Ci t'u una uolta clte don Bosco raccontò ai suoi ragazzi qilesto splendido soglto:
<< La notte del 6 dicembre 1876, mentre ero in camera mia, senza
sapere bene se leggevo o se passeggiavo per
la
stanza o se ero già a letto, piombai nel sogno.In un
attimomi
sembròdi
essere sopra un piccolo ilalzo di terra, su una collina,ai
marginidi
una pianura irrymensa,i
cuiconfini l'occl-rio non poteva afiemare. Si perdeva nell'immensità.
Era tutta cerulea come un mate in piena calma; ma quello che io vedevo non era acqua. Sembrava un terso e lucente cristallo.
Larghi
e
giganteschiviali
dividevano quella pianurain
vasgis-simi giardini , di bellezza inenarrabile,tutti
frazionati in boschetti, prateriee
aiuoledi fiori,
a formee
a colori diversi.Le
erbe,i
fiori,gli
alberi,i frutti
erano bellissimi edi
aspetto eccezionale.Le foglie erano d'oro,
i
tronchi egli
stelidi
diamante eil
restodi
straordinaria prezrosità.Io
vedevoin
mezzo a quei giardini ein
tutta la pianura innumerevoli palazzi e castellidi
architettura,di
un'armonia, magnificenza, vastità così straordinada, che per costruire unodi quelli
sembrava non dovessero bastaretutti i
tesori della terra.
Io
dicevo fra me Stesso: "Sei
miei ragazzi aves-sero uno solodi
questi palazzi, oh come godrebbero, come sareb-bero felici evi
starebbero volentieri!".
Così io pensavo, vedendo quegli edifici solo daldi
fuori.Mentre ero colmo
di
stupore, ecco difiondersi una musica dol-cissima,di
così affascinantee
soave armonia, cheio
non posso darne un'idea adeguata. Parevano centomila strumentidi
un'or-chestra prodigiosa:tutti
davano un suono dilTerente e unavastis-sima gamma di note si dipanava pet l'aria' Su questo sfondo emer-gevano
i
cori dei cantori.' Vidi
allora una moltitudinedi
gente,in
quei giardini, che sidivertiva allegra e contenta. Chi suonava, chi cantava- Ogni voce, ogni nota facèva l'efletto come di un complesso di mille srumenti,
tritti
diversiI'uno
dall'altro.Ahl per
descrivere quest'armonia non bastano Parole umane.Dal volto di
queifelici
abitatori traspariva non soltanto un piacere straordinario nel cantare, ma contemporaneamente un im-menso gaudio nell'udir cantare glialri.
E quanto più uno cantava,più gli
ii
acce.,devail
desiderio di cantare; e quanto più ascoltava,ianto
più
desiderava ascoltare.Una
folla
immensadi
ragazzlMentre estatico ascoltavo questo celestiale concerto, ecco avan-zare rna folla immensa
di
ragazzi;molti io li
conoscevo perchèerano stati nell'oratorio e negli
altri
nostri collegi; ma la maggior parte mi erano sconosciuti affatto. Quella folla sterminata veniva versodi
me.In
testa avanzava Savio Domenico'Io mi
chiedevo: "Dormoo
son sveglio?".E
battevole
mani una contro dell'altra e mi toccavoil
petto per accertarmi che era reale quello cheio
vedevo. Quandola
folla giovanile giunse di-narui a me,si
fermò alla distanzadi otto o
dieci passi. Allora gtizzò un lampodi
luce più viva, la musicasi
spense e calò.un profondo silenzio.Tutti
quei tagazzi erano pervasidi
una gioia grandissima, che traspariva dagli occhi; sul loro volto si leggevalu
p^.. di
una felicità perfetta.Mi
guardavano con un dolce sor-riso sul labbroe
sembrava che volessero parlare; ma non par-lavano.Savio Domenico
si
avanzòdi
qualche passoe si
fermò così vicino a me, che se io avessi steso la mano, I'avrei certamente toc-cato. Taceva, guardandomi con un somiso. Com'era bello! Le sue vesti erano eciezionali.La
tunica candidissima chegli
scendevafino ai piedi era trapunta
di
diamanti e tessuta d'oro. Un'ampia fascia rissa gli cingevai
fianchi, ricamata così fittamente di gemme preziose.h.-
rrrruqrari
toccaval'al:la; le
gemme intrecciandosiin un
ricamo*.."riglioso,
presentavano una tale bellezzadi
co-179
lori,
cheio
al vederlimi
sentivo svenire dallo stupore. Dal collogli
pendeva un moniledi
fiori esotici e rarissimi: sembrava chei
petali fosserodi
diamanti tenuti insieme da gambi d'oro.I
fiori sfavillavanodi
una luce sovrumana, davano barbagli piùvivi
del sole, chein
quell'istante brillavain
tuttolo
splendoredi
unmat-tino
di
primavera.I
riflessi dei raggi illuminavanoil
viso latteo erubicondo
di
Domenicoin
una maniera indescrivibile; l'illumina-vano talmente che non si potevano distinguere le varie iridescenze.Il
suo capo era cintodi
una coronadi
rose. La capigliatura gli scendeva ondulata perle
spallee gli
conferivaun
aspetto cosìbello, così affettuoso, così attraente cl-re sembrava... sembrava...
un
angelol >>.Don
Bosconel
pronunziare queste ultime parole pareaa che lacesse uno slorzo per trouare le espressioni adatte; e le finì conun
gesto indescriaibilee
conun lolto di
uoce cbe scosse tutti.Era come spossato dallo sforzo
di
cercarei
termini per tradunein
pieno la sua idea. Dopo breue pausa proseguì;"
Seitu
dunque?"
<< Anche
le
personcine deglialtri
ragazzi splendevanodi
luce.Erano vestiti
in
vario modo, sempre stupendo; chi più, chi menoricco; chi
in
una, chiin
un'altra foggia; chidi
un colore, chi di un altro; e quelle vesti screziate avevano un simbolismo che nes-suno saprebbe comprendere. Matutti
avevanoi
fianchi cinti con un'identica fascia rossa.Io
continuavo ad osservaree
peosavo: "Che cosavuol
dire questo?... Comeho
fatto a venirein
questo luogo?".E
nonsa-pevo dove mi trovavo. Estasiato,
tutto
tremante, non osavo rom-pereil
silenzio. Anche gli altri continuavano a rimanere zitti. Dopo un po', Savio Domenicomi
disse:-
Perchè stailì
muto e quasi annichilito? Non seitu
quel-I'uomo che una volta
di
nullati
spaventavi, ma aflrontavi iÀtre-pido le calunnie, le persecuzioni,i
nemici ei
pericoli di ogni sorta?Dov'è
il
tuo coraggio? Perchè non parli?Risposi