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2.3 – I dati sulle acquisizioni di cittadinanza

Tab IV.25. Minori stranieri residenti in Italia nel 2001 che vivono in famiglie con almeno un nucleo, distinti per class

VI. 2.3 – I dati sulle acquisizioni di cittadinanza

I dati sulle acquisizioni di cittadinanza risultano problematici in tutti e 15 i paesi dell’Ue qui considerati,

per una serie di ragioni9:

• non sempre sono facilmente accessibili, a causa della riluttanza delle autorità a renderli noti e a pubblicarli; • raramente distinguono tra i diversi tipi di acquisizione della cittadinanza, ciò che limita le possibilità di

comparazione tra paesi;

• spesso sono raccolti da fonti diverse e risultano essere in contraddizione, ciò che solleva dubbi sulla loro attendibilità;

• anche se disponibili, talvolta sono di scarsa utilità, perché mancano le necessarie informazioni su come sono stati raccolti e sul contenuto delle statistiche.

9Al riguardo si veda: Waldrauch 2006b.

Tab. VI.1. Tassi di acquisizione non automatica della cittadinanza nei 15 paesi dell’Ue pre-allargamento anni 1995-2005

Austria Belgio Danimarca Finlandia Francia Germania Irlanda

1995 2,1 2,8 2,7 1,1 2,6 1,0 n.d. 1996 2,3 2,7 3,3 1,4 3,2 1,2 n.d. 1997 2,3 3,5 2,3 1,9 3,4 1,1 1,1 1998 2,6 3,8 4,1 5,0 3,6 1,4 1,4 1999 3,6 2,7 4,9 5,6 4,4 2,0 1,3 2000 3,5 6,9 7,5 3,4 4,5 2,5 1,0 2001 4,5 7,3 4,6 3,0 3,9 2,4 1,9 2002 4,9 5,5 6,2 3,1 3,9 2,1 1,9 2003 5,9 4,0 2,5 4,4 4,5 1,9 1,8 2004 5,4 4,0 5,5 6,4 n.d. 1,7 1,4 2005* 4,4 3,5 3,8 5,1 n.d. 1,6 n.d.

Italia Lux Olanda Portogallo Spagna Svezia GB

1995 0,8 0,6 9,4 0,8 1,5 6,0 2,0 1996 0,9 0,6 11,4 0,7 1,7 4,8 2,2 1997 0,9 0,5 8,8 n.d. 1,9 5,5 1,9 1998 1,0 0,4 8,7 n.d. 2,2 8,9 2,6 1999 0,9 0,4 9,4 0,9 2,3 7,6 2,5 2000 0,8 0,4 7,7 1,0 1,5 8,9 3,7 2001 0,7 0,3 7,0 1,3 1,9 7,6 3,9 2002 0,8 0,5 6.6 1,1 2,0 7,9 4,6 2003 0,9 0,5 4,1 1,0 2,0 7,0 4,7 2004 0,8 0,5 *3,7 *0,3 *2,3 6,3 4,9 2005* 0,7 0,5 4,1 0,2 2,2 8,2 5,7

Il caso più critico è quello della Grecia, dove la cittadinanza è considerata una questione politica- mente sensibile. Pertanto le relative statistiche sono disponibili solo su richiesta e a discrezione delle autorità. In ogni caso, mancano dettagliate informazioni tecniche su come queste sono state prodotte e sul loro contenuto. Negli altri paesi dell’Europa del sud i dati, sebbene disponibili, possono risultare diversi a seconda della fonte consultata: in Spagna, ad esempio, ben tre istituzioni (Ministero dell’in- terno, del lavoro e degli affari sociali, e l’Istituto nazionale di statistica) pubblicano statistiche sulle naturalizzazioni, in Portogallo due (Ministero dell’interno e Ufficio del registro centrale), mentre in Ita- lia i dati raccolti e pubblicati dall’Istat non sempre risultano in accordo con quelli ufficiali del Ministero dell’Interno. Inoltre, in tutti questi paesi, i dati pubblicati si limitano a distinguere tra pochi modi prin- cipali di acquisizione.

Le statistiche più complete e dettagliate sono quelle raccolte e pubblicate in Austria, Francia, Germania, Lussemburgo e Olanda, anche se non mancano del tutto i problemi e le contraddizioni tra fonti diverse, di livello nazionale e/o locale, e tra ministeri e istituti nazionali di statistica. In ogni caso, in tutti i paesi è sem-

pre esclusa dai conteggi l’acquisizione automatica jure solialla nascita, per cui laddove questa possibilità

è particolarmente rilevante, come ad esempio nel caso della Francia, le statistiche possono risultare sotto- stimate. Per queste ragioni, le tabelle riportate in questo paragrafo si limiteranno a considerare i dati sulle

acquisizioni non automatiche dopo la nascita10.

La tabella n. 1 riporta i tassi di acquisizione della cittadinanza nei 15 paesi Ue pre-allargamento, ovvero il rapporto tra il numero di cittadini stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza e il numero totale di immi- grati residenti all’inizio di ciascun anno. Vanno tuttavia introdotte alcune note di cautela nella lettura (Waldrauch 2006b, 297). Innanzitutto, nei casi di Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda, i dati ufficiali si limi- tano a considerare pochi modi principali di acquisizione (di solito per naturalizzazione e per matrimonio), per cui i tassi potrebbero risultare sottostimati. Nel caso della Francia, dal 2000 in poi non si dispone di dati certi sugli stock di stranieri residenti, e di conseguenza i tassi riferiti a questi anni vanno considerati alla stregua di stime. Anche con riferimento alla Grecia non si hanno dati certi sugli stock, ragione per cui, nel- l’ambito del progetto NATAC, si è deciso di non calcolare i relativi tassi di acquisizione della cittadinanza. In base ai dati disponibili sul totale delle acquisizioni, comunque, in questo paese si sarebbe assistito a un incremento assai modesto delle istanze di cittadinanza accolte nel decennio considerato, pari al 3,2%, con oscillazioni considerevoli di anno in anno. La Grecia, quindi, si conferma un paese chiuso agli stranieri che vogliano acquisirne la cittadinanza, come si è visto sopra.

Per quanto riguarda gli altri paesi che sopra abbiamo soprannominato restrittivi, in realtà emergono

risultati assai differenti in termini di tassi di acquisizione della cittadinanza. L’Italia appare senza dubbio il

caso più coerente, dove a fronte di norme che premiano lo jus sanguinis, e quindi si caratterizzano per la

scarsa apertura agli stranieri, si hanno effettivamente tassi molto bassi, che oscillano tra lo 0,7% e l’1%, anche se, come si è detto sopra, questi tengono conto solo delle acquisizioni per naturalizzazione e matrimonio, mentre risultano escluse le acquisizioni per dichiarazione da parte di ex-cittadini e dei loro discendenti, che avvengono direttamente attraverso la registrazione presso l’anagrafe del comune nel quale si stabili- sce la propria residenza.

Altro caso che rispetta il patternrestrittivo è quello della Germania, dove i tassi di acquisizione risul-

tano sempre piuttosto bassi, sebbene comunque superiori a quelli dell’Italia. I picchi registrati tra il 1999 e il 2002 appaiono chiaramente il prodotto delle riforme più liberali introdotte, come si è visto sopra, nel 1998 e soprattutto nel 2000, quando si registrano ben 185.489 nuove acquisizioni di cittadinanza. La legge approvata, infatti, prevedeva anche, per l’intero anno, un regime transitorio volto a facilitare le procedure per i nati nel paese da genitori stranieri.

Meno in linea appaiono i casi di Austria e Danimarca. In entrambi i paesi, infatti, i tassi di acquisizione, relativamente bassi negli anni 1995-1997, registrano un incremento costante a partire dal 1998 in Dani- marca e dal 1999-2000 in Austria, e poi nuovamente una caduta rispettivamente nel 2003 e nel 2005. Il peso C A P I TO L O 6

10Anche in questo caso tuttavia, per alcuni paesi le statistiche non possono dirsi del tutto complete, dato che alcuni modi di acquisi-

zione non automatica, e soprattutto quelli che avvengono per registrazione o dichiarazione a livello locale, non sono considerati nei dati pubblicati dalle autorità nazionali. Ancora una volta i problemi maggiori si incontrano nei 4 paesi dell’Europa del sud e in Irlanda. Per dettagli si veda: Waldrauch 2006b, 276.

delle politiche appare rilevante nella spiegazione di queste oscillazioni nel caso della Danimarca11. La nor-

mativa attualmente in vigore, infatti, che prevede, come abbiamo visto, ben 9 anni di residenza, la conoscenza certificata della lingua e i test di cultura civica, è stata approvata nel giugno 2002, proprio con l’obiettivo di rendere più restrittive le condizioni fino ad allora previste (7 anni di residenza e conoscenza della lingua). Inoltre, nel maggio 2004, è stata abolita la legge che nel dicembre 1999 aveva introdotto, per la seconda generazione nata nel paese, il diritto alla cittadinanza.

Diverso, invece, il caso dell’Austria12, dove peraltro si riscontrano comunque variazioni annuali di inten-

sità minore. Qui, infatti, norme dirette a limitare l’accesso alla cittadinanza vengono approvate già nel 1998, con l’introduzione di più severi test di lingua, mentre la riforma del 2005, pur prevedendo il diritto all’ac- quisizione della cittadinanza per le seconde generazioni nate nel paese, di fatto ha innalzato i requisiti richiesti, da 4 a 6 anni di residenza legale. L’incremento dei tassi di acquisizione nel 2003 e nel 2004, quindi, potrebbe essere il risultato di situazioni precedentemente pendenti, che in questi anni giungono a defini- zione, nonché della effettiva maturazione dei 10 anni di residenza previsti dalla legge del 1998 da parte di un numero consistente di immigrati arrivati tra gli anni Ottanta e Novanta.

Il gruppo dei paesi che abbiamo soprannominato quasi restrittivi, mostra tassi di acquisizione dalla cit-

tadinanza nel complesso coerenti rispetto alle aspettative, almeno per quello che riguarda i tre contesti di recente immigrazione, ovvero l’Irlanda, dove nel periodo considerato si registra una media pari all’1,4%, il Portogallo, con una media dello 0,8%, e la Spagna con l’1,9%. Ricordiamo che le legislazioni di questi paesi combinano requisiti di residenza piuttosto restrittivi, soprattutto in Spagna e Portogallo, con una maggiore apertura alle seconde generazioni, che tuttavia, dato appunto l’avvio relativamente recente dei flussi migra- tori, costituiscono un elemento decisamente poco rilevante.

Diversa la situazione del Belgio, che del resto abbiamo già caratterizzato come più vicino al gruppo dei

paesi liberali. Qui, infatti, sono evidenti gli effetti della riforma del 2000, che ha introdotto la possibilità di

accedere alla naturalizzazione per semplice dichiarazione dopo 7 anni di residenza nel paese, ciò che porta a un picco di acquisizioni nel 2001, pari a quasi 63mila. Negli anni più recenti si è registrata una flessione dovuta probabilmente al ridimensionamento del numero di quanti hanno i requisiti per accedere alla cit- tadinanza via dichiarazione.

I tassi di acquisizione della cittadinanza dei paesi che si contraddistinguono per le normative più libe- rali sembrano avere tra loro andamenti diversi. Se in Gran Bretagna, infatti, si registra un incremento progressivo e costante, soprattutto a partire dal 2000, la Francia ha visto un andamento altalenante, con una media per il periodo 1999-2005 pari al 3,7%, mentre in Olanda, dopo il picco dell’11,4% nel 1996, si asssi- ste un calo costante fino al 3,7% del 2004. Laddove nei primi due paesi le leggi sulla cittadinanza sono rimaste tutto sommato immutate nel periodo considerato (si veda il paragrafo 7.2.1), è proprio in Olanda che si sono avuti i mutamenti più rilevanti. Nel 1997, infatti, viene re-introdotto l’obbligo della rinuncia alla cittadinanza di appartenenza, che era stato eliminato nel 1991, anche se vengono previste diverse clausole ed eccezioni; ma è in coincidenza con l’introduzione del test di naturalizzazione nel 2003 che si registra la flessione più consistente.

Anche i paesi semi-liberali, dove l’apertura riguarda i requisiti di residenza per la naturalizzazione,

mostrano tassi di acquisizione della cittadinanza differenti, estremamente bassi in Lussemburgo e decisa- mente più consistenti in Svezia, caso che nel complesso rispetta le aspettative. Per quanto riguarda il Lussemburgo, invece, va sottolineato come la gran parte della presenza immigrata sia costituita da cittadini dei paesi membri dell’Ue, che godendo comunque di uno status particolarmente favorevole (accesso alle elezioni amministrative, libera circolazione ecc.), e quindi non hanno particolare interesse ad acquisire lo

status di cittadino de juredel paese di residenza. Nel caso della Finlandia, l’incremento riflette l’accresciuta

presenza straniera in questo paese agli inizi degli anni Novanta: questi immigrati, infatti, maturano la resi- denza necessaria per la naturalizzazione tra il 1995 e il 1996, e l’accoglimento avviene nei due anni successivi. Il nuovo picco che si registra nel 2004 segue l’approvazione di una legge che nel 2003 elimina ogni restrizione alla doppia nazionalità.

11In proposito si veda: Ersbøll 2006.