• Non ci sono risultati.

2.2 – Aspetti procedurali e pratiche amministrative

Tab IV.25. Minori stranieri residenti in Italia nel 2001 che vivono in famiglie con almeno un nucleo, distinti per class

VI. 2.2 – Aspetti procedurali e pratiche amministrative

Oltre ai criteri generali di accesso alla cittadinanza in termini di periodo di residenza e applicazione più

o meno ampia del principio dello jus soli, le leggi possono stabilire anche in che modo e con quali tempi

dovrebbero avvenire le procedure relative all’acquisizione della cittadinanza6. Si tratta di norme che lasciano

spazi più o meno ampi di discrezionalità alle autorità preposte alla ricezione e/o alla decisione sulle domande, e che pertanto possono intervenire in maniera rilevante nel rendere più o meno restrittivo l’ef-

fettivo accesso dello straniero allo status di cittadino de jure.

Innanzitutto, un aspetto fondamentale riguarda i modi previsti di acquisizione della cittadinanza: quello

più diffuso è senza dubbio la naturalizzazione, che consiste nell’inoltro di una richiesta formale nella quale

si certifica il possesso dei requisiti richiesti. Tuttavia, soprattutto per le seconde generazioni nate nel paese

e in alcuni casi, come in Belgio, anche per la prima, la procedura adottata è quella della dichiarazione, in

cui lo straniero che ha i requisiti dichiara all’autorità competente la propria volontà di diventare cittadino. In questo caso, la cittadinanza viene acquisita per semplice registrazione se, trascorso un certo termine, l’autorità preposta non vi oppone.

La legge, inoltre, può definire l’accesso alla cittadinanza da parte di cittadini stranieri come un atto discre-

zionale, che dipende da un atto di concessione da parte delle autorità competenti, oppure come un diritto, che deve essere riconosciuto a quanti soddisfino le condizioni stabilite dalla legge stessa. È questo il caso di Germania, Lussemburgo, Olanda e Belgio, dove, almeno sulla carta, l’accesso alla cittadinanza dovrebbe essere un processo meno discrezionale, anche se ciò non vuol dire che le autorità non dispongano di mar- gini consistenti di interpretazione delle norme, soprattutto per quanto riguarda la verifica dell’effettivo possesso dei requisiti richiesti.

L’obbligo, da parte delle autorità responsabili, di motivare eventuali decisioni negative, è un altro ele- mento che può limitarne la discrezionalità, e in ogni caso rappresenta la pre-condizione indispensabile per poter ricorrere in appello. Nella maggior parte dei 15 paesi dell’Ue qui considerati, un tale obbligo, anche quando non specificamente previsto dalle normative sulla nazionalità, deriva dal principio più generale che impone all’autorità amministrativa di giustificare le sue decisioni. Tuttavia, in Danimarca e in Grecia, è pre-

5In Belgio le tasse sulla cittadinanza sono state abolite nel 2000, in Francia nel 2001, nel Lussemburgo nel 2002. 6Le notizie riportate in questo capitolo sono tratte in gran parte da: Waldrauch 2006a.

visto esplicitamente che tale principio non si applichi ai casi di naturalizzazione. Se in Danimarca, in base a una pratica consolidata, il Parlamento si occupa comunque di motivare le istanze non accolte, in Grecia le autorità competenti non sono tenute neanche a dare comunicazione della ricezione della domanda di naturalizzazione, e in molti casi le attese durano anni se non decenni senza che gli interessati ricevano alcuna notizia circa lo stato della loro pratica. Inoltre, sempre in questi due paesi, non è prevista alcuna pos- sibilità di appello contro il rifiuto della domanda di naturalizzazione.

Un altro elemento che può concorrere a contenere la discrezionalità amministrativa è rappresentato dalla specificazione, da parte delle leggi, dei tempi previsti per la presa della decisione e la conclusione della procedura. In Danimarca, Finlandia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Svezia e Gran Bretagna non vi sono norme specifiche al riguardo. In Portogallo la legge specifica i tempi di durata di alcune fasi della proce- dura, ma di quella cruciale di adozione della decisione finale da parte del Ministero dell’Interno. Altri paesi pongono limiti precisi: sei mesi in Austria, un anno in Spagna, diciotto mesi in Francia, due anni in Italia e in Olanda. Ciononostante, i tempi reali di attesa risultano generalmente più lunghi. In Germania non si spe- cifica alcun limite temporale, ma i richiedenti possono inoltrare reclamo se non si hanno notizie dopo tre mesi dalla presentazione della domanda. La normativa più favorevole, però, è quella che regola in Belgio l’acquisizione per dichiarazione: il pubblico ufficiale responsabile ha quattro settimane di tempo per esa- minare la domanda, in alcuni casi estendibili a 8. Se, passato questo lasso di tempo, non si registrano opposizioni, si presume che la procedura abbia avuto esito positivo.

Il grado di discrezionalità può poi dipendere anche dal tipo di autorità responsabile per il trattamento della procedura e/o della decisione finale, per cui maggiore è il livello di decentramento dell’intero processo, mag- giore sarà la possibilità di applicazione difforme della legge da caso a caso. In Belgio, ad esempio, le procedure di naturalizzazione vedono concorrere allo stesso tempo amministrazioni locali, regionali e nazionali, mentre in Austria è il governo della Provincia a prendere la decisione finale. Ancora più complicata la situazione in

Germania, dove è la legge di ciascuno dei 16 Ländera stabilire l’autorità competente, e, fuori dall’area Ue, della

Svizzera, dove le decisioni sui singoli casi sono prese a livello di comune dagli organismi rappresentativi (par- lamenti), dagli esecutivi o anche da assemblee dei cittadini appositamente riunite (Hebling 2007).

Diversi studi condotti in questi ultimi due paesi7hanno messo in luce come i funzionari locali prendano

spesso decisioni del tutto discrezionali,come ad esempio scoraggiare i richiedenti che si ritiene abbiano scarse chancesdi successo, richiedere documenti aggiuntivi o giudicare “non conformi” quelli consegnati, rallentare la procedura di quanti si ritengono favoriti da norme “troppo generose”, ecc. Inoltre, la valutazione dei test di lingua in Germania, così come dei colloqui che dovrebbero attestare il grado di integrazione del richiedente in Svizzera, rappresentano altrettanti ambiti di forte autonomia da parte di uffici e amministrazioni locali.

Negli altri paesi qui considerati, le decisioni sono prese da organismi centrali che dipendono diretta- mente dall’esecutivo come il Ministero dell’Interno (o agenzie ad esso collegate) in Grecia, Portogallo, Gran Bretagna e Finlandia, la Presidenza della Repubblica su indicazione del Ministero dell’Interno in Italia, il Ministero della Giustizia in Irlanda e Spagna, il Ministero degli Affari sociali in Francia, l’istituzione respon- sabile per immigrazione, asilo e politiche di cittadinanza – sempre sotto il controllo del governo – in Svezia. Ciò non vuol dire, tuttavia, che in questi paesi le autorità di rango locale non abbiano nessun ruolo nella procedure. Al contrario, le prefetture in Francia e in Italia, i comuni in Lussemburgo e Olanda, gli uffici locali del registro in Spagna e Portogallo, possono concorrere in maniera non secondaria nel determinare il buon esito di una domanda di naturalizzazione, dato che spetta a queste istituzioni istruire le domande e con- durre i primi controlli sulla completezza e la conformità della documentazione necessaria. Il peso delle amministrazioni locali cresce ulteriormente nel caso in cui siano previsti test di lingua e/o di cittadinanza, o semplicemente valutazioni in merito alla “buona condotta”, al “costume morale conforme” o all’”avvenuta integrazione/assimilazione”. Nel caso della Francia, ad esempio, sono di solito le autorità regionali ad accer- tare quest’ultimo requisito: Costa-Lascoux (1996) ha messo in luce come i test siano estremamente differenti da regione a regione, mentre Weil (2004) dimostra come alcuni uffici regionali cerchino di dis-

suadere apertamente gli stranieri che vi si rivolgono per inoltrare domanda di naturalizzazione8.

C A P I TO L O 6

7Per la Germania vedi: Hagedorn 2001; Dornis 2001. Per la Svizzera si rimanda a: Hebling 2007.

8In proposito si veda anche: Hagedorn 2001a; Fulchiron 1996. Al pari degli altri paesi a struttura unitaria sopra ricordati, tuttavia,

Inoltre, uno studio condotto attraverso la somministrazione di un questionario alle Ong che, nei 15 “vec- chi” paesi membri dell’Ue, si occupano di assistere gli immigrati che intendano naturalizzarsi (Chopin 2006), ha evidenziato ampi margini di interpretazione e discrezionalità da parte della autorità locali nel- l’accettare o meno certi documenti, quali in particolare certificati di nascita o di matrimonio, redatti dalle autorità dei paesi di origine. La richiesta dell’autentificazione da parte degli uffici consolari può allungare di non poco i tempi. In alcuni paesi, poi, quali in particolare Grecia, Portogallo e Spagna, sono state ripor- tate lamentele in merito a presunte discriminazioni da parte dei funzionari, che tratterebbero in modo diverso i richiedenti, soprattutto se provenienti da provenienti da paesi africani o di religione musulmana.