN, 1981, pp. 324-351 e 501-542; A.KARNEIN, 1985b,e B.ROY, 1985, pp.45-73.

351

Il Dit è tramandato da due monoscritti (Parigi, Biblioteca nazionale, n. 24436 e S.Pietroburgo, Biblioteca Soltykov-Chetchdrine n.53). Il nome e il cognome del poeta sono stati identificati da Paulin Paris, attraverso la risoluzione dell'anagramma Digne amour li cela = Nicole de Margival, che compare per tre volte alla fine del poema (vv. 2645, 2652 e 2657) Cfr. P. Paris, 1856, p. 733. Al di fuori di questo, il manoscritto di San Pietroburgo non contiene altre indicazioni sul nome dell'autore, mentre il copista del manoscritto di Parigi aggiunge in rubrica: Explicit la panthere que mestre Richart de Fournival chanoine de Soissons fist. Questa attribuzione è dovuta, senza dubbio, all'accostamento della Panthère d'amours al Bestiaire d'amours del celebre Richard de Fournival, motivata dall'utilizzazione dell'immagine della pantera per designare la dama; l’accostamento però è inappropriato perché Richard de Fournival non fu mai canonico di Soissons, che peraltro è la località

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inserisce nel filone delle allegorie d’amore e che risale ai primi due decenni del XIV secolo. Dal testo si evince che Nicol de Margival doveva conoscere intimamante Drouart la Vache, perché non si spiegherebbe o sarebbe fuori contesto il necrologio che l’autore ne fa ai vv. 1718-1727352. Al verso 1176 l’autore del Dit menzione il De

amore usando il nome del destinatario Gautier353. Siccome Drouart elimina dalla sua traduzione ogni riferimento ad Andrea o al destinatario, evidentemente Nicole de Margival vodeva avere a disposizione una copia latina. Su questo punto si è molto discusso, se cioè il modello di Nicole fosse stato la traduzione di Drouart o direttamente il testo latino354. È probabile che Nicole conoscesse il testo latino ma non lo abbia usato, infatti egli conosce una delle caratteristiche essenziali del De

amore, cioè la divisione in classi sociali, accennata ai vv. 1710-1712, ma nel Dit non

usa questo tipo di casistica. Per questo motivo si ritiene inatti che lpinflusso del De

amore sul Dit si riduce ad una semplice eco, ad una mezione elogiativo nei confronti

di un amico letterato.

Un’altra opera in cui si riscontra un influsso certo del De amore è il libro di

Enanchet scoperto dal Mussafia e risalente al 1288 (in un manoscritto proveniente

da Gonzaga), ma in generale collocabile nella seconda metà del XIII secolo355. L’opera proviene dal nord Italia ed è un tipico prodotto della letteratura compilativa di provenienza borghese come rivela la tipica tematica delle “età del mondo”. Le

dove ha inizio la vicenda narrata nel poema. Non si sa niente di preciso sulla vita di Nicole de Margival: prima che fosse riconosciuto come autore del Dit de la Panthère era conosciuto per un piccolo poemetto di circa 200 versi, Les trois mors et les trois vis, sul tema tradizionale dell'incontro di tre giovani gaudenti con tre scheletri cfr. G.PARIS, 1856, p. 279

352

«Et celui livre translata / Cilz qui onques jor ne flata / Ne blandist homme, que je sache, / Ce fu mestre Drouart la Vache / A chascun plaisoit son affaire, / Tant estoit dous et debonnaire, / (Je ne t’en ay dit que le voir), / Si n’estoit mie a decevoir / Ne par promesse ne par don, / Mors est, or ait s’ame pardon».

353

«Et se de ce veulz la science / Bien encerchier et bien enquerre / Comment on doit d’amours requerre /Chascune selonc sa noblece / Selonc l’estat de sa hautece / Et selonc sa condition, / Se tu y as entencion, / Tout ce trouveras a delivre, / Mais que tu ville lire ou livre / C’on apele en François Gautier, /Miex ens qu’en bible n’en psaltier».

354

Bossuat desume che Nicole avesse come modello una copia del De amore ancizhe il testo di Drouart per via di un accenno all’allegoria dell’anello degli amanti, che compare sia nel De amore che nel livre d’Enanchet. Tuttavia la variante che usa Nicole è più elaborata rispetto a quella di Andrea, per cui si deve ritenere che Andrea e Nicole usino un’altra fonte, solo che Andrea la riporta sommariamente mentre Nicole più dettagliatamente. Questa fonte e forse da identificare con Jehan d’Epicier che Nicole stesso cita al v. 1269. Cfr. A.KARNEIN, 1985b, p. 189.

355

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sue fonti sono tutte latine e nella seconda parte dell’opera, quella dedicata alla dottrina d’’amore, Enanchet usa il De amore. Ma anche qui l’uso particolare del De

amore, dice molto su com’era intepretato dalla cultura borgehse. L’autore del Libro

di Enanchet non usa la materia del trattato di Andrea in capitoli che sembrano essenziali, quelli in cui spiega cosè l’amore, chi è adatto ad amare, i comandamenti d’amore. La definizione d’amore – leece d’ame et tribulacions de cors – usa fonti differenti rispetto alla definizione di Andrea, i comandamenti, sebbene ricordino il

De amore, sono formulati in modo tale da negare ogni derivazione dal libro di

Andrea. Il De amore è ripreso nel capitolo La dotrine dou donegier dove i cinque dialoghi d’amore sono ricalcati sul modello di Andrea. Questi dialoghi tuttavia appaiono dottrinalmente e ideologicamente ristrutturati. Di questi cinque dialoghi quattro hanno come protagonisti i plebei e solo uno i nobili. Ciò che si nota, rispetto a De amore, è che questi dialoghi non hanno come fine l’elaborazione di una dottrina cortese, o l’omologazione delle classi sociali attraverso la morum probitas, bensi l’affermazione dell’impossibilità, da parte borghese di appropriarsi dei mezzi di comunicazione culturale aristocratici. Inoltre la problematica sociale in senso stretto, cioè i conflitti di classe, appare secondaria se non del tutto spenta, rispetto alla problematica psicologica. In questi dialoghi c’è opposzione tra nobiltà di sangue e nobiltà di costumi, la tematica cortese si riduce del tutto e resta soltanto l’affermazione dell’impossibilità di superare le barriere sociali. Il ibro di Enanchet dunque oscilla tra la riduzione del libro di Andrea e la sua amplificazione con fonti differenti come dimostra il capitolo dedicato ai doni, in cui si aggiunge una categoria sconosciuta ad Andrea, i regali che si possono fare a un uomo. Queste amplificazioni che non provengono dal De amore, fanno pensare ad una fonte comune, ridotta in Andrea e amplificata in Enanchet. Il De amore dunque non è usato per far conoscere nel Nord Italia la cortesia, il sapienter et curialiter amare. La recezione del De amore così come il Libro di Enanchet palesa, rivela la ferma volontà dell’autore di affermare la dignità e l’autonoma della cultura borghese, ridicolizzata nel De amore356, e allo stesso tempo rifiuta l’utopistica dottrina dell’uguaglianza

356 Cfr. A. K

ARNEIN, 1981a, pp. 522: «Ce que le Livre d’Enanchet à coservé de la matière et de

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sociale che nasce dalle virtù e dall’amore. Si consideri poi che alla fine del suo libro, Enanchet dichiara espressamente che l’amore per la donna è allegoria dell’amore per la madre di Dio, un sentimento che Dio ha dato al primo uomo. Quindi l’amore di Enanchet si situa comunque dentro un paradigma cristiano ed è significativo che ancora una volta il De amore venga utilizzato all’interno di questo paradigma357.

Una intepretazione tale aveva già una tradizione nell’Italia settentrionale, basta ricordare Alberto da Brescia e Geremia da Montagnone.

I testi che più verosimilmente avrebbero dovuto subire un maggiore influsso del libro di Andrea, cioè i testi didattici e le arti d’amore358, un genere molto coltivato soprattutto nel XIII e nel XIV secolo, hanno poco o niente a che fare con il

De amore359, sebbene, conviene ricordarlo, è lo stesso Andrea a fare riferimento alla tradizione delle arti d’amore360, che dunque fornisce al suo libro un solido retroterra361. Secondo alcuni, infatti, il lungo poema Facetus362, molto conosciuto in ambito scolastico e ispirato alla tematica e alla tradizione ovidiana, è stato scritto prima del De amore, e non come credono altri, nel XIII secolo In questa prosettiva non sarebbe facile dire quale dei due abbia influenzato l’altro363.

les règles qu’il énonce, les comportements qu’il prescrit etc., c’est avant tout le conflict entre une conception égalitariste et utopique de l’amour et de la réalité sociale. On dira, en appuyant en peu le trait, que dans ses dialogues Enanchet renda aux bourgeois une dignité qui, chez André le Chapelain, avait dû souffrir les sarcasmes de la noblesse». Il cambiamento sociale è uno dei fattori presi in considerazione anche dal recente intervento diM.DE CONCA, 2006, pp. 71-72

357

A.KARNEIN 1981, pp. 515-523 e A.KARNEIN 1985b, pp. 179-184.

358

G.PARIS, 1885, t. XXIX, pp. 455-525; P.ZUMTHOR, 1954; R.STONE, 1956 ; L.H.ROBERT, 1970, p. 225- 253; cfr. C.MARCHESI, 1914-17, pp. 313-342. Si veda in generale l’antologia che ne ha fornito N.R. SHAPIRO, 1971; A.M.FINOLI, 1969, VII.

359

A.KARNEIN, 1985b, pp. 123-131.

360

Cfr. DA 1.2.2. Discutendo la questione tra quali persone l’amore posa nascere, Andrea fa riferimento ad altri trattati d’amore indicati in modo generale: «Ad hoc totus tendit conatus amantis, et de hoc illius assidua est cogitatio, ut eius quam amat fruatur amplexibus; optat enim ut cum ea omnia compleat amoris mandata, id est ea quae in amoris tractatibus reperiuntur inserta». Molte di queste arti aspettano probabilmente di essere scoperte cfr. A.LANGFORS, 1927, pp. 361-388.

361

Cfr., P.DRONKE, 1963, pp. 56-60; P.DRONKE, 1968, vol. I, pp. 85-86.

362

Con questo nome ci sono pervenuti due poemi latini, uno in esametri e l’altro in distici elegiaci. Il termine Facetus, nel Medioevo era sinonimo di ‘cortesia’. L’opera, infatti, contiene una sorta di manuale di vita e dà consigli sull’educazione, sulla scelta della carriera, sulla cura dell’aspetto, ma contiene anche una piccola ars amatoria che si ispira molto al testo ovidiano. I volgarizzatori medievali hanno attenzionato quasi esclusivamente questa parte. Resta importante, sebbene datata, l’edizione di un volgarizzamento catalano del XIV secolo a cura di A.MOREL-FATIO, 1886, pp. 192- 235. Per una traduzione in lingua inglese del Facetus cfr. A.GODDART ELLIOT, 1978, pp. 27-57.

363

Cfr.P.DRONKE, 1976, pp. 130-131; Dronke crede di trovare molte somiglianze tra il De amore e il Facetus. Per esempio il concetto che l’amore è la sola fonte di gioia (v. 105), il concetto della

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Cesare Segre ha suddiviso quest’ampia categoria di scritti in quattro differenti tradizioni: la prima tipologia di testi, derivata dalla letteratura latina medievale, è il genere dei debats, in cui due personaggi allegorici discutono su un determinato argomento; la seconda tipologia di testi è quella che ristruttura la materia narrativa dei romanzi cortesi con finalità didattiche, un esempio è come il

Donnei des Amanz; la terza tipologia comprende gli adattamenti e rifacimenti

dell’Ars amatoria di Ovidio come arti d’amore medievali; infine la quarta raccoglie un genere nuovo, cioè testi in prosa che insegnano l’arte di amare364. Questi testi, per loro stessa natura, hanno poche affinità col De amore: i debats sono quasi esclusivanmete limitati all’alterco tra chierici e cavalieri su questioni amorose e gli elementi didattici passano spesso in secondo piano; le opere del secondo gruppo, come il Donnei des Amanz, attenzionano lo sviluppo narrativo a scapito dei momenti definitori o analitici del fenomeno amoroso; i rifacimenti di Ovidio collocano i loro insegnamenti fuori dal tempo e dal contesto sociale e si limitano a nozioni su come sedurre la donne. Solo il quarto tipo presenta un’affinità didattica