• Non ci sono risultati.

Terre lontane

Nel documento Bosco Don (pagine 110-113)

Il

29 genrlaio i875 don Bosco a Valdocco addobba la sala dello studio dei ragazzi e

vi

allestisce anche un palco.

I

ragazzi fiutano

qualcosa

di

straordinario. All'ora stabilita entrano nello studio, e

con

loro

entrano pure

tutti i

salesiani dell'oratorio,

i

direttori delle diverse case salesiane, e anche

un

signore che deve essere

molto importante perchè porta con fierezza

la

barba,

la

divisa mi-titare con la spada e sei grosse medaglie appese al petto.

Le

autorità prendono subito posto sul palco: don Bosco e

il

personaggio pittoresco

al cenro, i

superiori della congregazione e

i

direttori tutt'attorno.

I

rugazzi mattengono

il

fiato.

Don Bosco

fa

un cenno

al

misterioso signore, ed egli

si

alza.

Dice

di

essere Console della Repubblica Argentina presso la sede consolare

di

Savona, e aggiunge che ha importanti lettere da leg-gere. Una lettera era scritta dall'Arcivescovo

di

Buenos Aires, e

un'alra

dalle autorità

di

quella capitale.

Tutte e

due invitano don Bosco a inviare laggiù

i

suoi figli, per aprire le missioni.

Don Bosco ringrazia f illustre Console per quel che ha detto.

Poi aggiunge che egli è d'accordo sul mandare

i

suoi figli ad aprire le missioni in Argentina, e che ne avrebbe domandato

il

permesso

al Papa. Applausi

di

gioia.

Le missioni oltre

gli

oceani accendono le fantasie e scaldano i cuori dei rugazzi (e non dei rugazzi soltanto).

I

selvaggi deposero

Ie

armi

Qualche anno prima don Bosco aveva sognato.

Gli

era sem-brato

di

trovarsi in un'immensa pianura incolta e selvaggia. Iurbe

di

uomini

la

percomevano agitando armi. Erano

alti, di

aspetto

feroce, avevano

i

capelli lunghi e ispidi, e vestivano pelli

di

ani-mali. Correvano cacciando

le

fiere

e

tornavano issando brandelli

di

carne insanguinata sulla punta delle lance. Ed ecco entrare in scena dei missionari con l'abito

di

vari ordini religiosi. Parlavano di Dio, ma

i

selvaggi invece di ascoltarli

li

massacravano e

li

face-vano a pezzi. Scena orribile che

si

svolgeva

in un

paese monta-gnoso e sconosciuto.

Don Bosco, addolorato, si domandava: << Sarà mai possibile con-vertire alla fede questi uomini così brutali? ». Ma

aliri

missionari amivarono; avevano

il

volto sorridente, e

li

precedeva

un

drap-pello

di

simpatici ragazzi. Don Bosco guardò bene

in

volto queJti missionari v<ltati alla morte e

li

riconobbe: erano

i

suoi salesiani.

Avrebbe voluto

farli

tornare indietro, ma ormai era

tardi: i

mis-sionari

si

trovavano già

in

mezzo ai selvaggi. Avvenne l'incredi-bile.

I

selvaggi, invece

di

ucciderli, deposero le armi a tema e si fecero

miti

e sorridenti.

I

missionari

si

inginocchiarono, e

i

sel-vaggi

li

imitarono. Fu intonata una lode alla Madonna, e

tutti

can-tarono, anche

i

selvaggi, con

la

voce che diventava

via

via più forte, così forte che don Bosco si svegliò.

Don Bosco non sapeva

in

quali

parti

della Terra vivessero

i

selvaggi

visti

nel sogno con tanta ricchezza

di

particolari. Aveva consultato carte geografiche, studiato luoghi

e

costumi,

intero-gato uomini

di

scienza. Pensò successivamente che

i

catecumeni

teribili

fosser<-r cinesi, etìopi, australiani, indiani.

Solo una conversazione col Console argentino dissipò

il

mistero:

i

particolari della descrizione che ne fa don Bosco coincidono con quanto ne sa

il

Console. Non

ci

possono essere

dubbi:

quei

sel-vaggi sono patàgoni,

e

vivono nelle regioni australi

dell'Argen-tina. Don

Bosco accetta

di

evangelizzare quelle popolazioni di una rara selvatichezza.

La prima spedizione

La

sera

dell'l1

novembre 1875 dieci salesiani sono schierati nel presbiterio della basilica

di

Maria Ausiliarice.

Alcuni

sono sacerdoti vestiti alla spagnola col cappello a bàrca

in

mano, altri sono coadiutori

in

abito nero e col qappello a cilindro. Sono dieci missionari della prima spedizione.

103

I

giornali torinesi hanno parlato dell'avvenimento, e

la

popo-lazione accorre

a

vederli.

Don

Bosco sale

sul pulpito.

Dice:

.. Anche noi mettiamo

il

nostro sassolino nel grande edificio della

Chiesa. Chissà che non sia come un seme da

cui

abbia a sorgere

una grande pianta. Chissà che

non

sia come

un

granellino di migliò

o di

senapa, che

a

poco a poco vada

poi

estendendosi e

giunga

- A[

a fare un gran bene >>.

termine della funzione anche don Bosco va

in

presbiterio a

dare l'addio ai partenti.

Li

abbraccia a uno a uno, affettuosamente, e gli

altri

salesiani fanno

lo

stesso. Momenti

di

profonda commo-zione.

Ecco

i

ricordi lasciati per scritto da don Bosco ai suoi figli

par-tenti:

<< Cercate anime, ma non denari, nè onori, nè dignità. Pren-dete cura speciale degli ammalati,

dei

fanciulli,

dei

vecchi,, dei pove.ri. Guadagnerete

la

benedizione

di Dio e le

simpatie degli uomlnl )>.

Tre giorni dopo,

i

missionari salpano da Genova. Appena giunti in Argentina aprono due case e lavorano con slancio. Un sacerdote

della diocesi

di

Buenos Aires, che ne conobbe alcuni, scrisse a

don Bosco questa curiosa relazione: << Fagnano è infaticabile, To-matis intrepido, Casinis costante, Allavena robusto, Molinari inde-fesso, Gioia invincibile, Scavini tenace nel lavoro scientifico, ma-nuale e religioso >>.

Che cos'era

la

Patagonia, che

i

missionari salesiani volevano convertire? Un af[ascinante mistero. Le carte geografiche del Paese erano lacunose e fantasiose. La miglior carta dell'epoca segnalava nella Patagonia queste regioni: Terra Sconosciuta, Indios, Regione inesploratà, deseiti del Sud che sono attraversati solo dai selvaggi.

Pàesaggio immenso e selvaggio (quasi tre volte I'Italia), enormi foreste, popolazioni in{erocite e disprezzate.

La Patagonia

di

allora

Uno studioso così la descrisse: << Era un deserto abitato nella maggior parte dai

più

bellicosi e audaci

Indi

dell'Argentina, che

obÈùgat ano

il

govèrno

a

mantenere

un

agguerrito esercito. alle

frontiere. L'esercito disgraziatamente non sempre era

in

grado dt frenare

le

vandaliche iriuzioni dei selvaggi, che sbaragliavano le

compagnie militari e si gettavano sulle popolazioni come un'orda im-porre, se avessero voluto, la propria volontà a tutta l'Argentina.

Le loro pretese, le loro minacce e dichiarazioni

di

guerra

li

face-vano suppome numerosi

e terribili. In

realtà dovevano essere 80.000.

Questi

Indi

che diffidavano dei bianchi vedevano un pe.ricolo

anche nella loro religione, e non si sarebbero mai convertiti al cri-stianesimo. Nessun missionario era riuscito a far ffionfare in mezzo a loro la parola

di

Dio. Se uno

di

loro avesse osato attraversare

i

villaggi degli

Indi,

avrebbe esposto

la

sua

vita

al pericolo: gli avrebbero fatto pagare caro

il

suo coraggio, condannandolo al piir crudele martirio che

i loro

stregoni fossero riusciti a inventare.

Per questa ragione, da tempo ormai nessun sacerdote

o

religioso

aveva avuto I'ardire

di

inoltrarsi per quei deserti >>.

Tutti i

salesiani volevano partire

I

primi missionari

di

don Bosco non si buttano allo sbaraglio, ma agiscono con prudenza e riescono là dove

altri

hanno fallito.

Per prima cosa si assicurano una base a Buenos Aires. Don

Ca-gliero e due

altri

salesiani prendono possesso

di

una chiesa

co-struita dagli emigrati italiani

e

rimasta senza sacerdote. Trenta-mila fra italiani e non italiani gravitano attorno a quella chiesa, ma hanno perso quasi ogni contatto con Dio. Si mostrano

figli

stanno facendo bene grandissimo

in

questa capitale r>.

Don Fagnano e

gli alri

missionari risalgono

il

Rio Paranri fino

Nel documento Bosco Don (pagine 110-113)

Documenti correlati