• Non ci sono risultati.

5.3 – Interventi a favore dei migrant

Con riferimento alle politiche delle amministrazioni locali per i migranti, tre categorie appaiono parti- colarmente rilevanti: i profughi e i richiedenti asilo, i minori non accompagnati e le donne vittime di tratta. Le politiche nazionali descritte nel paragrafo I.3.3, infatti, rappresentano per molti aspetti una continua- zione e un rafforzamento di azioni iniziate dal basso, ovvero dai comuni, spesso in collaborazione o su sollecitazione delle organizzazioni del terzo settore, per fronteggiare situazioni di emergenza particolar- mente gravi soprattutto nelle città del centro e del nord.

Per quanto riguarda innanzitutto profughi e richiedenti asilo, l’accoglienza di questi migranti ha rap- presentato nel corso degli anni Novanta un problema particolarmente difficile per le amministrazioni locali, costrette ad operare in un contesto di vuoto legislativo e di assenza di risorse. Le prime a intervenire, spesso in maniera spontanea e poco coordinata, sono state le organizzazioni del terzo settore, anche se non man- cano i casi in cui si registra una maggiore consapevolezza della problematicità del fenomeno, come a Milano, dove si assiste a un precoce coinvolgimento dell’amministrazione comunale, che già nel 1990 apre un apposito Ufficio per rifugiati e richiedenti asilo, avviando una serie di collaborazioni con il Ministero dell’Interno, il Consiglio italiano rifugiati (Cir) e diverse associazioni cattoliche vicine alla Caritas.

Nel luglio 1999, in seguito all’emergenza del Kosovo, l’Unione Europea e il Ministero dell’Interno sosten- gono l’emergere e il consolidarsi della prima rete di servizi di accoglienza per i richiedenti asilo, soprannominata Azione comune. La gestione del progetto viene affidata al Consiglio Italiano per i Rifugiati (Cir), ente capofila di un coordinamento formato da Acli, Casa dei diritti sociali (Cds), Centro italiano per l’educazione allo sviluppo (Cies), Caritas, Cisl, Ctm-Movimondo, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), Uil e Consorzio italiano di solidarietà (Ics). È in questa fase che si registra un primo coinvolgi- mento delle amministrazioni locali, dato che molti degli enti impegnati nella implementazione dei

programmi hanno stipulato accordi con i comuni50, 31 in tutto distribuiti in ben 10 regioni, ciò che ha con-

sentito, nei due anni di attività del progetto e sotto la pressione dell’emergenza kossovara, di fornire accoglienza a 1.678 persone, il 60% all’interno dei centri di accoglienza e il 40% in sistemazioni abitative sostenute da contributi per l’affitto della durata di 2 o 3 mesi (Cespi 2003, 14).

Ed è proprio sulla base di questa prima esperienza di collaborazione tra comuni e associazioni del terzo settore che, nell’ottobre 2000, l’ACNUR, il Ministero dell’Interno e l’Anci stipulano un protocollo d’intesa per l’avvio del Progetto Nazionale Asilo (da ora in poi PNA), con tre obiettivi principali: la costituzione di una rete di servizi di accoglienza per richiedenti asilo, profughi e rifugiati; la promozione di misure dirette a favorire l’integrazione sociale di profughi e rifugiati riconosciuti; la predisposizione di percorsi di rim- patrio volontario e reinserimento nei paesi d’origine, con il coinvolgimento della Organizzazione

Internazionale per le Migrazioni (OIM). Al Pna hanno aderito ben 150 Comuni e 226 centri di accoglienza51.

50Questi tuttavia, nella maggior parte casi si sono poi limitati a un intervento indiretto, mettendo magari a disposizione una strut-

tura per la prima accoglienza senza assumersene la responsabilità della gestione.

51Grazie a un sistema informatico che permetteva di raccogliere e ordinare i dati relativi ai posti disponibili, alle caratteristiche dei

servizi forniti dai diversi centri, agli ospiti dei centri stessi, la Segreteria Centrale era in grado di elaborare statistiche e monitorare l’evoluzione del fenomeno, nonché di gestire una rete di accoglienza estesa all’intero territorio nazionale.

L’evoluzione più recente del PNA è rappresentata dal Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo (SPRAR), introdotto dalla legge Bossi-Fini come si è visto nel paragrafo 1.3.3. In base al rapporto annuale di valutazione delle attività dello SPRAR, nel 2006 gli enti locali aderenti alla rete erano 95 – di cui ben 89

amministrazioni comunali52– distribuiti sul territorio di 16 regioni e 62 province. Complessivamente nel

2006 sono stati resi disponibili 2.428 posti in accoglienza, per un totale di 5.347 beneficiari accolti (693 in più rispetto al 2005) pari a una media di 52,4 beneficiari per progetto. La tabella 3 conferma la tendenza alla crescita e al consolidamento del progetto, messa in luce dall’incremento costante dei servizi erogati.

Altra categoria a rischio su cui da sempre appare particolarmente rilevante l’azione dei comuni è quella dei minori non accompagnati. Il ruolo di apripista in questo caso può essere assegnato senza dubbio alla città di Torino. Per favorire l’inserimento scolastico dei ragazzi di origine straniera, nel 1990 il comune promuove l’istituzione di due uffici specifici, l’Ufficio mondialità, che ha il compito di facilitare l’accesso dei bambini stranieri agli asili nido e alle scuole materne, e il Centro informazione documentazione inserimento scolastico stranieri (Cidiss), che invece opera nelle scuole dell’obbligo promuovendo programmi di educazione inter- culturale. I primi interventi per i minori non accompagnati seguono di poco queste iniziative: nel 1992 viene stipulata un’intesa con il provveditorato agli studi per favorire l’iscrizione a scuola dei ragazzi stranieri non in regola con il permesso di soggiorno. Inoltre, nel giugno dello stesso anno viene istituito l’Ufficio minori stra- nieri che, d’intesa con il tribunale dei minorenni e la questura, rilascia ai minori irregolari un permesso di soggiorno «per motivi di giustizia», affidandone la tutela all’Ufficio stesso o ad organizzazioni di volontariato. Nel corso degli anni, altri comuni, soprattutto nel centro-nord del paese, hanno adottato pratiche simili, cer- cando di eliminare i possibili ostacoli all’accesso all’istruzione per i ragazzi presenti irregolarmente sul territorio. La legge nazionale, e in particolare l’art. 23 del TU sull’immigrazione, ha riconosciuto queste esperienze positive, garantendo a comuni e province, rispettivamente attraverso l’Anci e l’Upi, un ruolo centrale all’interno del Comi- tato minori stranieri, istituito «al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni interessate» (c. 1).

Anche per quanto riguarda le vittime di tratta, le prime iniziative partono dal basso. È questo il caso del progetto Prostituzione, adottato dalla Regione Emilia Romagna nel 1996 (ridenominato nel 1999 Oltre la strada), e del progetto di protezione sociale avviato dal comune di Milano in collaborazione con la questura ed alcune associazioni del terzo settore nel 1997. L’articolo 18 della legge n. 40/1998, ha favorito l’espan- sione di queste prime esperienze nel resto del paese. Tra il 2000 e il 2007 il Dipartimento per i diritti e le

pari opportunità53ha finanziato ben 490 progetti sull’intero territorio nazionale, di cui il 44% nelle regioni

C A P I TO L O 1

52Questi erano 63 all’avvio ufficiale del Pna nel 2001 (CeSPI 2003). Tra i nuovi ingressi del 2006, le province di Alessandria, Ascoli

Piceno e Crotone, e i comuni capoluogo di Bergamo, Caltanissetta, Ferrara, Padova, Palermo, Prato, Terni e Trapani.

53Per questi dati si veda: Dati e riflessioni sui progetti di protezione sociale ex art. 18. Dal 2000 al 2006, a cura della segreteria tecnica per

l’attuazione dell’art. 18 sull’immigrazione (Alessandra Barberi), settembre 2007.

Tab. I.3. Servizi erogati dei progetti della rete Sprar – Anni 2003 e 2006

2003 2006 Tot. % Tot. % Assistenza sanitaria 3.033 27,4 5.609 17,6 Assistenza sociale 2.650 23,9 7.659 23,9 Mediazione linguistico-culturale 1.624 14,7 6.156 19,2 Assistenza legale 1.013 9,2 3.623 11,3 Attività multiculturali 892 8,1 2.396 7,5 Inserimento lavorativo 878 7,9 3.347 10,5

Servizi per alloggio 627 5,7 1.824 5,7

Inserimento scolastico 341 3,1 865 2,7

Servizi per la formazione - - 509 1,6

Totale servizi 11.058 100,0 31.988 100,0

del nord (214 progetti), il 26% nel centro (127 progetti) e il restante 30% nel sud (149 progetti). I servizi offerti sono di diverso tipo, e vanno dalle unità di strada al segretariato sociale, dall’inserimento in famiglia alle case protette e ai percorsi di formazione professionale. Nel periodo 2000-2007 sono stati contati ben 45.331 contatti per attività di accompagnamento, mentre 11.541 persone sono state inserite in programmi di protezione sociale. Di queste, 8.326 sono state avviate a corsi di formazione con il sostegno di borse lavoro, che hanno dato luogo a 5.528 inserimenti lavorativi.

I.6. – Conclusioni

In questo capitolo abbiamo ricostruito a grandi linee le principali politiche italiane di immigrazione, per gli immigrati e per i migranti. L’analisi ha seguito la linea verticale classica di ordinamento delle istituzioni di governo, a partire dalle politiche nazionali per scendere man mano a quelle delle regioni e poi degli enti locali. In realtà, come del resto hanno messo in luce diversi studi sul policy-making delle politiche migra- torie in Italia, quest’ordine lineare rispecchia poco l’evoluzione di fatto degli interventi in tema di immigrazione nel nostro paese. Molte iniziative, infatti, soprattutto nell’ambito delle politiche per gli immi- grati e per i migranti, si sono andate delineando come evoluzione di pratiche adottate, da associazioni del terzo settore prima e da amministrazioni locali poi, per rispondere a problemi concreti ed emergenze di diverso tipo.

Insomma, di fronte a un fenomeno nuovo e per molti aspetti inaspettato in un paese tradizionalmente di grande emigrazione, le politiche sembrano aver preso forma sul campo, dal contatto tra attori e problemi, molto prima che le leggi nazionali riuscissero a mettere a fuoco possibilità concrete di intervento. Come si è detto, infatti, la prima legge sull’immigrazione, la legge n. 943/1986, si limita di fatto ad enunciare prin- cipi più che a offrire soluzioni alle sfide e ai problemi. Se la legge n. 39/1990, più pragmaticamente, si propone di individuare strumenti che consentano quanto meno la gestione delle emergenze (si vedano i centri di prima accoglienza), occorrerà aspettare la legge n. 40/1998 affinché si affermi un quadro orga- nico di norme al cui interno trattare tanto la questione dell’immigrazione, quanto quelle dell’integrazione e dell’accoglienza dei migranti.

Tuttavia, le tendenze più recenti in termini di politiche nazionali sembrano orientate a rimettere in discussione un tale tentativo di «dare ordine all’esistente». La normativa sul contratto di soggiorno prevista dalla legge n. 189/2002, come si è visto, ha riportato in primo piano la creatività di comuni ed enti locali, che hanno cercato di rispondere ai problemi incontrati da stranieri e datori di lavoro nelle pratiche di rila- scio e rinnovo dei permessi di soggiorno promuovendo intese interistituzionali con questure e sportelli unici per l’immigrazione. Sul versante delle politiche per gli immigrati, al venir meno del Fondo per le poli- tiche migratorie, confluito nel Fondo nazionale per le politiche sociali, ha fatto da contraltare un proliferare di fondi ad hoc con regole di distribuzione peraltro assai diverse tra loro, ciò che mette in discussione il progetto della legge Turco-Napolitano incentrato sul consolidamento di modelli regionali di integrazione. Infine, per quanto riguarda le politiche per i migranti, a emergere in primo piano sono senza dubbio le ini- ziative dei comuni, ma anche i diversi tentativi di coordinamento da parte dell’Anci, presente in tutti gli organismi nazionali che si occupano delle diverse categorie protette (Comitato minori stranieri, Commis- sione per l’articolo 18, SPRAR).

In altre parole, a trent’anni dall’avvio delle prime iniziative locali a favore degli immigrati, il quadro delle politiche migratorie in Italia appare tutt’altro che definito e sempre in bilico tra grandi principi, leggi e provvedimenti ancora parziali, e forme di intervento spesso innovative ma limitate a singoli ambiti locali. Soprattutto in materia di integrazione, a dominare è una sovrapposizione di interventi ed esperienze che non sempre sembra tenere conto dell’esistente e di quanto sperimentato in contesti e città diverse, né tanto meno dei cambiamenti nel tempo e delle caratteristiche specifiche che può assumere il fenomeno migra- torio sul territorio. La moltiplicazione dei fondi e delle responsabilità, in un quadro generale peraltro di risorse scarse, pone qualche dubbio sulla capacità di affrontare in modo coerente le sfide dell’integrazione, che richiederebbero un’attenzione non occasionale, ma piuttosto un qualche investimento di lungo periodo.

CAPITOLO II

LE DIMENSIONI DELLA POPOLAZIONE STRANIERA IN ITALIA

1