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Una giornata di don Bosco

Nel documento Bosco Don (pagine 169-173)

Suonano le 4,30 alla chiesa

di

Maria Ausiliatrice: le campane dell'« Angelus » squillano con rocco di cristallo nell'alba grigia.

Il

sonno fascia la grande casa oscura dell'oratorio; soltanto ,rrà

fi.r.-sra si

illumina lassù,

al

secondo piano dell'ala destra, all'estre-mità del ballaroio che

vi

gira arrorno. Don Bosco si alza dal letto.

o Prenderò solo

5

ore

di

sonno per notte », aveva scritto nei

suoi propositi

alla vigilia

dell'ordinazione sacerdorale:

e

man-tiene.

()re

5:don

Bosco prega: inginocchiato, con le mani giunte, gli occhi chiusi, immobile, tulTato

in

Dio. Preghiera ardenie: adoia e ringtazia, chiede e oflre, domanda e ascolta. Attinge da una ine-sauribile riserva; fra poco dovrà versare la luce e la {orza

di

Dio nelle anime.

In

questo momento

il

serbatoio si riempie.

Poi nel suo studio, a mettere

in

pulito con la sua grossa scrit-tura una brutta copia terminata

la

sera innanzi.

Ore

7,30:

i

ragazzi, terminalo

il loro

primo studio

del

mat-tino, si recano in chiesa per la messa. Don Bosco

li

ha preceduti e

aspetta

in

sacrestia

i

suoi penitenti quotidiani. I1 suo confessio-nale è situato fra le due porte che dànno adito al presbiterio. Un inginocchiatoio a desrra, un inginocchiatoio a sinistia e don Bosco nel mezz.o;

il

penitente con la fronte sulla sua spalla, e

lui

con Ia mano libera attira

la

testa del ragazzo.

Ci

sono

in

sacrestia una cinquantina di rugazzi

tutti

assorti nel loro esame di coscienza.

Uno dopo

l'alffo

vanno a confessarsi e fanno presto.

Gli

parlano

con tutta franchezza; per

lui

che legge nel fondo dei cuori, una o due frasi bastano a illuminare le pieghe più nascoste. Quasi trenta

157

penitenti vengono così a inginocchiarsi accanto a

lui.

Man mano braccia come un grappolo, familiarmente; gli altri tentano di pene-trare

in

mezzo a quella folla giovanile e garrula, per farsi vedere, per raccogliere dalle sue labbra una parola, un sorriso, Per gustare

la

dolcezza della sua mano sulla

loro

fronte. Camminando pian piano, perchè la ressa è grande, don Bosco parla.

A

uno dice una

parola àfi.ttrroru,

^

,n

ult.o

fa

una domanda, a r..rti

t.rzo

rivolge uno sguardo che esprime tante cose, a un quarto confida segreta-mente una parolina in un orecchio.

Suonano

le 9:

don Bosco ha appena

il

tempo

di

sorbire una

quale si deve subito scrivere una lettera

di

raccomandazione; una miseria nascosta va soccorsa segretamente; lunghe

liti

di famiglia,

di

cui bisogna sopportare

il

racconto; un'anitna sull'orlo dell'abis-so, che

o.io.r. iòtt.r... a

una tentazione

di

disperazione

o

di seduzione; un'infermità incurabile, un male che non perdona; tutti aspettano con ansia la benedizione

di

Maria Ausiliatrice e la

gua-rigione. La Madonna spesso esaudisce. Un rugazzino

di

nove anni, accompagnato dal padre e dalla madre, viene da Villafranca con la speranza di un miracolo; le gambe gli si sono contorre a ral punto da rendergli assolutamente impossibile

il

camminare. Bisognì

ra-scinarlo o portarlo in braccio. Non ha mai messo un piedà avanti

l'alro. Inrodotto

dinanzi a don Bosco che

lo

benedice,

si

sentr:

dire: « Abbi fiducia nella Madonna e allunga

il

piede più malato ».

Il

fanciullo esita,

poi

ubbidisce perchè don Bosco insiste

e

gli ripete

ii

comando. Sorretto

dai

genitori allunga

un

piede, poi

l'altro: i

genitori

lo

lasciano libero ed ecco

il

poliomielitico si

mette a camminare da solo. << Oh, come corre! >> esclamano con

gioia i

genitori.

E i

due coniugi

si

allontanano benedicendo

don Bosco.

Mezzogiorno. suona 1'« Angelus »; in anticamera ci sono ancora alcuni che aspettano. Pazientemente don Bosco

li

accoglie,

li

ascol-ta,

li

consiglia. I1 suo stomaco domanda pietà,

la

tèsta non gli regge più, le gan-rbe

gli

si sono aggranchite; ma le sue labbra sia

villano sempre nel sorriso:

il

sorriso

di

don Bosco!

12,30-13: don Bosco può scendere

in

refettorio. La sua prima cucchiaiata

di

minestra coincide spesso con la frutra dei suoi figli, che debbono tosto lasciarlo per andare ad assistere

i

rugazzi-in

ricreazione.

ll

loro posto è subito preso da un gruppo

di

alunni che attendono per enrare. I1 miglior condimentò dèl sro povero

vitto

è

la

presenza

di

questi ragazzi che l'interrogano, che iirporr-dono alle sue domande, che ascoltano, che ridono o semplicemènte che stanno a guardarlo: occasione preziosa per lanciare i'amo nella pesca delle anime.

Suonano

le

14; |a campana tronca la conversazione e

i

ragazzi

vanno

a

studio

o al

laboratorio. Per don Bosco

è il

momènto

sacro della giornata.

Dalle 14 alle 15 don Bosco non c'è per nessuno:

si ritira

e

prega. Si sa che sta in cappella e

tutti

rispettano questa solitudine

di

un cuore arder.rte che ha tanre anime, tanti amici e benefattori da ofirire alla bontà di Dio, tanri lumi da chiedergli.

Pomeriggio: c'è una copiosa corrispondenza che aspetta rispo-sta. Nel suo studio egli non trova le ore tranquille necessarie per

15e

scrivere; collab<lratori, creditori,

fornitori,

benefattori, ragazzi vanno a disturbarlo. Bisogna sottrarsi. Don Bosco afferra

il

suo

voluminoso pacco

di

lettere, prende carta e buste, ed esce. Va in

casa amica, ora

in

questa, ora

in

quella, dove nessuno possa

sco-varlo; fino a che non si faccia notte don Bosco scrive e sbriga

il

grosso della corrispondenza.

Quando cade la notte,

i

ragazzi si radunano sotto

i

portici. Si dicono le preghiere della sera. Poi don Bosco parla loro. È I'allo-cuzione del padre, prima del sonno, un deposito di buoni pensieri per la notte.

I

ragazzi enrano nel sonno soavemente.

Ma per don Bosco l'ora del sonno non è venuta. Scrive fino alle ore più profonde: come una lampada sempre accesa, egli illumina ancora misteriosamente

le

anime.

32.

Nel documento Bosco Don (pagine 169-173)

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